martedì 7 giugno 2011

Federali Sera_7.06.11. Marco Demarco: Ieri Napoli era una matassa di colpe e complicità, oggi è un luogo incantato. Come può essersi trasformata in così poco tempo, nelle quarantott’ore di un turno elettorale? Se ciò è avvenuto, è lecito supporre che la città non fosse poi così mal messa? O, viceversa, è possibile credere che mal riposta sia tanta improvvisa speranza? In realtà, tra catastrofismo e nuovismo c’e un rapporto strettissimo. Di più: spesso dietro entrambi i fenomeni si muovono, inquiete, le stesse persone. L’Apocalisse implica la Genesi. Così come il millenarismo, la profezia della fine del mondo, quando il mondo non finisce il più delle volte si salva con una nuova utopia. Adolfo Scotto di Luzio lo ha scritto venerdì scorso sul Foglio: l’allestimento dello spettacolo della catastrofe, la Gomorra permanente, è diventato l’immagine dominante di Napoli. Ed è su questo deserto che si è stagliata la figura dell’eroe, cioè di Luigi de Magistris.----Potenza, De Filippo scrive ai sindaci lucani: Caro sindaco, coerentemente con il mandato affidatoci dalla comunità sin dai giorni della protesta dei Centomila di Scanzano, contro la decisione dell’allora Governo nazionale di trasformare la Basilicata in una pattumiera di rifiuti radioattivi, la classe dirigente lucana è chiamata ad essere in prima fila nella battaglia referendaria del 12 e 13 giugno prossimi, sia per quanto riguarda il quesito relativo al ritorno del nucleare in Italia, sia per ciò che concerne i temi legati alla gestione pubblica dell’acqua, da un lato, e al cosiddetto legittimo impedimento, dall’altro.

La «Gazzetta» lascia l'Albania
Potenza. Referendum, lettera di De Filippo: "Coerente per noi votare quattro volte sì"
Napoli, da Gomorra a Edenlandia. E' accaduto tutto in quarantott'ore
Napoli. Il manager dell'Asìa: «Mi dimetto»
Napoli. Fenomenologia del gran cafone moderno
L'UNIONE SARDA - Economia: Domani nuova marcia su Roma

Appendice: 

Tassa di soggiorno in tutto il Veneto Confturismo: «Brambilla dimettiti»
Nova Gorica. “Privilegi” da capoluogo? Solo mille posti di lavoro
 
La «Gazzetta» lascia l'Albania
Cedute le quote in «News 24» e «Gazeta Shqiptare»
La vendita al Focus Group di Tirana per 6 milioni
BARI - Edisud, la società editrice della Gazzetta del Mezzogiorno, abbandona l’Albania con un’operazione da 6 milioni volta a dismettere un asset giudicato dal management «marginale rispetto agli obiettivi da conseguire in Italia». Era da tempo — precisamente da un paio d’anni — che il gruppo facente capo all’imprenditore catanese Mario Ciancio Sanfilippo era in trattativa con imprenditori albanesi per la vendita di una quota di partecipazione dell’emittente «News 24» e della cessione del ramo d’azienda del quotidiano «Gazeta Shqiptare». Quest’ultimo, motivo di vanto dell’editoria targata puglia, ha iniziato le sue pubblicazioni il 12 aprile 1993 ed è distribuito su tutto il territorio albanese (è il terzo quotidiano del Paese per numero di copie vendute). Le quote sono state cedute a Focus Group, una nuova società costituita in parti uguali dal dirigente di banca Arkan Santo e da un imprenditore locale Irfan Isanbelliu.
A quanto pare l’operazione si è conclusa un mese fa ed è destinata a produrre effetti sui rapporti di forza nel sistema dell’informazione albanese. Infatti, sia la televisione che il quotidiano sinora erano considerati autorevoli non essendo legati a gruppi d’interesse locali, ma con il passaggio di proprietà qualcosa potrebbe cambiare. Le motivazioni che hanno spinto Edisud a cedere le partecipazioni albanesi sono da mettere in relazione alle difficoltà di gestione di un’azienda estera. Anche perché le quote albanesi non facevano oramai più parte dell’area strategica del gruppo. Non è la prima volta che Edisud ricorrere al mercato. Nel 2004, infatti, Ciancio Sanfilippo decise di vendere il pacchetto di maggioranza dell’emittente barese Antenna Sud a un gruppo di imprenditori pugliesi facenti capo all’avvocato Fabrizio Lombardo Pijola. In un primo passaggio fu staccato un assegno di circa 5 milioni (per il 90% delle quote). Attualmente Antenna Sud è controllata dalla Selp che fa riferimento sempre a Lombardo Pijola. La partecipazione di Ciancio Sanfilippo, originariamente del 10%, è scesa a poco più del 2% a causa di aumenti di capitale non sottoscritti.

Per quanto riguarda l’assetto di Edisud, l’ultima operazione realizzata è quella dell’ingresso di Tosinvest (del gruppo Angelucci) che qualche settimana fa ha sottoscritto un atto di trasferimento di quote pari al 51% di Bari Editrice, proprietaria del 30% di Edisud. Bari Editrice faceva riferimento, nella totalità delle quote alla Fimco di Noci (della famiglia Fusillo) che nel 2008 acquistò la partecipazione dalla Ses (Società editrice siciliana di Messina) investendo 35 milioni. Ora Fusillo detiene il 45% del capitale.
Vito Fatiguso

Potenza. Referendum, lettera di De Filippo: "Coerente per noi votare quattro volte sì"
07/06/2011  «Caro sindaco, coerentemente con il mandato affidatoci dalla comunità sin dai giorni della protesta dei Centomila di Scanzano, contro la decisione dell’allora Governo nazionale di trasformare la Basilicata in una pattumiera di rifiuti radioattivi, la classe dirigente lucana è chiamata ad essere in prima fila nella battaglia referendaria del 12 e 13 giugno prossimi, sia per quanto riguarda il quesito relativo al ritorno del nucleare in Italia, sia per ciò che concerne i temi legati alla gestione pubblica dell’acqua, da un lato, e al cosiddetto legittimo impedimento, dall’altro». Il governatore, a sue spese - come terranno a specificare dalla Regione - ha recapitato a tutti i 131 sindaci della Basilicata una lettera con la quale li esorta a scendere in piazza, parlare con la gente e lavorare per il quorum al referendum di domenica e lunedì prossimi.
 Così De Filippo si rivolge ai primi cittadini: «Converrai con me che dobbiamo sentirci tutti moralmente impegnati ad utilizzare uno strumento democratico, qual è quello del Referendum, per riconsegnare nelle mani dei cittadini il diritto a decidere del proprio futuro, per chiudere definitivamente la porta, con il Sì, a qualsiasi tentativo di reintrodurre il nucleare in Italia, in modo da scongiurare il grave rischio che anche la nostra regione ha corso in questi anni, per la volontà - mai venuta meno, da parte di taluni settori dello Stato - di farne la sede deputata ad ospitare un deposito di scorie radioattive».
 In Basilicata il problema non è uno scherzo, cosicché tocca impergnarsi, a cominciare dai territori: «Caro sindaco, in questi ultimi giorni di campagna referendaria, sarà importante che i tuoi concittadini percepiscano, dalla voce di chi li amministra, l’importanza di esprimere un Sì convinto anche sui due quesiti che, in caso di vittoria, consentiranno di continuare ad assicurare la gestione pubblica dell’acqua. In Basilicata, più che altrove, la gestione pubblica della risorsa idrica - peraltro sperimentata con successo in questi ultimi anni - è un pre-requisito indispensabile per garantire a tutti i cittadini un bene vitale a costi contenuti e con elevati standard di efficienza e sicurezza. Ritengo infine importante che in un auspicabile, quanto imprescindibile rapporto di collaborazione tra chi amministra e quanti ne controllano l’operato, si esprima un quarto, convinto Sì anche sul quesito che riguarda il “legittimo impedimento”, a mio parere giustamente annoverato tra le cosiddette leggi ad personam, che rischiano solo di invelenire il clima politico del Paese. Sono certo - conclude - che, al di là del legittimo diritto di ciascun elettore di esprimere il proprio giudizio sui quattro quesiti referendari, il tuo Comune contribuirà, anche grazie al tuo impegno a raggiungere e superare la soglia minima del quorum».
 I sindaci ieri, non avevano ancora ricevuto la lettera e perciò solo in pochi sapevano già cosa rispondergli. Abbiamo contattato, tra gli altri, il sindaco di Francavilla (del Pdl) che, in linea col suo partito, ha dato ai suoi elettori ampio margine di scelta sul voto. Polemici invece i Popolari Uniti, secondo i quali «bisogna dire chiaro e tondo ai cittadini lucani che la Basilicata rischia grosso sul nucleare» e che «il termometro della partecipazione non è alto». Così «senza iniziative straordinarie da parte delle Istituzioni locali e delle rappresentanze categoriali non sembra riproponibile un evento paragonabile per impatto mediatico alla marcia di Scanzano». Per cui bando ad «iniziative tiepide», perché «chi più può più deve dare e fare».

Napoli, da Gomorra a Edenlandia. E' accaduto tutto in quarantott'ore
Martone entusiasta sull'Espresso per il nuovo clima dopo l'elezione di de Magistris. Ma la città non era "perduta"?
Di MARCO DEMARCO
Alla vigilia del voto amministrativo, Mario Martone entra nel centro sociale «Banchi Nuovi» e, come scrive su L’Espresso, trova «un luogo incantato». Incontra «persone di età diverse in allegra e partecipe condivisione». Ragazzi che ridono, coppie che ballano, un’umanità gioiosamente consapevole del momento storico. Quel giorno, al regista di Noi credevamo, Napoli non appare «né sporca, né violenta, né dilaniata da lotte intestine, ma viva, intelligente, un luogo possibile e pieno di futuro». Si dirà: e allora? Allora c’e il fatto che Martone aveva creduto di trovarsi davanti a una eccezione, a una sorta di abbaglio. Invece no, e dopo il voto, confessa: «Mi sbagliavo, con l’elezione di de Magistris è stata la maggioranza dei napoletani a rivoltarsi».
Che cosa c’è che non va in questa riflessione? Beh, semplice: di che Napoli stiamo parlando? Napoli non era Gomorra? Fuori da quel centro sociale, non c’erano il malaffare e il malgoverno, la borghesia collusa e gli artigli di Cosentino, il voto di scambio e il voto comprato? Ora non c’è nulla di male nell’entusiasmo della vittoria e nel proposito di ricominciare daccapo dopo aver «scassato» tutto. E nulla di male c’è, naturalmente, nelle bandane arancioni e nel fuoco d’artificio delle novità che verranno. Eppure, se di colpo si passa dal catastrofismo al nuovismo, se dal peggiore dei mondi possibili si salta agili e veloci al più promettente dei paradisi in terra, si ammetterà che qualche cosa non torna. Ieri Napoli era «una matassa di colpe e complicità» , oggi è «un luogo incantato» . Come può essersi trasformata in così poco tempo, nelle quarantott’ore di un turno elettorale? Se ciò è avvenuto, è lecito supporre che la città non fosse poi così mal messa? O, viceversa, è possibile credere che mal riposta sia tanta improvvisa speranza?
In realtà, tra catastrofismo e nuovismo c’e un rapporto strettissimo. Di più: spesso dietro entrambi i fenomeni si muovono, inquiete, le stesse persone. L’Apocalisse implica la Genesi. Così come il millenarismo, la profezia della fine del mondo, quando il mondo non finisce il più delle volte si salva con una nuova utopia. Adolfo Scotto di Luzio lo ha scritto venerdì scorso sul Foglio: l’allestimento dello spettacolo della catastrofe, la Gomorra permanente, è diventato l’immagine dominante di Napoli. Ed è su questo deserto che si è stagliata la figura dell’eroe, cioè di Luigi de Magistris. Il fenomeno, come ormai si è ben capito, non ha i caratteri dell’originalità. Bassolino è stato maestro di salto storico. In un certo senso, ha anticipato sia Saviano, sia de Magistris. È stato sia il narratore della catastrofe, sia l’eroe del nuovo inizio. In quel caso, Napoli pagò uno e prese due. E se Adorno teorizzava di «memorie manipolate» e di «futuri anticipati» , Bassolino ha saputo tradurre il tutto a modo suo: ha ritoccato il passato di Napoli per meglio risplendere, e si è rifugiato nell’utopia per evitare i conti col presente. Dal passato, Bassolino ha cancellato ciò che di buono c’era stato, non ha recuperato neanche uno degli assessori di Valenzi, e ha drammatizzato tutto il drammatizzabile, dalla storia dei viceré a quella dei lupi famelici alle porte della città. Del futuro, ha occupato ogni interstizio: avremmo avuto la città più bella e più moderna del mondo. Il luogo incantato dell’utopia, appunto.
Nel frattempo, se il presente era quello che era, e cioè traffico, camorra e disoccupazione, le colpe erano da ricercarsi altrove, ovunque e in chiunque, tranne che in Bassolino stesso: nei governi, nei partiti nazionali, negli alleati locali, in De Mita, in Pecoraro Scanio, in Mastella. Un sistema perfetto, che garantiva a chi lo aveva inventato la non-responsabilità assoluta. Così è stato fino alla vittoria di de Magistris. Ora la giostra sembra rimettersi in moto. Un altro giro, un’altra corsa. Ora, dice Martone, Napoli «è capace di sperimentare e innovare» . Gomorra è già diventata Edenlandia.

Napoli. Il manager dell'Asìa: «Mi dimetto»
De Magistris apprezza: un bel gesto
Daniele Fortini: rimetto il mandato ma non per questioni politiche, l'avrei fatto anche se avesse vinto Lettieri
NAPOLI - Il mandato sarebbe scaduto tra due anni, ma il manager dell'Asìa, Daniele Fortini, ha deciso di dimettersi subito, sette giorni dopo le elezioni comunali. Dimettersi è cosa rara, e l'Asìa è una delle più importanti società controllate del Comune. Il sindaco de Magistris afferma: «È un gesto che ho apprezzato molto». «Ma non si tratta di dimissioni politiche nè 'minacciate' - precisa Fortini al Corriere -, semplicemente ho inteso rimettere il mandato nelle mani del nuovo sindaco, anche inteso come presidente del cda dell'azienda che ho diretto. Sarà lui a valutare il da farsi». Fortini prosegue: «De Magistris è portatore di un progetto sull'ambiente nuovo, entusiasmante, ora ha bisogno di dispiegarlo in maniera coerente con l'idea politica di cui è promotore. Anche se fosse salito Lettieri mi sarei comportato allo stesso modo. Resto a disposizione».

«DA LUNEDI' ASSESSORE NUOVO AI RIFIUTI» - Dal canto suo, nell'incontro a Palazzo San Giacomo coi dirigenti comunali, il primo cittadino ha ricordato che su Asìa il Comune «prenderà la decisione migliore». «Valuterò anche in relazione a questo gesto. In questi giorni ho già preso contatti con l’Asia. Al momento sto lavorando personalmente sul tema dei rifiuti, poi - ha concluso il sindaco - da lunedì se ne occuperà l’assessore che nominerò».
Alessandro Chetta

Napoli. Fenomenologia del gran cafone moderno
In un tascabile scritto da Salvatore Manna ed edito da Cento Autori vecchi e nuovi tipi, ora rombanti in Suv
Il cafone c’è dappertutto, e se volete mostrare di conoscere le lingue, in Germania lo chiamerete grosse rupel, in Russia savlyublionnyi durak, negli stati Uniti white trash, wigga, red-neck, in Francia grossier, mufle, vilain crasseux, in Spagna cateto, grosero, patan.
Salvatore Manna s’è fermato qui col suo dizionario, citando queste varianti europee della nostra misteriosa parola, sulla cui etimologia sono aperte da molti decenni le tenzoni dei linguisti e dei cultori del dialetto. D’obbligo la citazione dell’insuperato maestro del dialetto napoletano, l’avvocato filologo Renato De Falco che ha giustamente sentenziato: niente uomo con la fune, il cafone non arriva con la teleferica o la funicolare. E allora? Essendo la parola assai antica, forse la provenienza potrebbe essere da «cacofono», ossia persona dalla cattiva pronuncia, sgraziato quando parla, uno da prendere in giro.
Questo e altro succede nel delizioso libriccino (60 pagine, tascabile, edizioni CentoAutori, € 6), «Cafone sarà lei» , che si presenta oggi alle 18 alla libreria Feltrinelli di via San Tommaso d’Aquino da Francesco Paolo Botti, Maurizio De Giovanni (che firma la prefazione), Francesco Molaro e dall’attore Patrizio Rispo. Ma non c’è solo la ricerca etimologica, che spazia anche sulle parole analoghe in altri linguaggi italici e sulla presenza del tipo cafone fra i personaggi del teatro, talvolta rappresentati con indulgenza, molto più spesso con sarcasmo; c’è anche in quelle sessanta paginette l’elenco dettagliato delle caratteristiche attuali del cafone (non solo maleducazione, qualcosa di peggio, molto spesso a bordo di imponenti suv), i vari tipi di cafonaggine che irrompono su settimanali, quotidiani, schermi e teleschermi, e infine una classifica nella quale troverete personaggi ben noti. Nel capitoletto «Cafonando tra note, tv e bit» viene citata la milanese Radio 105 con la sua esaltazione del rutto e altre amenità, e la poco nobile gara, ancora senza vincitori, fra Roma e Napoli in tema di cafonaggine canzonettistica.
Nora Puntillo

L'UNIONE SARDA - Economia: Domani nuova marcia su Roma
07.06.2011
 Nuova trasferta a Roma, domani, per il Movimento pastori sardi e il Movimento dei forconi che hanno organizzato un sit-in in via XX Settembre davanti alla sede del Ministero dell'Agricoltura. «Intendiamo chiedere un incontro con il ministro Saverio Romano sulla situazione della pastorizia e dell'agricoltura che diventa ogni giorno più grave», - ha spiegato il leader dei pastori Felice Floris. L'appuntamento per la delegazione sarda è alle 9 davanti alla sede del Ministero.

Tassa di soggiorno in tutto il Veneto Confturismo: «Brambilla dimettiti»
Finozzi: «Daremo ai Comuni la vocazione turistica necessaria per introdurre il balzello»
VENEZIA — Il governo ha marcato visita, il regolamento che dovrebbe dire come, dove e quando applicare la tassa di soggiorno non c’è, la Regione corre ai ripari, convoca un vertice e dà a tutti i Comuni quella «vocazione turistica» che è il requisito chiave per poter applicare la gabella, l’Anci chiede mani libere, Confturismo s’infuria ed il suo presidente, Marco Michielli, chiede la testa del ministro Brambilla «per pudore». Insomma, la nuova tassa voluta dal governo per risollevare le casse dei municipi si sta rivelando sempre più un pasticciaccio brutto. Il caos regna sovrano ed il motivo è che il balzello c’è, dal 14 marzo scorso, ma nessuno sa come applicarlo, perché del regolamento che il governo avrebbe dovuto emanare entro ieri, non s’è vista manco l’ombra. Il che pone due problemi su tutti. Il primo: non sono stati delineati i parametri che avrebbero dovuto indicare ai Comuni come modulare la tassa (da 50 centesimi a 5 euro a notte, a persona) in base al tipo di struttura ricettiva. Il secondo: il regolamento avrebbe dovuto dare un po’ più di sostanza a quella formula assai vaga che nel decreto indica dove devono finire i soldi raccolti dagli albergatori- sostituti d’imposta: «interventi in materia di turismo», come «sostegno alle strutture ricettive, interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali». A volerlo, ci sta dentro qualunque cosa e visti i precedenti (si pensi alle multe, che dovrebbero finanziare interventi di sicurezza stradale) è alto il rischio che i Comuni mettano mano all’obolo del turista per aggiustare i loro bilanci qua e là. Nell’inerzia del governo, tocca allora alla Regione tentare di mettere un po’ d’ordine.

L’assessore al Turismo Marino Finozzi ha già visto sindaci e categorie la scorsa settimana, oggi è previsto un secondo e decisivo round con l’Anci, con una mossa a sorpresa: «Daremo "vocazione turistica" a tutto il Veneto, così da evitare la concorrenza sleale tra Comuni e strutture vicini ed un’applicazione della tassa in ordine sparso» annuncia Finozzi. Il decreto attribuisce infatti la possibilità di introdurre la tassa di soggiorno soltanto ai capoluoghi, ai Comuni a vocazione turistica ed alle Unioni di Comuni (come Trebaseleghe- Massanzago e Piombino Dese, nell’Alta Padovana. Chissà perché). «Il punto è che non esiste un criterio univoco e condiviso per l’attribuzione della vocazione turistica - spiega l’assessore -. Quello utilizzato per ragioni commerciali, ossia il numero dei posti letto, rischia di essere fuorviante: ci sono Comuni, in prossimità dei caselli autostradali, che contano centinaia di posti letto ed altri, piccolissimi, in montagna, che ne hanno poche decine». Con l’attribuzione della «vocazione» a tutto il Veneto il problema è eliminato alla radice ed a ciascun sindaco viene data la possibilità (e la responsabilità politica) di introdurre o meno la gabella. «Realizzeremo poi una delibera tipo, messa a punto da una commissione di tecnici, che indicherà come declinare l’entità della tassa in base al tipo di struttura ed alla stagione. Resta poi il fatto - chiude Finozzi - che questa tassa è incostituzionale perché dà ai Comuni una competenza, quella sul turismo, che è esclusivamente regionale. Nonmi stupirei se a breve ci fosse un ricorso alla Consulta…».

L’Anci, col presidente Giorgio Dal Negro, concorda sulla «vocazione turistica globale», chiede che i sindaci abbiano mani libere, dà per scontato che la tassa si possa applicare da subito («Anzi, siamo già in ritardo ») e lascia alla Regione al più un ruolo di coordinamento, che fissi però chiaramente «l’obbligo per i Comuni di destinare le risorse raccolte al turismo, senza escamotage». Confturismo, invece, va all’attacco del ministro Michela Brambilla: «Il turismo non è un bancomat! - attacca il presidente Michielli -. Lo stanno massacrando, tra l’assordante silenzio e la colpevole assenza del ministro Brambilla, che a questo punto sarebbe bene liberasse la poltrona. La pietosa scusa accampata dal governo di essere stato ricattato da Anci ora non regge più, il regolamento attuativo che poteva mitigare gli effetti più perversi era compito suo e se non è stato fatto interamente sua è l’ignavia. Gradiremmo che per pudore i nostri governanti cessassero sin d’ora di prendere in giro gli italiani con gli infiniti vuoti proclami sull’importanza strategica del turismo, la verità purtroppo è altra ed è un infinito tirare a campare nell’ignoranza più crassa e conclamata della materia».
Marco Bonet

Nova Gorica. “Privilegi” da capoluogo? Solo mille posti di lavoro
È la somma degli occupati negli enti pubblici presenti in città. Smentite dunque le insinuazioni di alcuni politici monfalconesi sui presunti vantaggi goriziani
di Giovanni Tomasin
Neanche trecento posti di lavoro: è il totale dei dipendenti di Provincia e Camera di commercio a Gorizia. Il ruolo di capoluogo, che nell’eterna polemica con Monfalcone è stato spesso indicato come un privilegio di Gorizia, non frutta poi tanto in termini di occupazione. Ma da un’analisi dei più importanti enti pubblici e privati goriziani emerge che gli uffici coprono una parte rilevante del mercato del lavoro cittadino.

Il settore bancario
Le banche costituiscono una fetta importante del bacino. Soltanto la Cassa di risparmio del Friuli Venezia Giulia può contare su oltre cento dipendenti. «Soltanto noi alla filiale imprese ne abbiamo 18 - spiega il direttore Guido Comuzzi -. Considerando che il nostro giro d’affari copre circa un terzo del totale su Gorizia, si è stimato che i dipendenti bancari in città siano circa 250».

Gli uffici dello Stato
Anche l’amministrazione statale può vantare una buona quota di personale amministrativo. Sono 67 gli impiegati della prefettura di Gorizia mentre la questura ne conta 23. A questo andrebbero aggiunti gli uffici di altri rami dello Stato in città, come quelli del ministero delle Finanze.

La Camera di commercio
Il direttore della Camera di Commercio Pierluigi Medeot spiega così la politica del personale adottata dall’ente: «Al momento abbiamo 40 dipendenti, tutti a tempo indeterminato - spiega -. La nostra pianta organica sarebbe di 47 impiegati. Dal 2003 abbiamo imposto il blocco del turn over e ridotto il personale». La Camera di Commercio, spiega Medeot, non assumerà altri lavoratori fino al 2013: «Inoltre da noi non si accettano contratti interinali, a tempo determinato e consulenze. L’unico interinale che lavora qui al momento è pagato integralmente da Infocamere. Quando decideremo di assumere qualcuno sarà a tempo indeterminato tramite concorso pubblico con bando». Ai 40 dipendenti della Camera, aggiunge Medeot, vanno aggiunti altri sette della Zona franca.

Le amministrazioni
Il Comune di Gorizia impiega nei suoi uffici oltre 400 lavoratori, mentre la Provincia ne ha 216. Gli impiegati dell’ente guidato da Enrico Gherghetta sono quasi tutti a tempo indeterminato (204), e soltanto 12 di loro sono a tempo determinato. A questi vanno aggiunti altri 14 lavoratori parti time.

La città degli uffici
Il risultato della panoramica è di oltre mille posti. Una porzione non indifferente del mercato del lavoro locale, soprattutto se vi si aggiungono i dipendenti dell’Ass2 e delle tante piccole imprese che fanno la ricchezza di Gorizia. Ma niente che lasci pensare a un privilegio, soprattutto se paragonato al dato dei 57mila occupati dell’Isontino.

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