Rifiuti: Italia chiede annullare stop fondi Ue per
Campania
L'UNIONE SARDA - Economia: «I punti di forza?
L'agricoltura e la logistica»
L'UNIONE SARDA - Economia: «La Sardegna punti sul
turismo»
Eurostat, debito Italia record a 133,3% in secondo
trimestre
La Croazia sfora, scatta l’infrazione Ue
Tra i posti più belli del mondo? La Rabatana di Tursi
L’elogio dell’economista della Bocconi Severino Salvemini
sulle pagine del Corriere della Sera: «Se qualcuno volesse investire nel
patrimonio farebbe bingo: vivrebbe in un luogo meraviglioso»
POTENZA - Mentre il Financial Times si lancia nelle sue
astruse analisi su dove investire e vivere meglio, alla ricerca di una
ipotetica città perfetta tra sfarzi e buon regime fiscale, la Basilicata
ritorna tra le righe del Corriere della Sera e tra le parole di Severino
Salvemini, economista della Bocconi che analizza la classifica dell’agenzia di
consulenza immobiliare internazionale Knight Frank, poi ripresa dal Financial
Times. Nella classifica, che vede ovviamente grandi paradisi come le Cayman,
Dubai e gigantesche metropoli come Mosca, Auckland o Londra, manca l’Italia e
questo non piace tanto a Salvemini. Il sociologo è acchiappato dalla
giornalista Elvira Serra in una zona molto particolare del Bel Paese, nel più
vecchio rione di Tursi, la Rabatana. E le parole sono di puro elogio: «Se noi
fossimo, non dico americani, ma di qualunque altro Paese civile, questo posto
sarebbe già nelle prime cento meraviglie della nazione».
È praticamente una dichiarazione d’amore verso uno dei
borghi più belli della Basilicata ed anche un metro di giudizio importante su
quali possono essere le possibilità di un luogo che con i suoi duecento metri
di scalinata mozzafiato. E dunque sì, è impossibile escludere l’Italia da
questo sguardo verso i luoghi ideali, anche perché a qualità della vita,
tralasciando i tempi che corrono, non siamo secondi a nessuno. «Se qualcuno
volesse investire nel patrimonio pubblico - continua Salvemini - diventerebbe
in un istante un benefattore dell’umanità e vivrebbe in un luogo meraviglioso».
Come dare torto all’economista della Bocconi, che più che
guardare alla stabilità e al lusso guarda all’importanza dei luoghi come forma
dell’anima, della meraviglia. Ed ecco spuntare il gioello di Tursi e un modello
che forse non impressionerà i freddi calcolatori di investimenti ma certamente
guarda ad una Italia culturalmente superiore. Un elogio inaspettato ma da
tenere in considerazione. La Basilicata deve sapere dove cercare per
conquistare lo sguardo del resto mondo. Classifiche o meno.
martedì 22 ottobre 2013 11:35
Rifiuti: Italia chiede annullare stop fondi Ue per
Campania
21 ottobre, 19:03
(ANSA) - BRUXELLES, 21 OTT - L'Italia ha deciso di
chiedere l'annullamento dello stop ai fondi Ue destinati alla Campania per i
rifiuti deciso dalla Commissione europea e confermato da Lussemburgo. Lo scorso
19 aprile il Tribunale Ue ha infatti appoggiato le decisioni di Bruxelles di
non versare all'Italia i contributi finanziari Fesr per la gestione e lo
smaltimento dei rifiuti. L'Italia, per l'istituzione Ue, non ha adottato tutte
le misure necessarie, come aveva già constatato anche la Corte di giustizia
europea a marzo 2010. Lo stop deciso da Bruxelles, secondo quanto deciso da Lussemburgo
ad aprile, era legittimo in quanto direttamente collegato al finanziamento con
soldi Ue delle misure al centro della procedura d'infrazione aperta, ovvero la
realizzazione del sistema di gestione e smaltimento dei rifiuti in Campania e,
in particolare, per la raccolta differenziata. Al centro del contenzioso ci
sono infatti i finanziamenti provenienti dal Fondo europeo di sviluppo
regionale (Fesr) per 46,6 milioni di euro. Fondi che, secondo il piano
operativo presentato dalla Campania e approvato dalla Commissione nel 2000,
dovevano servire a cofinanziare la realizzazione delle tante operazioni
previste nel quadro del sistema regionale di gestione e smaltimento de
rifiuti.(ANSA).
L'UNIONE SARDA - Economia: «I punti di forza?
L'agricoltura e la logistica»
23.10.2013
Il Mezzogiorno ha risorse e
conoscenze per ripartire. «Nonostante la durissima fase recessiva iniziata nel
2008, il Sud presenta tuttora un apparato caratterizzato dalla rilevante
presenza di grandi imprese i cui impianti, in alcuni casi, sono i più grandi
d'Italia per numero di addetti e volumi produttivi». Insomma, secondo
l'indagine della dell'Accademia nazionale dei Lincei e della Fondazione Edison,
si tratta di un patrimonio da valorizzare. «Certo, il divario di sviluppo con
il Nord Italia è rilevante, ma nel Mezzogiorno, malgrado la grave recessione,
ci sono punti di forza significativi che possono permettere un accorciamento
delle distanze». I SETTORI Questi punti di forza, prosegue l'indagine, non sono
solo quelli dell'agricoltura, della logistica e del turismo, le cui
potenzialità nel Mezzogiorno sono ancora inespresse, ma riguardano anche
importanti pezzi di industria manifatturiera, sia di piccola, media e grande
impresa. Lo confermano alcuni numeri. I NUMERI Il valore aggiunto
manifatturiero del Mezzogiorno è pari a 28,8 miliardi di euro. «Si tratta di
una cifra superiore a quella di nazioni europee come la Finlandia (27,1
miliardi), la Romania (26,9 miliardi), la Danimarca (23,2 miliardi), il
Portogallo (20,2 miliardi) e la Grecia (19,4 miliardi)», spiega lo studio. «Il
Mezzogiorno viene spesso ingiustamente accostato alla Grecia per debolezza
dell'economia. In realtà, la nostra manifattura ha una proiezione
internazionale e un export ben più significativi». Su questo fronte arrancano
solo la Sardegna e la Sicilia con un export pro capite rispettivamente di 395 e
424 euro (contro i 4.724 euro dell'Abruzzo). Bene anche l'agricoltura. Un
esempio? La produzione di ortaggi, con 3,3 miliardi di euro, è la seconda in
Europa.
L'UNIONE SARDA - Economia: «La Sardegna punti sul
turismo»
23.10.2013
Sei anni di crisi si fanno
sentire. Il Mezzogiorno, Sardegna inclusa, porta ancora le ferite di una
recessione economica pesantissima. «La Sardegna deve fare una scelta:
abbandonare il sogno della grande industria e puntare diritti verso il turismo
d'élite». Alberto Quadrio Curzio, professore emerito di economia politica
all'Università Cattolica, nonché vicepresidente dell'Accademia nazionale dei
Lincei, ha le idee chiare su come far ripartire la macchina Sardegna. Oggi a
Roma, nella sede dell'Accademia (in via della Lungara, 10) discuterà con altri
economisti del futuro del Mezzogiorno italiano e analizzerà i dati di
un'indagine realizzata dalla Fondazione Edison. Nel convegno si parlerà anche
di Sardegna. In che cosa si differenzia la crisi dell'Isola rispetto a quella
vissuta dal resto del Mezzogiorno? «In Sardegna la crisi è soprattutto
industriale, con all'apice l'Alcoa. Nel resto del Sud Italia, per esempio
nell'area adriatica, la situazione non è così disastrosa. Poi, restando in
Sardegna, ci sono società che hanno rappresentato molto ma che oggi soffrono
più di altre. Fra tutte mi riferisco a Tiscali, che forse all'inizio della sua
storia è cresciuta troppo in fretta sull'onda del boom di internet». Addio
industria, allora. Alternative? «La vera sfida è il turismo d'élite. Per
esempio, il golf può rappresentare un importante volano di sviluppo per
l'Isola. Con questo sport è possibile attrarre i turisti benestanti del Nord
Europa. Certo, non basterà questo a risollevare l'economia isolana». Su cos'altro
bisogna puntare? «Occorre integrare turismo e agroalimentare d'eccellenza.
Credo sia una strada obbligata per rilanciare l'economia sarda. L'alternativa è
assistere a un impoverimento del territorio e un conseguente aumento della
disoccupazione». L'industria non ha futuro? «La crisi dell'industria pesante
non è locale, ma internazionale. Aziende come Alcoa lasciano la Sardegna perché
conviene loro investire dove l'energia costa di meno. È un processo
inarrestabile». Nemmeno con gli incentivi. «Negli anni Sessanta gli aiuti
all'industria, alla fine, si sono rivelati poco utili». Di turismo e di
agroalimentare se ne parla da tempo. Ma ancora i frutti sono scarsi. Come mai?
«Perché finora non sono stati messi in campo incentivi creditizi e fiscali
dolci e durevoli. Alla Sardegna non servono terapie d'urto. Ma credito e aiuti
finalizzati a consolidare le imprese che meritano». In altre parole, bisogna
accompagnare la crescita delle aziende? «Proprio così. Dobbiamo far sviluppare
il tessuto imprenditoriale sano, quello più innovativo che però non riesce
ancora a fare il salto di qualità».
Eurostat, debito Italia record a 133,3% in secondo
trimestre
Continua a salire anche indebitamento eurozona, ora a
93,4%
23 ottobre, 13:31
(ANSA) - BRUXELLES, 23 OTT - Debito pubblico record a
133,3% nel secondo trimestre 2013 per l'Italia, in crescita del 3% rispetto ai
primi tre mesi dell'anno quando era al 130,3%. Sono i dati diffusi da Eurostat.
Resta il secondo debito pubblico Ue più alto dopo la Grecia (169,1%) e con uno
dei maggiori incrementi tra primo e secondo trimestre di quest'anno.
Il debito pubblico italiano continua a salire sia in
termini assoluti che in punti percentuali di pil: nel secondo trimestre 2012
era di 1.982.898 milioni di euro, pari al 125,6% del pil, nel primo trimestre
di quest'anno era di 2.035.833 milioni, al 130,3%, mentre nel secondo trimestre
è arrivato a 2.076.182 milioni, ovvero al 133,3%. Dopo Grecia e Italia, gli
altri debiti pubblici più grandi dell'eurozona in % di pil sono il Portogallo
(131,3%) e l'Irlanda (125,7%).
Continua a salire il debito pubblico, però, anche nei
paesi dell'eurozona: nel secondo trimestre di quest'anno ha raggiunto il 93,4%.
Era al 92,3% nel primo trimestre e al 89,9% nel secondo trimestre 2012.
L'indebitamento, secondo i dati Eurostat, cresce anche nell'Ue nel suo
complesso, passando dall'85,9% dei primi tre mesi del 2013 all'86,6% del
secondo trimestre, mentre era al 84,7% un anno prima. I prestiti per aiutare i
paesi in difficoltà sono stati pari al 2,3% per i 17 e all'1,7% per i
28.(ANSA).
La Croazia sfora, scatta l’infrazione Ue
Violato il tetto del 3% del rapporto tra deficit e Pil.
La procedura sarà avviata a novembre. Il ministro annuncia nuove tasse
di Mauro Manzin
TRIESTE. La
Croazia al suo risveglio nell’Unione europea sta già vivendo un incubo. Che si
chiama rapporto deficit-Pil. Ora i conti devono essere a posto. E quelli di
Zagabria non lo sono affatto. Eurostat, infatti, ha calcolato che dal 2009 al
2012 la Croazia ha speso oltre un miliardo di euro di troppo rispetto a quelle
che sono state le sue entrate. «La strada che ci aspetta non sarà facile -
ammette il ministro delle Finanze Slavko Lini„ - se la Commissione Ue reputerà
che le politiche economiche che abbiamo proposto non sono sufficienti ci
chiederanno di migliorare il nostro lavoro». E afferma che le prossime misure
del governo potrebbero essere un aumento dell’Iva e un taglio degli stipendi
dei pubblici dipendenti anche se non vuole specificare di quanto. Del resto la
politica dell’Unione europea è chiara: c’è un collegamento molto stretto tra le
politiche economiche degli Stati membri e quelle dei fondi strutturali
comunitari per cui se un Paese viola ripetutamente il limite del 3% del
rapporto deficit pubblico-Pil scattano le procedure di infrazione e il
successivo blocco dell’erogazione dei fondi strutturali. E nel caso Croazia,
come specificano fonti vicine all’ufficio del commissario agli Affari economici
Olli Rehn, la Commissione inizierà la procedura di infrazione il prossimo 5
novembre, mentre la decisione sarà inviata al Consiglio europeo del prossimo 10
dicembre. La Croazia, dunque, si trova di fronte a un baratro. Appena entrata
nell’Ue si deve confrontare con le norme più rigide che ne costituiscono la
struttura socio-economica e istituzionale.
Il debito - spiega ancora un quasi rassegnato Lini„ - si
può ridurre solamente in due modi nel nostro Paese: aumentando le tasse oppure
introducendo la tassazione degli immobili. Potremmo farcela solo a fronte di un
tasso di crescita del Pil pari al 3%, ma questo resta una pia illusione»,
spiega il ministro. La metodologia di calcolo di Eurostat ha dimostrato che nel
2012 la Croazia aveva un disavanzo di due punti superiore a quello calcolato
dal Fondo monetario internazionale (Fmi) e il rapporto deficit-Pil era al 5% e
non al 3%. Il precedente governo di centrodestra a guida Hdz nel 2011 ha
portato il rapporto al 7,8%. «Non vogliamo riversare ogni responsabilità
sull’esecutivo che ci ha preceduti - sostiene ancora Lini„ - ma paghiamo
l’eccessivo indebitamento pubblico. Così ci vediamo costretti a varare entro
fine mese una legge Finanziaria per il 2014 che porti il rapporto deficit-Pil
al 5% anche se ci rendiamo conto che sarà un’impresa molto difficile visto che
stiamo vivendo un periodo di crescita zero». L’adesione all’Ue, poi, ha
determinato per la Croazia circa 50 milioni di euro di oneri aggiuntivi. E
Lini„ spera che ogni decisione della Commissione Ue sulla manovra economica di
Zagabria venga presa a gennaio. «Ci può essere qualcosa da tagliare sul
versante delle spese - ammette il ministro delle Finanze - ma quello che dovremo
toccare sarà sicuramente il versante delle entrate». Ergo, nuove tasse.
E gli altri partiti della coalizione di governo Kukuriku
(centrosinistra) come la pensano? Il principale partner, ossia i popolari
(Hns), non sono contrari alla tassazione degli immobili anche perché, dicono,
l’attuale sistema di finanziamento degli enti locali è insostenibile, ma sono
altresì convinti che questo non è il momento migliore di introdurre il nuovo
balzello visto che la gente è già troppo spiazzata dalle nuove norme europee
con cui deve confrontarsi. Lini„ non vuole toccare le pensioni anche se il
Fondo pensioni ha un deficit catastrofico visto che dai contributi si raccoglie
solo la metà dei quasi 300 milioni necessari ad erogare le quiescenze. La
pensione media nel Paese è di 260 euro al mese con i quali è quasi impossibile
sopravvivere quindi ulteriori tagli sono da escludere. Per il governo
Milanovi„, dunque, una bella chimera.
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