Benvenuti a Viggiano, nel regno dei petroleuro
Crisi: a Taranto chiude anche Marcegaglia, 134
licenziamenti
Crisi: 20% famiglie "galleggia". Una su 3 a
fine mese e' in rosso
Ue-17: migliora sentimento economico, ma cala in Italia
Oltrepadania est. Confindustria Fvg, Bono nuovo
presidente
Benvenuti a Viggiano, nel regno dei petroleuro
Come si vive e come si spendono le royalties nel paese
più ricco d’Italia?
di MARIATERESA LABANCA
VIGGIANO – All’ingresso del paese il cartello recita: “Il
paese di Maria”, in onore della Madonna nera che ogni anni porta centinaia di
turisti nel santuario che sovrasta la valle. Ma qui il miracolo lo si aspettava
un altro santo nero: l’oro che sgorga dalle viscere della terra. Negli ultimi
cinque anni ha portato ben 83 milioni di euro. Benvenuti a Viggiano, il comune più ricco d’Italia. Ma,
una volta arrivati, dopo aver percorso strade a rischio foro di gomma,
scordatevi di trovare i segni dell’opulenza. La vita, nel comune che ospita il
Centro Oli Eni, scorre pressappoco come in qualsiasi comune dell’entroterra
lucano.
A mezzogiorno appena trascorso le poche persone che si
trovano in piazza, sono per lo più operai che bevono una birra alla fine del
turno di lavoro. Molti anziani, pochi giovani. Alcuni al lavoro, molti partiti.
Il centro è ordinato e c’è anche qualche aiuola. I marciapiedi sono nuovi, pare
che siano stati rifatti più volte. E nella villa comunale c’è anche un parco
avventura per bimbi. Ma della ricchezza che ci si aspetterebbe di trovare sul
territorio che è il più grande giacimento di petrolio su terraferma dell’Europa
occidentale non c’è traccia. Che fine ha fatto il fiume di royalty che le
compagnie del petrolio hanno pagato in questi anni? Il termine in italiano
rende meglio il senso: se c’è una compensazione economica vuol dire che ci sono
anche dei danni. Ma la beffa – opinione condivisa dei cittadini di Viggiano – è
che da questi parti gli unici risvolti evidenti di 20 anni di petrolio siano proprio e solo i mali.
La gente che incontri per strada ti dice che nonostante
il tesoro naturale del sottosuolo la disoccupazione è più o meno in media con
quella degli altri comuni lucani. Che qualcosa in più, negli ultimi due anni,
dopo una battaglia fatta dai cittadini disoccupati, è stata fatta. Ma che non
basta. Perché il lavoro spesso dura pochi mesi o comunque non più di un anno. E
poi non è qualificato. Raccontano che spesso il “posticino”, quando c’è, va a
finire direttamente all’amico dell’amico. Il lavoretto, invece, lo assegnano
sempre alla solita impresa. Che venti anni di petrolio sono passati senza che
nessuno se ne sia accorto. Se non per i danni, appunto: il cattivo odore, il
rumore. Il calo delle attività agricole e d’allevamento, inevitabilmente
compromesse dall’immagine di una terra di perforazioni altamente pericolose. La
paura che prima o proprio la bomba ecologica possa scoppiare davvero.
Raffaele che è partito più di quarant’anni fa alla volta
della Svizzera e che ora che è in pensione viene qualche volta per vedere come
vanno le cose nel suo paese d’origine dice che non vorrebbe mai che i suoi
figli tornassero qui. “Siamo distanti anni luce, cè poco da fare”. Da Viggiano,
negli anni Ottanta, sono partire quasi tre mila persone alla volta
dell’Australia. Non ne è più tornato nessuno, neanche adesso che potenzialmente
la Val d’Agri potrebbe essere gli Emirati Arabi della Basilicata. Un esercente
di un’attività commerciale del centro dice che i suoi quattro figli, di cui due
laureati, lavorano con lui perché non cè molto altro da fare. “Noi non ci
lamentiamo – spiega – tiriamo avanti bene. Ma, quando mi guardo intorno, penso:
è vero, la Basilicata è terra di conquista. E penso che certe cose questi
signori del petrolio ce le hanno fatte a posta per provocarci – dice mentre
indica con la mano il pozzo che sorge a qualche centinaio di metri della
sorgente d’acqua – Perché proprio lì? bastava spostarlo un po’ più giù. Sembra
quasi che vogliano sfidarci. Ma tanto qui nessuno dice niente”. Sulla mensola
del bar i santini ammucchiati di un candidato alle prossime regionali. La
campagna elettorale si fa sentire anche da queste parti. “Vengono a chiedere
voti e poi spariscono”. “Ma che gli crede più”, dice un altro cittadino mentre
mostra la pratica con cui la Procura ha archiviato la sua denuncia per un parco
di pannelli solari realizzato nei lotti Asi che dovevano essere assegnati ad
attività industriali.
Qui ti dicono tutti che questi venti anni di petrolio
sono stati un fallimento. Che la classe dirigente locale e regionale è stata
incapace di gestire quella che potenzialmente poteva essere una ricchezza. E
mentre te lo dicono pensi che molto possa essere il frutto di luoghi comuni.
Che in fondo criticare è sempre stato molto più facile che apprezzare. Allora
inizi a girare il paese di persona. A caccia di segni di un’altra Viaggiano,
diversa da come te l’anno raccontata. Ma
non ne trovi. La signora che sbuccia le castagne per essiccarle, dopo aver
messo ad asciugare la lana appena lavata del cuscino è la stessa immagine che
ho visto trent’anni fa nel paese di mio padre. Il centro storico non è degno di
un paese dalle casse così piene. Ci sono molti cantieri, ma anche molte case
fatiscenti. Neanche le ingenti somme del post terremoto sono riuscite a dare un
altro volto a questo paese. Un fiume di danaro passato invano.
E allora perché non aggiungerci anche altri soldi:
l’amministrazione comunale con una parte delle royalty ha tirato fuori un bando che prevede
agevolazioni per chi ristruttura le facciate delle proprie abitazioni. Circa un
milioni di euro. Ma al momento pare che siano state finanziate solo il dieci
per cento delle domande. Mentre un altro bando di questo tipo sta pere essere
riproposto, quando ancora non è stato ancora completato il primo. Finanziamenti
ci sono pure, fino al 75 per cento, per chi cambia la caldaia di casa. E
combattere la denatalità ci sono tre mila euro per ogni nuovo bebè. Le “grandi
opere” impegnano circa venti milioni delle royalty di Viaggiano. Solo che la
gran parte – dopo vent’anni – è ancora tutta in cantiere.
Qui aspettano tutti l’inaugurazione di domani. Si tratta
del primo e unico campetto in prato in paese. “Una promessa che mi porto dietro
da quando ero bambino”, dice il consigliere d’opposizione, Amedeo Cicala. In
costruzione sono pure ancora l’asilo nido e la piscina comunale. Per vederle
realizzate ci vorrà ancora tempo. E’ vero. In fatto di occupazione, c’è il
progetto che l’amministrazione comunale ha messo a punto con il Parco della Val
d’Agri: una cinquantina di lavoratori che si occupano di attività ambientali e
di prevenzione del rischio
idrogeologico. Un milione di euro di royalty. Per un solo anno però.
L’amministrazione comunale ha provveduto a riconfermarlo anche per quest’anno.
E probabilmente lo farò anche per quelli a venire. Fino a quando ci sarà
disponibilità di cassa. Fino a quando ci sarà petrolio. Siamo molto lontani da
quella politica di investimenti che andrebbe messa in campo prima che sia
troppo tardi. “Il problema è che fino a ora i soldi del petrolio sono stati
utilizzati per spesa corrente e non per investimenti. E il vero dramma è che manca una
programmazione degna di tale nome”, insiste Cicala. E in paese dove non c’è
neanche il piano regolatore, è difficile immaginare il contrario. Per le
imprese nessun vantaggio localizzativo, non in termini energetici. E per
assurdo la paura più grande da queste parti
non è che chiuda il Centro Oli ma che vada via la Vibac, azienda che dà
lavoro a più di 300 lavoratori dell’area, come o addirittura più di quelle
impiegate nell’indotto delle estrazioni, ma che non gode di alcun tipo di
defiscalizzazione. Un’altra fabbrica importante per l’economia locale è andata
via da qualche anno. Si chiamava Spalberg e produceva spalline. A certo punto
ha chiuso per mancanza di commesse. Sarebbe bastato a esempio, che Eni avesse
assegnato all’azienda la realizzazione delle proprie divise. E invece niente.
Sul territorio il petrolio non produce economia. E’ vero, adesso c’è il nuovo
accordo con Eni e Shell: gas gratis per famiglie e imprese. “Accordo? – precisa
Cicala – A mio avviso bisogna stare attenti a non andare troppo in là con la
fantasia. Si tratta solo di linee guida. E bisognerà vedere come potranno
trovare attuazione in accordo con le normative europee e Antitrust. A mio
avviso sarebbe meglio non cantare vittoria troppo in fretta”. Del resto, nella
zona industriale di Viaggiano i lavori per la realizzazione della rete del
metano sono stati appaltati solo da poco. “Speriamo che con lui cambi
qualcosa”, dice un barista mentre indica un manifesto elettorale. Ma a crederci
ancora non sono poi in molti.
mercoledì 30 ottobre 2013 08:32
Crisi: a Taranto chiude anche Marcegaglia, 134
licenziamenti
21:37 29 OTT 2013
(AGI) - Taranto 29 ott. - E' durato due anni il
"sogno" di "fare di Taranto la capitale del fotovoltaico in
Italia". Cosi' infatti si espresse Antonio Marcegaglia, amministratore
delegato dell'omonimo gruppo, nel settembre 2011 presentando agli
amministratori locali - tra cui il presidente della Regione Puglia, Nichi
Vendola - il rilancio industriale del sito di Taranto, dove Marcegaglia era
approdato nel 2000 a seguito della vicenda Belleli di Mantova. Proprio oggi,
infatti, Marcegaglia ha annunciato la chiusura dello stabilimento dal 18
novembre. Saltano cosi' 134 posti di lavoro. A settembre 2011 Marcegaglia
inauguro' a Taranto la produzione di lamiere e pannelli fotovoltaici per la
produzione di energia solare attraverso una tecnologia innovativa: lamine di
film sottile al silicio amorfo. Queste lamine, spiego' allora Marcegaglia,
"vengono poi incollate su un pannello per ottenere un manufatto
perfettamente integrato nella copertura dei tetti delle nuove costruzioni e
volto alla produzione di energia elettrica solare". A Taranto la nuova
produzione faceva seguito a quella, dismessa, di caldaie industriali. Una
copertura di pannelli fatta in questo modo su una superficie inferiore a 20
metri quadrati, fu spiegato due anni fa, e' in grado di produrre piu' di un
chilowattora di energia elettrica per 25 anni, indipendentemente
dall'orientamento e dall'inclinazione del tetto. Marcegaglia annuncio' anche di
aver stanziato per la riconversione del sito di Taranto 15 milioni di euro e di
voler raddoppiare la produzione di pannelli fotovoltaici nel giro di pochi
mesi. "In realta' il progetto, che sfruttava una tecnologia americana -
spiega Cosimo Panarelli, segretario della Fim Cisl di Taranto -, non ha avuto
il successo che il gruppo Marcegaglia auspicava. In Puglia non c'e' stato sviluppo
alcuno. Si poteva e doveva incentivare la diffusione di questo sistema dai
complessi privati a quelli industriali per finire alla copertura delle
pensiline dei mezzi pubblici, ma cosi' non e' stato. Alla fine, nella
ristrutturazione del gruppo, Marcegaglia ha sacrificato Taranto. Dopo Vestas
nell'eolico e' un altro pezzo di attivita' industriale nelle fonti energetiche
rinnovabili che perdiamo nel giro di poche settimane". (AGI) .
Crisi: 20% famiglie "galleggia". Una su 3 a
fine mese e' in rosso
12:31 29 OTT 2013
(AGI) - Roma, 29 ott. - Una famiglia italiana su cinque
'galleggia' ed e' costretta a spendere tutto il proprio reddito, mentre quasi
una su tre deve intaccare i propri risparmi per tirare avanti. Il dato emerge
dalla ricerca curata da Ipsos per Acri in occasione dell'89esima Giornata
mondiale del risparmio. Nel 2013, comunque, torna a crescere dopo 3 anni, dal
28 al 29%, la quota di famiglie che sono riuscite a mettere da parte qualche
euro, e cala dal 31 al 30% quella dei nuclei in 'saldo negativo'. Secondo i
ricercatori, "e' forse il segno che gli italiani sembrano aver trovato un
assestamento nella crisi, seppur a prezzo di notevoli rinunce". In totale,
pero', le famiglie che si sentono in crisi di risparmio sono in lieve aumento:
il 43% contro il 42% del 2012 e il 37% del 2011.
BASTA UN IMPREVISTO DA 1.000 EURO ED E' CRISI PER 20%
FAMIGLIE Gli anni di crisi hanno ridotto le riserve di denaro degli italiani.
Una famiglia su 5 (il 20%) dice che non riuscirebbe a far fronte a una spesa
imprevista di 1.000 euro con risorse proprie e il 4% non lo sa. Se la spesa
imprevista fosse maggiore, ipotizzando 10.000 euro (ossia un furto d'auto, una
complessa operazione dentistica, la sistemazione di un tetto o una cartella
esattoriale non attesa), meno di una famiglia su 3 (31%) potrebbe farvi fronte
con le sole proprie forze.
ITALIANI PESSIMISTI, PER 3 SU 4 FINE CRISI LONTANA
Quest'anno la crisi ha toccato il momento piu' nero per le famiglie, ormai
esauste dopo 5 anni di sacrifici e difficolta'. E l'orizzonte di uscita dalla
crisi continua ad allontanarsi.
A definire assai
grave la crisi e' il 91% degli italiani e per 3 su 4 ci vorranno almeno altri
3-4 per tornare a vedere la luce. Per uno su 3 ci vorranno addirittura tra i 5
e i 10 anni per ritrovare i livelli di benessere precedenti. A livello
complessivo il 40% degli italiani e' ottimista sul futuro contro un 41% di
pessimisti: il saldo negativo di un punto percentuale si confronta con quello
positivo di 7 punti percentuali del 2012.
Negli ultimi
anni si e' assistito a un crescente decremento del numero dei soddisfatti circa
la situazione economica personale e il dato del 2013 rappresenta il minimo di
tutta la serie storica: solo poco piu' di 2 italiani su 5 rispondono
affermativamente (il 42% della popolazione), mentre i restanti 3 su 5 lo sono
sempre meno (58%). Tendono a scomparire i 'molto soddisfatti': sono appena il
3%. Nel Sud si trova il minor numero di soddisfatti (31% quasi 1 su 3) con una
riduzione di 7 punti rispetto all'anno precedente.
Intanto, piu' si
accumulano anni di crisi e piu' famiglie vengono colpite: indirettamente le
difficolta' sono arrivate nel 40% delle case, in generale per la perdita del
lavoro (20%) o per il peggioramento delle condizioni dello stesso (il 15%
contro il 9% del 2012), ma c'e' anche chi non viene pagato con regolarita' (3%)
e chi ha dovuto cambiare occupazione (4%). Le famiglie colpite direttamente,
ossia nei percettori di reddito del nucleo familiare, sono invece il 30%, con
un incremento di 4 punti percentuali rispetto al 2012 (erano il 26%).
PER UNA FAMIGLIA SU 4 PEGGIORA TENORE DI VITA Sono il
26%, percentuale uguale a quella del 2012, le famiglie che segnalano un serio
peggioramento del proprio tenore di vita (erano il 21% nel 2011 e il 18% nel
2010), mentre quasi la meta' degli intervistati (il 47% contro il 46% nel 2012)
dichiara di avere difficolta' a mantenere il proprio tenore di vita. Il 25%
(come nel 2012) ritiene di mantenerlo con facilita' e solo il 2%, cioe' un
italiano su 50, dichiara di aver sperimentato un miglioramento del proprio
tenore di vita nel corso degli ultimi dodici mesi: nel 2010 erano il 6%, nel
2011 il 5%, nel 2012 il 3%. A fronte di oltre 40 milioni di italiani che
registrano un peggioramento della propria situazione economica circa 1 milione
di italiani sta meglio di prima. Tra coloro che si sono trovati in maggiore
difficolta' rispetto al passato quest'anno ci sono i lavoratori direttivi
(dirigenti, manager, professionisti e imprenditori): il 24% di essi ha subito
un peggioramento (era il 20% nel 2012).
Il presente
appare molto buio e avaro di soddisfazioni: per questo gli italiani puntano ad
investire nella qualita' della vita futura (57%) a scapito del presente (39%).
Il numero dei fiduciosi sul miglioramento del proprio futuro e' inferiore a
quello degli sfiduciati (28% gli sfiduciati, 21% i fiduciosi).
Ma soprattutto
sono i giovani (18-30 anni) a perdere la carica: tra loro gli ottimisti sono
scesi in un anno dal 24% al 4%.
Un vistoso
ritorno di sfiducia riguarda il Paese nel suo insieme: meno di un italiano su 4
e' fiducioso sul futuro dell'Italia (24%), 1 su 2 e' sfiduciato (47%), il 24%
ritiene che la situazione rimarra' inalterata, il 5% non sa cosa pensare. Gli
sfiduciati sopravanzano quindi di 23 punti percentuali i fiduciosi, contro gli
appena cinque punti di gap del 2012.
Ue-17: migliora sentimento economico, ma cala in Italia
Sale fiducia nell'industria, scende quella nel commercio
30 ottobre, 11:01
(ANSA) - BRUXELLES, 30 OTT - Migliora il sentimento
economico dell'industria e dei consumatori ad ottobre in Ue ed Eurozona mentre
si deteriora in Italia e Spagna: lo comunica Eurostat. Ad ottobre l'indice è
salito nella zona euro di 0,9 punti, di 1,1 nella Ue, mentre è sceso di 2 punti
in Italia e di 2,2 punti in Spagna. A salire soprattutto la fiducia nell'industria,
mentre scende quella nei servizi, commercio e costruzioni. Olanda, Francia e
Germania i Paesi con l'aumento più significativo.
Oltrepadania est. Confindustria Fvg, Bono nuovo
presidente
L’amministratore delegato di Fincantieri designato dal
Consiglio direttivo. Vinte le resistenze friulane, ma i delegati udinesi si
sono astenuti. «Riconosciuta l’importanza del sistema produttivo dell’area
giuliana»
Giuseppe Bono, amministratore delegato di Fincantieri e
presidente Confindustria Gorizia, è stato eletto presidente di Confindustria
Fvg dal Consiglio direttivo dello stessa organizzazione; succede ad Alessandro
Calligaris.
«Non reputo questo
incarico come onorifico - ha detto - quindi mi impegnerò con la mia capacità ed
esperienza per contribuire a risolvere i problemi degli imprenditori della
regione e a far partire da qui un messaggio a tutta l’impresa nazionale, da
riportare al centro della cultura del Paese». Battute, dunque le resistenze
friulane alla nomina, che pure nelle settimane scorse erano decisamente
robuste. Al momento del voto i sette delegati udinesi si sono astenuti.
«Con l’elezione di
Bono - è scritto in un comunicato di Confindustria Fvg - si è determinato di
fatto un avvicendamento nella presidenza regionale con il riconoscimento del
ruolo industriale dell’area giuliana». Bono ha ringraziato il suo predecessore
e ha «colto l’occasione per rappresentare ai colleghi l’indirizzo strategico
del suo mandato che, oltre a rafforzare i rapporti con le istituzioni e le
organizzazioni sindacali, lo vedrà - in sinergia con le associazioni
provinciali - convintamente impegnato ad attuare una razionalizzazione del
sistema di rappresentanza confindustriale in regione».
Su questa «prima
sintetica illustrazione del programma di mandato i presidenti delle
associazioni provinciali ed i Componenti l’organo direttivo di Confindustria
Fvg hanno espresso il loro punto di condivisione auspicando, a breve, un nuovo
appuntamento di lavoro per entrare, più compiutamente, nel merito del
programma» conclude la nota.
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