giovedì 31 ottobre 2013

XXXI.X.MMXIII – Bruxelles - La spesa pubblica per l'istruzione in Italia è una delle più basse d'Europa, l'Italia fa peggio della media europea anche sull'abbandono scolastico e sul compimento degli studi universitari: è quanto rileva una ricerca della Commissione Ue che annualmente esamina il settore dell'istruzione in Europa.

Nella valle dei petroleuro: come si usano le royalties? Il petrolio c'è ma si vive male
Crisi, solo il 29% degli italiani riesce a risparmiare
istat. Occupati e disoccupati (dati provvisori)
Scuola: Ue, Italia spende poco,troppo alto abbandono precoce




Nella valle dei petroleuro: come si usano le royalties? Il petrolio c'è ma si vive male
La difficile convivenza tra una terra a vocazione agricola e le attività estrattive
di MARIATERESA LABANCA
VIGGIANO – La notte ti guarda come un occhio indiscreto. Di giorno la sua fiamma domina tutta la vallata. Visto dall’alto, il Centro Oli di Viggiano, con l’area industriale che si estende intorno, sembra un squarcio inferto a quel polmone verde che fa da cornice agli insediamenti. Fino a pochi metri prima di arrivare ai cancelli Eni è come essere immersi in aperta campagna. Uliveti, vigneti e altri tipi di colture che un tempo erano i settori trainati dell’economia locale continuano a convivere con le estrazioni. Ma a fatica.
I prodotti dei campi dove sgorga il petrolio, “nessuno li vuole più”
 Le attività agricole e gli allevamenti inevitabilmente hanno risentito  della presenza delle multinazionali del petrolio. “Quello che viene prodotto in questi campi ormai non ha più valore”, spiega Nino Marchionna. Abita proprio lì vicino, mentre i suoi vigneti si trovano poco oltre.  “Dicono che inquinamento non ce ne sia. Ma il primo a non crederci sono io. Le ho viste con i miei occhi quelle fiammate che più di una volta si sono alzate dalla torcia. Convivo con il rumore e il cattivo odore. E questo basterebbe a mettere in fuga chiunque. Da qui ma ne andrei volentieri. Ma oggi questi terreni non valgono niente”.  Non è un agricoltore. Vive di altro. Precisamente è uno degli operai che hanno trovato impiego con il progetto assegnato dal Comune al Parco della Val d’Agri. Un milione di euro di royalty per circa una cinquantina di dipendenti che si svolgono attività di tutela ambientale e prevenzione del rischio idrogeologico. “Ma le giornate pagate – dice – sono state solo 92. Inoltre il progetto è finito”. Il Comune lo ha prorogato per un altro anno e molto probabilmente continuerà a farlo fino a quando ci sarà disponibilità di royalty. “Ma per ora – aggiunge – non è ancora ripartito. Evidentemente questo non essere considerato un vero e proprio lavoro”.
“Per noi imprese, dal petrolio nessun vantaggio”
Il vero cuore dell’economia, dai campi si è spostato altrove. Ovvero proprio nell’area industriale. E non solo nell’indotto del petrolio, dove solo da qualche anno si vede qualche segnale più rassicurante in fatto di risvolti occupazionali. Vicino al Centro Oli ci sono altre aziende. Alcune hanno chiuso, ma altre sono attive e rappresentano anche delle buone realtà produttive. Con il petrolio non hanno nulla a che fare. Come la Vibac che dà lavoro a circa 300 operai, quasi tutti dell’area. O la Elbe, che produce alberi e giunti cardanici soprattutto per auto. Azienda tedesca impiega circa una novantina di lavoratori, anche in questo caso per lo più della Valle. Qualche anno fa un decina di operai finirino al pronto soccorso di Villa d’Agri denunciando un’intossicazione da idrogeno solforato, a causa di un’“anomalia” al Centro Oli. A parte questo, con le aziende della filiera estrattiva non hanno nulla da spartire. Per loro il petrolio non si è tradotto in alcun vantaggio. Il direttore dello stabilimento Giacinto Maria Genco spiega: “Fare impresa a Viggiano è esattamente come farlo in qualsiasi altro posto della Basilicata. Vantaggi particolari non ce ne sono”. Non per un’azienda di queste dimensioni. “La maggior parte dei bandi del Comune e anche della stessa Regione – spiega ancora il direttore - sono rivolti per lo più a piccole e medie imprese. Ma noi non rientriamo in questa categoria”. Per il resto non ci sono molte mucche da mungere. Anzi.
Qui dove il metano è ancora un sogno e l’Adsl va a singhiozzi
Nel regno del petrolio la più grossa incongruenza è una: da queste parti ancora non c’è neppure il metano. “Andiamo avanti con il Gpl”, dice Genco. L’altra stortura che salta subito agli occhi è quella relativa alla viabilità: il manto stradale della area industriale del colosso Eni è un colabrodo. Il Comune dice che spetterebbe all’Asi occuparsi di questo tipo di lavori nell’area industriale che per altro è perfettamente divisa in due tra due comuni, Viggiano e Grumento. E sempre il Consorzio è responsabile di un altro grosso disagio. La Elbe – come molte altre fabbriche della zona – è costretta a usare acqua potabile, perché quella industriale contiene sostanze corrosive degli impianti. Uno spreco oltre che un costo notevolmente superiore. E non va meglio in fatto di  infrastrutture immateriali: “L’Adsl qui non va a singhiozzo. Se non avessimo una linea dedicata sarebbe un grosso problema”. Sia Viggiano che Grumento hanno attivato due reti Wifi gratuite. Ma gli imprenditori non vi hanno accesso. E per stare alle cose più semplici, chi ha bisogno di fare bancomat – fanno notare ancora nello stabilimento – è costretto a spostarsi  in paese, a Viggiano o a Villa d’Agri. Perché qui lo sportello non funziona quasi mai.
Usciamo dalla Elbe, per entrare in un’altra bella azienda. E’ la Litoforme di Angelo Pessolano. Lavora manufatti in marmo e, tanto per intenderci, è quella che ha realizzato la pavimentazione della nuova piazza Prefettura di Potenza. Ha dimensione più piccole. Circa una decina gli operai a cui si aggiunge qualche unità che si occupa della parte amministrativa. Insomma, è una di quelle aziende che in teoria potrebbero avere accesso i bandi di cui si parlava prima. Il titolare dice: “Non sono tra coloro che sostengono che non sia stato fatto nulla. Per esempio c’è l’incubatore di Sviluppo Basilicata che per me è una buona cosa ma che rimane poco utilizzato perché c’è poca domanda”. Più che altro, per Pessolano “speso le cose fatte non sono quelle giuste. O comunque non rispondono alle reali esigenze di imprenditore. Si tratta di strumenti concepiti male. Penso a quelli del Comune ma anche della Regione”.
Soldi per ristrutturare? Dateci vetrine distributori di metano
Il titolare della Litoforme fa esempi chiari: “Personalmente ritengo che i soliti contributi per l’acquisto di macchine e per l’aumento della produzione siano poco utili. Mi piacerebbe che l’aiuto pubblico fosse indirizzato a generare domanda, a spostare i prodotti fuori, promuoverli sui mercati che contano. Un po’ come è stato fatto per quella ristretta nicchia del vino lucano. Che ne so, penso all’acquisto di un palazzo a Linate. Una vetrina dove agevolare l’incontro produzione lucana – domanda internazionale”. Di idee ne ha anche un’altra: invece di rassegnarsi a contentini “chiedere a Eni, con l’iniziativa pubblica,  una quindicina di distributori di metano, stimolando un trasporto più “pulito” con un indubbio vantaggio in termini economici: per le famiglie si tratterebbe di un risparmio di quasi 4 mila euro all’anno. Mica male, no, invece dei 90 euro della card benzina”.
“Il problema? – dice a fine visita – Questa classe dirigente non sempre è stata all’altezza della sfida”.
giovedì 31 ottobre 2013 08:05

Crisi, solo il 29% degli italiani riesce a risparmiare
Indagine Ipsos per Acri: una famiglia su tre è stata direttamente colpita dalla crisi di questi anni. Difficoltà anche per manager e dirigenti. E la casa non è più l'investimento preferito dagli italiani, meglio il cash
Roma, 30 ottobre 2013 - Cresce il numero degli italiani che stanno sperimentando sulla loro pelle gli effetti della crisi. La tendenza emerge dallo studio sul risparmio elaborato dall’Ipsos per conto dell’Acri per l'89ma Giornata mondiale del risparmio. Dall'analisi emerge, infatti, che nel 2013 una famiglia su tre è stata direttamente colpita nei percettori di reddito del nucleo familiare, e per una su quattro (26%) il tenore di vita è seriamente peggiorato.
Indirettamente, a oggi, sono state colpite il 40% delle famiglie, in generale per la perdita del lavoro (20%) o per il peggioramento delle condizioni di lavoro (il 15% contro il 9% del 2012), ma c’è anche chi non viene pagato con regolarità (3%) e chi ha dovuto cambiare lavoro (4%). Le famiglie colpite direttamente sono il 30%, con un incremento di 4 punti percentuali rispetto al 26% dello scorso anno. In questo caso ad esser colpiti sono l’intervistato stesso, il coniuge, il genitore o un figlio.
Resta invece inalterata rispetto al 2012 la percentuale (26%) delle famiglie che segnalano un serio peggioramento del proprio tenore di vita (erano il 21% nel 2011 e il 18% nel 2010), mentre quasi la metà degli intervistati dichiara di avere difficoltà a mantenere il proprio tenore di vita. Il 25% (come nel 2012) ritiene di mantenerlo con facilità e solo il 2%, cioè 1 italiano su 50, dichiara di aver sperimentato un miglioramento del proprio tenore di vita nel corso degli ultimi dodici mesi. A fronte di oltre 40 milioni di Italiani che registrano un peggioramento della propria situazione economica circa 1 milione di Italiani sta meglio di prima.

COLPITI ANCHE MANAGER E IMPRENDITORI - Tra coloro che si sono trovati in maggiore difficoltà rispetto al passato, quest’anno, ci sono dirigenti, manager, professionisti e imprenditori: il 24% di essi ha subito un peggioramento (era il 20% nel 2012), mentre solo l’1% è riuscito a migliorare la propria situazione. Per i lavoratori dipendenti che hanno mantenuto il proprio lavoro la situazione è, invece, in lieve miglioramento (quelli che hanno mantenuto con tranquillità il proprio tenore di vita salgono di 6 punti percentuali, dal 21% del 2012 al 27%; mentre scendono di 5 punti, dal 25% al 20%, i dipendenti in difficoltà); sempre molto difficile è la situazione dei disoccupati e in peggioramento quella dei pensionati (ha sperimentato difficoltà o peggioramenti il 68% di loro, contro il 65% del 2012).

SOLO IL 29% RIESCE A RISPARMIARE - Negli ultimi 12 mesi, poi, gli italiani che sono riusciti a risparmiare sono stati il 29%, in leggero aumento rispetto al 2012 (erano il 28%). Diminuiscono lievemente invece le famiglie in saldo negativo, dal 31% al 30%: un calo che segna una "seppur minima" inversione di tendenza dal 2010. E costanti al 40% sono le famiglie che consumano tutto quello che guadagnano, senza risparmiare ma al contempo senza intaccare i risparmi accumulati o ricorrendo a prestiti.

CROLLANO GLI INVESTIMENTI NEL MATTONE - Dallo studio si evidenzia anche come la casa non sia più l’investimento preferito dagli italiani. Se nel 2006 la percentuale che vedeva nel mattone l’investimento ideale era il 70% e nel 2010 il 54%, nel 2011 è scesa al 43%, nel 2012 al 35% fino all’attuale 29%: il dato di gran lunga più basso dal 2001. "La preferenza per gli immobili - sottolinea l’associazione di fondazioni e casse di risparmio - scende ovunque nella penisola, ma è nel Sud e Isole che segna il calo più marcato, dal 37% al 28%".
In generale gli italiani puntano meno titoli di Stato e azioni, preferendo libretti di risparmio e fondi comuni. Nell’ultimo anno, infatti, salgono lievemente i possessori di fondi comuni di investimento (12%), crescono ancora i possessori di libretti risparmio (23%), risultano in discesa i possessori di azioni (dall’8% al 7%) e di titoli di Stato (dal 9% al 7%), dopo il ridimensionamento dei rendimenti. La quota di italiani, secondo la ricerca, che dicono di aver sottoscritto assicurazioni sulla vita o fondi pensione è del 19% ed è costante rispetto al 2012, come quella dei possessori di certificati di deposito e obbligazioni (10%). Tuttavia resta stabilmente elevata la preferenza per la liquidità, scelta da due italiani su tre.
Continua a crescere, inoltre, il numero di quelli che ritengono sbagliato investire in una qualsiasi forma: il 18% nel 2010, il 23% nel 2011, il 28% nel 2012, il 32% nel 2013, ormai quasi un terzo degli italiani.
POCA FIDUCIA NELLA RIPRESA - Sotto la mannaia della crisi crolla letteralmente la fiducia dei giovani. Riguardo alla propria situazione personale, fra i giovani che hanno dai 18 ai 30 anni, gli ottimisti sono scesi in un anno dal 24% al 4%, con una perdita di ben 20 punti percentuali. Vedono più nero anche i pensionati: fra gli over 65 anni, i pessimisti sono saliti di 6 punti (dal 21% al 27%). In generale, però, la crisi è assai grave per il 91% degli italiani e l’uscita dalla crisi continua ad apparire lontana: poco meno di 3 su 4 si attendono che duri almeno altri 3-4 anni. Ciò vuol dire che gli italiani si aspettano di tornare ai livelli pre-crisi soltanto dopo il 2016-2017.

istat. Occupati e disoccupati (dati provvisori)
A settembre 2013 gli occupati sono 22 milioni 349 mila, in diminuzione dello 0,4% rispetto al mese precedente (-80 mila) e del 2,1% su base annua (-490 mila).
Il tasso di occupazione, pari al 55,4%, diminuisce di 0,2 punti percentuali in termini congiunturali e di 1,2 punti rispetto a dodici mesi prima.
Il numero di disoccupati, pari a 3 milioni 194 mila, aumenta dello 0,9% rispetto al mese precedente (+29 mila) e del 14,0% su base annua (+391 mila).
Il tasso di disoccupazione si attesta al 12,5%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 1,6 punti nei dodici mesi.
I disoccupati tra 15 e 24 anni sono 654 mila. L'incidenza dei disoccupati di 15-24 anni sulla popolazione in questa fascia di età è pari al 10,9%, in calo di 0,2 punti percentuali rispetto ad agosto ma in crescita di 0,6 punti su base annua. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, ovvero la quota dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 40,4%, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4,4 punti nel confronto tendenziale.
Il numero di individui inattivi tra 15 e 64 anni aumenta dello 0,5% rispetto al mese precedente (+71 mila unità) ma rimane sostanzialmente invariato rispetto a dodici mesi prima. Il tasso di inattività si attesta al 36,4%, in aumento di 0,2 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,1 punti su base annua.
Per una migliore comprensione della partecipazione al mercato del lavoro dei giovani tra 15 e 24 anni, oggi l'Istat diffonde per la prima volta i dati destagionalizzati dei giovani occupati, disoccupati, inattivi, i tassi di occupazione, disoccupazione, inattività e l'incidenza dei disoccupati di 15-24 anni sulla popolazione in questa fascia di età. Queste nuove informazioni sono disponibili nel paragrafo "La partecipazione dei giovani al mercato del lavoro" a pagina 3 del testo integrale e nella Tabella 4 delle serie storiche.

Scuola: Ue, Italia spende poco,troppo alto abbandono precoce
Giù in classifica anche per formazione adulti
30 ottobre, 20:12
BRUXELLES - La spesa pubblica per l'istruzione in Italia è una delle più basse d'Europa, l'Italia fa peggio della media europea anche sull'abbandono scolastico e sul compimento degli studi universitari: è quanto rileva una ricerca della Commissione Ue che annualmente esamina il settore dell'istruzione in Europa.
 L'Italia, per la Commissione, è agli ultimi posti della classifica anche sulla formazione degli adulti, e c'è un'evidente difficoltà di transizione dall'istruzione al mercato del lavoro, anche per i giovani qualificati. Per questo per Bruxelles serve "più ambizione" nel settore, e le raccomandazioni fatte a maggio all'Italia riguardavano anche: trovare rimedi all'abbandono scolastico, migliorare qualità e risultati scolastici (anche riformando l'accesso alla carriera egli insegnanti), migliorare l'orientamento per gli universitari.

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