Formazione, borse di studio “trappola” per i
giovani siciliani
Consumi: Coop, la ripresa non c'e'. L'aumento
Iva sarebbe molto grave
Rapporto-Coop, consumi scesi ai livelli degli
anni '60-'70
Petrolio. Zanonato dimezza le trivelle marine
Ridotte le aree marine in cui si può cercare
petrolio
Nuova Europa, male commercio al dettaglio in
Slovenia
Fiat, in Serbia prima export gennaio-agosto
(952 mln euro)
Bozen, oltrepadania nord. Anche in Alto Adige
arriva la recessione: Pil in calo dello 0,5%
L'UNIONE SARDA - Economia: Saldi estivi, per
Confesercenti bilancio negativo
05.09.2013
Marco Sulis, presidente
regionale: «Stato e Regione ci devono aiutare» «Saldi estivi flop in Sardegna:
bisogna subito correre ai ripari». Bilancio ed esortazione a cambiare rotta
arrivano da Confesercenti alla chiusura dell'ultima stagione di sconti.
Nell'isola i dati dell'indagine condotta dalla Fismo (Federazione italiana
settore moda, aderente alla Confesercenti) confermano la sofferenza soprattutto
per le piccole strutture: l'81 per cento si dichiara insoddisfatto
dell'andamento delle vendite durante il primo periodo dedicato ai saldi di fine
stagione, e soltanto il 19% si dichiara soddisfatto. Il 73% del campione ha
denunciato decrementi rispetto al volume delle vendite relative allo stesso
periodo dei saldi estivi dell'anno precedente. Tra questi, il 53% quantifica la
perdita compresa tra il 10% e il 30%, mentre il 10% invece la dichiara
addirittura superiore al 30%. I più fortunati (l'8% degli intervistati) hanno
riscontrato incrementi. I dati delle vendite durante la stagione estiva sono in
linea rispetto al periodo precedente i saldi. Il 73% del campione, infatti,
dichiara un decremento rispetto ai volumi già fallimentari registrati nello
stesso periodo del 2012. «I saldi - spiega Davide Marcello, presidente
regionale della Fismo - non rappresentano più uno stimolo agli acquisti per il
consumatore, i cui comportamenti sono sempre più improntati alla prudenza e
soprattutto decisamente limitati da budget prestabiliti che ne inibiscono la
reattività a qualsiasi iniziativa di natura commerciale». Il presidente
regionale della Confesercenti, Marco Sulis rivolge un appello a Stato e
Regione. «Chiediamo, per quanto di loro competenza, un adeguamento in materia
fiscale che consenta di dare un minimo di ristoro alle numerose aziende del
settore».
Formazione, borse di studio “trappola” per i
giovani siciliani
03 settembre 2013
di Redazione
Rischia di
trasformarsi in una trappola finanziaria per i giovani e le loro famiglie il
programma regionale Sicilia Futuro, finanziato dal Fondo sociale europeo, per
l’erogazione di borse di studio a laureati che vogliano effettuare master e
studi di specializzazione anche all’estero.
Lo denuncia la Flc
Cgil Sicilia che chiede all’assessore regionale alla Formazione di “assicurare
al più presto il completo finanziamento del programma, anticipando come
richiesto dall’Ue le risorse necessarie, e di rivedere le modalità di
erogazione, quindi i bandi, e di tassazione. “L’obiettivo immediato- sostiene
il sindacato- deve essere anche quello di fermare la macchina dello
scoraggiamento rispetto a un programma che può dare risultati”.
Attualmente dei 15
milioni previsti per il programma la Regione ne ha impegnati solo uno e mezzo e
l’erogazione dei finanziamenti è avvenuta con notevoli ritardi.
“La conseguenza-
dice Giusto Scozzaro, segretario generale della Flc Sicilia- è che i
beneficiari hanno dovuto anticipare di tasca propria tutte le spese obbligando
le famiglie anche a fidejussioni onerose. Tutto questo ha evidentemente
scoraggiato gli aspiranti, che sono stati meno di quanto si potesse prevedere
con sole 65 borse di studio assegnate con il primo avviso e 120 beneficiari
selezionati per il secondo e ancora in attesa di notizie e di finanziamenti”.
Scozzaro afferma di non
ritenere “per niente tranquillizzanti le dichiarazioni dell’assessore Scilabra,
a fronte del ‘problema di cassa’ reso noto dall’Irfis. Così – aggiunge il
segretario della Flc- si rischia di sprecare una grande opportunità di
qualificazione per i nostri giovani più meritevoli perché a fronte delle
criticità nei bandi e dei ritardi della regione nei finanziamenti il programma
potrebbe avere sempre meno aspiranti beneficiari. Le risorse europee- osserva-
andrebbero dunque perdute”.
La Flc contesta
anche i rimborsi post rendicontazione e l’applicazione sulle indennità mensili
di una tassazione del 27, 5%. “Non mi sembra il modo migliore –dice Scozzaro –
di sostenere i giovani, la formazione e la ricerca . Se la Regione intende
investire sul futuro- sottolinea- deve farlo a partire da interventi di questo
genere, mirati a dare prospettive e a coltivare la speranza di chi crede di
potere costruire qualcosa di concreto e di positivo”.
Mav
Consumi: Coop, la ripresa non c'e'. L'aumento
Iva sarebbe molto grave
05 Settembre 2013 -
18:27
(ASCA) - Roma, 5 set - L'Italia e' ancora nel tunnel
della crisi e i bilanci delle famiglie sono sotto pressione. Il quadro
complessivo non induce al facile e ingiustificato ottimismo: la diminuzione del
reddito disponibile reale nell'arco di appena 6 anni supera il 10% (-10,2%), la
disoccupazione e' alle stelle (ha toccato il 12% nei primi mesi del 2013, ai
massimi dal 1977) e sono soprattutto i piu' giovani sotto i 18 anni di eta' a
rischiare l'esclusione sociale. Peggio di noi in Europa solo i coetanei
bulgari, rumeni, ungheresi e delle piccole Repubbliche del Baltico, meglio di
noi persino i greci e gli spagnoli. E' quanto rileva il rapporto Coop 2013 su
''consumi, distribuzione'', presentato oggi a Milano. Senza un'azione del
governo a sostegno della domanda interna e un forte impegno degli operatori
economici piu' importanti, a partire dalle banche, chiamati a sostenere le
famiglie non ci sara' - osserva il rapporto - una ripresa significativa del
paese. Aumentare l'IVA, come realizzare qualsiasi non selettivo altro
provvedimento fiscale, sarebbe un errore molto grave. D'altro canto e'
indispensabile che l'industria e la distribuzione italiane lavorino insieme per
sostenere la ripresa: l'industria puo' ridurre i prezzi e i margini in
percentuale, scommettendo su un possibile aumento dei volumi, mentre la
distribuzione deve trasferire senza aggravi il valore sui consumatori. A fronte
dell'allarme occupazione, l'Italia in compenso - prosegue il rapporto - sale in
vetta alle classifiche europee perche' e' il Paese con il maggior allungamento
della vita media (rispetto al 1975 si vive 10 anni di piu') e gli italiani
sembrano oramai rassegnati a uno stile di vita all'insegna della rinuncia: sia
importanti come i figli (siamo un Paese di figli unici e di famiglie con un
solo componente), sia di tipo economico (il risolutivo taglio delle quantita'
acquistate e' diventato dilagante) che rinunce ai vizi. Bacco e Tabacco non
abitano piu' nel Bel Paese (per i vini e' una debacle -4% nell'ultimo anno, gli
aperitivi superano il -5%, superalcolici amari e liquori flettono oltre il -3%,
ma non va meglio per il segmento fumo e la lancetta ritorna indietro al '73 per
il numero di sigarette fumate -14% in soli 2 anni), gli italiani si negano
anche l'innocente piacere del caffe' (il comparto caffe'-the-cacao registra una
flessione a valore procapite in 6 anni del -21%), Venere ancora resiste ma solo
grazie a un piccolo aiuto (tra i pochi segni positivi il +6,4% degli accessori
per il sexual entertaiment, quasi +8% in due anni per Viagra e simili). Non ci
si muove piu' realmente ma solo virtualmente: immobili e iperconnessi. In
Italia sono 29 milioni i navigatori attivi ogni mese e 23 di loro lo fanno
attraverso tablet e smarthpone (10 milioni in piu' rispetto al 2012 ne hanno in
tasca uno nuovo). Nasce cosi' la figura del consumatore-internauta: dalla lista
della massaia con carta e biro alla pianificazione scientifica e razionale via
web e finanche all'acquisto. La piazza virtuale fa proseliti e se 21 milioni di
italiani si limitano a leggere opinioni di altri consumatori (e magari a
venirne comunque influenzati), piu' di 8 milioni partecipano attivamente alle
discussioni sui consumi on line. Per 10 milioni le procedure di acquisto si
sono gia' invertite: il prodotto si vede in negozio, ma si compra online (e' il
caso dell'abbigliamento che nell'on line registra un +41% o dei prodotti
tecnologici +19%). Oppure nemmeno si compra, ma si baratta o si ottiene gratis:
e' il fenomeno in crescita della sharing economy in cui l'accesso al bene e'
piu' importante del suo possesso. E se alla fine qualcosa si trova nel carrello
della spesa un po' a sorpresa si scopre che l'italiano ama sempre piu' il cibo
etnico (il carrello fa un balzo avanti di un +6%) e ha tirato fuori un'anima
tutta verde: l'insalata si fa nell'orto (proprio) e sullo scaffale si
privilegia il biologico. E secondo il rapporto nessun ottimismo per il prossimo
futuro. Infatti, nonostante veniamo da anni di flessioni elevate, la ripresa
dei consumi alimentari e non alimentari non ci sara': la stima Coop per il
prossimo anno e' di un ulteriore -0,5% nel food e -6,1% nel non-food, su una
base 2013 gia' in significativa contrazione. red/rf
Rapporto-Coop, consumi scesi ai livelli degli
anni '60-'70
16:11 05 SET 2013
(AGI) - Milano, 5
set.- Alimentari e abbigliamento si attestano ai livelli di consumo piu' bassi
dagli anni 60/70, mentre a registrare un segno positivo sono ormai quasi solo i
gadget tecnologici come smartphone e tablet: e' uno dei segnali piu' eloquenti che
emergono dal Rapporto Coop 2013 Consumi e Distribuzione, presentato oggi a
Milano. Secondo il rapporto ci sono pochi motivi per essere ottimisti sul
futuro: nonostante anni di flessioni elevate, non si assistera' a una ripresa
dei consumi alimentari e non alimentari in tempi brevi. Il 2014 stimano gli
analisti COOP - sara' caratterizzato da un ulteriore contrazione dello 0,5% nel
settore alimentare e da un -6,1% nel settore non alimentare.
Nel settore alimentare la media della spesa
pro capite si attesta ormai intorno ai 2400 euro (un valore inferiore a quello
del 1971, a parita' di valore della moneta), e alla fine del 2013 il calo in
quantita' rispetto ai valori pre-crisi del 2007 raggiungera' quota -14%. Ormai
l'81% degli italiani ha cambiato abitudini di consumo, una percentuale che in
Europa e' superata solo dagli spagnoli, e gia' oggi sono circa 3 milioni le
famiglie che non riescono a permettersi un pasto proteico adeguato ogni due
giorni. La spesa alimentare, se calcolata su valori reali, sembra tornata ai
livelli degli anni 60.
L'italiano medio rinuncia persino ai vizi: i
consumi di vino registrano un calo del 4%, il numero di sigarette fumate scende
del 14% in due anni, e si registra un forte aumento solo sul fronte del gioco
d'azzardo, soprattutto online, che alla fine del 2013 al netto delle vincite,
sfiorera' i 100 miliardi di euro.
Altra nota positiva, registrano ironicamente
gli analisti COOP, va rintracciata nell'aumento dei consumi di accessori
erotici (+6,4) e viagra (+8%). Oltre all'alimentare, crollano anche i consumi
di abbigliamento e calzature, libri e giornali, automobili e viaggi. Unico
settore in controtendenza e' quello tecnologico: sono ormai 40 milioni gli
italiani connessi a internet, di cui 29 milioni sono attivi ogni mese. Ventitre
milioni di italiani accedono a internet attraverso tablet e smartphone, un
aumento di ben 10 milioni rispetto al 2012. "Non vediamo alcun fondamento
razionale nell'ottimismo degli ultimi giorni - dice Marco Pedroni, presidente
della COOP - e, anche se si registra un piccolo allentamento della sfiducia di
imprese e famiglie, restano i dati duri della riduzione del potere di acquisto,
della contrazione dell'occupazione e di una distribuzione del reddito
sfavorevole per i ceti popolari e per una parte importante delle classi medie.
E' necessario un forte sostegno alla domanda interna, un'azione decisa da parte
del governo. Non si possono caricare ulteriormente nuove tasse sui consumi, e
per questa ragione siamo fortemente contrari a un nuovo aumento dell'IVA. (AGI)
.
Petrolio. Zanonato dimezza le trivelle marine
di Federico Rendina
Da una parte l'impegno a raddoppiare le
nostre estrazioni di petrolio e gas, sancito nel Piano energetico nazionale
varato nei mesi scorsi dopo non pochi tormenti. Dall'altra la conferma della
stretta alle esplorazioni imposta dall'ultimo Governo Berlusconi: con il Codice
ambientale voluto dall'allora ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo la
zona di divieto delle attività petrolifera era stata portata da 3 a 12 miglia
dalle coste. Il chiarimento, se così si può dire, è arrivato ieri pomeriggio,
quando il ministro dello Sviluppo in carica, Flavio Zanonato, ha varato un
decreto con il quale annuncia la "rimodulazione" delle regole,
promette di tener fede alla prima promessa ma intanto attua in pieno il secondo
e assai più prudente provvedimento, dimezzando o quasi le aree marine italiane
dove i petrolieri potranno fare il loro lavoro e gli italiani potranno colmare
almeno in parte il pesante deficit energetico del paese.
Così il taglio
Ed ecco che il decreto varato ieri
«determina - afferma direttamente Zanonato in una nota - un quasi dimezzamento
delle aree complessivamente aperte alle attività offshore, che passano da 255 a
139 mila chilometri quadrati, spostando le nuove attività verso aree lontane
dalle coste e comunque già interessate da ricerche di Paesi confinanti, nel
rispetto dei vincoli ambientali e di sicurezza italiani ed europei.
In particolare - specifica il ministro - il
decreto determina la chiusura a nuove attività delle aree tirreniche e di
quelle entro le 12 miglia da tutte le coste e le aree protette, con la
contestuale residua apertura di un'area marina nel mare delle Baleari, contigua
ad aree di ricerca spagnole e francesi».
Un siluro, di fatto, alle promesse di
incrementare comunque le nostre fonti energetiche tradizionali? Il ministro
nega. «Con questo provvedimento - puntualizza - sosteniamo lo sviluppo delle
risorse nazionali strategiche, concentrando le attività di ricerca e sviluppo
di idrocarburi in poche aree marine a maggior potenziale e minor sensibilità
ambientale». E in ogni caso «il decreto prevede l'impiego dei più elevati
standard di sicurezza e di tecnologie di avanguardia nelle quali le aziende
italiane detengono una posizione di leadership internazionale».
Le polemiche
Più che prevedibili le proteste dei nostri
petrolieri. Proprio nelle ultime settimane l'Assomineraria aveva aggiornato le
sue stime tecnico-economiche, producendo uno studio nel quale si puntualizza
che con l'attuale modesto apporto del 10% al nostro fabbisogno di idrocarburi
da parte delle estrazioni nazionali abbiamo comunque ridotto nel 2012 di 6,3
miliardi di euro la bolletta energetica pagata dal nostro paese ai fornitori
esteri contribuendo, sul versante fiscale (imposte, royalties, canoni) per
oltre 1,6 miliardi alle casse dello Stato e delle amministrazioni locali. Tutto
ciò - sostiene Assomineraria -con le migliori garanzie di sicurezza e tutela
ambientale, con aree che fino ad oggi hanno coperto in ogni caso «meno del 15%
dei mari italiani» contro uno sfrutamento che negli altri paesi mediterranei va
«dall'80 al 100%».
Incalza la Federpetroli: «È da anni che
continuiamo a lottare per far capire alle regioni e a parte della popolazione
che nella nostra amata terra c'è un grande potenziale energetico con piena
sostenibilità ambientale, ancora da sfruttare» afferma il presidente
dell'associazione, Michele Marsiglia, ricordando in particolare come la
Basilicata rappresenti «un grande giacimento di risorse energetiche ed ancora
un numero considerevole di progetti di esplorazione idrocarburi fanno fatica a
decollare». E intanto «in Italia gli investimenti stranieri che rischiano di
essere vanificati, come l'importante progetto 'Ombrina Mare' a largo delle
coste abruzzesi, concessioni onshore ed offshore in Puglia, i progetti in
Sardegna per non parlare di altre regioni come Piemonte, Lombardia, Veneto,
Marche e Sicilia, mentre la Grecia, Montenegro, paradisi ambientali come le
Seychelles e l'Islanda pubblicano gare aperte a tutte le aziende petrolifere
per nuove esplorazioni».
4
settembre 2013
Ridotte le aree marine in cui si può cercare
petrolio
Tirreno calabrese salvo, fascia interdetta
sullo Ionio
Il ministro per lo Sviluppo Economico ha
firmato il decreto di riordino delle zone aperte alla ricerca e coltivazione di
idrocarburi: si passa da 255 a 139 mila chilometri quadrati, spostando le nuove
attività verso aree lontane dalle coste. E cambia lo scenario anche per la
Calabria
NIENTE trivellazioni sul Tirreno calabrese
e fascia di tutela in prossimità della costa anche sul litorale ionico. Sono le
novità che emergono dal decreto di riordino delle zone marine aperte alla
ricerca e coltivazione di idrocarburi, in coerenza con le norme di legge
approvate dal Parlamento nell’ultimo anno e con la direzione indicata dalla
Strategia Energetica Nazionale.
Il ministro dello Sviluppo Economico Flavio
Zanonato ha firmato un atto che determina un quasi dimezzamento delle aree
complessivamente aperte alle attività offshore, che passano da 255 a 139 mila
chilometri quadrati, spostando le nuove attività verso aree lontane dalle coste
e comunque già interessate da ricerche di Paesi confinanti, nel rispetto dei
vincoli ambientali e di sicurezza italiani ed europei.
In particolare, il decreto determina la
chiusura a nuove attività delle aree tirreniche e di quelle entro le 12 miglia
da tutte le coste e le aree protette, con la contestuale residua apertura di
un’area marina nel mare delle Baleari, contigua ad aree di ricerca spagnole e
francesi. «Con questo provvedimento - dichiara Zanonato - sosteniamo lo sviluppo delle risorse
nazionali strategiche, concentrando le attività di ricerca e sviluppo di
idrocarburi in poche aree marine a maggior potenziale e minor sensibilità
ambientale. Il decreto – sottolinea infine il ministro - prevede l'impiego dei
più elevati standard di sicurezza e di tecnologie di avanguardia nelle quali le
aziende italiane detengono una posizione di leadership internazionale».
mercoledì 04 settembre 2013 18:36
Nuova Europa, male commercio al dettaglio in
Slovenia
Lubiana record negativo, bene Baltici,
Austria, Bulgaria
05 settembre, 12:21
(ANSA) - TRIESTE - Secondo i dati relativi
al commercio al dettaglio nell'Unione europea resi noti da Eurostat, il settore
ha registrato cali significativi in particolare in Slovenia, -3,4% a luglio
rispetto al mese precedente e -6,4% rispetto al luglio 2012.
Il
segno negativo di Lubiana, specificano le stime di Eurostat, è stato il più
marcato fra tutti i Paesi membri Ue di cui sono stati forniti dati dall'agenzia
statistica dell'Unione europea. Nel confronto tra luglio 2013 e giugno 2013,
bene la Bulgaria (+1%), l'Estonia (+1,2%), la Lettonia (+2,1%), l'Austria
(+1,3%), la Romania (+2,1%), la Slovacchia (+0,3%) stabile la Lituania. Segno
negativo invece per l'Ungheria (-0,3%) e per la Polonia (-1,1%) tra il giugno e
il luglio scorso. Per quanto riguarda invece le differenze tra luglio 2013 e
luglio 2012, risultati brillanti per Bulgaria (+4,3%), Estonia (+2%), Lettonia
(+5,5%), Lituania (+5,9%), Polonia (+2,9%). Bene anche il commercio in Ungheria
(+1,2%) e in Austria (+1%).
Negative invece le performance anno su anno
in Romania (-0,2%) e, come già indicato, in Slovenia (-6,4%). (ANSA).
Fiat, in Serbia prima export gennaio-agosto
(952 mln euro)
Complesso
esportazioni 7 mesi Belgrado a 6,08 mld
05 settembre, 16:46
(ANSA) - BELGRADO -
Fiat Serbia (Fiat Automobili Srbija, Fas) e' risultata di gran lunga al primo
posto nella lista dei maggiori esportatori in Serbia per i primi otto mesi di
quest'anno, con un ammontare di 952,4 milioni di euro. Lo ha reso noto il ministero
delle finanze a Belgrado.
Alle spalle della Fiat, molto distaccati, il
gruppo petrolifero Nis (Naftna Industrija Srbije) con 183,2 milioni di euro, e
al terzo posto il produttore di pneumatici Tigar Gume con un export di 162,1
milioni di euro.
Nei primi sette mesi dell'anno la Serbia ha
fatto registrae in complesso un export per 6,08 miliardi di euro, con un
incremento del 24% rispetto allo stesso periodo del 2012.
L'import e' risultato invece di 8,73 miliardi
di euro, in aumento del 2,9% sullo stesso periodo dello scorso anno. (ANSA).
Bozen, oltrepadania nord. Anche in Alto Adige
arriva la recessione: Pil in calo dello 0,5%
Poco confortanti i
dati della Camera di Commercio sul primo semestre 2013
ll 2013 sarà un anno
negativo per l’economia altoatesina, che sconta la debolezza della domanda e la
forte crisi italiana. La recessione nella nostra provincia non assumerà
comunque toni drammatici. In base alle informazioni al momento disponibili,
l’Ire - Istituto di ricerca economica della Camera di commercio di Bolzano -
prevede che la variazione del prodotto interno lordo sarà pari a -0,5 per
cento. Una contrazione più forte del Pil potrebbe però verificarsi per effetto
di alcuni fattori di rischio, in gran parte legati alla situazione italiana.
In particolare
saranno fondamentali la stabilità governativa, la prosecuzione del cammino di
riforme e il rispetto degli obiettivi di bilancio, in modo da non mettere a
rischio la fiducia dei mercati nei confronti del debito sovrano. Lo ha
annunciato il presidente della Camera di Commercio di Bolzano, Michl Ebner,
presentando ieri il Barometro dell’economia. Gli assessori provinciali Thomas
Widmann e Roberto Bizzo si sono detti preoccupati di questo dato negativo dopo
molti anni di crescita. «Oltre a ridurre i costi del lavoro - dicono i due - serve
puntare sull'innovazione».
Un elemento di
incertezza è rappresentato anche dal clima di fiducia dei consumatori. Questo,
pur in ripresa sia in Italia, sia in Alto Adige, resta fragile ed un suo
indebolimento potrebbe ritardare ulteriormente l’uscita dalla crisi. Bisogna
poi tornare a fornire liquidità al sistema delle imprese, attraverso
l’allentamento della stretta creditizia e il pagamento dei debiti arretrati della
pubblica amministrazione.
«Qualora ciò non avvenisse nei tempi previsti,
la conseguente mancata ripresa degli investimenti impedirebbe la ripartenza
dell’economia prevista per fine anno. Infine, tale ripartenza dipenderà
sensibilmente anche dalle esportazioni, e sarà di conseguenza sensibile
all’evoluzione della congiuntura internazionale. Per l’Alto Adige sarà
particolarmente rilevante l’andamento dell’economia in Germania e in Austria,
con quest’ultima che potrebbe soffrire la crisi bancaria slovena», spiega
Ebner.
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