Petrolio. Wwf lancia l’allarmeper le
trivellazioni nel golfo dello Jonio
Aranciata? Sì, senza arance
L'identità italiana e le ricostruzioni storiche
sul Risorgimento e sulla Resistenza
Confermate in Calabria e Molise le
maggiorazioni irap e irpef ai fini del piano di rientro del deficit sanitario
Confesercenti, 50.000 chiusure in 2013
Crisi: Confesercenti, continua boom negozi on
line, +24, 5%
Fmi:deficit Italia3,2%,trovare fondi Imu
Lubiana a un passo dagli aiuti europei
Petrolio. Trattative autonome per il petrolio.
Dopo Viaggiano è la
volta di altri quattro comuni
I sindaci di Muro
Lucano, Spinoso, Lagonegro e Craco a
Roma per sentire cosa ha da offrire il Governo in cambio del petrolio dei
lucani
POTENZA -
L’apripista è stato il comune di Viggiano per conto anche dei vicini della Val
d’Agri. Ma prima ancora che arrivasse la firma di due settimane fa
un’iniziativa simile è partita dal altri 4 primi cittadini, arrivati a Roma per
sentire cosa ha da offrire il Governo in cambio del petrolio dei lucani. Inteso
quello che è ancora da estrarre.
«Istituire un tavolo
di lavoro tra i soggetti attivi nella programmazione. Non solo la Regione ma
anche i sindaci in rappresentanza dei propri territori, vista la complessità
della materia e visti gli scarsi risultati ottenuti fin ora dalle popolazioni
lucane». E’ stato questo il tema centrale dell’incontro che si è svolto due
giorni fa negli uffici del Ministero dello Sviluppo Economico a Roma, tra una
delegazione di sindaci lucani e l’ingegnere Franco Terlizzese direttore
generale per le risorse minerarie ed energetiche assieme al suo staff.
Si è trattato -
hanno reso noto i protagonisti - di un incontro
richiesto da tempo come «conseguenza pratica e operativa delle
risultanze del convegno sul Petrolio tenuto a Muro Lucano agli inizi di
settembre». Alla riunione erano presenti Vito Mariani per Muro Lucano, Pasquale
De Luise per Spinoso, Domenico Mitidieri per Lagonegro e Giuseppe Lacicerchia
per Craco. Per il comitato dei primi cittadini l’occasione sarebbe stata utile
per ribadire ai tecnici del Ministero che sul «tema petrolio e in relazione
alle competenze che il Ministero ha in materia,
si rende necessario istituire un tavolo permanente con Regione e
comuni». I temi trattati sono stati tanti, «dalla necessità di un maggiore e
più trasparente sforzo nell’assicurare la massima tutela ambientale e della
salute, alla maggiore condivisione e partecipazione degli enti locali quali i
Comuni nella programmazione degli investimenti che lo stato centrale intende
fare sui territori oggetto dell’estrazione, alla maggiore capacità di incidere
nel rapporto con le compagnie petrolifere in tema occupazionale, fino ad
arrivare al recente decreto attuativo “fondo Memorandum” sul quale si è
convenuti di fare un incontro di approfondimento apposito vista la scarsa
corrispondenza tra quanto promesso e fatto percepire in Basilicata e quanto deliberato
dal Governo centrale».
Acquisita la
«disponibilità - conclude la nota dei 4 sindaci - ad una maggior partecipazione
attiva dei sindaci nei luoghi dove si decidono le sorti della nostra Regione,
non possiamo che essere contenti di aver iniziato un percorso di assunzione di
una responsabilità troppo spesso delegata e che da oggi deve toccare tutti i
primi cittadini in maniera diretta».
Intanto Laboratorio
per Viggiano ha reso noto è stato convocata per lunedì’ 30 settembre alle ore
17.30 una seduta del consiglio comunale di Viggiano che avrà all’ordine del
giorno anche le “comunicazioni del sindaco”, Giuseppe Alberti, a proposito
della fornitura gratuita del gas ai comuni della Val d’Agri.
Si tratta dell’accordo
firmato di recente a Roma per 45mila metri cubi di gas al giorno da destinare a
scopi sociali e di sostegno all’imprenditorialità in 10 comuni della Val
d’Agri, già annunciato come il primo esempio di protagonismo delle municipalità
su temi d’interesse nazionale come il petrolio. Ferme restando le competenze
della Regione - almeno in questo caso - che dovrà approvare con una delibera di
giunta quanto sottoscritto da Alberti e dall’ex senatore Romualdo Coviello,
anche nella prospettiva di un nuovo accordo tra Eni e Regione per portare la
produzione giornaliera di greggio a 130mila barili.
Difficile, invece,
immaginare l’arrivo di un percorso come quello intrapreso dai 4 primi cittadini
ricevuti a Roma giovedì, evidentemente interessati alla prospettiva di ospitare
nuovi programmi di estrazioni nei loro territori, ma a condizioni da stabilire
con la loro partecipazione».
sabato 28 settembre
2013 09:32
Petrolio. Wwf lancia l’allarmeper le
trivellazioni nel golfo dello Jonio
TARANTO - Torna
periodicamente. Il pericolo ormai è quasi diventato una realtà. Si avvicina il
momento in cui in Puglia potrebbero attivarsi attività di perforazione e
sfruttamento di giacimenti petroliferi sottomarini al largo delle coste
regionali. Ultimo allarme in ordine di tempo riguarda il golfo di Taranto, area
cui è stata assicurata un’ormai prossima attività nel mar Ionio. A rivelarlo,
il dossier «Trivelle in vista» del Wwf, secondo cui «su queste zone di pregio
marine e costiere continua a incombere la roulette russa del pesante rischio di
inquinamento marino derivante dalle attività di perforazione di routine e del
rischio di incidente per le piattaforme offshore».
Il documento è disponibile sul sito
dell’associazione, nel quale si può sottoscrivere anche la petizione.
Aranciata? Sì, senza arance
L’Ue boccia, Sicilia
beffata
27 settembre 2013 -
13:47 - Ambiente,Cronaca Regionale,Economia
di Stefania Brusca -
L’Italia ci prova ma
non sempre riesce a dire la sua in Europa. Ora l’Ue boccia anche una delle
misure che avrebbe potuto favorire le aziende siciliane produttrici di arance.
Per Bruxelles le bevande si possono produrre e vendere anche se contengono il 12
per cento di frutta, incluse le aranciate. Nulla di fatto quindi per l’aumento
del limite stabilito nel decreto dell’ex ministro della Salute Renato Balduzzi,
che aveva previsto una quota minima del 20 per cento per tutte le bevande alla
frutta vendute in Italia.
“Alla vigilia della campagna agrumicola
l’Europa stoppa l’aumento al 20 per cento dell’arancia nell’aranciata. Una vera
e propria batosta per il comparto siciliano che riguarda circa 60 mila ettari
per una produzione di oltre 11 milioni di quintali”. E’ il commento amaro del
presidente e del direttore della Coldiretti dell’Isola, Alessandro Chiarelli e
Giuseppe Campione. Con l’ incremento al 20 per cento si sarebbero venduti
almeno 200 milioni di chili di arance in più – proseguono – in questo modo
invece si continua a mantenere un sistema di bevande a bassissimo contenuto di
agrumi che di certo non aiuta la salute dei consumatori”.
La diffida di
Bruxelles è la seconda che incassa il Belpaese. La prima bocciatura era
arrivata subito dopo l’emanazione del provvedimento da parte del ministro,
ritenuto in contrasto con il principio della libera circolazione delle merci.
Il governo Monti poi ci aveva riprovato, cercando di imporre il limite solo
alle aziende italiane, lasciando così alle imprese straniere la facoltà di
scegliere la quota di frutta da mettere nell’aranciata. Una mossa che aveva
preoccupato non poco le aziende produttrici di bevande: temevano infatti di
dover affrontare un settore liberalizzato per gli stranieri e vincolato per le
imprese di casa nostra.
La seconda diffida dell’Ue, almeno per il
momento, mette la parola fine alle aspettative degli agricoltori siciliani. Un
settore colpito dalla crisi costantemente alla ricerca di un possibile
rilancio.
L'identità italiana e le ricostruzioni storiche
sul Risorgimento e sulla Resistenza
di Gigi Di Fiore
L'ultimo libro di Gianni Oliva,
"L'Italia del silenzio", stimola una serie di spunti e riflessioni
su come in Italia si è raccontata e
interpretata la nostra storia. Analizzando le vicende legate all'8 settembre
del 1943, Oliva, brillante saggista e scrittore apprezzato di storia, conclude
che "quando un avvenimento viene interpretato non in ragione della sua
reale incidenza sulla storia, ma della sua funzionalità a una rilettura
rassicurante del passato, si indebolisce a mano a mano che vengono meno le ragioni
della sua rilettura".
Come
dargli torto? Anche le ricostruzioni sulla famosa "morte della
Patria" nel 1943 hanno subito l'amaro destino vissuto dalle
interpretazioni delle vicende risorgimentali. Oliva lo conferma, sostenendo che
"è il destino che accomuna tutti i simboli identitari legati
all'auto-rappresentazione di una generazione. Gli eroi del riscatto e unità
nazionale nel Risorgimento, gli eroi della rinascita nazionale nella
Resistenza: abbiamo avuto bisogno di inventare partecipazioni di massa a
processi di pochi".
Meno
del 2 per cento degli italiani ebbe parte attiva nell'unità d'Italia, assai di
meno i partigiani e i combattenti contro le truppe nazi-fasciste. Però,
semplificare affibbiando patenti colletive e di massa a vicende legate a scelte
individuali e a una minoranza che ha poi trainato la storia italiana è servito,
in questi 70 anni, a legittimare le idee forza alla base della nostra nazione.
Un artifizio, insomma. Interpretativo e politico. Utilizzato per scopi politici,
diplomatici, economici interni e internazionali.
Si
chiede Gianni Oliva: "La nostra democrazia repubblicana è abbastanza
solida per non avere più bisogno di legittimazioni storiche? Oppure è così
disorientata e confusa perché si è fondata su legittimazioni fragili?". La
risposta la fornisce Marc Bloch: la
storia nasce dalle domande che il presente pone al passato. E, con il passare
del tempo, le nostre domande sulla storia italiana si sono rinnovate, vivendo
impulsi culturali nuovi.
Da
qui, sul 1943-45, le auto rappresentazioni che dovevano servire a restituire
credibilità ad un paese in ginocchio: ci siamo dipinti vincitori, mentre
eravamo i vinti nella guerra; tutti anti-fascisti attivi, mentre anche la
commissione Parri alla fine ha riconosciuto solo 230mila partigiani. E il Sud,
inparticolare, visse davvero un'altra storia nella liberazione, assai diversa
da quella del centro-nord. Nonostante le 4 giornate di Napoli.
Rosario Romeo, lo storico che tanti studi ha
dedicato a Cavour, scrisse che "La Resistenza, opera di una minoranza, è
stata usata dalla maggioranza degli italiani per sentirsi esonerati dal dovere
di fare fino in fondo i conti con il proprio passato". E quel passato
significava politiche coloniali con il consenso della maggioranza degli
italiani; leggi razziali;solo 18 docenti su 1848 cattedre e 2638 libere docenze
che si rifiutarono di giurare per il regime fascista tra il 1931 e il 1932.
Dissero sì al giuramento, aderendovi, per ragioni che ognuno può interpretare,
il 99,40 per cento dei docenti. Certo,
durante il Ventennio15mila italiani furono spediti al confino per
ragioni politiche, mentre 5619 furono imputati dinanzi al Tribunale speciale.
Sono grandi numeri? O la nostra caratteristica non è sempre stata quella dei
rivoluzionari passivi, alla maniera di Cuoco?
La
storia semplifica processi contrastanti. Gli italiani, nel Risorgimento come
nella Resistenza, ebbero in prevalenza atteggiamenti di attesa. Per capire come
finissero gli eventi. E, proprio a Napoli, esistono esempi plastici di memorie
in contrasto: al corso Umberto, la targa che ricorda l'uccisione di due marinai
e due finanzieri da parte dei tedeschi il 12 settembre 1943; poco più avanti,
in piazza Garibaldi, le lapidi su due ufficiali dell'esercito morti nel 1942 durante
i combattimenti in Africa alleati dei soldati tedeschi di Rommel. Due memorie, in contraddizione tra loro.
Ecco, semplificare per legittimare il presente non fa mai bene. Nè alla
memoria, né alla nostra ricerca eterna di identità nazionale.
Pubblicato il 27 Settembre 2013 alle 14:41
Confermate in Calabria e Molise le
maggiorazioni irap e irpef ai fini del piano di rientro del deficit sanitario
Il Tavolo per la verifica degli adempimenti
e il Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli di
assistenza, gli organismi tecnici con il compito di monitorare l’attuazione dei
piani di rientro dai deficit sanitari delle Regioni, nelle riunioni dell’8
aprile e del 17 aprile 2013 hanno constatato che nel 2012 la Calabria e il
Molise non hanno raggiunto gli obiettivi fissati nei rispettivi piani.
Pertanto, per l’anno di imposta 2013, in
queste regioni si conferma l’applicazione automatica della maggiorazione
dell’addizionale Irpef e dell’aliquota Irap prevista in questi casi
dall’articolo 2, comma 86, della legge 191/2009. La maggiorazione dell’aliquota
Irap è pari allo 0,15% mentre quella dell’addizionale regionale Irpef è dello
0,30%.
L’Agenzia delle Entrate comunicherà le
modalità di calcolo dell’acconto IRAP da effettuarsi nel 2013 tenendo conto
della maggiorazione, nonché le modalità applicative dell’incremento
dell’addizionale regionale IRPEF per l’anno d’imposta 2013
Roma, 27 settembre 2013
Confesercenti, 50.000 chiusure in 2013
A fine anno perse per sempre 30.000
imprese, -90.000 posti
28 settembre, 10:48
(ANSA) - ROMA, 28 SET - La crisi si abbatte
su ristorazione e moda. Nei primi 8 mesi del 2013, hanno chiuso i battenti
50.000 imprese, con un saldo negativo di 20.000 esercizi: quasi 4.600 fra bar e
ristoranti, mentre una chiusura su quattro nel commercio arriva da un negozio
di abbigliamento. E' quanto emerge dall'osservatorio Confesercenti, che a fine
anno teme ora 30.000 chiusure definitive e la perdita di almeno 90.000 posti di
lavoro. Si salva il web, in 20 mesi +24,5% di aperture di negozi online.
Crisi: Confesercenti, continua boom negozi on
line, +24, 5%
10:21 28 SET 2013
(AGI) - Roma, 28 set. - Continuano a
crescere i negozi sul web.
Secondo le rilevazioni dell'Osservatorio Confesercenti le imprese di
commercio al dettaglio che vendono attraverso Internet sono aumentate, negli
ultimi 20 mesi, del 24,5%. "In particolare - spiega lo studio - da gennaio
2012 ad agosto 2013, le attivita' di commercio web sono passate da 9.180 a
11.430: un saldo positivo di 2.250 unita', pari a quattro imprese in piu' ogni
giorno. Il dettaglio territoriale mostra come, da gennaio 2012 a fine agosto,
l'incremento maggiore di imprese sia stato messo a segno nelle regioni del
Mezzogiorno d'Italia, dove si realizza un aumento del 30,8%. Seguono il
Nord-Est, che ha visto incrementare il suo stock di imprese di commercio al
dettaglio via Web del 24,5%, e le regioni del Centro (+22,7%). Ultimo posto,
invece, per il Nord-Est, dove le imprese crescono del 20,4%. E' da notare,
comunque, che quest'ultima macro-regione rimane ancora in testa per numero
assoluto di esercizi: 3.330 contro i 3.118 del Sud, in seconda posizione .
Fmi:deficit Italia3,2%,trovare fondi Imu
Deficit cala nel 2014 a 2,1%, debito salirà
al 133,1%
27 settembre, 18:15
(ANSA) - NEW YORK, 27 SET - Il rapporto
deficit-pil si attesterà nel 2013 al 3,2%, sopra il 3,1% atteso dal governo,
per poi calare nel 2014 al 2,1%. Lo prevede il Fmi, sottolineando che il debito
arriverà quest'anno al 132,3%, per salire nel 2014 al 133,1%. Le autorità italiane
- dice l'Fmi - hanno intrapreso sostenuti aggiustamenti di bilancio nonostante
un contesto di crescita difficile, rafforzando la fiducia. Ora bisogna
identificare misure che bilancino la perdite delle entrate per l'abolizione
dell'Imu.
Lubiana a un passo dagli aiuti europei
Contatti tra governo
e Banca centrale per ottenere l’intervento del Fondo salva Stati e il
salvataggio del sistema creditizio
di Mauro Manzin
TRIESTE. Non ce la
fa, da sola la Slovenia non ce la fa proprio a risollevare le sorti del suo
catastrofico sistema bancario che di fatto uccide anche ogni tentativo di rilancio
delle capacità imprenditoriali nazionali. Così anche la premier Alenka Bratušek
non può più negare i contatti avviati dall’esecutivo con la Banca di Slovenia
relativi alla richiesta di aiuto al Fondo salva stati dell’Unione europea
proprio per cercare di evitare che le banche del Paese non chiudano per
fallimento. La Bratušek continua a gettare acqua sul fuoco ma negare l’evidenza
è impossibile, soprattutto quella, a volte spietata, dei numeri. Infatti se il
governo prevede che per sanare le banche slovene serva una ricapitalizzazione
delle stesse pari a 1,2 miliardi di euro, un’analisi decisamente più realistica
dello stato delle cose porta a prevedere invece un’iniezione da 5 miliardi di
euro. La premier sostiene che tutto sarà svelato dopo gli stress test cui gli
istituti bancari sono sottoposti in questi giorni e i cui risultati saranno
resi noti i primi giorni del prossimo mese. Eppoi, sempre secondo la Bratušek,
la richiesta di aiuto all’Europa per il salvataggio delle banche non
determinerebbe il tanto temuto arrivo in Slovenia della troika targata Ue.
Diplomatiche le dichiarazioni del direttore del Fondo salva stati europeo,
Klaus Regling il quale in un’intervista al Wall Street Journal ha affermato che
fino ad ora il governo sloveno continua a sostenere di non aver bisogno di
aiuto. «Sappiamo - ha dichiarato - che hanno già chiuso due piccole banche,
sappiamo che almeno due delle sue tre banche più importanti hanno urgente
bisogno di aiuto, ma da Lubiana continuano a ripeterci che ci penseranno loro.
Forse hanno emesso titoli di Stato sul mercato finanziario». Regling poi
definisce «assolutamente normali» le ritrosie slovene alla richiesta di aiuto
che, del resto, va dato solo come extrema ratio visto che il denaro che viene
sborsato arriva dai portafogli degli altri Stati membri.
La situazione forse
sarà più chiara dopo l’incontro previsto lunedì prossimo a Lubiana proprio tra
la Bratušek e il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem. «Noi gli
spiegheremo quanto stiamo facendo in modo approfondito e dettagliato - sostiene
la premier - gli diremo che siamo pronti a trasferire tutti i derivati e i
crediti inesigibili delle nostre banche nella cosiddetta “Bad Bank”, ma
personalmente gli chiederò anche perché alcune cose proprio relative alla “Bad
Bank” siano state affrontate con molta lentezza proprio all’interno della
Commissione Ue». Per la Slovenia le prossime saranno ore decisive anche se la
disamina dei fatti induce a un serio pessimismo. Infatti se Bratušek si è
affannata a spiegare ai manager sloveni riuniti a Pirano che il governo sta
lavorando seriamente al risanamento del sistema bancario che consentirebbe di
poter offrire finanziamenti competitivi al sistema industriale del Paese,
oramai quasi una filastrocca che diventa sempre più poco credibile se non si
passa ai fatti concreti, deve incassare la netta osptilità dei sindacati
sloveni che hanno interrotto l’incontro con la premier pochi minuti dopo
l’inizio dell’incontro. Per le parti sociali è sembrata una vera e propria
provocazione da parte del governo la presentazione di un complesso dossier di
400 pagine da esaminare e valutare con solo 24 ore di tempo a disposizione. E
così hanno lasciato il tavolo se ne sono andati. «Evidentemente - è stato il
commento di Bratušek - non si rendono conto della gravità della situazione in
cui versa il Paese». «Questo non è dialogo sociale», è stata la secca replica
dei sindacati che preannunciano un autunno caldissimo sul fronte di scioperi e
proteste. La Bratušek e il suo sfilacciato governo sono sempre più soli e ben
consci di aver bisogno dell’aiuto di mamma (o matrigna) Europa che
comporterebbe però anche l’eutanasia di un’intera classe politica.
http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2013/09/28/news/lubiana-a-un-passo-dagli-aiuti-europei-1.7820654
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