lunedì 23 settembre 2013

XXIII.IX.MMXIII – Profitto eccessivo===«Accade in queste settimane – spiega Maurizio Carretta presidente di Unità Contadina – che il grano canadese classificato numero tre, a differenza dei nostri parametri qualitativi, da considerare di qualità “media” è quotato a 30 euro al quintale contro i 25,5 euro al quintale del nostro grano che risponde a qualità decisamente migliori, perché classificato con 12 proteine e peso specifico 80. Le quotazioni del grano del lavellese-melfese-venosino sono persino al di sotto di quelle dei listini delle borse pugliesi e nazionali di grano-cereali».

Aumenta grano estero «Coltivatori lucani ridotti sul lastrico»
Ilva, le accuse dell’Europa dossier della Commissione su diossina e discariche
Metano, la svolta ”pulita” dell’Ilva
Istat: retribuzioni agosto +1,5% su anno
Crisi: Draghi, ripresa lenta nell'Eurozona; disoccupazione alta
Ungheria, Orban conferma nazionalizzazione società energia




Aumenta grano estero «Coltivatori lucani ridotti sul lastrico»
LAVELLO - «L’arrivo pressochè giornaliero al porto di Bari di grano di origine estera (Ucraina, Kazakhistan, Australia, Canada) sta strozzando i produttori cerealicoli lucani». E’ l ‘allarme lanciato dal Gie (Gruppo Interesse Economico) cerealicolo aderente alla Cia e dalla Cooperativa Unità Contadina alla quale aderiscono un migliaio di cerealicoltori di Lavello, Melfi e Venosa, con una produzione di circa 200 mila quintali di grano l’anno.
 «Accade in queste settimane – spiega Maurizio Carretta presidente di Unità Contadina – che il grano canadese classificato numero tre, a differenza dei nostri parametri qualitativi, da considerare di qualità “media” è quotato a 30 euro al quintale contro i 25,5 euro al quintale del nostro grano che risponde a qualità decisamente migliori, perché classificato con 12 proteine e peso specifico 80. Le quotazioni del grano del lavellese-melfese-venosino sono persino al di sotto di quelle dei listini delle borse pugliesi e nazionali di grano-cereali».
 «La situazione – continua Carretta – è diventata insostenibile perché noi della struttura di conferimento siamo costretti a rimetterci per tenere fede all’impegno economico con i nostri associati. Le istituzioni devono intervenire almeno garantendo lo stesso prezzo del nostro grano con quello estero e per vigilare sui signori dei molini e della pasta che volteggiamo come avvoltoi sulle nostre teste, uccidendo il granaio della Basilicata».
 «Ormai nella pasta italiana – dice Lomio, produttore cerealicolo del Vulture - vengono impiegati grani duri per il 70% di origine estera (Ucraina, Kazakhistan, Australia, Canada), con seri problemi di qualità e sanità del prodotto, come emerge da alcuni processi in corso contro alcuni importatori. Abbiamo bisogno di combattere senza tregua l'economia dell'inganno con un sistema coordinato e pianificato dei controlli. E' necessaria a livello regionale e nazionale una cabina di regia con tutti i soggetti preposti ai controlli e le organizzazioni professionali agricole per affrontare in maniera seria il grave problema delle importazioni illegittime e il falso made in Italy. Chiediamo al governo regionale e nazionale un tavolo interprofessionale per regolare il mercato».
 «Ma – evidenzia Nisi – malgrado i segnali di ripresa dello scorso anno, l’Italia ha prodotto il 6,5% in meno. Si tratta di una diminuzione di circa 250mila ettari. Occorre dunque arrestare il declino della produzione di grano duro italiano, se vogliamo garantire prospettive produttive e di reddito al sud Italia e soprattutto tutelare il “made in Italy” della pasta, dato che oggi l’industria è arrivata ad approvvigionarsi all’estero per il 50% del proprio fabbisogno ed è necessario salvaguardare l’utilizzo delle sementi certificate, strumento insostituibile per incrementare la produttività e il miglioramento qualitativo».
 La Cia rivendica l’adozione del Piano Cerealicolo Regionale in sinergia con il Piano nazionale.

Ilva, le accuse dell’Europa dossier della Commissione su diossina e discariche
di FRANCESCO CASULA
 TARANTO - Dalle pecore contaminate dalla diossina, alle aiuole vietate ai bambini. Dal piombo nelle urine, all’emergenza benzo(a)pirene, fino al divieto temporaneo di seppellire e riesumare i cadaveri al cimitero. C’è tutto questo e anche di più nel dossier al vaglio della Commissione Europea che potrebbe aprire nei prossimi giorni una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, nata dalla denuncia di Peacelink e Fondo antidiossina onlus, per non aver obbligato l’Ilva a rispettare le leggi europee sulla salvaguardia ambientale. Dal 2012 a oggi, infatti, a Bruxelles sono giunti quasi quotidianamente una serie di rapporti dettagliati sull’emergenza ambientale e sanitaria: esito delle indagini, iniziative del Governo, i risultati di analisi che hanno scatenato le polemiche degli ultimi due anni. Nelle carte ci sono soprattutto i risultati delle maxi perizie disposte dal giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco. Sia la relazione ambientale che quella epidemiologica sono state tradotte in inglese e puntualmente spedite alla commissione ambiente. Non solo. A Bruxelles sono giunti anche i protocolli di intesa firmati negli anni dalle istituzioni locali con l’azienda: quegli accordi, insomma, che la procura di Taranto ha definito una «colossale presa in giro».
 Tutto comincia il 26 marzo 2012 quando la struttura di missione per le procedure di infrazione presso il Dipartimento delle politiche europee di Palazzo Chigi rende nota la richiesta giunta dalla Ue. Inizia così un carteggio particolarmente fitto. Con l’ultima missiva, dello scorso 8 luglio, Bruxelles chiede chiarimenti sul decreto «salva Ilva bis» con il quale viene nominato commissario Enrico Bondi. In particolare la Commissione chiede «di confermare» se il «piano ambientale» degli esperti e il «piano industriale» formulato da Bondi sono stati adottati. Non solo. L’Europa vuole sapere in che modo questi piani «garantiranno la protezione dell’ambiente e della salute» e il rispetto dell’Aia e poi aggiunge «con rammarico che i risultati del monitoraggio delle emissioni (diverse dalle diossine) provenienti dall’impianto Ilva ne corso del 2012 sono ancora in fase di convalida». Infine l’Europa chiede anche di sapere se la sanzione imposta dall’Ispra per la violazione delle prescrizioni Aia sia stata «applicata correttamente» e quali siano le «condizioni» che «non sono attualmente soddisfatte». Risposte che il Governo dovrebbe aver inviato entro il 29 luglio, ma di cui – per via della soppressione del Garante Ilva - non vi sono tracce al momento. In ogni caso il piano di interventi e quello ambientale non sono neppure stati presentati, la sanzione dell’Ispra non è stata applicata e l’adeguamento completo alle prescrizioni Aia è ancora lontano. Forse basterebbe questo a giustificare la procedura di infrazione. Eppure c’è chi, come l’ex ministro Corrado Clini, rassicura: «l'autorizzazione che ho firmato il 26 ottobre 2012 – ha dichiarato ieri al Messaggero - rispetta in maniera rigorosa le procedure europee, anzi anticipa i tempi previsti dalla stessa Commissione per l’aggiornamento tecnologico degli impianti siderurgici. L’Italia non solo è a posto, ma ha addirittura anticipato i tempi».

Metano, la svolta ”pulita” dell’Ilva
 di Pierpaolo D'Auria
Si chiama metano la svolta dell’Ilva del commissario Enrico Bondi e del sub commissario Edo Ronchi. È questo il piano che ha in testa il commissario Bondi: meno utilizzo di carbone e più shalegas per ottenere un abbattimento significativo di emissioni di anidride carbonica (che dovrebbe assestarsi intorno al 60%), di ipa (gli idrocarburi policiclici aromatici) e l’ulteriore abbassamento dei livelli dei parchi minerali. Ovvero, si tratterebbe di utilizzare ferro preridotto con metano.
 Una vera e propria rivoluzione, annunciata, anche se non in tutti i dettagli tecnici, dal sub commissario Ronchi ai componenti la commissione Ambiente del Comune di Taranto nel corso dell’incontro di giovedì scorso. La sperimentazione sarebbe già in corso all’interno della grande fabbrica necessaria per verificare se gli impianti sono compatibili con la nuova tecnologia e con il nuovo processo produttivo. Se così fosse, Ilva potrebbe accantonare definitivamente l’utilizzo del carbon coke, con visibili miglioramenti delle condizioni ambientali. La produttività, sul versante industriale, dell’acciaieria rimarrebbe inalterata anzi, quella degli altiforni potrebbe subire un sostanziale incremento. Sperimentazione che sarà estesa agli altiforni per la produzione complessiva di 2 milioni di tonnellate di acciaio senza l’impiego dell’agglomerato, dove vengono preparati gli agglomerati di ferro, e delle cokerie.
 Quello dell’utilizzo del metano è una strada che anche altre realtà produttive stanno percorrendo. Austria e Stati Uniti si sono incamminati su questa strada. L’eventuale riorganizzazione industriale dovrebbe essere ricompresa nella cifra di due milairdi e mezzo di euro prevista per l’attuazione delle prescrizioni dell’Aia.
 Ma c’è anche un piano B ed è costituito dal viaggio che Bondi e Ronchi si apprestano a fare a Duisburg, i prossimi 7 e 8 ottobre come anticipato nei giorni scorsi dal Corriere. Nella città situata nel Land del Renania Settentrionale-Vestfalia, nella parte occidentale della Ruhr, va proprio nella direzione di rendersi conto di come lo stabilimento della Thyssen Group è riuscito, sostituendo interamente le cokerie. Questo ha portato ad un abbattimento sostanziale delle emissioni nocive.
 Ma quanto anticipato dal sub commissario Ronchi trova d’accordo fino ad un certo punto il circolo Peppino Impastato di Rifondazione comunista. Se da un lato, infatti, l’impatto sull’ambiente è notevolemnte ridotto, dall’altro la contrazione delle attività di cokeria e agglomerato, nonché l’eventuale incremento della produttività degli altoforni, «avrebbe come esito il fermo definitivo di pezzi interi di quei reparti, con conseguenti esuberi strutturali».

Istat: retribuzioni agosto +1,5% su anno
Indice invariato rispetto a luglio
23 settembre, 10:00
(ANSA) - ROMA, 23 SET - Ad agosto le retribuzioni contrattuali orarie sono stabili rispetto a luglio e aumentano dell'1,5% su base annua, superando il tasso d'inflazione (1,2%).
Lo rileva l'Istat che segnala aumenti tendenziali del 1,9% nel settore privato (e nulli nel pubblico). Nei primi otto mesi del 2013 la retribuzione media è cresciuta dell'1,5% rispetto allo stesso periodo del 2012.

Crisi: Draghi, ripresa lenta nell'Eurozona; disoccupazione alta
16:40 23 SET 2013
(AGI) - Bruxelles, 23 set. - Il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi conferma che la ripresa economica dell'Eurozona continuerà, seppur lentamente, nel terzo trimestre del 2013. "Si sta rafforzando la previsione che l'attività economica dell'eurozona dovrebbe continuare la sua lenta ripresa nell'attuale trimestre nonostante i dati deboli sulla produzione", ha detto Draghi in un'audizione al Parlamento europeo a Bruxelles. Draghi ha continuato dicendo che "l'attivita' economica dell'Eurozona dovrebbe beneficiare del graduale miglioramento della domanda interna supportato dalla politica monetaria della Bce, e dalla rafforzata domanda di esportazioni europee." E tuttavia ha aggiunto che "la disoccupazione rimane troppo alta e la ripresa necessita ancora di assestarsi". Draghi, ha confermato di essere pronto, se necessario, a usare "qualunque strumento" per garantire la corretta liquidita' delle banche, incluso un nuovo prestito a tassi agevolati alle banche dell'eurozona nell'ambito del Piano di rifinanziamento a lungo termine (LTRO) della Bce. "La sua impressione e' corretta", ha poi detto il numero 1 della Bce, rispondendo ad un deputato che gli chiedeva di confermare di non avere intenzione nel breve termine di allentare la politica monetaria a sostegno dell'economia.
   Confermando l'intenzione di mantenere bassi i tassi di interessi, Draghi ha comunque messo in guardia dal rischio di tassi troppo bassi, pur ammettendo che al momento questo rischio non e' presente. "Tassi a breve termine troppo bassi possono essere pericolosi e, se questo fosse il caso, saremmo pronti a usare strumenti macroprudenziali, ma per ora vediamo elementi molto, molto limitati che questo sia il caso" .

Ungheria, Orban conferma nazionalizzazione società energia
Erano state privatizzate negli anni Novanta
23 settembre, 13:18
(ANSA) - BUDAPEST - Il premier ungherese Viktor Orban, in un'intervista, ha confermato il piano di rinazionalizzare le società di distribuzione energetica (gas, elettricità), privatizzate negli anni Novanta a multinazionali straniere.
Orban ha accusato queste società - tedesche, francesi e italiane - di realizzare "un profitto eccessivo" a scapito delle famiglie ungheresi. Il suo governo le aveva obbligate via decreto da gennaio di tagliare del 10% le bollette, e un altro taglio di 10% è stato già annunciato dall'1 novembre. Il taglio delle bollette è il principale cavallo di battaglia elettorale del partito governativo ungherese in vista delle elezioni nel 2014.
Il capogruppo parlamentare Antal Rogan ha detto di volerlo mettere nella costituzione, mentre l'opposizione democratica accusa Orban di demagogia populista. (ANSA).

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