martedì 1 ottobre 2013

I.X.MMXIII – Accuse di schiavitu’. Ma non è tutto.===Ecco un elenco dei prodotti più diffusi che da oggi saranno più costosi per il passaggio dell'aliquota Iva del 21 al 22%: televisori, macchine fotografiche, videocamere, computer, palmare e tablet, caravan, barche, strumenti musicali, giocattoli, articoli sportivi, manifestazioni sportive e parchi divertimento, stabilimenti balneari, piscine, palestre, articoli di cartoleria, pacchetti vacanza, automobili, ciclomotori e biciclette, trasferimento di proprietà auto e moto, affitto garage e posti auto, pedaggi e parchimetri, apparecchi e servizi di telefonia, tabacchi, abbigliamento e calzature, rasoi elettrici, phon, articoli per la pulizia e per l'igiene personale, profumi e cosmetici, gioielli e orologi, valigie e borse, parrucchieri, servizi legali e contabili, mobili, lampade, biancheria, frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie, forni, piatti, detersivi per la casa, carburanti, caffè, bevande gassate, succhi di frutta e bevande analcoliche, liquori, vini e spumanti.

L'UNIONE SARDA - Economia: «Una stangata per le famiglie»
Petrolio, il decreto è un grande inganno
Petrolio. Si rompe il fronte dei sindaci. Ora Craco accusa Lagonegro
Petrolio. Scontro De Luise – Ola. Il sindaco replica alle accuse di schiavitù
Grecia, Croazia e Italia maglia nera giovani disoccupati Ue
Disoccupazione giovani record al 40,1%
Istat. Disoccupazione agosto sale al 12,2%
Lavoro: Wef, Italia investe poco in capitale umano




L'UNIONE SARDA - Economia: «Una stangata per le famiglie»
01.10.2013
A settembre inflazione giù ma da oggi rincari su vestiti, benzina ed elettrodomestici Sos di consumatori e imprese. Fitch declassa l'Italia? Finora le famiglie sarde si erano abituate a vedere i prezzi in calo. A Cagliari, per esempio, l'ultimo dato di settembre mostra una flessione, rispetto al mese precedente, dello 0,4%, mentre a livello nazionale l'inflazione è crollata dello 0,9% (tanto che qualcuno inizia a parlare di deflazione, il calo dei prezzi unito a quello dei consumi). Da domani, o meglio da oggi (giorno in cui l'Iva passerà dal 21 al 22%), la musica però cambierà e i rischi aumenteranno. E come se non bastasse, ci si mette anche l'agenzia Fitch che minaccia di declassare il rating dell'Italia se le turbolenze politiche impediranno di presentare la legge di bilancio 2014 alla Ue (il 15 ottobre) o se il Belpaese non riuscirà a centrare gli obiettivi del patto di stabilità. I RINCARI L'aumento dell'Iva, insomma, si presenta come un macigno sulle teste degli italiani. Da oggi si pagherà quasi tutto un po' di più, dalle scarpe ai frigoriferi, dall'abbonamento in piscina al rossetto, dal detersivo per i pavimenti al biglietto per il parco di divertimenti. Più caro anche il vino e il caffè. Amplissimo il paniere, ma gli aumenti non saranno proprio su tutto. Nella spesa alimentare al supermercato non dovrebbero sentirsi grandi differenze. La maggior parte dei prodotti del carrello è infatti tassata con le aliquote Iva più basse. In altri termini, non aumenterà il prezzo del filone del pane, della carne, del pesce, del latte e delle uova. Fermi anche i prezzi per il biglietto del cinema o per quello del teatro. L'aumento dell'Iva al 22% non impatta neanche sul gelato, sui farmaci o sul conto dell'albergo.
LA VARIABILE PREZZO Diversi gli impatti a seconda del prezzo dei prodotti: se sulla t-shirt, sul quaderno di scuola o sulla saponetta l'aumento non sarà percettibile, e su un paio di scarpe da 100 euro, Iva inclusa, il rincaro sarà di poco superiore agli 80 centesimi, discorso ben diverso è sui beni più costosi: dagli elettrodomestici alle automobili, dai gioielli ai pacchetti vacanza, dal tablet alla parcella dell'avvocato. La Confcommercio calcola che, in una situazione in cui l'inflazione è sostanzialmente sotto controllo, con l'aumento dell'Iva si avrà comunque un incremento dei prezzi tra ottobre e novembre di circa lo 0,4%, con inevitabili effetti di trascinamento anche nel 2014.
I PRODOTTI Ecco un elenco dei prodotti più diffusi che da oggi saranno più costosi per il passaggio dell'aliquota Iva del 21 al 22%: televisori, macchine fotografiche, videocamere, computer, palmare e tablet, caravan, barche, strumenti musicali, giocattoli, articoli sportivi, manifestazioni sportive e parchi divertimento, stabilimenti balneari, piscine, palestre, articoli di cartoleria, pacchetti vacanza, automobili, ciclomotori e biciclette, trasferimento di proprietà auto e moto, affitto garage e posti auto, pedaggi e parchimetri, apparecchi e servizi di telefonia, tabacchi, abbigliamento e calzature, rasoi elettrici, phon, articoli per la pulizia e per l'igiene personale, profumi e cosmetici, gioielli e orologi, valigie e borse, parrucchieri, servizi legali e contabili, mobili, lampade, biancheria, frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie, forni, piatti, detersivi per la casa, carburanti, caffè, bevande gassate, succhi di frutta e bevande analcoliche, liquori, vini e spumanti. LA BENZINA Ma non è tutto. Per effetto del mancato slittamento dell'aumento dal 21 al 22% dell'aliquota ordinaria dell'Iva, il prezzo raccomandato della benzina oggi salirà di circa 1,5 centesimi euro/litro, quello del diesel di 1,4 e il Gpl di 0,7 centesimi. Tuttavia, l'impatto sui prezzi praticati non dovrebbe essere immediato, ma dovrebbe spalmarsi lungo la settimana in funzione della fisiologica rotazione delle scorte. SCONTRINI E FATTURE Negozianti, professionisti e imprese avranno un solo giorno per rivedere i listini: registratori di cassa e cartellini vanno adeguati alla nuova aliquota. E i commercianti dovranno decidere, in fretta, se accollarsi la perdita o far ricadere sul cliente la maggiorazione. Idem per i registratori di cassa che dovranno essere ritarati, anche se il prezzo che compare sullo scontrino è già “con Iva”: la legge non impone di indicare l'aliquota applicata, quindi diventa un problema secondario e facilmente risolvibile una volta stabilito se saranno i prezzi al dettaglio ad aumentare. Le famiglie che secondo il Codacons subiranno un contraccolpo da 209 euro all'anno, si preparano intanto alla corsa contro il tempo per strappare un'ultima fattura con Iva al 21%: nella prestazione di un servizio, vale l'aliquota vigente all'atto della fatturazione, dunque da oggi il cliente potrebbe dover pagare una cifra superiore rispetto a quanto prospettato. Anche per i commercialisti si profilano giornate di fuoco. LE FAMIGLIE Come anticipato, in base ai calcoli del Codacons, l'incremento dell'aliquota produrrà «ricadute economiche pesantissime», che vanno dai 209 euro su base annua per una famiglia di tre persone ai 349 euro per un nucleo composto da cinque. «Oltre questi effetti diretti, l'aumento dell'Iva produrrà un disastroso effetto domino, con un incremento dell'inflazione, una pesante diminuzione dei consumi e un rincaro generalizzato dei listini al dettaglio, specie nel settore alimentare e dei prodotti trasportati su gomma», afferma il presidente del Codacons, Carlo Rienzi. «Per questo, è chiaro a tutti che l'aumento dell'Iva non servirà affatto a far uscire il Paese dalla crisi». I NEGOZIANTI Stesso discorso per Confcommercio, secondo cui la stangata dell'Iva è una vera e propria disgrazia: «Stremerà le famiglie, ma soprattutto le imprese», commenta il presidente regionale, Agostino Cicalò: «Questo incremento probabilmente non sarà scaricato sulle famiglie, ma verrà compensato dagli stessi commercianti a danno però dei loro margini di ricavo. Ciò», conclude Cicalò, «determinerà effetti recessivi e depressivi per tantissime piccole aziende».

Petrolio, il decreto è un grande inganno
Entrate fiscali solo con nuove società
Da Total non sembra esserci l’intenzione di stabilire una società in Basilicata
di VALERIO PANETTIERI
POTENZA - Più soldi per la Basilicata con il petrolio? Non proprio. la questione del Fondo da costruire con una parte dell’imposta sul reddito delle società, la cosiddetta Ires, è una faccenda molto più cavillosa di quanto si pensi.
Eppure l’articolo 1 del decreto interministeriale appena varato non lascia spazio ad interpretazioni. La quota dell’imposta, infatti, riguarda soltanto i “soggetti - si legge nel decreto - di nuova costituzione che hanno sede legale nelle regioni a statuto ordinario e svolgono nelle stesse regioni, in base a concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, le attività di coltivazione relative a progetti di sviluppo presentati a decorrere dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del presente decreto”.
La situazione è abbastanza chiara, la quota del 30%, fino ad un tetto massimo di 130milioni di euro e l’aliquota del 15% sull’eccedenza riguarderanno soltanto le nuove società costituite in loco che presenteranno nuovi progetti di sviluppo.
Questo in Basilicata significa molte cose: prima di tutto tutto ciò che è già presente sul territorio non sembrerebbe rientrare in questa faccenda del Fondo, semplicemente perché non si tratta di progetti di sviluppo presentati dopo la pubblicazione del decreto interministeriale, secondo appunto è la posizione delle società petrolifere presenti sul territorio. In pratica non solo si scavalcano le amministrazioni regionali e locali per aumentare le entrate fiscali, ma si chiede anche alle società petrolifere di costituirsi in loco, in Basilicata, con una nuova società in modo da ottenere il maggior numero possibile di entrate fiscali.
Ovviamente la questione a Total non piace per niente, tant’è che già si è capito che non hanno nessuna intensione a costituire una nuova società, con tutto quello che comporta in termini di spese e tassazione, in regione. Total Basilicata è una cosa attualmente non realizzabile, salvo stabilire in un futuro prossimo la possibilità di attuare nuovi progetti.Una bella presa in giro: perché non solo la basilicata andrà verso il raddoppio spingendo sulla produzione attuale, ma per ottenere maggiori guadagni sullo sfruttamento petrolifero dovrà concedere ulteriori porzioni del suo territorio. Questo però non significa per forza nuove concessioni, le cose potrebbero riguardare già quelle parti di territorio già sfruttate. basterà proporre nuovi “progetti di sviluppo”.
Ora, il discorso è abbastanza cavilloso, perché questo significa che senza società in loco i prossimi progetti non dovranno passare per forza dentro il meccanismo della fiscalità. Alla Regione spetterebbe, quindi, un compito improbo, che andrebbe anche a cozzare con quanto detto e ridetto nella campagna sulle Primarie del centrosinistra.
Dovrebbe convocare le società petrolifere e stabilire nuovi accordi e progetti.Sotto questo punto di vista non c’è un limite o un raggio di azione: potrebbe trattarsi di un qualsiasi progetto. Intanto non è che manchino i permessi di ricerca sul territorio lucano, anzi abbondano. A questo punto il compito della regione sarebbe, quantomeno, quello di costringere Total e le altre aziende ad aprire nuove società sul territorio, cosa che certamente non sarà facile, visto che nessuna delle aziende ha intenzione di spendere un euro in più in tasse. Se non è una presa in giro questa.
domenica 29 settembre 2013 09:23

Petrolio. Si rompe il fronte dei sindaci. Ora Craco accusa Lagonegro
Dopo il sindaco di Spinoso, anche quello di Craco, Pino Lacicerchia, ha deciso di intervenire per spiegare il senso della sua partecipazione a Roma all’appuntamento con Franco Terlizzese, direttore generale del settore risorse minerarie del Mise
L’INCONTRO della scorsa settimana non era a una sola voce. E chi come il sindaco di Lagonegro Domenico Mitidieri si è espresso a favore di nuovi progetti di estrazione è «del tutto inadeguato a poter rappresentare nella prossima campagna regionale le istanze dei sindaci e del territorio che in questi anni si battono per mettere uno stop alle trivellazioni».
Dopo il sindaco di Spinoso, anche quello di Craco, Pino Lacicerchia, ha deciso di intervenire per spiegare il senso della sua partecipazione a Roma all’appuntamento con l’ingegnere Franco Terlizzese direttore generale del settore risorse minerarie del Ministero per lo sviluppo economico. Per capirsi, il capo dell’ufficio che ogni anno amministra royalties per il petrolio estratto in Basilicata e quanto resta del bonus benzina. Nonché a breve il nuovo fondo per infrastrutture e occupazione nell’area delle estrazioni previsto dalle leggi che hanno tradotto lo spirito del “Memorandum” sottoscritto ad aprile del 2011 tra il presidente della Regione Vito De Filippo e l’ex sottosegretario azzurro Guido Viceconte.
«Ho partecipato poiché invitato a far parte di una delegazione - ha precisato Lacicerchia in un comunicato anticipato all’Organizzazione lucana ambientalista - che consentiva di approfondire le tematiche legate all’estrazione di idrocarburi in Basilicata e portare la voce di amministratori e movimenti che si battono per uscire da tale fase, cosa che ho fatto in evidente dissenso con gli orientamenti del dirigente ministeriale e dello stesso  sindaco di Lagonegro che vorrebbe forse promuovere estrazioni nel suo territorio».
Lacicerchia sottolinea che nell’incontro avrebbe evidenziato la sua contrarietà all’aumento delle estrazioni in Val d’Agri, alle trivellazioni in mare e a nuove trivellazioni su terraferma. Inoltre avrebbe preso posizione per la «fuoriuscita» della Basilicata dal novero delle regioni petrolifere. Quanto al dato politico, invece, ha ribadito che «non esiste una visione unitaria dei sindaci e men che meno esiste la possibilità che con molti di loro si possa condividere opzioni politiche per le prossime regionali».
Sempre ieri l’Organizzazione lucana ambientalista ha inteso contro-replicare, dal canto suo, al sindaco di Spinoso, Pasquale De Luise, a sua volta presente all’incontro al Ministero dello sviluppo economico la settimana scorsa assieme a Lacicerchia, Mitidieri e il sindaco di Muro Lucano Gerardo Mariani. «È giunto il momento che i sindaci della Basilicata difendano, in prima linea, la nostra terra - assieme a tutti i cittadini - dall’assalto annunciato dal decreto attuativo dell’articolo 16 sulle liberalizzazioni e dalle trivelle promesse dal governo con il nuovo Memorandum che, oggi, anche lo stesso ex presidente della Regione, Vito De Filippo, dichiara essere fallito, dopo aver varato una moratoria bluff bocciata dal governo, e che invece il sottosegretario Bubbico fa finta di non conoscere». Così  gli ambientalisti dell’Ola, che lo esortano a opporsi ai programmi delle compagnie petrolifere nel territorio del suo comune, e a prendere una posizione anche sul piano di emergenza esterna del Centro oli di Viggiano e le eventuali correlazioni tra le attività estrattive in Val d’Agri e l’inquinamento delle acque del Pertusillo.
martedì 01 ottobre 2013 09:12

Petrolio. Scontro De Luise – Ola. Il sindaco replica alle accuse di schiavitù
Dal primo cittadino una risposta dura all'Organizzazione lucana ambientalista che nel suo ultimo documento, aveva raccontato del tavolo convocato da Terlizzese (top manager dell’Unmig), con alcuni sindaci lucani
SPINOSO - Davvero non ci stanno i sindaci lucani della Val d’Agri a passare per “i cattivi”, per quelli che vendono il territorio per realizzare il raddoppio delle estrazioni petrolifere.
«Spiace leggere le dichiarazioni della Ola (Organizzazione lucana ambientalista) - scrive in una nota il sindaco di Spinoso, Pasquale De Luise - che dovrebbe conoscere il continuo “ribellarsi” al super potere delle compagnie petrolifere di alcuni sindaci tra cui il sottoscritto e magari, qualche volta, la Ola si potrebbe anche affiancare al difficile lavoro che stiamo facendo, con proposte concrete e tangibili e non solo con proteste che spesso si riducono a sterili e intangibili brusii».
Una risposta dura all’associazione, che da anni si batte per rendere pubblici e denunciare gli abusi ambientali sul territorio, ma che spesso non viene molto sostenuta dalla popolazione, con manifestazioni di protesta che contano davvero pochi cittadini.
«Invito la Ola - continua il sindaco De Luise - a ritrovare atti e documenti nei quali si legge e capisce bene quale fosse l’orientamento dei sindaci sul tema petrolio. Ecco, perchè, essendo forse abituati a prendersela genericamente contro tutti e tutto, inizia a dare fastidio l’atteggiamento responsabile cha sta vedendo sempre più i sindaci allearsi per trattare insieme un tema così importante per l’intera Basilicata. Un’alleanza che trova il suo fondamento nel  riconoscimento di una rinnovata presa di coscienza di una responsabilità che proprio il ruolo di unico e democratico rappresentante diretto delle istanze territoriali, oggi piu che mai si impone ai sindaci».
La Ola, nel suo ultimo documento, aveva raccontato del tavolo convocato da Terlizzese (top manager dell’Unmig), con alcuni sindaci lucani.
«Non è una “dimostrazione di schiavitù” - replica De Luise - che tra l’altro ci offende, quella di volere un tavolo permanente Ministero-Regione-Comuni sul tema petrolio, ma l’esigenza di vedere i territori tutelati da una presenza costante dei sindaci nei tavoli dove si decide il destino della Basilicata in questa materia». Nessun consenso a prescindere, quindi, nessuna sudditanza a Ministero e compagnie petrolifere, ma la consapevolezza che la questione va affrontata di petto, con proposte che possano avere qualche positiva ricaduta sul territorio. La critica senza proposte non porta da nessuna parte.
«I sindaci - conclude De Luise - si sono già tutti espressi sul “no” ad ogni nuova trivellazione in Basilicata e difenderanno sempre questa posizione, ma oggi hanno il dovere di farsi sentire per governare l’esistente, tracciando linee concrete di intervento in tema di ambiente, occupazione, royalties. Invito la Ola ad affiancare i sindaci in questa battaglia comune nell'interesse della Basilicata e a non farsi prendere da esternazioni che sembrano evidenziare una permalosa "lesa maestà. Questo spazio di tutela dei cittadini e dei territori, troppe volte delegata ad altri, appartiene a tutti, occupiamola insieme».
an. g.
lunedì 30 settembre 2013 09:31

Grecia, Croazia e Italia maglia nera giovani disoccupati Ue
Ad agosto 12% senza lavoro in Eurozona, 23,7% per under 25
01 ottobre, 14:05
(ANSA) - BRUXELLES - Grecia, Spagna, Croazia e Italia sono maglia nera sul fronte disoccupazione giovanile nell'Unione europea. Lo rileva Eurostat, sulla base dei dati disponibili: registra un tasso del 61,5% di greci under 25 senza lavoro (giugno 2013), seguiti dal 56% degli spagnoli (agosto 2013), dal 52% dei croati (2/o trimestre 2013), poi dal 40,1% degli italiani (agosto 2013) e dal 36,8% dei portoghesi (agosto 2013).
Nell'Eurozona la disoccupazione giovanile ad agosto è al 23,7%, per un totale di 3,457 milioni di ragazzi under 25, cifra che sale a quota 5,499 milioni contando l'Unione dei 28. Ad agosto la disoccupazione giovanile è del 23,3% nell'Unione europea e del 23,7% nell'Eurozona, contro il 23,1% e il 23,4% di agosto 2012. Germania (7,7%) e Austria (8,6%) sono i Paesi Ue con il tasso inferiore, mentre continuano ad essere elevati quelli di Irlanda (28,5%) e Bulgaria (28,2%). Stabile ad agosto 2013 rispetto al mese precedente la disoccupazione complessiva dell'Eurozona (12%) e dell'Unione dei 28 (10,9%), con il tasso più elevato registrato in Grecia (27,9% a giugno), poi Spagna (26,2% ad agosto), seguite da Cipro (16,9%), Portogallo (16,5%), Slovacchia (14%), poi Irlanda (13,6%), Bulgaria (13%). La Slovenia segna il 10,4% e la Polonia il 10,3%, meglio della Francia (11%) e dell'Italia (12,2%).
Austria (4,9%) e Germania (5,2%) registrano il tasso minimo dell'Ue. Ad agosto 2013 erano 26,595 i milioni di disoccupati nell'Unione dei 28, di cui 19,178 milioni nell'Eurozona. (ANSA)

Disoccupazione giovani record al 40,1%
Tasso agosto più alto da inizio serie, mai così dal 1977
01 ottobre, 10:09
(ANSA) - ROMA, 1 OTT - Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) ad agosto balza al 40,1%, in rialzo di 0,4 punti percentuali su luglio e di 5,5 punti su base annua. Lo rileva l'Istat (dati provvisori). Viene così superata per la prima volta la soglia del 40% e raggiunto il livello più alto dall'inizio sia delle serie mensili (2004) sia trimestrali(1977).

Istat. Disoccupazione agosto sale al 12,2%
Istat, eguaglia tasso già raggiunto a maggio
01 ottobre, 10:10
(ANSA) - ROMA, 01 OTT - La disoccupazione ad agosto sale al 12,2%, in rialzo di 0,1 punti percentuali su luglio e di 1,5 punti su base annua. Lo rileva l'Istat (dati provvisori), aggiungendo come sia stato uguagliato il massimo già raggiunto a maggio, il livello più alto dall'inizio sia delle serie mensili, gennaio 2004, sia delle trimestrali, primo trimestre 1977.

Lavoro: Wef, Italia investe poco in capitale umano
15:09 01 OTT 2013
(AGI) - Ginevra, 1 ott. - L'Italia, rispetto agli altri paesi occidentali, investe poco in capitale umano e riesce meno di altri paesi occidentali a sfruttarne il potenziale. E' quanto emerge dal primo 'Human Capital Report', stilato dal World Economic Forum, che vede al top della classifica la Svizzera seguita da Finlandia, Singapore, Olanda, Svezia e Germania. In una lista di 122 paesi l'Italia si colloca al 37esimo posto, superata in peggio solo da Lettonia, Croazia, Polonia e Grecia nell'area europea, con una Spagna piu' saldamente al 29esimo posto e una Francia al 21esimo. In buona posizione in classifica Gran Bretagna, al nono posto, e Usa, al 16esimo. Tra i Paesi mediorientali il primo e' il Qatar al 18esimo posto. In Asia e' il Giappone a mantenere il primato dell'efficienza del capita umano al 15esimo posto. Mentre il primo paese Bric e' la Cina in 43esima posizione.- "Per gli individui cosi' come per le societa' e l'andamento delle loro economie - si legge nell'editoriale del presidente del Wef Klaus Schwab - investire in capitale umano e' importante, soprattutto alla luce di risorse piu' limitate e di una popolazione sempre piu' in movimento". L'indice prende in considerazione quattro pilastri per giudicare l'ottimizzazione del capitale umano da parte dei paesi: istruzione, salute e benessere, occupazione e ambiente di lavoro (trasporti, tlc, e mobilita' sociale). L'Italia, se da una parte si guadagna il 19esimo posto per la salute e le condizioni sanitarie delle sue strutture e dei suoi dipendenti, dall'altra precipita al 75esimo posto in tema di partecipazione della forza lavoro, formazione, capacita' di creare e trattenere nel Paese i talenti. Risultati piu' che mediocri anche nell'istruzione (al 40esimo posto) per via della scarsa qualita' del sistema educativo e della mancanza di strutture tecnologiche nelle scuole. L'Italia risulta invece ai primi posti per aspettative di vita, per le condizioni sanitarie nei servizi, ma anche per la diffusione del telefonini e lo sviluppo dei distretti industriali. Tra i risultati peggiori invece quelli dei livelli di stress dei dipendenti, della mobilita' sociale del sistema, della qualita' dei trasporti pubblici, dei tassi di partecipazione al lavoro e del livello dei salari legati alla produttivita'. (AGI) .

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