Cernobbio, poca fiducia su futuro Italia
Pil: Saccomanni, nel 2014 sara' integralmente
positivo
Crisi: Coldiretti, in 5 anni -40mila iscritti
universita'. Agraria +45%
I vertici del G20? Inconcludenti
Petrolio. Ecco i tredici punti dei sindaci
“ribelli”
Mercoledì incontro
tra gli amministratori
Un gruppo di
amministartori dell'area del petrolio protesta da mesi: c'è sempre minore
opportunità economica dei loro territori.
E se la prendono soprattutto con la classe dirigente della Basilicata,
un governo centrale che non ha ascoltato e semmai «mortificato» i cittadini.
Stretti - si legge nel documento che è anche una piattaforma programmatica -
dalle preoccupanti situazioni in cui versano i Comuni Lucani, la questione
“Filiera del Petrolio” oggi si allarga e coinvolge altre aree della Regione
Basilicata, vedi Val Basento e non solo.
INIZIANO dalla
storia della protesta, dal perché hanno deciso di mettersi insieme e protestare
contro l’attuale meccanismo di distribuzione delle royalties. Una protesta
partita a febbraio e continuata fino ad oggi.
Protesta alimentata
dalla sempre più scarsa opportunità economica di questi territori, alimentata
dal fatto che in tanti, soprattutto giovani hanno deciso di lasciarsi alle
spalle la loro terra in cerca di fortuna. Stiamo parlando dei sindaci di
Sarconi, Montemurro, Spinoso, Grumento Nova, Paterno e Tramutola. Gli stessi
che l’11 settembre, chiamando a raccolta tutti i sindaci lucani, hanno in
programma un incontro a porte chiuse all’hotel “Grumentum”. E se la prendono
soprattutto con la classe dirigente della Basilicata, un governo centrale che
non ha ascoltato e semmai «mortificato» i cittadini. «Stretti - si legge nel
documento che è anche una piattaforma programmatica - dalle preoccupanti
situazioni in cui versano i Comuni Lucani, la questione “Filiera del Petrolio”
oggi si allarga e coinvolge altre aree della Regione Basilicata, vedi Val
Basento e non solo.
E’ di questi giorni
la protesta di altri Sindaci, dei comuni facenti parte della concessione
mineraria Gorgoglione, contro un metodo, consolidato già nell’Alto Agri, che
vede attori solo le compagnie petrolifere e pochi altri. Quello che vogliono i sindaci è un nuovo
percorso alternativo ad una Regione «senza una precisa idea di sviluppo, tra
evidenti anomalie e contraddizioni, e la preoccupazione aumenta se si pensa al
ruolo del territorio una volta esaurito l’effetto petrolio, ed in particolare i
territori maggiormente interessati alle estrazioni come la Val d’Agri, la Val
Camastra. L’esempio della Val Basento e Tito (Aree SIN), che scontano in
Basilicata un fenomeno di fine industrializzazione legato alla fonte petrolio,
dove non è stato concepito, ancora oggi, un modello di reindustrializzazione,
basato su tecnologie mild ecocompatibili a basso impatto, all’insegna della
sostenibilità ambientale e della salute. Basti pensare che, nei due siti
interessati, ad oggi, non si è ancora provveduto alla bonifica dei processi
industriali consumati negli ultimi cinquant’anni. Al contrario, invece, è il
caso Tecnoparco di Pisticci Scalo, vi giungono milioni di metri cubi di acque
di estrazione del petrolio, che determinano per “approssimazione tecnologica
del processo di smaltimento”, un effetto sommatorio ed un conseguente aumento
dell’impatto ambientale di questo territorio (Vedi Miasmi e tracce di petrolio
nei sedimenti nel fiume) e di tutto il territorio a valle interessato dal
Basento, dove insistono attività agricole di pregio, fino a mare, territorio
quest’ultimo ad elevata valenza turistica. Per queste ed altre legittime
motivazioni, l’Intera Regione Basilicata, ha il dovere di ripensare ad un nuovo
modello della filiera del petrolio, capace anche di reinvestire le risorse
attuali”.
LE PROPOSTE DEI
SINDACI
1) Riconoscere il
valore strategico della Regione Basilicata in campo energetico nazionale,
attraverso azioni immediate al superamento delle persistenti criticità in
termini di sviluppo socio-economico;
2) Attivare un
diverso sistema di monitoraggio e di intervento “modello ombrello” , permanente
su tutto il territorio regionale per: salute, ambiente, acqua, suolo,
sottosuolo, ciclo dei reflui, cause di decesso, ecc., anche prendendo spunto da
Sistemi di Monitoraggio già sperimentati altrove e già pronti ad essere
impiegati, vedi piano di monitoraggio dell’aria elaborato dai ricercatori
dell’Università di Firenze e di Oxford e presentato, alla presenza della
Regione, a Moliterno il 26 Novembre 2012 a cui anche l’Eni, con nota del
22-11-2012, ha dato pieno valore. Progetto che, per la presenza di centraline
anche nei paesi a valle del centro oli, completerebbe il monitoraggio già
implementato dall’Arpab a seguito della DGR 627/2011
3) Di predisporre un
piano di salvaguardia e tutela della risorsa acqua sia superficiale che
sotterranea da ogni forma di possibile rischio derivante dalle attività
estrattive;
4) Una maggiorazione
del 30% delle attuali royalties destinate alla Regione, con la quale promuovere
lo sviluppo dell’intera Regione Basilicata, dando priorità alla rimozione di
criticità locali conseguenti alle attività estrattive ed ammodernamento delle
infrastrutture regionali;
5) Di destinare il
30% dell’attuale tassazione applicata sui carburanti prodotti dalle estrazioni
in Basilicata, alla defiscalizzazione
delle attività produttive operanti su tutto il territorio regionale, con maggiore
attenzione a soluzioni innovative che rendano la Regione meno dipendente dai
mercati esterni;
6) Di assegnare un’aliquota di almeno il 30% del
gas prodotto nelle lavorazioni del petrolio, alla Regione Basilicata per
concedere sgravi alle famiglie ed alle attività produttive;
7) Di predisporre,
da parte delle Società titolari di Concessioni per la coltivazione di
idrocarburi in Basilicata, specifici piani strategici occupazionali per almeno
2000 unità lavorative ogni 50 mila barili estratti al giorno; unità lavorative
prelevate dai comprensori interessati dalla filiera del petrolio regionale;
8) Di dare rapida
attuazione a quanto previsto nel cosiddetto “Memorandum”;
9) La piena
applicazione della legge n.40/95 che prevede testualmente : “Articolo 1 – L'
aliquota relativa ai giacimenti petroliferi siti nella Val d' Agri devoluta
alla Regione ai sensi della legge 11- 1- 1957 n. 6 è destinata allo sviluppo
delle attività economiche ed all'incremento industriale del comprensorio
interessato così come delimitato dalla tabella A (35 Comuni del Programma
Operativo)”, finora completamente disattesa;
10) Che per lo
sviluppo delle aree della filiera del petrolio, ed in particolare del
comprensorio Val d’Agri si dia priorità assoluta alle seguenti azioni:
Predisporre ed attuare il Piano di emergenza e protezione civile dell’intero
comprensorio; rendere operativo l’Osservatorio ambientale, il monitoraggio
dell’aria, dell’acqua, del suolo e sottosuolo, monitoraggio delle colture,
Valutazione Impatto Sanitario;Ampliare le aree industriali ed incentivarne gli
insediamenti; gestire i rifiuti a livello comprensoriale con sistemi
innovativi; ammodernare le infrastrutture comprensoriali: reti del gas, reti
irrigue, reti fognanti, impianti di depurazione, reti idriche, reti viarie
(collegamento della Val d’Agri alla Salerno-Reggio Calabria); rendere
funzionali tutte le aree artigianali o industriali di tutti i comuni del
comprensorio;Incentivare interventi che facciano nascere nuove imprese nel
settore energetico, vedi tecnologie verdi, per lo sfruttamento di risorse
locali (acqua, boschi, terreni incolti), per filiere corte nel commercio,
nell’agricoltura, nella zootecnia; pieno efficientamento degli enti
istituzionali presenti nel comprensorio; incentivare lo sviluppo delle singole
comunità assegnando parte delle risorse disponibili per il Programma Operativo
direttamente ai Comuni di cui alla Tabella A, con semplificazione dei meccanismi di spesa.
11) Che lo sviluppo
del comprensorio Val d’Agri, avvenga mediante una ripartizione delle risorse di
cui alla legge 40/95 con il criterio di prossimità e cioè in funzione della
distanza dai punti di maggiore criticità: Centro oli, pozzi petroliferi e
presidi di smaltimento delle acque di estrazione (fluidi di perforazione e
acque di strato); gli stessi criteri vanno applicati per il reperimento di
personale da impiegare in tutte le attività estrattive, acquisendolo da
manodopera locale in misura non inferiore all’80% di tutto il personale
impiegato.
12) Di stabilire gli
stessi criteri anche per lo sviluppo del comprensorio “Tempa Rossa” o altri
comprensori interessasti dalle estrazioni petrolifere o attività correlate alla
filiera petrolifera (come in Val Basento, nell’area industriale di Tito, ecc.),
da individuare e regolamentare con analoga norma di legge regionale o Piani
Operativi.
13) Di sospendere
qualsiasi ulteriore autorizzazione tendente all’aumento di produzione
idrocarburi nella Regione Basilicata, almeno, fino a quando non sono state
superate le attuali criticità elencate nei punti precedenti e raggiunti gli
obiettivi indicati.
domenica 08
settembre 2013 08:22
Cernobbio, poca fiducia su futuro Italia
Fra presenti 50% con
aspettative basse o molto basse
08 settembre, 10:27
(ANSA) - CERNOBBIO
(CO), 8 SET - La platea del Forum Ambrosetti non si dimostra molto fiduciosa
nei confronti dell'Italia, tanto che un presente su due è pessimista sul
futuro. Da un televoto pubblicato sul profilo twitter di Ambrosetti, emerge che
fra i presenti la fiducia nel futuro del Paese è molto bassa per il 20% e bassa
per il 30%. Una fiducia sufficiente è quella dichiarata dal 16,7% degli
intervistati, media per il 10%, ''poi il resto'', si legge sul profilo.
Pil: Saccomanni, nel 2014 sara' integralmente
positivo
08 Settembre 2013 -
11:18
(ASCA) - Cernobbio (Co), 8 set - ''Non faccio
previsioni, raccolgo dati che arrivano dall'economia reale e dai conti pubblici
e c'e' un consenso condiviso che nel terzo trimestre ci sara' una
stabilizzazione dell'economia e una crescita nel quarto trimestre, nel 2014
sara' integralmente positivo''. E' quanto ha detto il ministro dell'Economia,
Fabrizio Saccomanni, parlando al workshop Ambrosetti a Cernobbio, sottolineando
che ''le manovre fatto dal governo sono alla base dei segnali di ripresa che
stanno emergendo in questi mesi''. did/vlm
Crisi: Coldiretti, in 5 anni -40mila iscritti
universita'. Agraria +45%
08 Settembre 2013 -
11:12
(ASCA) - Roma, 8 set - Uno degli effetti piu'
drammatici dall'inizio della crisi e' il crollo delle nuove iscrizioni
all'universita' che in cinque anni si sono ridotte del 12,5 per cento ma in
controtendenza crescono le immatricolazioni per quelle facolta' piu' orientate
all'economia reale come Agraria, che fa registrare con un +45% il piu' alto
tasso di crescita. E' quanto emerge da un'analisi della Coldiretti in occasione
della giornata mondiale dell'istruzione e dall'alfabetizzazione dell'Unesco,
sulla base di una ricerca Datagiovani relativa agli effetti della recessione
sugli Atenei italiani nel periodo dal 2008 ad oggi. Gli Atenei italiani hanno
perso nei cinque anni 40mila immatricolazioni a causa del fatto che -
sottolinea la Coldiretti - le famiglie hanno minori disponibilita' economiche
per far studiare i figli ma anche perche' si sta facendo strada tra i giovani
una minore convinzione sul fatto che la laurea possa aprire le porte del
mercato del lavoro, senza dimenticare gli effetti dei test di ammissione in
corso in tutta Italia. Una convinzione che secondo l'associazione non ha
riguardato pero' quelle facolta' maggiormente orientate all'economia reale, a
cominciare da quella di scienze agrarie, forestali ed alimentari che ha fatto
registrare un aumento del 45 per cento. Si tratta della crescita piu' alta,
piazzandosi in cima al podio davanti ad altri due indirizzi scientifici come
scienze e tecnologie fisiche (+25 per cento) mentre l'ultimo gradino e'
occupato da ingegneria industriale (19 per cento). Crollano invece - rileva
ancora la Coldiretti - architettura ed ingegneria edile (-37 per cento), che
risente evidentemente della crisi dell'edilizia; farmacia (-34 per cento), e
scienze dei servizi giuridici (anche qui -34 per cento). La flessione non ha
risparmiato neppure le facolta' piu' tradizionali o negli ultimi anni molto di
moda, da beni culturali (-33 per cento) a scienze della comunicazione (-29 per
cento), fino a lettere (-21 per cento, scienze politiche (-21 per cento),
scienze dell'economia e della gestione aziendale (-18 per cento),
giurisprudenza (-17 per cento), scienze dell'educazione e della formazione (-15
per cento) e le professioni infermieristiche ed ostetriche (-8 per cento). Il
trend positivo della campagna e' confermato anche dagli istituti superiori con
un boom del 29 per cento delle iscrizioni negli istituti professionali agricoli
e del 13 per cento negli istituti tecnici di agraria, agroalimentare ed
agroindustria, secondo una analisi della Coldiretti sui dati relativi alle
iscrizioni al primo anno delle scuole secondarie di II grado statali e
paritarie per l'anno scolastico 2012/2013 rispetto all'anno precedente. Numeri
che testimoniano una vera rivoluzione culturale confermata anche dai risultati
di un sondaggio sempre di Coldiretti/Swg, secondo il quale il 38 per cento dei
giovani oggi preferirebbe gestire un agriturismo piuttosto che lavorare in una
multinazionale (28 per cento) o fare l'impiegato in banca (26 per cento). La
crescita di opportunita' nel settore agricolo e' dovuta al fatto che negli
ultimi anni si sono sviluppati all'interno del settore nuovi mestieri con circa
il 70 per cento delle imprese giovani che - continua la Coldiretti - opera in
attivita' multifunzionali: dall'agriturismo alle fattorie didattiche fino agli
agriasilo, dalla vendita diretta dei prodotti tipici e del vino alla
trasformazione aziendale del latte in formaggio, dell'uva in vino, delle olive
in olio, ma anche pane, birra, salumi, agrigelati e addirittura agricosmetici.
La domanda di lavoratori si registra infatti per figure professionali
tradizionali che vanno dal trattorista al taglialegna fino al potatore, ma
anche per quelle innovative all'interno dell'impresa agricola come l'addetto
alla vendita diretta di prodotti tipici, alla macellazione, alla vinificazione
o alla produzione di yogurt e formaggi. In Italia sono quasi 59mila le imprese
agricole condotte da giovani ''under 30'' iscritte alla Camere di commercio,
dove rappresentano oltre il 7 per cento del totale, secondo la Coldiretti. ''La
voglia di campagna e' una conferma della validita' e della modernita' del
modello di sviluppo agricolo Made in Italy che e' fondato sul valorizzazione
dell'identita', della qualita', delle specificita' e che puo' rappresentare un
riferimento anche per gli altri settori per affrontare e vincere la
competizione internazionale'', ha affermato il presidente della Coldiretti
Sergio Marini. Dentro l'agricoltura non c'e' ancora un reddito adeguato ma c'e'
legittimamente quella visione di futuro e di prospettive e di fiducia che non
c'e' negli altri settori ed ecco perche' - conclude Marini - aumenta chi
frequenta le scuole di agricoltura. com-rba/vlm
I vertici del G20? Inconcludenti
Quali risultati
concreti ha avuto il G20 di San Pietroburgo? Bella domanda, ma la risposta,
purtroppo, è l'insieme vuoto. L'unico campo in cui è davvero successo qualcosa
è stato quello politico: è stato chiarito che la maggior parte del mondo non
approva un intervento in Siria. Ma il G20 non era nato politico, era nato
politico-economico. E in economia i risultati sono stati praticamente zero.
Certo, esiste una dichiarazione finale dei leader dei venti Paesi. Ventisette
pagine, una parola buona per ciascuno dei problemi che stanno di fronte
all'economia mondiale. Solo che le risoluzioni di vertici del genere, per
contare davvero, devono occupare massimo una pagina ed elencare provvedimenti
immediati, non enunciare intenti. Nessuno si sognerebbe di criticare la ricerca
di una «crescita forte, durevole e bilanciata», per di più attraverso «posti di
lavoro di qualità» - anche se a dire il vero in questo preciso momento molti di
noi firmerebbero anche per una crescita piccola e temporanea. Già, ma che cosa
si fa per arrivarci? La dichiarazione rimanda al Piano d'azione di San
Pietroburgo, con la promessa di implementarne le indicazioni, di monitorarne il
passo d'esecuzione e rendere conto pubblicamente di tutto. In parole povere:
«faremo, esamineremo, diremo», tutto al futuro. È probabile che non molto
sarebbe venuto fuori in ogni modo, neanche se così larga parte del vertice non
fosse stata dedicata, oh quanto informalmente!, alla sola Siria. Ogni passo
concreto richiede il lavorio preparatorio di migliaia di sherpa (i funzionari
di grado minore dei servizi diplomatici, quelli che lavorano davvero), che qui
evidentemente non c'è stato o non ha dato frutti. L'unico vero passo avanti del
vertice è stato quello sull'evasione fiscale: i governi hanno imboccato la strada
della restrizione alla libertà d'azione delle multinazionali, che pagano le
tasse che vogliono dove vogliono e conseguono utili nei paradisi fiscali anche
se le entrate vengono dalle economie maggiori. Qui di possibile nell'immediato
c'era ben poco, ma era comunque importante metter bene a fuoco il problema dopo
i casi eclatanti di Google e di Apple. Resta la delusione. Se il G8 ormai non
ha abbastanza forza economica per incidere sulla realtà, al G20 manca la
concordia: la divergenza di interessi - anche in campi non strettamente
economici - preclude un'azione congiunta. Sarà per la prossima volta?
Auguriamocelo. Paolo
Brera rerum.scriptor@yahoo.fr
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