mercoledì 23 ottobre 2013

XXIII.X.MMXIII – Nei giardini di Tursi crescono gli aranci, in Italia il record sul debito pubblico

Tra i posti più belli del mondo? La Rabatana di Tursi
Rifiuti: Italia chiede annullare stop fondi Ue per Campania
L'UNIONE SARDA - Economia: «I punti di forza? L'agricoltura e la logistica»
L'UNIONE SARDA - Economia: «La Sardegna punti sul turismo»
Eurostat, debito Italia record a 133,3% in secondo trimestre
La Croazia sfora, scatta l’infrazione Ue




Tra i posti più belli del mondo? La Rabatana di Tursi
L’elogio dell’economista della Bocconi Severino Salvemini sulle pagine del Corriere della Sera: «Se qualcuno volesse investire nel patrimonio farebbe bingo: vivrebbe in un luogo meraviglioso»
POTENZA - Mentre il Financial Times si lancia nelle sue astruse analisi su dove investire e vivere meglio, alla ricerca di una ipotetica città perfetta tra sfarzi e buon regime fiscale, la Basilicata ritorna tra le righe del Corriere della Sera e tra le parole di Severino Salvemini, economista della Bocconi che analizza la classifica dell’agenzia di consulenza immobiliare internazionale Knight Frank, poi ripresa dal Financial Times. Nella classifica, che vede ovviamente grandi paradisi come le Cayman, Dubai e gigantesche metropoli come Mosca, Auckland o Londra, manca l’Italia e questo non piace tanto a Salvemini. Il sociologo è acchiappato dalla giornalista Elvira Serra in una zona molto particolare del Bel Paese, nel più vecchio rione di Tursi, la Rabatana. E le parole sono di puro elogio: «Se noi fossimo, non dico americani, ma di qualunque altro Paese civile, questo posto sarebbe già nelle prime cento meraviglie della nazione».
È praticamente una dichiarazione d’amore verso uno dei borghi più belli della Basilicata ed anche un metro di giudizio importante su quali possono essere le possibilità di un luogo che con i suoi duecento metri di scalinata mozzafiato. E dunque sì, è impossibile escludere l’Italia da questo sguardo verso i luoghi ideali, anche perché a qualità della vita, tralasciando i tempi che corrono, non siamo secondi a nessuno. «Se qualcuno volesse investire nel patrimonio pubblico - continua Salvemini - diventerebbe in un istante un benefattore dell’umanità e vivrebbe in un luogo meraviglioso».
Come dare torto all’economista della Bocconi, che più che guardare alla stabilità e al lusso guarda all’importanza dei luoghi come forma dell’anima, della meraviglia. Ed ecco spuntare il gioello di Tursi e un modello che forse non impressionerà i freddi calcolatori di investimenti ma certamente guarda ad una Italia culturalmente superiore. Un elogio inaspettato ma da tenere in considerazione. La Basilicata deve sapere dove cercare per conquistare lo sguardo del resto mondo. Classifiche o meno.
martedì 22 ottobre 2013 11:35

Rifiuti: Italia chiede annullare stop fondi Ue per Campania
21 ottobre, 19:03
(ANSA) - BRUXELLES, 21 OTT - L'Italia ha deciso di chiedere l'annullamento dello stop ai fondi Ue destinati alla Campania per i rifiuti deciso dalla Commissione europea e confermato da Lussemburgo. Lo scorso 19 aprile il Tribunale Ue ha infatti appoggiato le decisioni di Bruxelles di non versare all'Italia i contributi finanziari Fesr per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti. L'Italia, per l'istituzione Ue, non ha adottato tutte le misure necessarie, come aveva già constatato anche la Corte di giustizia europea a marzo 2010. Lo stop deciso da Bruxelles, secondo quanto deciso da Lussemburgo ad aprile, era legittimo in quanto direttamente collegato al finanziamento con soldi Ue delle misure al centro della procedura d'infrazione aperta, ovvero la realizzazione del sistema di gestione e smaltimento dei rifiuti in Campania e, in particolare, per la raccolta differenziata. Al centro del contenzioso ci sono infatti i finanziamenti provenienti dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) per 46,6 milioni di euro. Fondi che, secondo il piano operativo presentato dalla Campania e approvato dalla Commissione nel 2000, dovevano servire a cofinanziare la realizzazione delle tante operazioni previste nel quadro del sistema regionale di gestione e smaltimento de rifiuti.(ANSA).

L'UNIONE SARDA - Economia: «I punti di forza? L'agricoltura e la logistica»
23.10.2013
Il Mezzogiorno ha risorse e conoscenze per ripartire. «Nonostante la durissima fase recessiva iniziata nel 2008, il Sud presenta tuttora un apparato caratterizzato dalla rilevante presenza di grandi imprese i cui impianti, in alcuni casi, sono i più grandi d'Italia per numero di addetti e volumi produttivi». Insomma, secondo l'indagine della dell'Accademia nazionale dei Lincei e della Fondazione Edison, si tratta di un patrimonio da valorizzare. «Certo, il divario di sviluppo con il Nord Italia è rilevante, ma nel Mezzogiorno, malgrado la grave recessione, ci sono punti di forza significativi che possono permettere un accorciamento delle distanze». I SETTORI Questi punti di forza, prosegue l'indagine, non sono solo quelli dell'agricoltura, della logistica e del turismo, le cui potenzialità nel Mezzogiorno sono ancora inespresse, ma riguardano anche importanti pezzi di industria manifatturiera, sia di piccola, media e grande impresa. Lo confermano alcuni numeri. I NUMERI Il valore aggiunto manifatturiero del Mezzogiorno è pari a 28,8 miliardi di euro. «Si tratta di una cifra superiore a quella di nazioni europee come la Finlandia (27,1 miliardi), la Romania (26,9 miliardi), la Danimarca (23,2 miliardi), il Portogallo (20,2 miliardi) e la Grecia (19,4 miliardi)», spiega lo studio. «Il Mezzogiorno viene spesso ingiustamente accostato alla Grecia per debolezza dell'economia. In realtà, la nostra manifattura ha una proiezione internazionale e un export ben più significativi». Su questo fronte arrancano solo la Sardegna e la Sicilia con un export pro capite rispettivamente di 395 e 424 euro (contro i 4.724 euro dell'Abruzzo). Bene anche l'agricoltura. Un esempio? La produzione di ortaggi, con 3,3 miliardi di euro, è la seconda in Europa.

L'UNIONE SARDA - Economia: «La Sardegna punti sul turismo»
23.10.2013
Sei anni di crisi si fanno sentire. Il Mezzogiorno, Sardegna inclusa, porta ancora le ferite di una recessione economica pesantissima. «La Sardegna deve fare una scelta: abbandonare il sogno della grande industria e puntare diritti verso il turismo d'élite». Alberto Quadrio Curzio, professore emerito di economia politica all'Università Cattolica, nonché vicepresidente dell'Accademia nazionale dei Lincei, ha le idee chiare su come far ripartire la macchina Sardegna. Oggi a Roma, nella sede dell'Accademia (in via della Lungara, 10) discuterà con altri economisti del futuro del Mezzogiorno italiano e analizzerà i dati di un'indagine realizzata dalla Fondazione Edison. Nel convegno si parlerà anche di Sardegna. In che cosa si differenzia la crisi dell'Isola rispetto a quella vissuta dal resto del Mezzogiorno? «In Sardegna la crisi è soprattutto industriale, con all'apice l'Alcoa. Nel resto del Sud Italia, per esempio nell'area adriatica, la situazione non è così disastrosa. Poi, restando in Sardegna, ci sono società che hanno rappresentato molto ma che oggi soffrono più di altre. Fra tutte mi riferisco a Tiscali, che forse all'inizio della sua storia è cresciuta troppo in fretta sull'onda del boom di internet». Addio industria, allora. Alternative? «La vera sfida è il turismo d'élite. Per esempio, il golf può rappresentare un importante volano di sviluppo per l'Isola. Con questo sport è possibile attrarre i turisti benestanti del Nord Europa. Certo, non basterà questo a risollevare l'economia isolana». Su cos'altro bisogna puntare? «Occorre integrare turismo e agroalimentare d'eccellenza. Credo sia una strada obbligata per rilanciare l'economia sarda. L'alternativa è assistere a un impoverimento del territorio e un conseguente aumento della disoccupazione». L'industria non ha futuro? «La crisi dell'industria pesante non è locale, ma internazionale. Aziende come Alcoa lasciano la Sardegna perché conviene loro investire dove l'energia costa di meno. È un processo inarrestabile». Nemmeno con gli incentivi. «Negli anni Sessanta gli aiuti all'industria, alla fine, si sono rivelati poco utili». Di turismo e di agroalimentare se ne parla da tempo. Ma ancora i frutti sono scarsi. Come mai? «Perché finora non sono stati messi in campo incentivi creditizi e fiscali dolci e durevoli. Alla Sardegna non servono terapie d'urto. Ma credito e aiuti finalizzati a consolidare le imprese che meritano». In altre parole, bisogna accompagnare la crescita delle aziende? «Proprio così. Dobbiamo far sviluppare il tessuto imprenditoriale sano, quello più innovativo che però non riesce ancora a fare il salto di qualità».

Eurostat, debito Italia record a 133,3% in secondo trimestre
Continua a salire anche indebitamento eurozona, ora a 93,4%
23 ottobre, 13:31
(ANSA) - BRUXELLES, 23 OTT - Debito pubblico record a 133,3% nel secondo trimestre 2013 per l'Italia, in crescita del 3% rispetto ai primi tre mesi dell'anno quando era al 130,3%. Sono i dati diffusi da Eurostat. Resta il secondo debito pubblico Ue più alto dopo la Grecia (169,1%) e con uno dei maggiori incrementi tra primo e secondo trimestre di quest'anno.
Il debito pubblico italiano continua a salire sia in termini assoluti che in punti percentuali di pil: nel secondo trimestre 2012 era di 1.982.898 milioni di euro, pari al 125,6% del pil, nel primo trimestre di quest'anno era di 2.035.833 milioni, al 130,3%, mentre nel secondo trimestre è arrivato a 2.076.182 milioni, ovvero al 133,3%. Dopo Grecia e Italia, gli altri debiti pubblici più grandi dell'eurozona in % di pil sono il Portogallo (131,3%) e l'Irlanda (125,7%).
Continua a salire il debito pubblico, però, anche nei paesi dell'eurozona: nel secondo trimestre di quest'anno ha raggiunto il 93,4%. Era al 92,3% nel primo trimestre e al 89,9% nel secondo trimestre 2012. L'indebitamento, secondo i dati Eurostat, cresce anche nell'Ue nel suo complesso, passando dall'85,9% dei primi tre mesi del 2013 all'86,6% del secondo trimestre, mentre era al 84,7% un anno prima. I prestiti per aiutare i paesi in difficoltà sono stati pari al 2,3% per i 17 e all'1,7% per i 28.(ANSA).

La Croazia sfora, scatta l’infrazione Ue
Violato il tetto del 3% del rapporto tra deficit e Pil. La procedura sarà avviata a novembre. Il ministro annuncia nuove tasse
di Mauro Manzin
 TRIESTE. La Croazia al suo risveglio nell’Unione europea sta già vivendo un incubo. Che si chiama rapporto deficit-Pil. Ora i conti devono essere a posto. E quelli di Zagabria non lo sono affatto. Eurostat, infatti, ha calcolato che dal 2009 al 2012 la Croazia ha speso oltre un miliardo di euro di troppo rispetto a quelle che sono state le sue entrate. «La strada che ci aspetta non sarà facile - ammette il ministro delle Finanze Slavko Lini„ - se la Commissione Ue reputerà che le politiche economiche che abbiamo proposto non sono sufficienti ci chiederanno di migliorare il nostro lavoro». E afferma che le prossime misure del governo potrebbero essere un aumento dell’Iva e un taglio degli stipendi dei pubblici dipendenti anche se non vuole specificare di quanto. Del resto la politica dell’Unione europea è chiara: c’è un collegamento molto stretto tra le politiche economiche degli Stati membri e quelle dei fondi strutturali comunitari per cui se un Paese viola ripetutamente il limite del 3% del rapporto deficit pubblico-Pil scattano le procedure di infrazione e il successivo blocco dell’erogazione dei fondi strutturali. E nel caso Croazia, come specificano fonti vicine all’ufficio del commissario agli Affari economici Olli Rehn, la Commissione inizierà la procedura di infrazione il prossimo 5 novembre, mentre la decisione sarà inviata al Consiglio europeo del prossimo 10 dicembre. La Croazia, dunque, si trova di fronte a un baratro. Appena entrata nell’Ue si deve confrontare con le norme più rigide che ne costituiscono la struttura socio-economica e istituzionale.
Il debito - spiega ancora un quasi rassegnato Lini„ - si può ridurre solamente in due modi nel nostro Paese: aumentando le tasse oppure introducendo la tassazione degli immobili. Potremmo farcela solo a fronte di un tasso di crescita del Pil pari al 3%, ma questo resta una pia illusione», spiega il ministro. La metodologia di calcolo di Eurostat ha dimostrato che nel 2012 la Croazia aveva un disavanzo di due punti superiore a quello calcolato dal Fondo monetario internazionale (Fmi) e il rapporto deficit-Pil era al 5% e non al 3%. Il precedente governo di centrodestra a guida Hdz nel 2011 ha portato il rapporto al 7,8%. «Non vogliamo riversare ogni responsabilità sull’esecutivo che ci ha preceduti - sostiene ancora Lini„ - ma paghiamo l’eccessivo indebitamento pubblico. Così ci vediamo costretti a varare entro fine mese una legge Finanziaria per il 2014 che porti il rapporto deficit-Pil al 5% anche se ci rendiamo conto che sarà un’impresa molto difficile visto che stiamo vivendo un periodo di crescita zero». L’adesione all’Ue, poi, ha determinato per la Croazia circa 50 milioni di euro di oneri aggiuntivi. E Lini„ spera che ogni decisione della Commissione Ue sulla manovra economica di Zagabria venga presa a gennaio. «Ci può essere qualcosa da tagliare sul versante delle spese - ammette il ministro delle Finanze - ma quello che dovremo toccare sarà sicuramente il versante delle entrate». Ergo, nuove tasse.
E gli altri partiti della coalizione di governo Kukuriku (centrosinistra) come la pensano? Il principale partner, ossia i popolari (Hns), non sono contrari alla tassazione degli immobili anche perché, dicono, l’attuale sistema di finanziamento degli enti locali è insostenibile, ma sono altresì convinti che questo non è il momento migliore di introdurre il nuovo balzello visto che la gente è già troppo spiazzata dalle nuove norme europee con cui deve confrontarsi. Lini„ non vuole toccare le pensioni anche se il Fondo pensioni ha un deficit catastrofico visto che dai contributi si raccoglie solo la metà dei quasi 300 milioni necessari ad erogare le quiescenze. La pensione media nel Paese è di 260 euro al mese con i quali è quasi impossibile sopravvivere quindi ulteriori tagli sono da escludere. Per il governo Milanovi„, dunque, una bella chimera.


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