sabato 9 novembre 2013

IX.XI.MMXIII – Sui media “nazionali” impazza lo scandalo inerente le “spese” dei politici padani ed oltrepadani dell’est. O no?

La Casta si fa rimborsare pure la spesa dal macellaio 
La metà dei consiglieri “in fuga” da Palazzo
Rimborsi “facili”: Pdl, Pd e Lega travolti dagli avvisi di garanzia
Indagine-rimborsi: al mare e in montagna a spese dei contribuenti
Inchiesta rimborsi, altro blitz della Gdf in Consiglio regionale
Rimborsi, Consiglio regionale “sequestrato” fino a notte fonda
Fondi ai gruppi, raffica di nuovi avvisi
Spese “allegre”, capigruppo in Procura
Scandalo rimborsi, sotto torchio gli ex capogruppo di Pdl e Lega
Scandalo rimborsi in Regione, quaranta nuovi avvisi
Regione: biancheria “di gruppo” tra le spese folli
La “cena da nababbi” dell’ex consigliere regionale
Spese allegre in Regione, parte la corsa al rimborso
Spese folli in Consiglio regionale restituite con lo “sconto”
Gli scontrini “fantasma” della Lega: mancano 37mila euro
Scandalo rimborsi, le "prove" delle spese padane finite nel tritacarte
Cresta sui viaggi, Ballaman (re)indagato
Paga netta da 8.053 euro per tre giorni in Consiglio regionale
Ex Consiglio regionale, le infinite spese pazze dei leghisti E nell’inchiesta “entra” Piccin
 “Guerra tra bande” nella Lega Nord del Fvg sconvolta dai rimborsi pazzi
Lega Nord Fvg, le pazze “spese personali” di Piccin
Ciriani restituisce i rimborsi “di troppo”
Spese folli “in conto terzi”, Bertoli indagato
Il giro del mondo “a sbafo” di Ballaman
Notti in hotel e alcolici tra gli scontrini di Tononi (Pdl)
Scandalo in Consiglio: papà offre il viaggio. Ma paga la Regione
In Consiglio regionale rimborsi d’oro per i triestini
Il Consiglio regionale resta senza mobili e computer
Consulenza al fidanzato: la Lega fa autosospendere la Piccin
Spese “folli” in Consiglio regionale, il pm convoca Bucci e Marin
Scandalo rimborsi in Consiglio regionale: toelettatura per il cane a spese del gruppo
Scandalo rimborsi in Consiglio regionale, le notti in hotel inguaiano Iacop e De Anna
Regali alle nipotine con i soldi di Palazzo
Bucci a processo per le spese pazze
Gelati, cene e brindisi inguaiano Marini
Tondo indagato per tre notti in albergo
Cene e gite in montagna, Marin a processo
Scandalo rimborsi: a giudizio un (ex) consigliere regionale su tre
Narduzzi svela le spese “pazze” leghiste




La Casta si fa rimborsare pure la spesa dal macellaio
Nelle carte dell’inchiesta sui rimborsi dei consiglieri Fvg scontrini da 35 euro per l’acquisto di carne e tè bevuti in rifugio
di Matteo Unterweger
TRIESTE. Anche 35 euro per acquisti in macelleria. È uno degli scontrini finiti sotto la lente di ingrandimento dei finanzieri che stanno passando al setaccio le spese di rappresentanza sostenute nel 2011 dai gruppi politici del Consiglio regionale. Non l’unico, ovviamente, visto che i due fascicoli aperti - uno alla Corte dei conti dal procuratore contabile Maurizio Zappatori, l’altro in Procura e di cui è titolare il sostituto procuratore Federico Frezza - mirano a verificare movimenti per complessivi 884mila euro e 966 euro su un totale di 2 milioni e 700mila euro a disposizione dei gruppi. Accertamenti in corso, trasversalmente fra le diverse forze politiche, sulle varie spese rendicontate. Quindi, anche su “spese di rappresentanza” da un euro: il costo di un caffè. E in effetti nei faldoni non mancano casi del genere: scontrini che attestano il pagamento di una singola tazzina al bar.
 Tutto oggetto di verifica, insomma, anche per capire se vi siano o meno motivi di rilevanza penale. Al momento, a proposito, nessun consigliere regionale risulta indagato. Oltre alla macelleria e ai caffè, gli investigatori della tributaria hanno annotato fra le altre cose la presenza di esborsi da duemila euro per l’organizzazione di buffet. E ancora scontrini legati al pagamento di due tazze da tè portate all’impianto di risalita di Sella Nevea.
 Nella stragrande maggioranza dei casi, lo scontrino ha un nome e un cognome a cui collegarsi: l’eletto in questione (nulla trapela per ora sui nomi), infatti, ha sborsato quella cifra per quell’acquisto. Ma c’è un gruppo consiliare (non è noto, fin qui, di quale si tratti) che fa eccezione: le spese di rappresentanza per il 2011 non sono imputate ai propri esponenti ma conteggiate tutte proprio come gruppo. Insomma, non si sa chi è stato a spendere quanto. Sono noti solo il totale e quali scontrini o fatture lo determinino. Nelle prossime settimane potrebbero esserci sviluppi sul fronte delle indagini, che certamente proseguiranno in maniera compatta nel senso che non saranno analizzate prima le forze di maggioranza e poi quelle di opposizione o viceversa. Tutti assieme, invece, nell’evolversi della vicenda. Massima attenzione motivata anche dalla campagna elettorale in corso per le imminenti politiche del 24 e 25 febbraio.
 Altro dettaglio che spunta dagli incartamenti: c’è chi ha piazzato fra le spese di rappresentanza anche i pranzi consumati alla mensa del Consiglio o qualche merenda volante al bancone del bar interno al palazzo di piazza Oberdan. Mosse che sono automaticamente saltate all’occhio dei finanzieri, non fosse altro che per quei 735 euro di bonus per 21 giorni di lavoro già attribuiti ai consiglieri per il vitto.
 Una serie di interrogativi, insomma, si è aperta davanti agli investigatori: a cosa è servita la spesa dal macellaio? In che modo possono un caffè al bar o il pranzo in Consiglio rientrare nelle spese di rappresentanza? Per quale buffet sono stati destinati duemila euro? Quesiti a cui se ne agganciano altri, inerenti le feste in discoteca che tanto rumore hanno già provocato nei giorni scorsi.
 Richieste di chiarimenti, se ritenute necessarie, verranno inoltrate in prima battuta ai capigruppo delle forze politiche del Consiglio regionale: è infatti attraverso il vaglio dei leader dei gruppi consiliari che passano le varie spese rendicontate. Quindi proprio loro stessi potrebbero assicurare un aiuto per spiegare certe situazioni. Il sospetto degli inquirenti è che in alcuni casi le spese siano state spacciate per legittime quando invece non lo erano: elenchi dettagliati degli acquisti effettuati sono stati infatti predisposti per essere poi verificati nel dettaglio. Qualora dovessero venire a galla conferme delle presunte anomalie tali da configurare un “eccesso di potere”, di conseguenza a delinarsi potrebbe essere l’ipotesi di reato di danno erariale. Sul fronte della procura ordinaria, nell’eventualità di evidenza di rilievi penali, potrebbe essere ipotizzato invece il peculato.

La metà dei consiglieri “in fuga” da Palazzo
Solo 24 uscenti su 57 sicuri di ricandidarsi, gli altri mollano o sono incerti Intanto continua la caccia agli autori delle spese “pazze” di rappresentanza
di Marco Ballico
TRIESTE. Un consigliere su tre, lo ha anticipato la Procura, è indagato: troppe spese pazze con i soldi pubblici a disposizione dei gruppi. Meno di uno su due, sia per questo motivo o per tutt’altra valutazione, è invece già certo di non presentarsi al rinnovo di piazza Oberdan o ci sta almeno pensando.
 «Si ricandida?». Domanda semplice alla quale, esclusi i due presidenti Renzo Tondo e Maurizio Franz, rispondono con un deciso «sì» solo 24 eletti su 57. Gli altri viaggiano sul «no» (15), sull’incertezza (14) o non rispondono al telefono (4). ll procedimento per la presentazione delle candidature per l’elezione del presidente della Regione e del Consiglio regionale prevede la consegna alla segreteria dell’Ufficio centrale regionale, direzione relazioni internazionali, comunitarie e autonomie locali sede di Udine, di due atti: la dichiarazione di presentazione del gruppo di liste; le dichiarazioni di presentazione delle candidature che, nel caso di obbligo di raccolta delle sottoscrizioni, devono essere accompagnate da un atto di deposito. I tempi? Il deposito deve essere effettuato dalle 8 alle 20 del trentaseiesimo giorno (16 marzo) e dalle 8 alle 12 del trentacinquesimo giorno (17 marzo) antecedente la data delle elezioni.
 Non irrilevante la questione delle firme. Ne sono esonerate solo le liste espressione di partiti che nell’ultima elezione del Consiglio abbiano presentato candidature con proprio contrassegno e abbiano ottenuto almeno un seggio. Per tutte le altre servono tra 1.000 e 1.500 firme di elettori nelle circoscrizioni di Trieste, Gorizia, Udine e Pordenone e tra 750 e 1.100 in quella di Tolmezzo. Ostacolo non di poco conto per i piccoli partiti, al punto che Franco Baritussio, recentemente passato nelle truppe de La Destra, aggiunge alla sua intenzione di ricandidarsi un prudente «firme permettendo».
 I più decisi, anche perché hanno già effettuato la selezione delle primarie, sono i democratici. Il «sì» alla ricandidatura viene pronunciato dagli stessi che si sono affidati all’avvocato triestino Giuseppe Borgna per chiedere l’attestazione di non coinvolgimento nella vicenda dei rimborsi pubblici anomali, vale a dire Franco Codega, Daniele Gerolin, Franco Iacop, Sergio Lupieri, Enzo Marsilio il capogruppo Mauro Travanut. Si aggiunge il «sì» di Igor Gabrovec, che correrà per la minoranza slovena, mentre si sono tirati fuori, e non chiedono deroghe, Giorgio Baiutti (che estende il suo rifiuto anche alla Provincia di Udine), Giorgio Brandolin (neoeletto deputato), Franco Brussa, Sandro Della Mea, Paolo Menis (candidato sindaco di San Daniele), Annamaria Menosso, Alessandro Tesini e Bruno Zvech, la maggior parte out per raggiunto limite dei tre mandati. Fuori dal gioco anche Paolo Pupulin che peraltro, come sulla questione rimborsi, risulta irrintracciabile. Valanga di «sì» invece, due su tre, in casa Pdl. Se Luigi Cacitti è introvabile, l’unico passo indietro è quello di Massimo Blasoni. Scottato dal caso liste per il Parlamento, l’imprenditore friulano non si è abbarbicato alla sedia e ha deciso di prendersi una pausa. «In corso di valutazione» si dicono invece Piero Camber e Gaetano Valenti (il goriziano per motivi di salute), mentre Elio De Anna, l’assessore plurivotato di Pordenone racconta di aver dato la sua disponibilità al partito e Franco Dal Mas respinge la curiosità: «È una domanda difficile, non so che cosa farò». In casa Lega i “soldatini” padani si dicono «a disposizione del partito». Ligi alle regole, sono comunque pronti a ritornare in pista in quattro su sei: il capogruppo Danilo Narduzzi, Mara Piccin, Enore Picco e Federico Razzini. Per Ugo De Mattia siamo invece già al «no» e per Claudio Violino, che pure non disegnerebbe un’altra chiamata, siamo probabilmente al passo d’addio dopo tre legislature consecutive (stessa sorte per il presidente del Consiglio regionale Franz). Qualche altro in fase di valutazione si trova tra i centristi (Edoardo Sasco e Giorgio Venier Romano), i dipietristi (Enio Agnola) e gli esponenti della sinistra (Igor Kocijancic). «Largo ai giovani» è poi l’annuncio di Roberto Antonaz e «vorrei continuare» quello, appunto, di un giovane, Alessandro Corazza, capogruppo dell’Idv. A tirarsi fuori sono infine Piero Colussi, «nel rispetto del limite dei due mandati che ha sempre contraddistinto i Cittadini», l’ex democratico Gianfranco Moretton, l’ex presidente dell’aula Edouard Ballaman e il pensione Luigi Ferone. Quanto a Roberto Asquini c’è ancora tempo per decidere: «Potrei difendere con i denti lo sconto benzina oppure favorire il ricambio».

Rimborsi “facili”: Pdl, Pd e Lega travolti dagli avvisi di garanzia
La Procura invia le notifiche ai capigruppo Galasso, Moretton e Narduzzi. Tra gli indagati i triestini Bucci, Camber, Tononi e i goriziani Razzini, Marin e Valenti
di Gianpaolo Sarti
TRIESTE. Bomba giudiziaria sul Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia. La Procura di Trieste, alle prese con le indagini sulle spese di rappresentanza dei consiglieri, ha inviato i primi avvisi di garanzia. I destinatari sono i capigruppo dei tre partiti più pesanti: il pidiellino Daniele Galasso che, per questo motivo, non si ripresenterà alle prossime elezioni regionali; l’ex pd (ora montiano) Gianfranco Moretton e il leghista Danilo Narduzzi. Quelli che avrebbero dovuto controllare, secondo le ricostruzioni dei magistrati, come i consiglieri del gruppo usavano i soldi pubblici a disposizione. L’accusa, per tutti, è di peculato. Ma le posizioni, da quanto trapela, sono differenziate: c’è chi è finito nel mirino del pm soltanto per l’omessa vigilanza sulle uscite più “strampalate” dei colleghi e chi è finito sotto indagine anche per acquisti personali. Nell’attesa di nuovi dettagli, di sicuro, l’inchiesta sugli scontrini facili miete altre “vittime”. Gli avvisi di garanzia, che colpiscono tre pezzi da novanta del Consiglio, contengono i nomi di altri indagati. Quelli che, al momento, non hanno ancora ricevuto l’avviso. In tutto, stando a quanto trapelato già nei giorni scorsi dai pm, 19 su 57. Un terzo dell’intero Consiglio regionale.
 Il Pdl, il gruppo più numeroso, ha ben 11 eletti coinvolti su 16. Nella lista ci sono Piero Camber, Gaetano Valenti, Alessandro Colautti, Paolo Santin, Roberto Marin, Maurizio Bucci, Antonio Pedicini, Franco Dal Mas, Piero Tononi e Franco Baritussio (ora con “La Destra”). Una mazzata pesantissima per Trieste: solo Bruno Marini risulta fuori dalla bufera. I primi commenti? «Nulla da dichiarare. Quando e se riceverò le carte risponderò in maniera puntuale. Per cosa sono indagato? Per la mia iperattività» afferma Camber. Il consigliere che, con Valenti, sarebbe tra quelli con il maggior numero di contestazioni. Tononi si sente sereno: «Non sapevo niente di un mio coinvolgimento, me lo state dicendo voi giornalisti. E questo conferma di come funziona la magistratura in Italia. Io però sono convinto di aver rispettato la legge. Non sono polemico verso la stampa, quando un giornale ha una notizia ha il dovere di darla. È chi è il garante della giustizia che dovrebbe comportarsi in un altro modo». Santin scuote il capo: «So per cosa sono indagato. Nel 2011 ho regalato a nome del Pdl 15 felpe per una squadra di calcio di amatori. Mi chiedevano contributi regionali che non avremmo potuto dare. E allora abbiamo fatto questo regalo. Che tristezza pensare che sono sotto indagine per un motivo del genere. Non mi ricandideranno? Io vado a testa alta. Non è che per questo non mangerò».
 In casa Pd, con Moretton, finiscono nei guai Giorgio Baiutti, Sandro Della Mea e Alessandro Tesini. Proprio all’ex presidente del Consiglio sarebbe contestato l’ormai famoso set di pentole. Un regalo di rappresentanza tutto da giustificare. Ma il diretto interessato, in serata, smentisce: «Con le pentole non c’entro. Ma se ho fatto regali, questi non avevano alcun tornaconto personale». Tra i democratici nemmeno un triestino o un goriziano finiscono nell’elenco. Per il Pd parla il segretario regionale Debora Serracchiani, candidata alla regionali: «Tutte le mie energie sono a disposizione di un’azione di pulizia e di ricambio che, se necessario, sarà radicale. La nostra comunità non deve subire le conseguenze del comportamento inqualificabile di un gruppo di consiglieri che non hanno saputo onorare la loro carica».
 Nella Lega invece gli indagati sono il capogruppo Danilo Narduzzi, Federico Razzini e Enore Picco. Enore Picco ha già ammesso di essere il responsabile dell’acquisto in armeria su cui i pm, a loro volta, hanno già detto di voler far luce. «È vergognoso quello che state facendo, io non ho mai preso una pistola» attacca il leghista.
 Gli altri capigruppo non hanno ricevuto nulla. Nulla Paolo Ciani. Nulla Edoardo Sasco. Nulla Roberto Asquini. Nulla Kocijancic. Nulla Alunni Barbarossa dei Cittadini. Nulla Corazza dell’Idv. Nemmeno Rosolen e Ciani che nel gruppo Misto gestivano in proprio la contabilità. Almeno per ora. Perché, come ripetono un po’ tutti, non è affatto finita: la Procura sta ancora lavorando e nuove sorprese, nuovi nomi potrebbero aggiungersi alla lista “nera”

Indagine-rimborsi: al mare e in montagna a spese dei contribuenti
Week end a Rovigno e a San Cassiano tra i rimborsi di Pdl e Carroccio. Due nuovi indagati nella Lega: Razzini e Picco. Martedì capigruppo dal pm
di Corrado Barbacini
TRIESTE. Il vaso di Pandora delle spese “allegre” dei consiglieri regionali è stato scoperchiato. La lista praticamente infinita di acquisti poco o per nulla attinenti all’attività politica accompagnati dall’indicazione dei rispettivi autori - lista compilata dai finanzieri su incarico del pm Federico Frezza -, è diventata parte integrante dei capi di imputazione. Ma, ancorché lunghissima, è assolutamente «provvisoria». Nell’informazione di garanzia per peculato, notificata l’altro pomeriggio in Regione ai capigruppo di Pdl e Lega, Daniele Galasso e Danilo Narduzzi, e all’ex capogruppo Pd ora passato nel Misto Gianfranco Moretton, il pm Frezza precisa infatti che in futuro le imputazioni potrebbero addirittura venire ampliate prendendo a riferimento non solo le spese di piccola entità, ma anche i budget previsti per i viaggi definiti istituzionali, ma in realtà più simili a vacanze da sogno in giro per il mondo. Vacanze pagate con i soldi dei contribuenti del Friuli Venezia Giulia.

 Convocazioni in Procura
 Intanto a breve scatterà la fase degli interrogatori. Il leghista Narduzzi sarà sentito dal pm martedì e due giorni dopo e cioè giovedì, toccherà a Moretton e Galasso. Come capigruppo i tre sono accusati di essersi appropriati della somma mensile di 2mila 200 euro destinata a ognuno dei singoli consiglieri «senza pretendere o imporre alcuna condizione per l’impiego alcun vincolo di destinazione». Per dirla in modo semplice: per aver dato liberamente i soldi pubblici ai consiglieri che li chiedevano senza effettuare i dovuti controlli. E pertanto aver accettato senza batter ciglio qualsisi tipo di scontrino. Insomma, stando all’accusa, dei veri “uomini-bancomat”. In calce ai nomi dei capigruppo compare la lista di quelle che ironicamente si possono definire le “libere elargizioni pubbliche” riferite a ognuno dei diciotto (tanti sono, almeno in questa fase dell’inchiesta) consiglieri finiti sotto accusa da parte della procura per peculato. I loro nomi da una settimana sono iscritti nel registro degli indagati. E sono proprio quelli a quali si è riferito più volte il procuratore capo Michele Dalla Costa invitandoli, assieme al presidente della Regione, Renzo Tondo a chiedere «con sollecitudine» il certificato di iscrizione nel registro degli indagati prima della compilazione e della chiusura delle liste elettorali.

 Pneumatici e sedie Ikea
 Sono 19 le spese “pazze” riferite al consigliere goriziano Gaetano Valenti. Spiccano tra i tanti quattro scontrini un po’ particolari. Uno da 520 euro per l’acquisto di pneumatici emesso in data 21/12/2010. Il secondo da 226 euro riguarda il costo del tagliando dell’auto. Nello stesso giorno e cioè il 18 febbraio 2011, Valenti ha anche fatto la revisione (a spese della Regione) della stessa vettura: prezzo 64 euro e 70 centesimi, ed ha pure pagato (si fa per dire) il bollo. Nella lista attribuita al consigliere compare poi l’acquisto di due palmari IPhone: uno di colore bianco e l’altro nero. E in più l’acquisto di una fotocamera digitale (228 euro), oggetti di pelletteria (50 euro), una sedia all’Ikea e altri due pneumatici. Infine c’è il conto del pranzo di Natale 2011 con 8 commensali: prezzo 260 euro.

 Hotel a San Cassiano e saune
 Nella lista del Pdl spuntano poi le 15 felpe regalate a una squadra di calcio amatoriale (410 euro) da Paolo Santin, e parecchi scontrini riconducibilia Roberto Marin. Che, a quanto pare, ama molto la montagna tanto da andare a rappresentare il suo gruppo a San Cassiano pagando 399 euro di albergo per un incontro con gli imprenditori della Val Badia operanti a Grado. Sempre a spese di Marin, inoltre, ricevute da 104 euro rilasciate da una macelleria e 48 euro per capi di abbigliamento. Franco Baritussio (passato a La Destra) ama la sauna. Per questo il 18 febbraio 2011 è andato alle terme in Austria dove, per rilassarsi dalle fatiche dell’aula, ha rappresentato in piscina gli interessi della Regione. Prezzo del biglietto: 52 euro. Poi compare una spesa ancor più singolare: una notte all’albergo “Al Benvenuto” di Tolmezzo di proprietà di Renzo Tondo al costo di 50 euro.

 Musei e cene a lume di candela
 Antonio Pedicini invece ama l’arte. Tant’è che ha speso 24 euro per entrare il 5 febbraio 2011 al Centre Pompidou di Parigi. Ma non si è dimenticato di sostituire per 900 euro le gomme dell’auto. E quanto a relax o vacanze è andato in albergo a Rovigno: 250 euro. Ha poi speso 590 euro per acquistare fiori e altri 612 per sostituire le gomme della sua Chrysler. La lista del Pdl si conclude con Franco Dal Mas che, a spese del gruppo, ha speso 119 euro per un paio di scarpe e 67 per i ricambi delle pentole Lagostina e con Alessandro Colautti (un romanticone): 58 euro per la cena di San Valentino.

 Shopping “anonimo” della Lega
 Gli scontrini riferiti al Carroccio sono oltre 150. Ma senza autore. Non esiste - salvo due casi - una registrazione con nomi e cognomi. Certo è che si trova nella lista ogni genere di spese. Dalla termoidraulica (57 euro), alle calzature 44 euro). Dalle pelletterie (45 euro) alle confezioni per adulti 190 euro, ma non si capisce cosa siano. Poi ferramenta (51 euro), profumeria, il “famoso” seggiolino auto (79 euro), farmaci veterinari (32 euro), noleggio sci (19 euro), abbigliamento bambini (24 euro), carni (74 euro), cene di San Valentino (107 euro), articoli fotografici (30 euro). E ancora riparazioni di trattori agricoli (85 euro), materiale agrario (43 euro), vernici (92 euro), gioielli (168 euro), strumenti musicali (20 euro), e molitura cereali (33 euro). Per poi arrivare ai pop corn al cinema (3 euro), all’altrettanto “famoso” pettine croato (1 euro e 27 centesimi), lampadari (125 euro), tabacchi (40 euro), giocattoli (31 euro), prodotti caseari (50 euro), ingresso a Castelreggio (45 euro), casalinghi (27 euro), scarpe decolletè di marca (510 euro), vasi(66 euro), orologi Swatch (45 euro), videogames (285 euro), e pure il cenone di San Silvestro (520 euro).

 Barba e capelli
 Accanto a tanti consiglieri anonimi, compaiono due nomi. Il primo è quello del monfalconese Federico Razzini, che ha chiesto il rimborso delle sedute dal barbiere. Ogni volta ha pagato 17 euro per farsi tagliare i capelli. Un taglio evidentemente ben eseguito, visto che Razzini l’ha ripetuto sei volte da gennaio a giugno 2011. Infine Enore Picco, che e si è recato per tre volte all’armeria di Villa Santina: il 26 febbraio 2011 ha speso 1030 e 145 euro, e altri 171 tre mesi. Spese pagate sempre con soldi pubblici.

Inchiesta rimborsi, altro blitz della Gdf in Consiglio regionale
Acquisita per ordine della Procura di Trieste la documentazione delle spese per il 2010 e l’intero 2012. Finora i magistrati hanno analizzato solo gli scontrini relativi al 2011: da questo nuovo gradino possibili altre clamorose sorprese
La Guardia di finanza si ripresenta in Consiglio regionale per continuare a scavare nelle spese “allegre” dei gruppi. Lo ha fatto stamattina: lo spauracchio dei politici del Friuli Venezia Giulia si è materializzato poco dopo le 9. Quattro militari in borghese sono saliti fino all’ufficio del segretario generale, Vigini, e hanno notificato la richiesta di acquisizione degli scontrini e delle fatture relativi al 2010 e al 2012 in esecuzione di un ordine della Procura di Trieste. Finora, infatti, l’azione dei magistrati che stanno indagando sullo scandalo si era concentrata solo sulle spese sostenute nel 2011 dai vari esponenti dei partiti eletti in Consiglio regionale del Fvg .
 Nessuna indiscrezione viene confermata, ma è chiaro che gli inquirenti, dopo aver scoperchiato il vaso di Pandora, pensano di poter trovare materiale altrettanto “interessante” nella documentazione sequestrata oggi.
 Ai quattro finanzieri se ne sono poi aggiunti altri, che hanno dato loro il cambio: dopo un primo "prelievo" informatico (alcuni file trasferiti su chiavette usb), è iniziata una lunga fase di fotocopiatura di scontrini, fatture e documentazione varia che è andata avanti per ore e ore. Il materiale verrà al più presto analizzato e messo a disposizione del sostituto procuratore incaricato di questo sviluppo.
 Finora l’inchiesta sui rimborsi ha portato a 18 avvisi di garanzia (o 19? le informazioni in proposito rilasciate ufficialmente e no dalla Procura sono contraddittorie). Travolti dallo scandalo 11 consiglieri regionali del Pdl, quattrodel Pd e tre della Lega Nord. Un ultimo indagato, che non si sa bene se ci sia o meno, rimane al momento misterioso. In ogni caso ogni ora è buona perché la lista dei consiglieri con le mani bucate si allunghi.

Rimborsi, Consiglio regionale “sequestrato” fino a notte fonda
Nuovo blitz della Guardia di finanza per acquisire scontrini e ricevute del 2012 Nel mirino anche viaggi e spese extra rappresentanza. Altri indagati in vista
 di Corrado Barbacini
TRIESTE. La Finanza è tornata a Palazzo. E, per passare al setaccio l’ultima tranche delle spese dei consiglieri, questa volta si è presa tutto il tempo necessario. Il blitz, iniziato attorno alle 10 di ieri mattina, si è protratto infatti fino a notte fonda, costringendo a turni di superlavoro impiegati e addetti di segreteria. «Ne avremo di sicuro fino dell’alba - affermava qualcuno, rassegnato, all’ora di cena -. Prima delle tre, o magari le quattro, da qui non si esce».
 Il compito delle Fiamme gialle, in “missione” in piazza Oberdaa su indicazione del om Fedetico Frezza, era del resto più che impegnativo: acquisire tutti gli scontrini delle spese dei gruppi consiliari relativi all’anno 2012, documenti che avrebbero dovuto essere rendicontate entro giovedì 28 febbraio. Eppure, hanno accertato i finanzieri, non tutti i partiti hanno rispettato la scadenza: nel caso di Pdl, Udc, Lega e Sinistra Arcobaleno, le spese sostenute e rimborsate con denaro pubblico lo scorso anno, non risultano annotate in alcun rendiconto. Di qui la necessità di acquisire uno a uno migliaia di ricevute, fatture e appunti. Carte che i capigruppo, forse anche considerata la bufera giudiziaria che si sta abbattendo sul Palazzo, non sono riusciti a sistemare «per bene» e a mettere in ordine prima dell’arrivo dei controlli.
 Ma, durante la lunga permanenza in Consiglio, i militari hanno acquisito anche gli scontrini messi a rimborso relativamente all’anno 2010. Si aggiungono a quelli del 2011 - sequestrati sempre per ordine del pm Frezza lo scorso 14 febbraio - che, fino a ieri, hanno portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 18 consiglieri oltre che dei capigruppo di Pdl, Lega e Pd: Daniele Galasso, Danilo Narduzzi e Gianfranco Moretton, ora al gruppo misto. I nomi sono quelli di dei pidiellini Gaetano Valenti, Paolo Santin, Piero Camber, Roberto Marin, Franco Baritussio, Antonio Pedicini, Piero Tononi, Franco Dal Mas, Alessandro Colautti, Maurizio Bucci, dei leghisti Federico Razzini ed Enore Picco e dei pd Giorgio Baiutti, Sandro Della Mea e Alessandro Tesini. Tutti accusati di peculato.

Fondi ai gruppi, raffica di nuovi avvisi
La Corte dei Conti conclude l’esame delle spese. Inviti a dedurre per venti consiglieri e dieci capigruppo. Coinvolti tutti i partiti
 di Corrado Barbacini
TRIESTE. Una ventina di “inviti a dedurre” della procura della Corte dei conti indirizzati ad altrettanti consiglieri regionali di tutti i gruppi, esclusa la Lega, finiti nel turbine degli scontrini allegri. Gli “inviti”, che equivalgono sostanzialmente agli avvisi di garanzia penali, saranno inviati nei prossimi giorni al termine degli ultimi controlli incrociati che stanno eseguendo i finanzieri per conto del procuratore Maurizio Zappatori. Si tratta di accertamenti - paralleli a quelli disposti dal pm Federico Frezza - riguardanti centinaia di spese bizzarre che sono state contabilizzate da tutti i capogruppo come «rappresentanza».
In queste ultime settimane gli investigatori della Finanza hanno evidenziato dagli elenchi e dagli stessi scontrini acquisiti durante i blitz messi a segno in Regione le spese oggettivamente non riconducibili alla rappresentanza dei singoli consiglieri. Tra queste una cena da autentici gourmand: conto da 1.200 euro, pagati dalla Regione, per tre commensali. Ben 400 euro a testa. E poi gli 800 euro spesi in salmone, i biglietti della lotteria, le gomme dell’auto. In tutto circa un migliaio di scontrini per l’ammontare di quasi 885mila euro su un totale di 2milioni 700mila euro a disposizione. I più disordinati - secondo le indagini - sono stati i leghisti. Mentre le liste delle spese “allegre” del Pdl e del Pd e degli altri gruppi sono corredate dai nomi e dai cognomi dei consiglieri, quelle della Lega sono (salvo i casi isolati di Razzini e Picco) assolutamente anonime. Così - ipoteticamente - la responsabilità (in concorso con ignoti) potrebbe addirittura finire completamente sulla testa del capogruppo Danilo Narduzzi.
A questi venti “inviti” del procuratore Maurizio Zappatori si aggiungono quelli già notificati nelle scorse settimane ai capigruppo. Si tratta di Daniele Galasso del Pdl, Gianfranco Moretton (fino a pochi mesi fa del Pd), Edoardo Sasco dell'Udc, Roberto Asquini del Gruppo misto, Igor Kocijancic della Sinistra arcobaleno, Alessandro Corazza dell'Idv, Stefano Alunni Barbarossa dei Cittadini oltre a Paolo Ciani (Fli) e Alessia Rosolen (Un'Altra Regione) oltre a Danilo Narduzzi del Carroccio che, appunto, rischia di essere chiamato a rispondere in solido per tutti i leghisti.
Secondo la magistratura contabile le spese di rappresentanza devono essere motivate in maniera specifica e chiara. In molti casi - così è emerso - i rimborsi (anche di entità esigua) sarebbero stati ingiustificati non solo per il tipo di acquisto riferito allo scontrino, ma sarebbe mancato anche il riscontro di un evento, per esempio di un incontro in cui si spiega la necessità della rappresentanza. In molti casi, infatti, nelle relazioni dei presidenti non vengono indicate né le specifiche finalità di rappresentanza, né i nominativi delle persone invitate (per esempio ai pranzi o alle cene) che presentino le caratteristiche proprie di rappresentanti politici, con i quali lo specifico gruppo consiliare abbia all'epoca dei fatti intrapreso incontri con finalità di interesse pubblico.

Spese “allegre”, capigruppo in Procura
Galasso e Narduzzi convocati dal pm Frezza. Il difensore Ponti: «A loro carico nessuno obbligo di controllo sui consiglieri»
TRIESTE. Il leghista Danilo Narduzzi e il pidiellino Daniele Galasso saranno interrogati oggi dal pm Federico Frezza nell’ambito dell’inchiesta sui “rimborsi allegri”. I due capigruppo, accusati di peculato, devono rispondere del modo in cui i colleghi di partito hanno speso nel 2011 le risorse pubbliche messe a disposizione dal Consiglio. Sono 19, in totale, gli eletti indagati dalla Procura. L’indagine si è allargata successivamente al 2010 e al 2012.
 Nelle scorse settimane sono emersi numerosi dettagli sulle spese degli inquilini di Palazzo. Spese che, stando all’ipotesi, poco o nulla avrebbero a che vedere con la normale attività politica dei partiti. Si va dagli acquisti in armeria alle riparazioni dell’auto, fino agli ingressi nei centri benessere. Tra le migliaia di fatture e scontrini acquisiti dalla Finanza a partire da dicembre compaiono pure un seggiolino per bimbi e le ricevute dal barbiere.
La difesa si giocherà principalmente su tre punti: lo status giuridico dei gruppi, innanzitutto, il ruolo dei capigruppo nella verifica sugli acquisti dei colleghi e il confine su cosa rientri effettivamente nella “rappresentanza” e cosa no. Su questo, in particolare, ci sarebbe un vuoto normativo. «Riteniamo che i partiti siano associazioni private», osserva l’avvocato Luca Ponti, che seguendo il caso per conto di Pdl, Lega e Pd. In quanto tali, secondo la tesi, i gruppi porterebbero aventi l’interesse del partito, non dell’istituzione. «Poi – afferma Ponti – posto che si ritengano pubblici ufficiali, e che quindi sono assoggettati ad altre regole, non c’è scritto da nessuna parte che il capogruppo debba esercitare forme di vigilanza sull’attività dei consiglieri. Non lo dice la legge, non lo dice il regolamento e non lo ha mai fatto nessuno. Non riteniamo quindi che ci sia alcun obbligo di controllo da parte del capogruppo che, peraltro, non avrebbe nemmeno il tempo e la possibilità di esercitarlo. Se lo facesse dovrebbe occuparsi interamente a questo. In ogni caso – aggiunge l’avvocato – non sarà facile ricostruire fatti di tre anni fa: come ci si può ricordare con chi si è andati a cena? Stiamo parlando di diverse migliaia di scontrini. I capogruppo cercheranno di riferire chiarimenti diretti per quel che li riguarda». Tra la documentazione consegnata ci sarebbero anche alcuni errori. «C’è un caso, ad esempio, di una persona dell’amministrazione che per sbaglio ha attribuito uno scontrino a un consigliere. Questo per dire che c’è pure un numero fisiologico di errori di cui va tenuto conto»

Scandalo rimborsi, sotto torchio gli ex capogruppo di Pdl e Lega
Galasso e Narduzzi in Procura interrogati dal pm Frezza. Ammettono entrambi “piccoli errori” e tentano di giustificare scontrino per scontrino le spese “allegre” dei rispettivi gruppi in Consiglio regionale. Uno dei due: «Ero convinto che fossimo da considerare come un’associazione privata»
Primi interrogatori in procura a Trieste per lo scandalo delle spese senza ritegno dei gruppi del Consiglio regionale del Fvg. «Ero convinto che il gruppo consiliare fosse un’associazione privata. Non avrei mai pensato di dover controllare le spese dei singoli consiglieri». Questo ha detto Daniele Galasso, ex capogruppo del Pdl al pm Federico Frezza, che lo ha tenuto sotto torchio in qualità di indagato per peculato. L’esponente politico si è difeso per oltre due ore, parlando di piccoli errori e di consuetudini, cercando di giustificare, scontrino dopo scontrino, tutte le spese che gli venivano contestate: dal soggiorno in un hotel a Rapallo a spese per cosmetici.
 Prima di lui è stato interrogato l’ex capogruppo della Lega Nord, Danilo Naruzzi. Non troppo diverse le sue tesi. Entrambi hanno depositato due memorie difensive. Erano assistiti dall’avvocato Luca Ponti.
 Gli interrogatori si sono protratti per quasi tutta la mattinata. Ci sono stati momenti di tensione: durante la deposizione di Narduzzi nei corridoi del Tribunale si è sentito chiaramente che il pm Frezza alzava la voce.
 Anche Galasso non ha nascosto imbarazzo e nervosismo. Ha parlato ai giornalisti solo al termine: «Ho risposto a tutte le domande, sono tranquillo».

Scandalo rimborsi in Regione, quaranta nuovi avvisi
La Corte dei Conti firma gli inviti a dedurre relativi alle spese del 2011. Nel mirino i bilanci di tutti i gruppi consiliari
 TRIESTE. A distanza di pochi giorni dal voto, il Palazzo torna a tremare. Lo fa, ancora una volta, per effetto dell’inchiesta sulle spese “allegre” dei gruppi consiliari. Inchiesta che, dopo aver pesantemente condizionato la campagna elettorale e stoppato la corsa alla ricandidatura di tanti uscenti, si prepara ora ad accendere i riflettori su nuovi nomi. Compresi quelli di alcuni “vecchi” consiglieri usciti indenni dalla prima fase dell’indagine e rieletti anche in virtù della loro presunta estraneità allo scandalo.
A firmare il nuovo atto dell’inchiesta sui rimborsi facili è stata la Procura generale della Corte dei Conti che, ieri mattina, ha inviato una quarantina di inviti a dedurre ad altrettanti esponenti di tutti i partiti rappresentanti in Regione nella passata legislatura. Per i destinatari, riconfermati e non, l’accusa è di danno erariale. Ipotesi di reato che la magistratura contabile ha ravvisato dopo aver passato ai raggi x centinaia di fatture e scontrini relativi alle spese di rappresentanza effettuate nel 2011. La novità rispetto al passato riguarda proprio la scelta di mettere sotto indagine non soltanto le formazioni politiche già finite nel mirino della magistratura penale - Pdl, Pd e Lega -, ma di allargare il tiro, coinvolgendo anche consiglieri finora “scampati” al pericolo. I quaranta esponenti politici che nel giro di qualche giorno riceveranno l’invito a dedurre, tecnicamente l’equivalente di un avviso di garanzia, appartengono infatti a tutti i gruppi consiliari. A riprova di quanto fosse diffusa l’abitudine ad utilizzare in maniera disinvolta i soldi pubblici destinati in origine a sostenere l’attività politica degli eletti.
Nella documentazione esaminata dal procuratore Maurizio Zappatori, quindi, sono confluiti non solo gli ormai noti scontrini per l’acquisto di gomme da neve, adozioni a distanza e veglioni di Capodanno rimborsati ai venti nomi iscritti nel registro degli indagati dal pm Federico Frezza. Il dossier contiene molto di più e chiama in causa altri acquisti incauti messi a bilancio anche dai piccoli partiti.
Almeno tre, secondo le prime indicazioni, gli inviti a dedurre spediti ad ex consiglieri dell’Udc, un paio quelli contestati alla Sinistra Arcobaleno (rappresentata oggi in aula dall’uscente Stefano Pustetto, ora esponente di Sel), altrettanti alla Lega, che ha riconfermato solo la già consigliera Mara Piccin. Una quindicina poi gli avvisi inviati ad esponenti del Pd (che, nella pattuglia degli uscenti riconfermati, conta oggi Codega, Iacop, Marsilio, Travanut e l’ex Idv Agnola), e poco meno di una ventina quelli inoltrati a consiglieri Pdl (in questo caso i “sopravissuti” sono Marini e Colautti, affiancato dagli ex assessori De Anna e Ciriani). Entro due mesi, i destinatari degli avvisi dovranno rispondere alla Corte dei Conti, depositando una memoria o presentandosi fisicamente in Procura.

Regione: biancheria “di gruppo” tra le spese folli
Al vaglio della Procura scontrini attribuiti non a un singolo eletto ma ai partiti tra cui un rasoio e nuove adozioni a distanza
di Marco Ballico
 TRIESTE. Franco Iacop, il possibile presidente del Consiglio regionale, dice che, se ci sarà da rimborsare il rimborso (pubblico), rimborserà. Risponde così all’«attenzione» ricevuta nell’ambito della seconda tranche dell’inchiesta sui fondi ai gruppi. Un capitolo della nuova ondata di spese dei consiglieri regionali finita nel mirino della Procura e della Corte dei conti del Friuli Venezia Giulia. Un mix di strepitose bizzarie: dal rasoio Braun del Carroccio al museo Rodin di Parigi (Antonio Pedicini, ancora lui), dalla spesa in macelleria di Sandro Della Mea alla manutenzione auto di Gaetano Valenti (ancora quell’auto).
Qualcuno si difende. Anzi, contrattacca. Qualcun altro rimane in attesa. Iacop è il primo. Confortato dall’essere estraneo, a quanto risulta, dall’indagine della Procura (che sulle sue spese, per ora, ha avviato solo degli accertamenti) si dice pronto a rispondere all’eventuale contestazione di danno erariale da parte della magistratura contabile. E garantisce che tutte le fatture esibite sono legate ad attività politico-promozionali. Quali, nel dettaglio? «Ora non ricordo tutto, ma documenterò spesa per spesa quando sarò chiamato a farlo».
Spiegazioni simili dovranno darle anche altri consiglieri della passata legislatura: i venti finiti nel mirino della Procura (che indaga per peculato), i 48 tra eletti e capigruppo destinatari degli inviti a dedurre inviati dalla Corte dei Conti e gli altri quattro consiglieri che, ancora prima di ricevere gli “avvisi”, hanno proceduto autonomamente a depositare memorie. Nelle carte dell’inchiesta, come noto, sono confluite decine e decine di acquisti effettuati e poi rimborsati dai singoli. Ma, all’attenzione dei magistrati, sono finite pure parecchie spese più generiche, riconducibili cioè non a singoli consiglieri bensì ai gruppi di appartenenza. È il caso, per esempio, di un costoso rasoio Braun: un macchinario spaziale da 338 euro inserito nella contabilità del gruppo della Lega. Quelli del Carroccio del resto, come si sa, sono scontrini indistinti. Al gruppo, genericamente, vengono contestati, oltre ai già noti libri gialli ed erotici, anche i rimborsi per un cavo auto (19,99 euro), per della biancheria (3,25 euro), per lettini e ombrellone a Monfalcone (15 euro) e per una quattro giorni in piena Padania, per due persone, sul lago di Garda (661 euro).
Risultano “senza nome” anche tre fatture del gruppo consiliare del Partito democratico finite nel mirino dei finanzieri coordinati dal pm Federico Frezza. I 112 euro destinati ad adozioni a distanza, la donazione di 500 euro a favore dell’associazione triestina “Cammina Trieste” e i 190 euro utilizzati per abbonamenti stradali e “vignette” da utilizzare sulla rete slovena.
Non in Slovenia ma in Francia è andato invece a spese del gruppo Antonio Pedicini, l’avvocato pordenonese del Pdl che nella prima tranche di scontrini resi pubblici, cambi di gomme a parte, si è scoperto essersi fatto rimborsare un ingresso al Centre Pompidou di Parigi. Nel 2012 Pedicini si fa restituire dalla Regione il costo del biglietto per il museo Rodin (21 euro), per vari pranzi (330 euro a Parigi, altri 570 fuori capitale) e per il pernottamento a Tolone (188 euro). Pedicini, la scorsa legislatura, ha fatto il segretario della quinta commissione che si occupava di affari istituzionali e statutari, forma di governo, elezioni, disciplina del referendum, autonomie locali, usi civici, rapporti esterni e con l’Ue, organi di garanzia. Si è poi impegnato nell’opera (mancata) di razionalizzare le Province. Che cosa mai gli sarà servito, al Rodin, ammirare le opere di Monet, Renoir, Van Gogh? «Abbiamo idee diverse su come esercitare il mandato», risponde, una volta ancora, senza imbarazzi.

La “cena da nababbi” dell’ex consigliere regionale
Conto da 1.200 euro rimborsato al pidiellino Santin nel mirino della Corte dei conti. A giorni prime citazioni sulle spese folli
di Anna Buttazzoni
UDINE. Le prime citazioni saranno depositate la prossima settimana. È quanto emerge dalla Procura della Corte dei conti dove prosegue l’esame delle risposte inviate dai capigruppo e da due ex consiglieri ai rilievi mossi dai magistrati contabili sui rimborsi per le spese di rappresentanza effettuate nel 2011.
 Dalle indagini emergono anche nuovi particolari. Come quelli su una cena “stellata” da 1.200 euro, pagata e rimborsata a un ex esponente della Regione. Il protagonista è il pordenonese del Pdl Paolo Santin. Un banchetto costosissimo per gli inquirenti che a Santin hanno già chiesto spiegazioni, considerato anche che la ricevuta riporta l’indicazione di tre coperti. «Bisogna sapere le cose prima di scrivere», sbotta Santin. Vero. Ecco il racconto. La cena è stata consumata il 9 marzo 2011, all’Hostaria Vecchia Cecchini a Pasiano di Pordenone, ristorante di qualità, la cui cucina vanta una stella Michelin, con una cantina e una lista dei vini importanti. «Non eravamo in tre». E in quanti? «A parte che dopo più di due anni uno le cose può anche dimenticarle. Però se guarda la ricevuta ci sono una dozzina di caffè - spiega Santin –, e io non ho mai bevuto quattro caffè durante la stessa cena, e tre bottiglie di vino. Non ho mai speso 400 euro a testa. In quel ristorante si spendono circa 100 euro a testa». Quindi? «Quindi – chiude l’ex consigliere – era una cena di rappresentanza e di divulgazione dell’attività politica del gruppo, come previsto dal regolamento». La ricevuta indica tre coperti, da un euro ciascuno, quattro antipasti, sei primi piatti (per complessivi 100 euro) e sei secondi, dalla Catalana di pesce (195 euro) alla tartare di manzo (105 euro), pasticcini e dessert. I caffè sono sette, quattro “selezione” per 12 euro e tre normali per 4,50 euro. Ma sono i vini a pesare. Quattro le bottiglie consumate, da 70 euro, da 140, da 145 e da 160. Cui vanno aggiunti cinque calici di vino per 150 euro e uno da 8 euro. Tra bianchi, rossi o bollicine, quindi, i commensali hanno pasteggiato per complessivi 673 euro. Il conto finale sarà di 1.292 euro, pagati 1.200 con lo sconto. A Santin la Corte dei conti chiede di giustificare, nei dettagli, spese di rappresentanza nel 2011 per circa 10 mila euro, tra cui diversi pranzi e cene. Quella a Pasiano di Pordenone è la più costosa. La motiverà. L’ex consigliere è anche indagato con l’accusa di peculato dalla Procura di Trieste per un solo scontrino del 20 novembre 2010 ritenuto “sospetto” dal magistrato, di 410 euro per “articoli sportivi”. Santin ha già spiegato che si trattava di felpe regalate a una squadra di calcio giovanile.
 La prossima settimana, invece, Maurizio Zappatori, procuratore regionale della Corte dei conti, dovrebbe depositare le prime citazioni – e cioè la richiesta di processo per danno alle casse della Regione (procedimento civile). All’esame ci sono sette capigruppo – per l’ottavo, Stefano Alunni Barbarossa, Zappatori ha già disposto l’archiviazione – e due ex consiglieri Paolo Ciani del Fli e Alessia Rosolen di Un’Altra Regione, che avevano un proprio bilancio. All’ex capogruppo del Pdl, Daniele Galasso, il magistrato contabile ha chiesto spiegazioni per 330 mila euro; all’ex della Lega, Danilo Narduzzi, per 238 mila; all’ex del Pd, Gianfranco Moretton, per 170 mila; all’ex del Misto, Roberto Asquini, per 35 mila e 800; all’ex dell’Udc, Edoardo Sasco, per 34 mila; all’ex di Sa, Igor Kocijancic, per 10 mila e 500; all’ex dell’Idv, Alessandro Corazza, per 9 mila e 500; a Ciani per 10 mila e 600 e a Rosolen per 23 mila. Dopo il deposito delle citazioni sarà il presidente della sezione giurisdizionale della Corte a fissare la data dell’udienza. Dagli accertamenti a rischiare la richiesta di processo sono la maggior parte degli ex.

Spese allegre in Regione, parte la corsa al rimborso
La Corte dei conti archivia la posizione di cinque eletti del Pd, fra cui Iacop, dopo il versamento delle somme contestate
di Marco Ballico
TRIESTE. Cinque consiglieri del Pd risolvono in anticipo la partita con la Corte dei conti sui rimborsi “allegri” della scorsa legislatura. Pagano cifre che vanno dai 2.500 ai 6mila euro e vedono così Maurizio Zappatori, il procuratore della magistratura contabile, chiudere la loro pratica. Non è un patteggiamento, perché non si tratta di una ammissione di colpa, ma è comunque un modo per uscire dall’inchiesta e mettersi alle spalle una vicenda imbarazzante per l’intero Consiglio regionale.
Nelle scorse settimane il procuratore ha inviato l’invito a dedurre, vale a dire la richiesta di motivare obiettivi, tempi e modi dell’utilizzo dei fondi a disposizione dei gruppi e rimborsati nel corso del 2011 alla voce “rappresentanza”: da pochi spiccioli e decine di migliaia di euro. I democratici per primi hanno cercato di giustificare le singole spese ma decidono infine, almeno alcuni, di allontanare il peso della causa incombente. A raggiungere l’accordo con la Corte per l’archiviazione del fascicolo da parte del procuratore sono stati sin qui Giorgio Baiutti, Daniele Gerolin, Enzo Marsilio, Annamaria Menosso e il presidente del Consiglio Franco Iacop. Le cifre più alte sono state versate da Menosso e Gerolin, circa 6mila euro, quindi Baiutti (5.500), Marsilio (sopra i 3mila) e Iacop (attorno a 2mila).
I cinque democratici hanno ritenuto di rispondere alle contestazioni scontrino per scontrino della Corte senza però entrare nel dettaglio con nomi e cognomi delle persone con le quali hanno partecipato ad appuntamenti conviviali o altro ritenuti di rappresentanza e che invece la magistratura, che ha contestato di conseguenza il danno erariale, ha considerato essere spese irregolarmente rimborsate con fondi pubblici. Di fronte alla convinzione di Zappatori rispetto a giustificazioni parse non adeguate, Baiutti, Gerolin, Marsilio, Menosso e Iacop hanno preferito optare per una rapida risoluzione della vertenza. Hanno cioè pagato ma senza ammettere la colpa e difendendo anzi la loro buona fede nel chiedere il rimborso al gruppo per iniziative da loro valutate di stretta osservanza politica. Una sorta di “pro bono pacis” che serve appunto a chiudere il procedimento (lo fa direttamente Zappatori) senza incorrere il rischio, eventualmente, della citazione e del conseguenze processo.
Quella del Pd è una posizione peraltro differenziata. Ai cinque che hanno già pagato il conto presentato dal procuratore si potrebbero aggiungere a breve anche Paolo Menis e Sandro Della Mea, mentre gli altri chiamati in causa (il gruppo democratico contava 17 eletti nella decima legislatura) preferiscono aspettare. Tra questi pure chi come Alessandro Tesini intende resistere, mentre Mauro Travanut dovrebbe chiedere di essere ascoltato dalla Corte.
Un primo capitolo dell’inchiesta si chiude dunque già in fase preliminare. Potrebbe accadere nei prossimi giorni anche per qualche consigliere di altri partiti. Si va invece a processo, come noto, per i capigruppo di Lega Nord, Pd, Pdl, Udc, sinistra Arcobaleno e per i due membri del gruppo Misto Paolo Ciani e Alessia Rosolen. Nei loro confronti Zappatori ha infatti depositato gli atti di citazione (l’equivalente della richiesta di rinvio a giudizio nella procedura penale). C’è ora pure il calendario delle udienze. Il 14 novembre toccherà a Danilo Narduzzi (Lega), il consigliere più in difficoltà dato che la magistratura gli contesta 238mile euro di rimborsi, tutti a suo carico giacché il Carroccio non distingueva le spese eletto per eletto. Si proseguirà con Daniele Galasso (Pdl) e Gianfranco Moretton (Pd), entrambi in udienza il 12 dicembre, e si chiuderà con Edoardo Sasco (Udc), Igor Kocijancic (sinistra), Ciani e Rosolen il 16 gennaio del prossimo anno.

Spese folli in Consiglio regionale restituite con lo “sconto”
Marsilio e Iacop rimborsano alla Corte dei conti solo parte delle cifre contestate Il democratico Menis paga tutto ed esce di scena. Della Mea sentito da Zappatori
di Corrado Barbacini
TRIESTE. Con lo “sconto”. Una parte dei rimborsi allegri è stata pagata per chiudere la partita, per il resto invece si scrive, ci si giustifica e si attende la risposta del procuratore Maurizio Zappatori. Così è stato per i democratici Enzo Marsilio e Franco Iacop. Il primo, da quanto appreso, ha versato circa 2mila dei 6mila euro relativi a quanto gli era stato contestato dal procuratore della Corte dei conti. Il secondo, una cifra molto più bassa, che è stata però integrata da una relazione molto dettagliata e articolata. Va da sè che solo per la cifra pagata scatterà automaticamente l’archiviazione, mentre il resto è evidentemente “sub judice”. Spetterà cioè al procuratore Zappatori verificare la legittimità delle spese sostenute e rimborsate dalla Regione per chiudere la vertenza.
Ieri intanto è giunta ufficialmente alla procura della Corte dei conti la conferma del pagamento delle spese riferite a Paolo Menis. L’ex consigliere del Pd ha versato cash la somma di 2597 euro e così ha messo una pietra tombale sull’ipotesi di danno erariale che era stata contestata nell’invito a dedurre dal procurare Zappatori. Il quale aveva chiesto chiarimenti riguardo alle spese di rappresentanza. Menis ha appunto preferito risolvere la questione con un bonifico che copre il cento per cento dell’importo. Conto interamente saldato, insomma, con conseguente archiviazione. Come lui anche Giorgio Baiutti, Daniele Gerolin e Annamaria Menosso. I tre rappresentanti del Pd hanno pagato appunto tutto e così hanno chiuso la partita con la giustizia contabile. Hanno pagato comunque senza ammettere colpe e difendendo la loro buona fede nel chiedere il rimborso al gruppo per iniziative al momento da loro ritenute di stretta rilevanza e cometenza politica. Ma non si può escludere che abbiano deciso di chiudere la questione forse anche per evitare di dover sobbarcarsi il costo di spese legali sicuramente più “salate” del conto contestato nella partita dei rimborsi allegri.
E ieri intanto dal procuratore Maurizio Zappatori si è presentato spontaneamente per chiedere di essere interrogato il Pd Sandro Della Mea. Il suo conto ammonta a circa 3mila 500 euro. Era assistito dall’avvocato e si è trattenuto, da quanto appreso, per oltre un’ora fornendo tutte le delucidazioni necessarie. Ma al momento non si sa se i chiarimenti forniti da Dalla Mea nell’interrogatorio e le sue spiegazioni inviate nei giorni scorsi in risposta all’invito a dedurre siano stati sufficientemente convincenti per il procuratore Maurizio Zappatori.

Gli scontrini “fantasma” della Lega: mancano 37mila euro
Nell’atto in cui la Corte dei conti contesta al Carroccio una danno di 238mila euro spunta anche una parte priva di scontrini
di Anna Buttazzoni
UDINE. Nessuna traccia. Non uno scontrino. Non un’indicazione per capire da chi siano stati incassati. Un gruzzolo da 37.700 euro è stato speso dagli ex consiglieri regionali della Lega, ma motivo e destinazione sono sconosciuti.
È uno dei particolari che emerge dall’atto di citazione della Corte dei conti notificato all’ex capogruppo del Carroccio Danilo Narduzzi. Che il 14 novembre sarà di fronte alla sezione giurisdizionale per difendersi dall’accusa di un danno alle casse della Regione da 238 mila e 713 euro.
Un documento che in sette pagine spiega il sistema utilizzato dalla Lega per i rimborsi dati nel 2011 ai sette esponenti padani. Un sistema che Maurizio Zappatori definisce confuso, non trasparente e disorganizzato.
Rimborsi in contanti Il procuratore regionale evidenzia che il gruppo leghista conservava alla rinfusa scontrini, ricevute o fatture, mai catalogati. E riporta la testimonianza di una dipendente del gruppo, sentita dalla Guardia di finanza, che ha dichiarato: «Non è possibile risalire al consigliere destinatario del rimborso né individuare materialmente i giustificativi fiscali presentati dallo stesso all’atto della richiesta del rimborso, formulata verbalmente alla presenza di Narduzzi». I soldi accreditati dalla Regione sul conto corrente della Lega erano prelevati in contanti dalla dipendente o da Narduzzi allo sportello della banca (Unicredit) o attraverso un bancomat di cui entrambi disponevano.
Serviva l’ok di Narduzzi «Risulta evidente – scrive Zappatori – che senza il consenso del capogruppo non era possibile erogare i contanti ai consiglieri che presentavano richieste di rimborso. Narduzzi poteva disporre una modalità di assegnazione dei fondi ai singoli consiglieri, che consentisse di registrare le erogazioni date a ciascuno. E invece così si è verificata una situazione di confusione contabile che ha aggravato notevolmente le irregolarità già presenti per la mancanza delle attestazioni degli interessati sulle ragioni delle spese effettuate e dei soggetti istituzionali esterni per cui erano effettuate».
I conti non tornano Zappatori riporta quindi gli ultimi accertamenti della Guardia di finanza che hanno rilevato l’esistenza di 37.758,72 euro non solo non certificati dagli interessati ma anche privi di riscontri attraverso scontrini o ricevute. Il gruppo ha esibito pezze giustificative per 200.955,08 euro, ma il rimborso totale delle spese di rappresentanza del 2011 è stato di 238.713,79 euro.
Spese «stravaganti» Così le definisce Zappatori elencando i rimborsi ottenuti per acquisti e consumazioni all’estero, in gelaterie, ortofrutta, macellerie, discoteche, profumerie, gioiellerie, pelletterie, negozi di calzature e abbigliamento, tessuti, ferramenta, casalinghi, giocattoli, per il parrucchiere. Ma anche di acquisti in negozi di strumenti musicali, di spese per ricariche telefoniche, articoli per autovetture e sportivi.
La tesi accusatoria Il procuratore della Corte dei conti sostiene: «Narduzzi non solo non ha mai vigilato, ma è intervenuto concretamente a supporto di un andamento confuso, non trasparente e disorganizzato, che ha consentito l’effettuazione di spese prive di giustificativi e di attestazioni sulle finalità, di spese con giustificativi ma prive di valide attestazioni, nonché di spese del tutto stravaganti, che non possono in alcun modo essere ricondotte a finalità di rappresentanza. È quindi responsabile a titolo di colpa grave». Il procuratore regionale parla di situazione illegittima, di acquisti di beni o servizi incompatibili con le esigenze di rappresentanza. E «di un comportamento molto grave di assoluto disinteresse sul modo in cui è stato erogato e speso il denaro pubblico».

Scandalo rimborsi, le "prove" delle spese padane finite nel tritacarte
Il “giallo” dei 37mila euro scomparsi. L’accusa: i finanzieri sorpresero Narduzzi a distruggere scontrini. Il leghista: falso
 di Corrado Barbacini
TRIESTE. La scena è degna della miglior commedia all’italiana. Mentre sta arrivando la Finanza il sospettato, che si è nascosto al piano di sopra di Palazzo, distrugge i documenti scabrosi.
È quanto accaduto nella mattinata del 4 dicembre dello scorso anno nella sede del Consiglio regionale. Gli investigatori della Finanza stanno andando nelle segreterie per acquisire, su ordine del sostituto procuratore Federico Frezza, gli scontrini delle spese di rappresenzanza. Ed ecco che il capogruppo della Lega nord Danilo Narduzzi sguscia come una saetta fino al suo ufficio dove, come nei film, tenta di distruggere le prove. Stacca gli scontrini dalle richieste di rimborso in modo tale da nascondere i nomi di quelli che avevano ottenuto i soldi. Fa più in fretta che può ed elimina più fogli che può nel tritacarte.
I finanzieri, quando arrivano al suo ufficio, lo trovano all’opera. Lo fermano. E acquisiscono ciò che rimane degli scontrini padani. Quelli che Narduzzi, nonostante il suo impegno, non riesce a disintegrare prima dell’arrivo dei militari. I militari recuperano persino alcuni di quei fogli stropicciati, con un vistoso buco in alto a sinistra, che ora fanno parte del fascicolo aperto dal pm Federico Frezza.
L’accusa per l’ex capogruppo del Carroccio preso con le mani nel tritacarta è comunque quella di peculato. Ma, quanto accaduto il 4 dicembre, potrebbe spiegare il motivo per cui ci sono oltre 37mila euro “fantasma” nelle pazze spese padane. Un bel gruzzolo che risulta uscito dalle casse della Lega ma che, come ha rilevato nella sua citazione il procuratore della Corte dei conti Maurizio Zappatori, non trova giustificazione. Le spese complessivamente contestate ammontano infatti a 238.713 euro. Per 37 mila euro, però, secondo l’accusa, non ci sono riscontri. L’unica certezza è che i soldi pubblici sono usciti dalle casse della Regione con il bancomat che aveva in uso Narduzzi e sono stati spesi. Come e in che acquisti più o meno bizzarri non si sa.
Il pm Frezza contesta per il 2011 oltre 2.700 euro spesi per abbigliamento, 3.500 per piante, 1.900 per scarpe, 429 per ferramenta, 2.500 per gioielleria, 1.200 per profumi, 360 per manutenzioni a motocicli e 5.000 per armeria. Il procuratore Zappatori, a sua volta, definisce il sistema di “non contabilizzazione” del Carroccio confuso, non trasparente e disorganizzato.
E forse questo spiega perché l’ex capogruppo, come uno scolaretto sorpreso dalla maestra, ha appunto tentato di distruggere tutto prima che i finanzieri entrassero negli uffici della segreteria padana.
L’ex capogruppo, in verità, contrattacca: «Non esiste. Non esiste alcun ammanco, è un malinteso. E non esiste alcuna distruzione di documenti». Narduzzi ammette che il sistema utilizzato per il rimborso ai colleghi poteva essere disordinato, ma niente di più, nessun giallo da svelare: «Alla segreteria del gruppo conservavamo tutti i documenti dei rimborsi in un unico scatolone e nella prima acquisizione da parte della Guardia di finanza ci vennero richiesti solo quelli inerenti alle spese di rappresentanza per argomenti e quindi le nostre addette alla segreteria hanno dovuto rifare la cernita di ciò che era rappresentanza. Probabilmente qualche scontrino riferito a quelle spese è sfuggito, perché ho ragione di credere che il conto finale sia corretto e che ci siano anche i documenti per i 37.700 euro. Non ero fisicamente presente quando le addette alla segreteria rimborsavano i colleghi e l’accordo era che se alle ragazze fosse venuto qualche dubbio avrebbero dovuto chiamarmi e più volte mi hanno chiamato». L’ex capogruppo padano respinge anche la ricostruzione fatta dagli uomini delle Fiamme gialle sulla distruzione di alcune pezze giustificative: «No, non esiste, non ho distrutto nulla, non scherziamo. Tutto quanto ci è stato chiesto dagli inquirenti è stato consegnato».

Cresta sui viaggi, Ballaman (re)indagato
L’ex presidente del Consiglio, già condannato per l’auto blu, è accusato di truffa. Nel mirino le missioni a Dubai e Hong Kong
 di Corrado Barbacini
TRIESTE. Tra un’udienza e l’altra del processo sull’uso disinvolto e spregiudicato dell’auto blu, costatogli la condanna a un anno per peculato, Edouard Ballaman, l’ex presidente leghista del Consiglio regionale poi passato al gruppo misto, si è dilettato in viaggi extraeuropei. È andato a Hong Kong e a Dubai e ci è andato facendo pagare alla Regione il biglietto aereo in classe business. Poi, però, se l’è fatto rimborsare dall’agenzia di viaggi e ne ha presi due in classe turistica. Si è fatto accompagnare, sempre a spese della Regione, dalla moglie Chiara Feltrin che ha ovviamente occupato con lui la stanza dei prestigiosi alberghi che aveva prenotato.
Per questi viaggi allegri e dispendiosi in giro per il mondo Ballaman è accusato di truffa dal pm Federico Frezza. Ieri mattina i finanzieri, su ordine del magistrato, hanno perquisito l’abitazione dell’ex presidente del Consiglio regionale al quale, evidentemente, i viaggi sia in auto che in aereo sono sempre piaciuti. Purché gratis.
Il primo “tour” porta la data di aprile. Dal 2 al 7, praticamente alla vigilia dell’udienza preliminare per la vicenda delle auto blu, Ballaman va a Dubai negli Emirati arabi in occasione del convegno “Nuclear and renevable energy”. Costo per la Regione: 4.132 euro. Una volta tornato in Italia, come ha accertato il pm Frezza, Ballaman presenta al gruppo misto una fattura del biglietto aereo di 932 euro per il rimborso. In realtà, come hanno scoperto i finanzieri, quel biglietto è stato annullato e ne è stato contestualmente emesso un altro da 572 euro, ovviamente a totale insaputa della Regione. Risultato: l’ex presidente del Consiglio, secondo l’accusa, ha fatto la “cresta” ottenendo un rimborso indebito di 360 euro. Per inciso un altro biglietto per il medesimo volo è stato emesso sempre al prezzo di 572 euro a nome della moglie.
Non solo. Il soggiorno a Dubai deve proprio essergli piaciuto. Perché Ballaman ci è rimasto un giorno in più. La stanza all’hotel “Atlantis The Palm” è stata pagato 3.200 euro ovviamente dala Regione. Alla fine del tour Ballaman, secondo il pm Frezza, si è trovato in tasca un rimborso totale indebito di oltre mille euro.
Il secondo tour avviene in luglio. Dal 5 al 10. Meta: Hong Kong. Stavolta in occasione del convegno “Indigenization&multiculturism”. L’ex leghista ripete il trucco del biglietto: presentato un conto di 951 euro. Ma anche in questo caso annulla il biglietto in business e se lo fa sostituire con uno da 670 euro. Rimborso indebito: 280 euro. E anche in questo caso si fa fatto accompagnare dalla moglie. Per Feltrin il volo costa 670 euro.
Gli investigatori hanno fatto un’altra scoperta: Ballaman si è fatto pagare dalla Regione il pernottamento all’hotel Park Lane pari a 1.234 euro ma c’è un’altra fattura rilasciata dal Crowne Plaza pari a 1.060 euro che teneva conto del soggiorno della moglie. Anche in questo caso la coppia ha trascorso una notte in più in Estremo Oriente. In occasione della spedizione a Hong Kong, dunque, il rimborso indebito ha raggiunto i 664 euro.
Eppure, solo pochi giorni dopo quel viaggio, Ballaman, uscendo dal Tribunale che poi l’ha condannato, era sbottato: «Voglio giustizia. Qualcuno mi ha rovinato la carriera».

Paga netta da 8.053 euro per tre giorni in Consiglio regionale
Ecco il cedolino mensile (maggio) di un consigliere rieletto in piazza Oberdan L’indennità lorda è di 10.291 euro ma poi ci sono i rimborsi per il vitto e l’auto
di Gianpaolo Sarti
TRIESTE. Lavorare tre giorni e guadagnare 8 mila euro di stipendio netti. La busta paga di un consigliere regionale, riferita a maggio, dice questo. Sì perché, a guardare il programma dell’attività consiliare dello scorso mese, l’aula si è riunita appena tre volte in tutto: lunedì 13 per la seduta di insediamento con il giuramento dei 49 neo-eletti; martedì 21 per il discorso di Serracchiani, fresca di nomina a presidente della Regione e, infine, martedì 28 per la giornata dedicata al dibattito e al voto sulle dichiarazioni programmatiche della governatrice. A dire il vero il giorno prima, lunedì 27, si sono ritrovati a Palazzo i capigruppo. Una riunione per 8, però. Poi stop, maggio se n’è andato così. Gli uffici di presidenza sono stati convocati a ridosso delle sedute d’aula e non era prevista alcuna commissione: per il loro avvio si è dovuto attendere il 4 giugno.
Ma intanto lo stipendio per quel mese è arrivato puntuale e pieno, con benefit annessi. Non a caso oggi M5S presenterà un pacchetto di iniziative per tagliare i costi della politica, in attesa della “legge anti Casta” che il Palazzo dovrebbe partorire entro agosto. Il cedolino che pubblichiamo appartiene a un consigliere friulano riconfermato, un ex ritornato in piazza Oberdan per un’altra legislatura. Un particolare di cui tener conto perché per lui la somma è più alta dal momento che gli è riconosciuta la “continuità lavorativa”: in sostanza i “nuovi” hanno ricevuto il dovuto dal 13 maggio, cioè dalla data del giuramento in aula, mentre gli “ex” dal primo maggio perché, nonostante le elezioni, è come se non avessero mai interrotto il mandato.
L’importo totale netto quindi ammonta a 8.053,60 euro e comprende altre due voci di peso, i rimborsi forfettari. All’indennità di presenza, pari a 10.291,93 euro lordi, sono riconosciuti infatti ulteriori 735 euro per il vitto e 2.196,60 per l’utilizzo dell’automobile. Cifre erogate per appena tre giorni di attività legislativa. Sebbene per le vetture, stando all’articolo 4 della legge 21/1981, «l’importo mensile è calcolato sulla base di 21 giorni di acceso alle sedi in cui operano i vari organi». Non si segnala un’impennata di lavoro negli altri Palazzi regionali in quel periodo, anche perché gli impegni istituzionali vengono comunemente onorati a Trieste, in piazza Oberdan. Si dirà: il consigliere non si limita a partecipare alle sedute d’aula e di commissione, anzi, svolge una buona fetta del suo lavoro sul territorio, prendendo parte a convegni e riunioni. Si reca nelle sedi del Consiglio anche se non ci sono appuntamenti istituzionali per preparare leggi e altri provvedimenti o per incontrare persone e quant’altro. Certo, ma questa è un’attività “discrezionale” che un eletto esercita a piacimento. Non c’è nessun obbligo: può farlo e non farlo. Per dire: può stare a casa tutto il mese e prenderà comunque 735 euro di vitto forfettario, oltre all’indennità. Può non usare mai la macchina o può non possedere la patente, e incasserà lo stesso il forfait. Cifra peraltro variabile in base alla circoscrizione di elezione: 549,15 euro per i triestini, 1.537,62 per i goriziani, 2.196,60 euro per gli udinesi e 3.294,90 per i carnici e i pordenonesi.
Per 8.053,60 euro di paga netta il consigliere di cui analizziamo il cedolino è sottoposto a 6.343,21 euro di trattenute; il lordo, quindi, ammonta a 14.396,81. Oltre all’addizionale regionale, comunale e all’Irpef, l’eletto versa il 5% (514,60 euro) dell’indennità base per il trattamento di fine mandato e una quota del 17% per il vitalizio, oltre che un ulteriore 2% per la reversibilità. Qui, però, la parte trattenuta (17+2%) vale solo su 12 giorni e non su 31, ovvero quelli che erano riferiti ancora alla passata legislatura. Dal 13 maggio, con l’inizio del nuovo corso, è infatti entrato in vigore il nuovo sistema che regola le “pensioni”: il passaggio dal sistema retributivo al contributivo. Al consigliere dunque è stata restituita la quota versata a partire da quella data. Lo stipendio, tuttavia, subisce un altro alleggerimento: ogni mese l’eletto deve corrispondere una parte al partito. Sono 1.100 euro per il Pd, 500 per il Pdl, circa 2 mila per la Lega. Per Rifondazione comunista, ora fuori dal Palazzo, era la metà della paga.

Ex Consiglio regionale, le infinite spese pazze dei leghisti E nell’inchiesta “entra” Piccin
La capogruppo nel mirino per una notte in hotel. De Mattia per 1.600 euro di gioielli pagati dalla moglie Narduzzi, interrogato da Frezza, tace. L’avvocato: «Le carte nel tritatutto? Solo un equivoco»
TRIESTE. Non c’è pace per la Lega. Mentre l’ex capogruppo Danilo Narduzzi viene interrogato dal pm Federico Frezza per le ricevute finite nel tritacarte durante il blitz della Finanza dello scorso dicembre, dai fascicoli dell’inchiesta sulle “spese pazze” di Palazzo rimborsate con fondi pubblici emerge il nome dell’attuale capogruppo regionale del Carroccio. Mara Piccin, finora mai sfiorata dalle indagini tanto da essere l’unica consigliera leghista della passata legislatura “sopravvissuta” alla bufera giudiziaria, è incappata in un “infortunio” di rilevanza penale il 10 agosto 2011 all’hotel Olivedo sul lago di Como. Dagli accertamenti della Guardia di Finanza è emerso che ha effettuato un pernottamento in compagnia di un’altra persona. E che, al momento di pagare il conto del soggiorno di una notte (100 euro), ha fatto annullare la ricevuta a nome dell’ospite per poi farla emettere a suo nome. L’ha fatto, secondo la Procura, per ottenere il rimborso.
Una cifra modesta. Ben diversa da quella pagata in una gioielleria di Cividale dall’ex consigliere leghista Ugo De Mattia peraltro protagonista di un “curioso” caso di ubiquità. Il 22 giugno 2011, infatti, De Mattia era in Consiglio regionale a Trieste. Ma, in quelle stesse ore, la sua carta di credito si è materializzata a Cividale dove è servita per pagare monili del valore di 1.600 euro in una gioielleria del centro. La firma sulla ricevuta non era - e non poteva essere - quella dell’allora consigliere leghista: e infatti a farla è stata la moglie Rinalda Molaro.
Lo stesso De Mattia, nell’apparentemente inesauribile capitolo delle “spese allegre padane”, occupa un posto di primissimo piano. L’ex consigliere, con una certa propensione per l’abbigliamento e lo sport, si è comprato una cyclette da Decathlon e prodotti Nike da Arteni. E poi a San Candido ha acquistato abbigliamento per adulti e a Merano abbigliamento per bambini o neonati. Costo: 350 euro. Ma non si è fatto mancare nemmeno i profumi.
Ieri, intanto, Narduzzi è stato interrogato per oltre un’ora dal pm Frezza. Il titolare dell’inchiesta gli ha chiesto chiarimenti non solo su varie spese contestate ma anche sulla “faccenda del tritacarte”. Lo scorso 4 dicembre, quando i finanzieri erano arrivati nel palazzo del Consiglio regionale per sequestrare la documentazione contabile sulle spese di rappresenzanza, Narduzzi era infatti sgusciato come una saetta fino al suo ufficio e aveva tentato di distruggere le prove e cioè i fogli di accompagnamento degli scontrini infilandoli nel tritacarte, appunto. Aveva cercato di essere più veloce possibile ma i finanzieri lo avevano praticamente scoperto con le mani... nella marmellata.
L’ex capogruppo, però, sempre ieri, non ha voluto spiegare nulla ed è rimasto muto di fronte alle domande dei giornalisti. Al termine dell’interrogatorio ha parlato solamente il suo difensore, l’avvocato Luca Ponti, dicendo che si è trattato di un equivoco in quanto Narduzzi, in quel turbolento giorno, aveva creduto che la Finanza volesse solo gli scontrini e non gli altri fogli. E così aveva diligentemente distrutto il di più. «Il suo - ha chiosato Ponti - è stato un comportamento illogico. Distruggendo le prove ha danneggiato se stesso». (c.b.)

“Guerra tra bande” nella Lega Nord del Fvg sconvolta dai rimborsi pazzi
I friulani contro Fedriga “reo” di volere la testa di Narduzzi Si apre il caso della Piccin dopo il coinvolgimento nell’inchiesta
di Marco Ballico
TRIESTE. La sollecitazione di Massimiliano Fedriga non serviva. Danilo Narduzzi, il passo indietro, l’ha già fatto. Da solo. Si è dimesso da vicesegretario regionale (nazionale in gergo padano) della Lega Nord. Perché allora gettare benzina sul fuoco? Pensieri e parole (fuori microfono) nella casa pericolante del Carroccio, un partito con un consenso elettorale dimezzato, un parlamentare anziché tre, tre eletti in Consiglio regionale anziché otto e una “grana” gigante, la vicenda dei rimborsi elettorali “allegri”. Un guaio tira l’altro.
Da mesi il movimento è nella bufera. In particolare dal cambio di segreteria – da Pietro Fontanini a Matteo Piasente – solo apparentemente indolore. Da quel passaggio di consegne la Lega non ha più avuto pace. È crollata alle urne e ha perso l’appeal di partito pulito. Perché le cronache certificano che nell’inchiesta sull’utilizzo dei fondi pubblici ai gruppi la cifra più alta da spiegare alla magistratura contabile è di gran lunga quella del Carroccio: i 238mila euro contestati a Narduzzi pesano due volte e mezza il presunto danno erariale del capogruppo del Pd Gianfranco Moretton(100mila) e oltre cinque volte quello del capogruppo del Pdl Danilo Galasso (41mila).
Un pugno in faccia per i militanti. Ma anche la causa di nuovi mal di pancia. Le parole di Fedriga, la sua insistenza nel pretendere sospensione ed eventuale espulsione di Narduzzi, aprono una caccia al colpevole che nella Lega Fvg si sperava di evitare. Tanto più che, dopo accordi nelle segrete stanze, si era riusciti a convincere Narduzzi a rinunciare alla vicesegreteria. Un gesto che Piasente, il segretario, apprezza a chiare lettere: «In Lega ci si comporta così». La “vivacità” di Fedriga è sicuramente mal digerita. Tanto più dalla componente udin-pordenonese che da sempre regge il timone della Lega Fvg vista la forza elettorale. Non solo il deputato triestino è l’unico a essersi salvato dal crollo alle politiche di febbraio appropriandosi dell’unico posto blindato alla Camera, pur rappresentando un territorio che esprime meno del 3% dei consensi, ma si permette pure di dettar legge, si denuncia in Friuli. Fastidio territoriale e politico verso Fedriga tanto più acuito in provincia di Pordenone, dove è in atto una guerra tra bande pro e contro Narduzzi e dove il deputato è al lavoro da qualche giorno come “legato nazionale”, espressione educata per quello che è un controllo dall’alto su una situazione che vede non poche spaccature tra le sezioni e le circoscrizioni padane. Non un commissariamento dal punto di vista tecnico, ma è certo che nella Destra Tagliamento la presenza del “visitor” triestino non piace per nulla. Sia perché la segreteria provinciale retta da Enzo Del Bianco, uomo di Narduzzi, è stata esclusa dalla decisione, sia perché vengono messe in discussione militanze di lunga data. Il responsabile circoscrizionale Fabio Sirocco, estromesso da Fedriga, ha pure minacciato le vie legali sostenendo che la figura del legato non compare nello statuto leghista.Quella che appare in superficie è dunque una Lega in affanno, priva dei punti di riferimento di un’epoca di vittorie, con una mappa del potere (ma quale a questo punto?) ben difficile da disegnare. Rispetto a qualche settimana fa Piasente può almeno contare sul fatto che sono rientrate al momento le voci che lo volevano commissariato da un momento all’altro. Ma nulla cambia concretamente in una Lega che si sta cercando e non sa se si ritroverà. Anche perché, principale preoccupazione del momento, andranno spiegate alla magistratura, ma anche ai militanti, le spese strampalate, rimborsate con soldi pubblici, rilevate dalla Corte dei conti. Tra le ultime, i gioielli della moglie di Ugo De Mattia e il pernottamento in compagnia sul lago di Como di Mara Piccin. La capogruppo per ora non commenta. Ma il caso è aperto. Perché gli uscenti ricandidati hanno firmato prima del voto l’impegno a dimettersi nel caso di un coinvolgimento nell’inchiesta. E Piasente, premesso che «tutto andrà dimostrato», ricorda che quel documento «fa fede».

Lega Nord Fvg, le pazze “spese personali” di Piccin
Tra i rimborsi della capogruppo "padana" 5mila euro dati a un consulente cui oggi è legata e 6mila euro chiesti senza specificare i motivi
 di Corrado Barbacini
 TRIESTE. Prima consulente contabile. E poi ospite nella stessa stanza d’albergo dell’attuale capogruppo regionale della Lega Nord Mara Piccin. Paolo Iuri, elicotterista, vede il suo nome comparire un paio di volte nell’elenco delle “spese pazze” di Palazzo al centro dell’inchiesta del pm Federico Frezza che sta mettendo a soqquadro il mondo della politica.
Il 10 agosto 2011 l’elicotterista è stato ospitato - a spese della Regione - nella stanza di Piccin all’hotel Olivedo sul lago di Como. La fattura di 100 euro inizialmente intestata a Iuri, come hanno accertato i finanzieri, è stata annullata e sostituita con un’altra a nome della capogruppo leghista: fattura rimborsata con i fondi pubblici.
Un anno prima, il 28 agosto 2010, Piccin ha invece versato a Iuri, secondo i documenti acquisiti durante le perquisizioni, la somma di 5mila euro per consulenze contabili: somma, anche questa, rimborsata come spesa di rappresentanza.
La capogruppo della Lega, l’unica dei consiglieri della passata legislatura ad aver riconquistato il “biglietto” per Palazzo in quanto rimasta (sino a ieri) estranea all’inchiesta, spiega così in una mail inviata tramite l’ufficio stampa la “comparsa” di Iuri nell’elenco delle spese padane: «Consulente per il gruppo regionale in materia di trasporti e logistica. Con questa qualifica ha occasionalmente collaborato con la Lega Nord nella legislatura 2008-13. Successive evoluzioni nella relazione che lega il suddetto Iuri alla sottoscritta esulano da qualsiasi rilevanza politica e attengono strettamente alla sfera dei rapporti personali. Trasparenza, onestà intellettuale e rigoroso rispetto delle regole vigenti sono stati e restano i capisaldi della mia azioni politica».
Ma Piccin si ritrova comunque sempre più coinvolta nell’inchiesta: il suo nome, infatti, compare vicino ad altre spese “bizzarre” finite sotto la lente di Frezza.
Gli alberghi, innanzitutto, oltre a quello sul lago di Como: il 18 dicembre 2009 la capogruppo del Carroccio ha pagato una fattura di 98 euro per aver pernottato “Alla Posta” e il 17 dicembre 2010 ne ha pagato un’altra di 90 euro per lo stesso motivo. Poi l’auto: il 10 ottobre 2009 ha acquistato un navigatore satellitare del prezzo di 890 euro acquistato da Biason Auto.
Ma non è finita. La capogruppo della Lega ha chiesto e ottenuto rimborsi per le sue “spese minute” che proprio “minute” non sono: il 2 marzo 2010 ha presentato una ricevuta di 2.026 euro e il 28 aprile 2010 un’altra di 2.189. Il 3 marzo 2010, invece, ha chiesto e riscosso 2.026 euro per le sue “spese personali”.
Più di 6mila euro sono quindi usciti dalle casse regionali senza una ragione chiara.
La lista delle spese leghiste in mano al pm Frezza continua dunque a regalare “sorprese”. Le mille confezioni di spray antiaggressione che la Lega ha realizzato nell’ambito della sua campagna per la sicurezza sono ad esempio state rimborsate con le spese di rappresentanza: una bella “botta” di 13.800 euro.
L’ex capogruppo Danilo Narduzzi, interrogato solo l’altro giorno, si è concesso invece una sosta all’hotel Metropole di Portorose. Una sosta costosa giacché si è fatto rimborsare 325 euro.
Ne è valsa, assai probabilmente, la pena. E la stessa cosa si può dire della cena del 31 dicembre 2010 alla quale hanno partecipato due sole persone. Il conto, saldato esattamente alle 22.57 e finito dritto dritto nelle spese di rappresentanza del Carroccio, è stato di 380 euro. Esattamente 180 euro a testa per brindare adeguatamente all’anno nuovo.
Non si sa chi erano i fortunati commensali. Ma si sa che la fattura è stata rimborsata a “qualcuno” della Lega.

Ciriani restituisce i rimborsi “di troppo”
L’ex vicepresidente, al momento non indagato, riconsegna 8mila euro. «Spese mai sostenute, soldi percepiti per errore»
 di Marco Ballico
TRIESTE. Luca Ciriani gioca d’anticipo. Così d’anticipo che si è trovato a restituire due volte le somme “dubbie” percepite come rimborso delle sue spese di rappresentanza. «L’ho fatto non per uscire sui giornali, ma come iniziativa personale e nel rispetto del lavoro dei magistrati». Il totale? Ottomila euro. Non per treni di pneumatici, vacanze, ingressi al museo, ma «solo per pranzi, cene e qualche pernottamento», precisa. L’ex vicepresidente della Regione ha pure scritto alla Procura della Repubblica le tappe del suo rientro nella regolarità. Per evitare sospetti ed eventuali guai. «Ad aprile - ricostruisce Ciriani -, finita la campagna elettorale, ho chiesto di verificare, scontrino per scontrino, i rimborsi che mi riguardavano. Ne è emerso un conto di 1.300 euro potenzialmente contestabili che ho restituito immediatamente al gruppo. Per stare larghi ho anzi girato un bonifico di 5mila euro».
Spese “leggere”? «Certamente no – assicura il consigliere del Pdl –, ma tra le voci sono spuntati pure scontrini che mi erano stati rimborsati ma non erano miei, altri che avevo indicato di voler pagare di tasca mia e perfino una fattura che mi era stata riconosciuta due volte. Per tagliare la testa al toro, nonostante si trattasse in larga parte di spese corrette, ho scritto una lettera al gruppo comunicando che, tra il 2009 e il 2012, risultavano alcune incongruenze e imprecisioni. Di qui la mia decisione di versare al partito l’intera somma».
Ciriani non si è fermato qui. «Dopo le elezioni avevo più tempo a disposizione – scherza a proposta della sconfitta del centrodestra – e ho proseguito nei controlli. Tanto più quando la Corte dei conti ha chiesto la specifica di ogni voce. Nulla che potessi ovviamente ricordare con assoluta precisione visti i carichi di lavoro di una legislatura che mi ha visto vicepresidente, assessore con tre deleghe differenti, tre volte commissario di governo per altrettante emergenze e più volte a Roma. Con maggiore calma, assieme alla mia segretaria, ho rifatto i conti, ho visto che c’erano altri 1.400 euro di rimborsi che avrebbero potuto essere in discussione e ho provveduto pure a quelli».
L’ultimo capitolo è il cambio di destinatario. Perché Ciriani si è accorto che i soldi andavano restituiti, più che al Pdl, alla tesoreria della Regione. E, alla Regione, ha versato altri 3mila euro. Il consiglieri pidiellino, sin qui non chiamato in causa né dalla Procura né dalla magistratura contabile, ha giocato d’anticipo pure sul fronte dell’informazione: «Ho scritto alla Procura di Trieste illustrando tutta la vicenda. E chiarendo che non ho pagato per un’assunzione di responsabilità, perché ritengo di avere agito correttamente. Ho pagato perché mi sono ritrovato davanti alcuni errori formali nelle operazioni di rimborso, oltre ad alcune fattispecie che, a leggere i giornali, sembravano essere considerate illegittime».

Spese folli “in conto terzi”, Bertoli indagato
Il forzista di Trieste, pur non eletto in Regione, tramite Piero Camber usò i fondi pubblici per una maxitrasferta e un rinfresco
TRIESTE. Spese “allegre” a palazzo: l’inchiesta della Procura di Trieste sull’utilizzo dei fondi per il funzionamento dei gruppi consiliari del Consiglio regionale coinvolge un altro eletto, in carica però in un altro ente. Si tratta di Everest Bertoli, capogruppo della rinata compagine consiliare di Forza Italia in Consiglio comunale a Trieste e solo fino a qualche giorno or sono al timone del Pdl nella stessa aula municipale triestina. E sempre del Popolo della libertà era stato vicecapogruppo a palazzo Cheba durante il secondo mandato dell’ex sindaco Dipiazza, conclusosi nel maggio 2011. Bertoli è stato iscritto nel registro degli indagati dal pm Federico Frezza, che lo accusa - per due episodi risalenti rispettivamente al dicembre 2010 e al febbraio 2011 - di concorso in peculato con gli allora consiglieri regionali del suo stesso partito Daniele Galasso (all’epoca capogruppo in piazza Oberdan) e Piero Camber (oggi a sua volta in carica in Consiglio comunale a Trieste e portacolori di Forza Italia).
In pratica, Bertoli viene accusato di aver ricevuto illecitamente, ed essersene quindi appropriato, somme di denaro accreditate al gruppo regionale del Pdl e vincolate come spese di funzionamento del gruppo consiliare stesso. L’inchiesta lo coinvolge - questo gli contesta il pm Frezza - quale fruitore di questi soldi “regionali” per iniziative da lui organizzate senza alcuna finalità istituzionale e prive di collegamento con il gruppo regionale del Pdl. Bertoli non era (e non è) consigliere regionale: aveva tentato il “salto” da piazza Unità a piazza Oberdan durante l’ultima tornata elettorale dello scorso aprile, non riuscendo però nell’intento di essere eletto.
Le cifre in questione ammontano, sommate, a 3.658 euro. Precisamente, il primo episodio contestato concerne i 1.758 euro registrati a livello contabile a nome di Piero Camber e giustificati come spese per suoi ospiti, ma in realtà - è emerso dagli accertamenti della Guardia di finanza - impiegati per pagare 993 euro (con carta di credito legata a un conto bancario di Galasso) per il viaggio aereo e altri 765 per il pernottamento del 16 dicembre 2010 a Bruxelles di 17 persone, per la maggior parte dipendenti della Ulisse Express di cui proprio Bertoli è socio. Fra i presenti, nessun consigliere regionale. Né Camber, né Galasso. Una trasferta organizzata da Bertoli. Come pure l’iniziativa che coincide con il secondo episodio finito nell’inchiesta e che riguarda invece i 1.900 euro usati il 10 febbraio del 2011 per pagare un rinfresco al “Cafè Rossetti”, in occasione del Giorno del Ricordo: soldi usciti direttamente dal conto corrente del gruppo consiliare regionale del Pdl.
Sul proprio coinvolgimento nell’indagine, Bertoli si limita a dire: «Non c’entro nulla con la vicenda, ne sono estraneo. E ho massima fiducia nella giustizia». Presumibilmente la prossima settimana, l’attuale capogruppo di Forza Italia nel Consiglio comunale di Trieste sarà sentito dal pm Frezza. (m.u.)

Il giro del mondo “a sbafo” di Ballaman
Cresta sui rimborsi anche a Kuala Lumpur, Colombo e Mumbai per l’ex presidente del Consiglio accusato di truffa
di Matteo Unterweger
 TRIESTE. Non solo Hong Kong e Dubai, ma anche Kuala Lumpur in Malesia, Colombo nello Sri Lanka e Mumbai in India. Mete lontane che l’ex presidente del Consiglio regionale Edouard Ballaman aveva deciso di raggiungere per viaggi istituzionali, di cui poi aveva per l’appunto chiesto - e ottenuto - rimborso alla Regione quando ancora faceva parte dell’assemblea di piazza Oberdan. Spese rendicontate però in maniera indebita secondo il pm Federico Frezza che ha inserito anche queste trasferte nell’inchiesta della Procura di Trieste che vede Ballaman indagato con l’accusa di truffa ai danni della Regione Friuli Venezia Giulia.

Il metodo
L’ex leghista, poi confluito nel Gruppo misto durante la scorsa legislatura, non aveva evidentemente resistito al fascino delle tre località, trattenendosi - assieme alla moglie Chiara Feltrin - qualche giorno in più rispetto alla durate dei rispettivi eventi “visitati” per questioni istituzionali: notti “in più” messe comunque in conto da Ballaman alla Regione e rimborsate. Non solo, proprio come accaduto per Hong Kong e Dubai, pure per Kuala Lumpur, Colombo e Mumbai, si è poi fatto restituire i soldi di biglietti aerei in realtà annullati e rimpiazzati da ticket meno costosi, ottenendo così dalla casse regionali la differenza di qualche centinaia di euro. Stratagemmi che, messi assieme, gli hanno fruttato un totale di 2.419 euro indebitamente percepiti: questo gli contesta il pm Frezza sulla base degli elementi raccolti durante le indagini dalla Guardia di finanza.

In Malesia
Nel dettaglio, a Kuala Lumpur Ballaman si è trattenuto, assieme alla consorte, dal 15 al 21 febbraio del 2012, chiedendo alla Regione un rimborso di 2.566 euro per la partecipazione all’evento “Expo technology”, in programma però dal 16 al 18. In sede di rendicontazione, Ballaman ha presentato al Gruppo consiliare Misto il documento relativo a un biglietto aereo da 891 euro, poi - è emerso - annullato per farsene emettere un altro, più economico da 621 euro, il tutto ovviamente senza informare la Regione e tenendosi quindi in tasca la differenza di 270 euro. A ciò ha sommato i 1.675 euro spesi per i pernottamenti al Mandarin hotel: sei notti invece che quattro e omettendo di specificare che vi fosse anche la moglie con lui. Dettagli da 558 euro in più indebitamente ricevuti. “Cresta” totale dall’operazione Kuala Lumpur: 828 euro.

Nello Sri Lanka
Dal 18 al 20 agosto del 2012 era in calendario a Colombo, nello Sri Lanka, “Eco revolution”. Evento cui Ballaman aveva deciso di presenziare: per il viaggio, conto totale presentato poi alla Regione di 2.725 euro. Per il pm Frezza ce ne sono però 920 di troppo. Ne avrebbe dovuti chiedere 1.805. Perché? Altro giro in aereo e altra corsa: biglietto da 1.264 euro rendicontato sebbene fosse stato annullato e nel concreto rimpiazzato da uno del costo di 969 euro. Avvicendamento fra titoli di viaggio di cui la Regione non ha mai saputo nulla, versando al consigliere Misto 295 euro più di quanto fosse veramente necessario. Notti “aggiuntive” pagate da “mamma Regione” pure qui: sette, tre in più (e quindi 625 euro rimborsati di troppo) con permanenza dal 15 al 22 del mese e sempre in camera doppia con la moglie, all’hotel Cinnamon Grand per complessivi 1.460 euro.

In India
Il nome dell’evento è lo stesso di quello agostano, “Eco revolution”. Diverse, però, location e date: Ballaman è volato in India nel settembre dello scorso anno, fermandosi a Mumbai dal 6 al 13 nonostante l’appuntamento durasse dal 7 al 10. Ha quindi chiesto, presentando i documenti di spesa, e avuto dalla Regione un rimborso di 2.528 euro. Ma anche qui la ricevuta del biglietto aereo presentata faceva riferimento a un ticket di 810 euro poi annullato e “sostituito” da un altro di 630: ergo, 180 euro in più chiesti al Consiglio. Sette le notti trascorse con la coniuge all’hotel Taj Mahal Palace and Tower: 1.718 euro. Per il pm, due le nottate di troppo in questo caso e 491 euro rimborsati in maniera non legittima. Che sommati ai 180 del biglietto aereo, fanno 671.

Il legale
Così l’avvocato Giovanni Borgna, cioè il legale che nella vicenda difende Ballaman: «Al termine dell’indagine sui rimborsi, cercheremo di spiegare tutto al magistrato».

Notti in hotel e alcolici tra gli scontrini di Tononi (Pdl)
Inchiesta sui rimborsi "allegri" a carico del Consiglio regionale: l'ormai ex prediligeva feste e soggiorni. Conestate al triestino spese private per migliaia di euro
TRIESTE. Oltre settemila euro, precisamente 7.212, pagati fra il 2011 e il 2012 per acquistare al supermercato Cash&Carry 1.034 bottiglie di superalcolici vari, 75 di birra e altre otto di champagne. Una spesa che l’ex consigliere regionale del Pdl, Piero Tononi, ha presentato fra quelle di funzionamento del gruppo consiliare del Pdl in Regione, facendosela rimborsare. Come pure i 7.358 euro versati nel 2010, 2011 e 2012 all’Associazione culturale ricreativa sportiva turistica “Dream”, promotrice di attività nei campi di riferimento anche con l’eventuale conduzione e gestione di esercizi pubblici. Realtà di cui peraltro Tononi era stata uno dei fondatori. Anche questa cifra gli è stata rimborsata dalla Regione. Secondo il pm Federico Frezza, però, in entrambi i casi si tratta di soldi che Tononi ha impiegato per ragioni private, senza quindi alcuna finalità istituzionale e collegamento con il gruppo consiliare di cui ha fatto parte nella scorsa legislatura in Regione. Sono nuovi dettagli che emergono dall’indagine della Procura di Trieste sulle spese “allegre” del Consiglio regionale. Inchiesta che vede anche Tononi indagato con l’accusa di peculato. Il pidiellino è difeso dagli avvocati Claudio Giacomelli e Andrea Polacco.
Per il pm Frezza, dunque, Tononi ha ricevuto illecitamente e si è appropriato di queste somme usate negli episodi che gli vengono contestati. Per quanto concerne la cifra versata alla “Dream”, il procuratore ritiene sia servita a Tononi per pagare per sé e per vari amici consumazioni e bibite durante delle serate in musica. Non sono le uniche spese per le quali Frezza accusa l’ex consigliere pidiellino di peculato. Ci sono pure 790 euro pagati all’albergo “Antico Casale” di Ferrara per il soggiorno di dieci persone, fra l’8 e il 9 luglio 2011, tra cui alcuni suoi colleghi di partito, e altri 190 versati all’agriturismo “Oasi Naturale Pradine” sempre a Ferrara e sempre per le stesse date ma stavolta per se stesso e Fulvio Sluga, coordinatore comunale del Pdl a Trieste. Spese che secondo il pm sono state sostenute per fini privati e per le quali è stato chiesto e ottenuto illegittimamente il rimborso dalla Regione. E allo stesso modo Tononi è accusato da Frezza per i 402 euro complessivi pagati per tre acquisti di gioielli in tre distinte occasioni fra il 2010 e il 2011, i 308 pagati in ferramenta a Duino nel settembre 2011, i 372 versati il mese dopo per l’acquisto di abbigliamento femminile e altri 191 in tutto per bibite varie, birre, rhum e bicchieri comprati nel 2011 al supermercato “IperCoop”. E, ancora, per i 1.005 pagati all’albergo “Duchi d’Aosta” per il soggiorno a Trieste di convivente, figlia e nipote di Giorgio Almirante il 27 e 28 marzo 2011, i 349 spesi all’albergo Carlyle Brera di Milano per la permanenza dell’8 e 9 dicembre 2012 dello stesso Tononi assieme alla propria convivente, e gli 81 con cui ha acquistato un paio di Timberland nel luglio 2011. (m.u.)

Scandalo in Consiglio: papà offre il viaggio. Ma paga la Regione
Il pm Frezza scopre che l'ex capogruppo Pdl Pedicini, indagato per peculato, si è fatto rimborsare dal gruppo due voli della figlia a Parigi
di Corrado Barbacini
 TRIESTE. La Ville Lumière ha un fascino innegabile con la tour Eiffel, il Louvre e i magazzini Lafayette dove si trovano abiti e soprattutto foulard griffati a buon prezzo. E allora l’ex consigliere regionale del Pdl Antonio Pedicini - secondo il pm Federico Frezza che l’ha accusato di peculato in concorso con l’ex capogruppo Daniele Galasso - non ha esitato a offrire alla figlia Maria Grazia la possibilità di apprezzare la grandeur degli Champs-Élysées. A spese della collettività.
“Vai e vedi, figlia mia”. Due voli da Treviso a Parigi sono stati pagati con i soldi della Regione e fruiti dalla figlia del politico e avvocato cinquantanovenne, originario di Pordenone, liquidato solo poche settimane fa dalla Regione stessa con una buonuscita da 100mila euro. Maria Grazia Pedicini è partita il 13 dicembre 2010 ed è tornata a Treviso il 28. Il padre – o, più esattamente, la Regione alla quale l’ex consigliere ha chiesto il rimborso ritenendo che quelle sostenute fossero spese di rappresentanza del gruppo - ha versato 223 euro per far apprezzare alla sua “piccola” il fascino di Parigi sotto le feste. La prima gita di Maria Grazia risale alla primavera dello stesso anno: la ragazza è partita il 30 marzo e tornata il 4 aprile. Prezzo del biglietto, rimborsato da Palazzo, 125 euro.
Ma il capitolo francese non si è esaurito qui. Nel 2011 papà Pedicini in persona, sempre secondo le indagini della Finanza coordinate da Frezza, si è tolto qualche “sfizio di rappresentanza” ai magazzini Lafayette che si trovano dietro a Place de l’Opéra spendendo in quel bengodi per gli amanti del bello 162 euro. Regolarmente restituiti. C’est la vie. L’ex consigliere del Pdl non si è fatto mancare nemmeno una visita culturale al Centre Pompidou facendosi rimborsare ancora una volta dalla Regione l’ingresso alla galleria d’arte del famoso centro parigino. Costo 24 euro.
In effetti, però, la famiglia è tutto. E allora Pedicini non solo non ha trascurato i viaggi della figlia Maria Grazia, ma ha coltivato anche quelli della moglie Annalisa Del Col. Il 5 ottobre del 2010, tanto per iniziare, l’ex consigliere del Pdl ha condiviso con la consorte una stanza all’hotel Accademia di Trento ma il conto di 68 euro è finito nella nota delle spese a carico del gruppo.
Lo stesso è successo anche all’hotel Belvedere a Conca dei Marini, in provincia di Salerno. La fattura della stanza, risalente al 2011, è stata di 1.945 euro. Anche a Viterbo, stavolta nel 2012, si sono visti Pedicini e signora. Inseparabili all’hotel Mini Palace. Prezzo 78 euro. Altro soggiorno di coppia all’albergo Magione Papale dell’Aquila nel 2011. Conto 240 euro.
E sempre nell’ambito dell’operazione “ospitalità pagata con i soldi dei contribuenti”, nella lista del pm Frezza si trova pure un soggiorno datato 2011 all’hotel New York di Lignano di tali M. Vascotto, E. Favretto e A. Vascotto. Spesa di ben 830 euro prontamente rimborsata dalla Regione.
La classe non è acqua. E, dopo i voli, i viaggi e gli hotel, non potevano mancare i fiori. Beneficiaria di 590 euro è stata la fioreria Cristallo di Pordenone. Anche qui, secondo il pm, si è trattato di una spesa senza il benché minimo fine istituzionale e collegamento con il gruppo consiliare del Pdl.
Infine, nella lista dell’accusa, un robusto capitolo automobilistico. Tra il 2010 e il 2011 Antonio Pedicini ha infatti speso 2.907 euro per la sua vettura. In particolare ha versato 612 euro alla carrozzeria La Meduna e 2.295 euro al Centrogomme. Chissà che pneumatici ha fatto montare. E pensare che l’ex consigliere regionale ha ricevuto un rimborso viaggi a forfait di 39mila euro all’anno (79mila tra il 2010 e il 2011) per pagare le spese della sua automobile.

In Consiglio regionale rimborsi d’oro per i triestini
Il maxiforfait appena approvato fa guadagnare almeno 1.200 euro in più al mese agli eletti del capoluogo del Fvg
di Gianpaolo Sarti
 TRIESTE. Diceva, giusto un anno fa, un consigliere regionale di centrosinistra: «Non volete mica fare i conti della serva?». Si parlava di rimborsi forfettari, all’epoca. Cosa erano? Erano i benefit aggiuntivi inseriti nelle buste paga di ogni eletto. Il quale, oltre ai 10.291 euro lordi di indennità, riceveva ulteriori 35 euro per 21 giorni lavorativi (735 al mese) per il vitto e altri soldi per l’utilizzo dell’auto, anche se non si metteva mai al volante o se non possedeva proprio la patente. In pratica si andava dai 550 euro per i triestini ai 3.300 per chi proveniva da Pordenone e Tolmezzo.
A distanza di un anno e a pochi giorni dall’approvazione della tanto sofferta legge che abbassa gli stipendi (da 10.291 a 6.300 euro lodi), elimina i vitalizi e taglia di molto le risorse ai gruppi, vale la pena allungare la lente di ingrandimento. Per scoprire che sui forfait alla fine ci guadagnano un po’ tutti. Soprattutto i consiglieri di Trieste cui spettano 1.200 euro in più. O forse ancor di più.
Come è possibile? La nuova norma cancella il rimborso vitto e auto ma, parallelamente, crea un’unica grande voce denominata “esercizio di mandato”: un maxi-forfait che raccoglie dentro tutte le spese che un consigliere, per la sua attività politica, deve sostenere. Questo a parole: perché la legge, tecnicamente, si limita a dire che le “spese di esercizio di mandato” sostituiscono solo “vitto e automezzo”. Null’altro. Siamo sempre là: se uno non si muove mai i soldi li incasserà lo stesso. La norma tuttavia, almeno per il lavoro istituzionale, prevede una trattenuta per ogni giornata di assenza dalle sedute di Consiglio regionale e delle Commissioni permanenti.
«Il presupposto – spiega il vicepresidente dell’aula Igor Gabrovec – è che il consigliere svolga l’attività sull’intero territorio. Quindi 2.500 euro possono essere molti per uno che non si muove da casa o pochi per chi è sempre in giro. Io, ad esempio, sono spesso in provincia di Gorizia e a Udine visto che le riunioni del Pd si fanno lì. Parecchie volte mi reco a Tarvisio, per non parlare delle trasferte settimanali a Lubiana dal momento che sono un rappresentante della Comunità slovena».
La somma in realtà non è stata definita ancora con esattezza nel provvedimento varato la scorsa settimana. Il testo indica il tetto massimo di 3.600 euro e sarà l’Ufficio di presidenza a stabilire quando dare e a chi. Ma durante il dibattito in commissione, nei giorni scorsi, era emerso chiaramente l’intento di assegnare ai triestini e ai goriziani 2.500 euro per queste finalità, mentre ai friulani e ai pordenonesi ne spetterebbero 3.600. I conti sono presto fatti. Se con il sistema precedente per il pranzo (735 euro) e per l’automobile (549,15 euro) un consigliere giuliano poteva contare su un totale di 1.284,15 euro aggiuntivi, ora ne potrebbe prendere invece almeno 2.500. Sono 1.215,85 euro in più nella migliore (o peggiore per lui) delle ipotesi. Quasi il doppio. Con la stessa logica un isontino si trovava nello stipendio 2.272,82 euro (da sommare sempre ai 10.291 di paga lorda), ora potrebbe averne 2.500: quindi 227,38 euro in più. Un friulano 2.931 euro ovvero 668,4 euro in più. Ci rimetterebbero i pordenonesi e i carnici che si vedrebbero togliere 429,90 euro.
Va ribadito che la cifra mira a coprire tutto, incluse le spese autostradali che fino a qualche giorno fa invece venivano pagate con un telepass gratuito regalato dalla Regione. E pure l’attività di “studio e aggiornamento”, per cui il singolo consigliere poteva domandare indietro un totale di 4 mila euro a legislatura. Ricapitolando: vitto e rimborso per l’utilizzo del mezzo non esistono più. Al loro posto il maxi-forfait mensile dai 2.500 ai 3.600 euro (esentasse, peraltro). E i triestini vanno a nozze.
I grillini, che in tema di paghe hanno scelto di farsi restituire i soldi sugli effettivi consumi e comunque mai oltre i mille euro al mese, hanno gridato allo scandalo. Ma si sono visti affossare, senza troppi complimenti, qualsiasi proposta di taglio ai privilegi che ancora resistono. Pd, Pdl, Lega e tutti gli altri quel giorno andavano curiosamente a braccetto.

Il Consiglio regionale resta senza mobili e computer
Dopo il “sequestro” voluto dall’Ufficio di presidenza il materiale è finito nello scantinato per l’inventario
di Gianpaolo Sarti
 TRIESTE. In Consiglio regionale torneranno di moda i piccioni viaggiatori. Perché comunicare con un partito o un singolo eletto sembra ormai un’operazione sempre più ardua: fax, computer e cellulari sono spariti. Non solo: via pure stampanti, scanner, video-proiettori. E pure i mobili e i divani. Rimane soltanto il materiale già di proprietà delle Regione, mentre tutti i beni acquistati dai gruppi negli ultimi cinque anni sono stati requisiti dagli uffici della Regione per l’inventario di fine legislatura.
C’è una delibera dell’Ufficio di presidenza del 13 aprile, a ridosso del voto, che impone la restituzione. Ma c’è soprattutto il pressing della Guardia di finanza che, da giugno, ha più volte sollecitato le liste degli oggetti comprati dal 2008 al 2013. La Procura, nell’ambito dell’inchiesta sui rimborsi “facili” e sulle spese di rappresentanza, vuole vederci chiaro su come sono stati utilizzati i soldi pubblici anche per queste finalità. Non è un mistero, in piazza Oberdan, che tra quegli elenchi ci sia più di qualche sorpresa: qualcuno, tra i consiglieri, non si sarebbe fatto mancare nulla in questi anni. Non si spiegherebbe altrimenti, da quanto si racconta nei corridoi, la quantità di televisioni, telefonini, pc, Ipad e Iphone racimolati in giro. Un migliaio i pezzi raccolti in tutto, ora ammassati in un magazzino del Consiglio regionale. Materiale che, a quanto pare, andava ben oltre le necessità personali.
Sfizi tecnologici? Omaggi di rappresentanza fatti dai politici? Non sono pochi quei consiglieri che, per non incappare in un’accusa di peculato, all’ultimo momento avrebbero chiesto indietro i regali fatti all’esterno. Non sono state quindi settimane facili per il Palazzo: anche perché, in piene ferie agostane, la segreteria generale ha preteso le ultime restituzioni. Qualche dipendente ha dovuto abbandonare in fretta e furia le vacanze per fare ritorno a Palazzo a contare e accatastare quanto richiesto, con tanto di fatture d’acquisto allegate. Si tratta non solo di fax, pc e cellulari, ma pure di tv, macchine fotografiche, Iphone e Ipad. O mobili, se comprati con risorse assegnate ai gruppi. Vale la pena fare un giro nel piano del Pdl e dare un’occhiata in giro. Uffici spogli, documenti ammonticchiati sul pavimento, pareti vuote. Anche i quadri e le stampe incorniciate sono stati requisiti. Via gli archivi di metallo, il divano. Il frigo. Per la normale attività di ogni giorno ci si arrangia con le cose già di proprietà della Regione, dunque già inventariate ed etichettate con un numero di matricola. Invece tutto il materiale comprato dai gruppi sta ancora nello scantinato, in attesa di essere riassegnato.
L’altro ieri, in una riunione, il capogruppo del Pdl Alessandro Colautti ha segnalato il disagio per i consiglieri e gli addetti di segreteria proponendo un inventario immediato da parte della Regione sui beni più urgenti, in modo da ottenere il prima possibile gli oggetti necessari per il lavoro quotidiano. «Com’è possibile – osserva il consigliere – che la legge non preveda una procedura che consenta semplicemente di inventariare il materiale anziché creare questa confusione e pure costi aggiuntivi, visto che abbiamo impiegato varie persone per questo? È corretto verificare e controllare, ma qui siamo alla deriva – aggiunge – mi pare evidente l’incapacità di gestire in termini efficienti una questione banale. Francamente si sarebbe potuto agire con il buon senso».

Consulenza al fidanzato: la Lega fa autosospendere la Piccin
È la strada indicata dal Carroccio davanti all’inchiesta sulle “spese pazze”. In precedenza “congelato” l’ex capogruppo Narduzzi
 di Marco Ballico
 TRIESTE. Non parla nessuno in Lega Nord. L’imbarazzo è palese. Ma qualcuno, stasera, dovrà decidere su Mara Piccin. O lei o il consiglio nazionale (è il gergo del Carroccio) che si riunisce nel quartier generale di Reana del Rojale e non potrà non affrontare il caso della capogruppo in Consiglio regionale indagata per l’ipotesi di reato di peculato. Due le soluzioni attese dalla base: l’autosospensione di Piccin o la sospensione decisa dal movimento. Qualsiasi rinvio avrebbe un sapore pilatesco.
Gianpaolo Dozzo, il commissario padano al lavoro in regione dalla scorso giugno, non ha mai parlato con la stampa. È stato inviato a monitorare la salute precaria di una Lega che, in Friuli Venezia Giulia, aveva messo in fila litigi, veleni, spaccature, flop elettorali e scandali. Una presenza silenziosa, in questi mesi, quella di Dozzo. Che continua a non dichiarare alcunché: cortese, ma declina l’invito. Non dice una parola nemmeno Matteo Piasente, il segretario congelato. Tanto meno la diretta interessata.
Solo Pietro Fontanini, presidente della Provincia di Udine, la carica amministrativa più importante della Lega ridimensionata dalle ultime tornate elettorali, accetta di commentare la delicatezza del momento: «Sì, è chiaro che queste cose non fanno bene». «Queste cose» sono la vicenda Piccin e quella consulenza “bizzarra” (da 5mila euro) assegnata dal gruppo consiliare leghista a Paolo Iuri, diventato poi compagno della eletta pordenonese, elicotterista, pure lui indagato per peculato. Come del resto Danilo Narduzzi, il capogruppo della scorsa legislatura, il padano su cui è piovuta la responsabilità della leggerezza con cui i colleghi consiglieri hanno gestito le casse dei fondi pubblici per la rappresentanza.
Una consulenza accompagnata anche da altre “stranezze”: quei cinque soggiorni in altrettanti alberghi, Piccin e Iuri assieme, che sarebbero storia privata non fossero stati pagati, pure quelli, con i soldi dei contribuenti. Materiale, tutto assieme, finito nel mirino del pm Federico Frezza, ma che diventa politicamente un gigantesco caso, l’ennesimo, in casa Lega. Questa sera è appunto in agenda un consiglio nazionale che, inevitabilmente, dovrà prendere in mano la questione.
Di che altro parlare in tempi grami, all’opposizione in Regione, e per un bel po’ di tempo ancora? Si dovesse autosospendere Piccin, come ha del resto fatto Narduzzi qualche mese fa, sarebbe almeno soddisfatta la base, quella che ci crede davvero non quella che sgomita, che certo non digerisce di vedere in casa propria gli stessi scivoloni di partiti considerati storicamente scorretti nell’uso del denaro pubblico. In caso contrario, è sempre la richiesta della base, toccherebbe al consiglio Fvg prendere una decisione. Con tutte le conseguenze del caso. Perché il crollo di voti della Lega ha ridotto a tre sole persone la presenza in piazza Oberdan: con Piccin ci sono l’ex assessore all’Agricoltura Claudio Violino e Barbara Zilli. Perdere un pezzo significa anche perdere il diritto a costruire un gruppo per i lavori dell’aula. Servirebbe a quel punto un accordo con le altre forze politiche (per nulla scontato) per proseguire con un gruppo di soli due membri. C’è dunque il rischio di penalizzare pure la struttura, con contratti agli addetti di segreteria già avviati. Insomma, un rebus. Da una parte la spinta dei militanti che vogliono chiarezza. Dall’altra le esigenze della realpolitik: il gruppo della Lega in Consiglio non può saltare.
Un bel pasticcio che, del resto, il Carroccio si poteva anche attendere quando, in campagna elettorale, Piasente dovette incassare la scelta federale di ricandidare gli uscenti ancora non coinvolti nell’inchiesta sulle spese pazze del 2011. Fu fatto allora firmare un documento, a tutti i candidati in lista, in cui si chiedeva l’impegno al passo indietro nel caso di interessamento della magistratura. Ora, nei confronti di Piccin, quell’interessamento c’è. E la Lega, in una qualche direzione, dovrà pure andare.

Spese “folli” in Consiglio regionale, il pm convoca Bucci e Marin
Partiti i primi inviti a comparire. Contestate cene in pizzeria per quasi 40mila euro e decine di soggiorni in hotel di montagna
 di Corrado Barbacini
 TRIESTE. L’ex consigliere regionale del Pdl Maurizio Bucci potrebbe fare il testimonial della pizza. Ha messo in conto alla Regione quasi 40mila euro tra birrette, margherite, romane o quattro stagioni nel periodo tra il 2010 e il 2012. Il maxi conto in pizzeria - riferito a un’infinità di cene o pranzi avvenuti alla Casa Rosandra di San Dorligo della Valle - compare in tutta evidenza nella lista del pm Federico Frezza che è parte integrante dell’invito a rendere interrogatorio. Si tratta di un atto formale preludio della chiusura delle indagini nelle quali Bucci (difeso dall’avvocato Giovanni Borgna) è indagato per peculato in concorso con l’ex capogruppo Daniele Galasso. In tutto il pm titolare dell’inchista sulla spese allegre del Palazzo contesta a Bucci 15 precisi addebiti. Non solo pranzi e cene come quella del giorno di Pasqua del 2011 alla trattoria Scheriani di Muggia, quando l’esponente pidiellino pagò con soldi pubblici un conto da 557 euro con 25 coperti pur in assenza del benché minimo collegamento con l’attività del gruppo consiliare di appartenenza. (...)
 Se a Bucci piacciono le auto e la pizza, Roberto Marin, pure pidiellino, non c’è dubbio, ama la montagna. Anche a lui (è difeso dall’avvocato Caterina Belletti) è arrivato l’invito a rendere interrogarorio, con una lista di riferimenti turistici degni di un recensore di Tripadvisor. Il must dell’ex sindaco di Grado (anche lui accusato di peculato in concorso con l’ex capogruppo Daniele Galasso) è la Val Badia. Hotel Rosa Alpina di San Cassiano, 399 euro. La Tor Sas di Villa Badia, spuntino per sei, 137 euro; Punta Trieste, sempre in val Badia, tre coperti 97 euro; Utia di San Cassiano, bevande per 34 euro; cena a Pedraces, 81 euro. Ma non trascura neanche il Cadore: Baita Fraina a Cortina 108 euro; e ancora sempre lì, altri 260 euro.

Scandalo rimborsi in Consiglio regionale: toelettatura per il cane a spese del gruppo
Nuovi dettagli dell’inchiesta sulla Casta. Contestati anche viaggi in Grecia e soggiorni alle terme
UDINE. L’invito a essere interrogati e la contestazione di nuove spese rimborsate con i soldi ai gruppi. Tanti pranzi e cene, ma anche viaggi e la “toelettatura” del cane. L’accusa sostenuta dal pm di Trieste Federico Frezza è sempre peculato, ma nuovi scontrini spuntano dall’inchiesta sui rimborsi agli attuali o ex consiglieri regionali ottenuti nel 2010, 2011 e 2012. E con gli scontrini emergono nuovi indagati. L’ex esponente del Pdl Massimo Blasoni, ma anche l’attuale Roberto Novelli. L’ex rappresentante del Pd Bruno Zvech, ma anche gli attuali Daniele Gerolin e Enzo Marsilio. Da giovedì partono gli interrogatori di garanzia, presumibilmente gli ultimi atti prima della chiusura delle indagini. Poi Frezza deciderà per chi chiedere il rinvio a giudizio.
Al capogruppo Pdl Alessandro Colautti, già finito nel mirini per una cena da 58 euro a San Valentino e per un soggiorno in Austria da 403 euro, vengono contestati ora 98 euro pagati per il parcheggio a Udine, 123 per una notte a Parigi e 35 per la pulizia del cane. «Si tratta di errori - afferma il legale Luca Ponti -. E comunque, in tempi non sospetti, prima dell’indagine, Colautti ha rimborsato la Regione per la pulizia del cane e per i parcheggi». All’attuale consigliere del Pdl Roberto Novelli il pm contesta due pernottamenti in camera doppia a Udine da 224 euro, uno da 65 a Ronchi dei Legionari e 1.046 euro per un soggiorno in Grecia, dal 50 maggio al 2 giugno 2010. «Ho pagato i due pernottamenti a Udine per due sociologhe che hanno studiato e prodotto una relazione di 110 pagine sull’iniziativa Rototom - spiega il diretto interessato -. Quello a Ronchi invece era per una relatrice a un convegno su immigrazione e dialogo tra religioni. In Grecia, infine, sono stato invitato dal responsabile della scuola di italiano ad Atene per un progetto su cittadinanza e Costituzione, legata alla festa della Repubblica, cui hanno partecipato anche alcuni alpini di Cividale».
A Blasoni, invece, Frezza 8 cene per un totale di circa 2 mila euro in tre anni. «Spiegherò tutto al pm», si limita a dire Blasoni, anche lui difeso da Ponti. Due i rilievi mossi all’attuale consigliere del Pd, Gerolin: il cenone di Capodanno 2011 per quattro a San Vito al Tagliamento, per 280 euro. E 713 euro per sette conti pagati a Bibione per vari coperti, il 13, 14, 15, 16, 17, 19 e 20 agosto 2010. A Marsilio si contesta una notte, il 28 giugno 2012, in un hotel di Trieste per 75 euro. Ma anche un conto da 730 euro consumato nel dicembre 2010 per otto menù degustazione al Laite di Sappada. Il terzo addebito è il soggiorno all’Aqua Dome Therme di Langenfeld.
Una sola contestazione per l’ex segretario regionale dei Ds ed ex consigliere regionale del Pd Zvech. «Sono convinto che si tratti di un banale errore e che tutto si chiarirà», taglia corto il suo legale Giovanni Borgna». Giovedì via agli interrogatori. Il primo a sfilare in Procura sarà Novelli.

Scandalo rimborsi in Consiglio regionale, le notti in hotel inguaiano Iacop e De Anna
Contestati a Ciriani alcuni viaggi in Francia e Spagna. Convocati in procura, oltre all'attuale presidente dell'Aula e agli ex assessori della giunta Tondo, anche gli ex consiglieri Camber e Baiutti
di Corrado Barbacini e Anna Buttazzoni
TRIESTE. Si allunga l’elenco degli ex consiglieri e degli attuali inquilini di Palazzo convocati in Procura nell’ambito dell’inchiesta sui fondi ai gruppi. Nel mirino del pm Frezza, ora, sono finiti l’attuale presidente del Consiglio Franco Iacop, due ex assessori dell’era Tondo, Elio De Anna e Luca Ciriani, e gli ex consiglieri Piero Camber e Giorgio Baiutti, rispettivamente di Pdl e Pd. Per tutti l’accusa è di peculato.
Ad inguaiare De Anna, già raggiunto da invito a comparire, sono stati tre soggiorni pagati con 410 euro del gruppo consiliare del Pdl. I fatti contestati risalgono al giugno 2011. De Anna era assessore alla Cultura e ai rapporti internazionali della giunta Tondo, ma, come ieri ha voluto precisare, «il gruppo mi aveva invitato a organizzare una serie di iniziative a prescindere dal mio incarico di assessore». Iniziative come una «corsa nella steppa» o un incontro di rugby coinvolgendo una squadra albanese. Gli investigatori della Finanza hanno trovato un tratto, o meglio una persona, che accomuna tutti i tre soggiorni. Il nome ricorrente è quello di una donna. L’11 giugno del 2011 la signora ha occupato una stanza doppia uso singola all’hotel Minerva di Pordenone. Prezzo 166 euro pagati da Elio De Anna che poi si è fatto rimborsare per ragioni, secondo l’accusa, del tutto private e in mancanza del benché minimo fine istituzionale. Tre giorni dopo la stessa signora compare in una stanza all’hotel ristorante Carnia Venzone. Pernottamento in camera doppia con colazione, prezzo 82 euro. Il giorno dopo si trasferisce all’albergo Hit di Kraniska Gora: pernottamento in camera doppia per ragioni del tutto private e senza il benché minimo collegamento con il gruppo del Pdl. «Ho ritenuto opportuno ospitare la signora perché è un’interprete di francese che mi accompagnava nelle iniziative che avevo in programma», ha spiegato De Anna. Da quanto appreso, però, la Finanza non avrebbe trovato fatture relative al pagamento dell’interprete. Insomma il suo nome compare solo nelle fatture degli alberghi, pagate dall’ex assessore e poi rimborsate. «Lunedì spiegherò tutto al pm Frezza. Ci andrò - ha annunciato De Anna - con il mio legale di fiducia, l’avvocato Renato Fusco. E sono pronto a rimborsare».
Luca Ciriani è finito nel mirino del magistrato, invece, per sei viaggi del costo totale di 2.100 euro effettuati tra il 2009 e il 2012 a Malaga, Marsiglia, Parigi e in Slovenia. «Le spese - spiega l’attuale consigliere Pdl - si riferiscono ad attività congressuali cui ho partecipato su mandato della giunta. A Parigi, per esempio, andai per incontrare l’attore Gerard Depardieu nell’ambito della promozione di vini e prodotti Fvg». Contestati a Ciriani anche una serie di pranzi. «Tutti - conclude il diretto interessato - incontri tecnici con imprenditori e società interessate a investire in regione».
Al democratico Franco Iacop, invece, Frezza contesta spese per 640 euro relative a due pernottamenti e un viaggio in Austria (all’Aqua Dome therme di Langenfeld), lo stesso viaggio contestato anche a Marsilio e Colautti, e che alla fine però saltò. Iacop, inoltre, si è fatto rimborsare il conto dell’Hotel Enterprise di Milano e quello del Posta a Trieste. Entrambe fatture per camere doppie, sempre in compagnia della stessa persona. «A Milano, in quell’occasione, avevo partecipato ai lavori della Bit - spiega il presidente dell’aula - Quanto al pernottamento a Trieste, si era reso necessario dopo una giornata di lavori in aula e una riunione serale in città».
All’ex consigliere pidiellino Piero Camber, poi, si chiede conto di spese che ammontano a 6600 euro. Al pm Frezza dovrà spiegare perchè il 24 dicembre 2010 abbia speso 204 euro di pesce fresco pregiato acquistato alla pescheria La Barcaccia. Ma dovrà chiarire anche gli ingressi (40 euro) allo stabilimento balneare di San Lorenzo al Mare in provincia di Imperia avvenuti l’8 luglio 2011. Due giorni dopo, un altro ingresso in spiaggia (54 euro) e il week end seguente pranzo al ristorante osteria dai Pippi e cena alla Torre Cipressa, per 2, totale 212 euro. Altro capitolo delle spese “allegre” attribuite a Piero Camber è quello auto e motoristico: 40 euro di ricambi moto, 20 euro di “servizio equilibratura gomme” e 50 euro per la sostituzione delle spazzole tergicristallo per Peugeot. Ma stando agli accertamenti della Finanza, a fare la parte del leone nel capitolo delle spese “pazze” sono i soggiorni in montagna a Cortina e a Sappada del consigliere Camber. Dai 128 euro alla pizzeria «El Bronzin» di Cortina ai 40 spesi alla pizzeria «Ti Spiazza» di Sappada. Da non dimenticare poi la gita a Bruxellles pagata (e rimborsata) da Camber ma fruita da 17 persone (prezzo 1758 euro), guidate da Everest Bertoli, all’epoca consigliere comunale. Infine, dulcis in fundo, tra il 2010 e il 2012 Camber ha speso ben 539 euro per torte, caramelle e anche e soprattutto pane. Quello di tutti i giorni, ovviamente rimborsato. All’ex consigliere Pd Baiutti, infine, vengono contestati tre conti d’albergo per un totale di 337 euro, tutti allo Sheraton di Padova. «Tutte trasferte motivate da fine istituzionali e documentate - spiega Baiutti -. In quell’albergo, tra l’altro, ho una convenzione che dà diritto a sconti».

Regali alle nipotine con i soldi di Palazzo
L’ex consigliere leghista De Mattia sotto tiro per i gioielli donati alle piccole di casa e cinque consulenze affidate ai generi
di Corrado Barbacini
TRIESTE. Si chiama Ugo De Mattia, 67 anni, ex consigliere regionale nelle file del Carroccio. Ma soprattutto nonno. È l’ultimo arrivato in quello che è stato definito il terremoto delle spese folli del Palazzo. Il pm Federico Frezza gli contesta 22 fatture e scontrini “bizzarri” non riconducibili nè al fine istituzionale nè all’attività della Lega Nord. Indagato in concorso per peculato anche Danilo Narduzzi, già capogruppo del Carroccio. Ma De Mattia è finito nei guai anche per una singolare serie di consulenze affidate ai mariti delle due figlie.
La spesa più singolare che viene attribuita a Ugo De Mattia è quella riferita al suo ruolo di nonno. Il 22 giugno 2011 la moglie Rinalda Molaro è andata nel negozio Gioielli Stringher di Cividale dove - in concomitanza con la ricorrenza del compleanno delle nipoti - ha acquistato gioielli per la somma di 1600 euro. La ricevuta di questi “cadeaux” per le nipotine è stata messa nelle note spese del gruppo della Lega Nord e in particolare è stata, assieme alle altre, “onorata” da Danilo Narduzzi, all’epoca capogruppo del Carroccio.
Non ci sono solo i gioielli, però. Anche la salute, evidentemente, è importante. Tant’è che De Mattia il 10 marzo 2012 non ha esitato ad acquistare - come spesa di rappresentanza una cyclette al Decatlon di Udine. Una pedalata al giorno toglie il medico di tono. Se poi è rimborsata (199 euro) è ancora meglio. E sempre riguardo al capitolo del tempo libero (ma da cosa?) De Mattia è andato alla Cicli Cappello di Manzano dove per 150 euro ha comprato alcuni articoli sportivi per 150 euro.
Che sia un bravo nonno - e soprattutto generoso - non si può certo negare. Il 29 agosto 2012 De Mattia ha comprato a spese della Regione 5 capi di abbigliamento per bambini in un negozio di Merano. Anche queste le ha definite spese istituzionali. Chissà forse per futuri elettori del Carroccio.
La lista prosegue con altri acquisti istituzionali di gioielli (240 euro), profumi 8224 euro), sciarpa da donna (154 euro) comprata dalla moglie nel negozio Conte of Florence, tuta da ginnastica, elettrodomestici, un rasoio Braun, un paio di decolletè presi da Coccinelle store di Bologna (185 euro), una borsa in pelle (325 euro) - in parte in contanti in parte dalla consorte con la carta di credito. E poi gioielli, gioelli e ancora gioielli. Sempre comprati da Stringher di Cividale e sempre rimborsati dalla Lega. Non potevano mancare, poi, anche alcuni soggiorni (per due) al Posta di Trieste.
Ma - stando alle accuse mosse dalla Procura triestina - l’attività di De Mattia si è espletata anche nella creazione di 5 attività di consulenza assieme ai due generi, entrambi indagati. Praticamente secondo gli accertamenti eseguiti dagli investigatori della Guardia di finanza portano il suo impegno politico queste iniziative definite dal pm di assoluta genericità. Si passa dagli incentivi per il rafforzamento e il rilancio della competitività delle microimrese, allo studio dell’impato sulla grande distribuzione della chiusura dei piccoli negozi. C’è poi un capitolo dedicato ai fondi Fas e un altro - immancabile - riferito all’informatica. Costo 20mila 600 euro. Affari di famiglia.

Bucci a processo per le spese pazze
Primo atto di citazione della Procura della Corte dei conti. L’ex consigliere accusato di danno erariale per 23.530 euro
di Gianpaolo Sarti
 TRIESTE. Colpa grave, eccesso di potere e un danno erariale di quasi 24 mila euro. Il primo rinvio a giudizio della Corte dei Conti nell’ambito dell’inchiesta sulle spese di rappresentanza scatta per Maurizio Bucci, l’ex consigliere del Pdl ed ex assessore comunale a Trieste nella giunta Dipiazza, che il partito aveva escluso dalle ultime elezioni regionali proprio a causa del coinvolgimento nell’indagine. Nella prossime settimane partiranno altri atti di citazione: nel mirino della magistratura contabile erano finiti ben 48 ex della passata legislatura, 10 nel primo round, 38 nel secondo.
Il caso, scoppiato a dicembre dello scorso anno con il blitz della Guardia di Finanza negli uffici di piazza Oberdan, aveva sconvolto un’intera classe politica: gli inquirenti avevano scoperto una valanga di spese che, stando l’accusa, non avevano nulla a che vedere con l’attività istituzionale. Sui fatti, che risalgono agli acquisti sostenuti nel 2010 e 2011, si è attivata anche la Procura della Repubblica.
Bucci deve rispondere di una pioggia di scontrini: svariate consumazioni in bar, pranzi, cene, ricariche telefoniche e riparazioni della propria automobile. La sua difesa si è giocata sul contrattacco: secondo l’ex consigliere la Corte non ha potere di mettere il naso in tutto questo. Tesi, peraltro, smontata punto per punto dalla magistratura contabile.

Le spese
La Corte contesta a Bucci un totale 23.530 euro. È questa la somma che l’ex consigliere nel corso del 2010 e 2011 si è fatto restituire dalla segreteria del gruppo. Nell’atto di citazione, (l’equivalente del rinvio a giudizio) disposto dal Procuratore Maurizio Zappatori è allegato l’elenco delle spese: 19 pagine tra pranzi e cene al ristorante con conti che, talvolta, superano i 500 euro (spesso in un locale di San Dorligo), consumazioni al bar, ricariche Vodafone, parcheggi e ferramenta. Oltre che per tagliandi della macchina e cambio pneumatici. Bucci ha spiegato che le consumazioni, «riguardavano colloqui con i responsabili o i rappresentanti di associazioni per la preparazione di riunioni di carattere divulgativo».

L’accusa
Gli argomenti portati dall’ex inquilino di Palazzo, però, non hanno convinto la Procura della Corte dei conti secondo la quale, si legge nella citazione, va segnalato un comportamento molto grave e di assoluto disinteresse rispetto al modo in cui è stato erogato e speso il denaro pubblico. Un comportamento, quindi, che ha causato danno erariale. La Procura si è trovata davanti a scontrini e ricevute prive di una qualunque motivazione che potesse giustificare la spese; mancavano sempre, inoltre, le generalità e la qualifica dei soggetti esterni per cui le stesse erano effettuate.
 E le consumazioni e gli acquisti “insoliti”? Secondo la Procura paiono più che altro finalizzati a gratificare e animare elettori e i simpatizzanti per consolidare nel tempo il loro appoggio elettorale. Riunioni, si legge ancora nell’atto, che rispondono quindi alle esigenze di propaganda politica di partito e non a quelle specifiche del gruppo consiliare. Bucci quindi, secondo la Corte dei Conti, avrebbe dovuto farsi carico personalmente di quelle spese, e certo non metterle a carico dei fondi che il Consiglio regionale aveva stanziato per i gruppi consiliari.

I rimborsi auto
C’è poi un punto in particolare che ha destato l’interesse degli inquirenti: l’auto. Bucci, come tutti i consigliere regionali già riceveva un rimborso forfettario mensile per l’utilizzo dell’automobile. Eppure tra i suoi scontrini sono state trovate fatture di manutenzione e di sostituzione delle gomme dell’auto privata. Fatture giustificate sostenendo di non aver mai usufruito del rimborso chilometrico.
Un“alibi” che, per Maurizio Zappatori, non sta in piedi: le spese effettuate in autofficine e gommisti, i tagliandi di 20mila km, le riparazioni e gli acquisti di pneumatici con importi rilevanti (euro 211,00 per un tagliando, euro 1.078,06 per una riparazione auto, euro 460,00 + 103,06 per pneumatici), si legge nella citazione, non rientrano in alcun modo alla voce “trasferte” (rimborsabili dal gruppo, ndr), che riguardano viaggi e pernottamenti.

Gelati, cene e brindisi inguaiano Marini
Il consigliere triestino rinviato a giudizio dalla Procura della Corte dei conti. Contestate spese irregolari per 6mila euro
 di Gianpaolo Sarti
TRIESTE. Per la Procura della Corte dei Conti ha utilizzato soldi pubblici per garantirsi l’appoggio elettorale, organizzando cene e buffet per decine di persone. Il conto, talvolta, superava i 2 mila euro. E, ancora, si è fatto rimborsare le consumazioni al bar. Conti anche di pochi euro, spesso in gelateria. Tutte spese che poco o nulla, per la magistratura contabile, hanno a che vedere con l’attività politica e istituzionale. L’inchiesta sulle “spese pazze” in voga in Consiglio regionale questa volta si abbatte su Bruno Marini, fino a oggi uno dei pochi sopravvissuti a un’indagine che, di fatto, ha azzerato un’intera classe politica. Non a caso il consigliere, ora confluito nel Misto con FI, è stato l’unico “ex” della vecchia guardia che il Pdl aveva potuto ricandidare alle ultime regionali. Lui oggi ha un posto in Regione, mentre gli altri triestini Maurizio Bucci, Piero Camber e Piero Tononi erano stati esclusi, perché indagati prima delle elezioni. Ora Marini, come lo stesso Bucci, è stato rinviato a giudizio dalla Corte dei Conti, mentre non è coinvolto, a quanto risulta, nel filone penale.
L’atto di citazione contesta al triestino spese irregolari per 6.177,40 euro. Ad aver insospettito la Procura ci sono almeno 4 pranzi o cene in alcuni locali triestini, rimborsati dal gruppo con soldi dei contribuenti, per un totale di 5.380 euro: uno alla trattoria “Al Castello” il 31 maggio 2011 per 53 coperti pagato 1.200 euro; un altro al “Caffè degli Specchi” per 10 persone e con una spesa di 900 euro. Poi, ancora, al ristorante “Le Saline” di Muggia l’8 dicembre, per 60 invitati per un totale di 1.080 euro. Infine alla “Città di Londra” il 22 dicembre per 2.200 euro. Tutto ciò, stando alla Procura, riguarderebbe incontri conviviali finalizzati a gratificare i simpatizzanti per consolidare l’appoggio elettorale. Propaganda politica, insomma, che Marini avrebbe dovuto pagarsi con il proprio denaro, o con quello del partito, non con i fondi del Consiglio. Per la Corte è un comportamento grave, che configura il danno erariale.
 C’è un elemento in più, finora mai emerso dalle carte degli altri ex mandati a processo: nel lungo elenco di scontrini spuntano molte consumazioni di pochi euro: si tratterebbe di acquisti che, vista l’esiguità della cifra, potrebbero riferirsi a una sola persona. Quindi non riconducibili a incontri di rappresentanza. È la prima volta che compare un aspetto del genere, almeno per quanto riguarda pranzi, cene e caffè. O gelati, di cui Marini pare vada ghiotto, stando agli atti dell’inchiesta. A tal proposito ritorna con frequenza la gelateria “Zampolli”. Di sera, a luglio, quasi quotidianamente: 3,90 euro, tre palline. Alla Procura, evidentemente, il gelato piace meno: tutto questo è ritenuto eccesso di potere e colpa grave. Marini, nella sua difesa, ha espresso “perplessità” sulla competenza della Corte nell’indagare tra i suoi scontrini, dal momento che – a detta del consigliere – i controlli sono stati introdotti con norme successive all’anno (il 2011) in questione. Argomentazioni infondate, secondo la Procura: la Corte, che ha giurisdizione in materia, ricorda che esistono principi precisi in tema di spesa pubblica. Non ci sono “prassi” che tengano.
Entrando nel merito delle presunte consumazioni personali che l’ex pidiellino si è fatto rimborsare, Marini spiega: «Su questo la cifra è bassissima – fa notare – è di 737,40 euro in tutto. Consumazioni – dice – che non erano per me, ma per incontri che ho fatto nella veste di consigliere». Giustifica gli oltre 5 mila euro nei ristoranti «come attività politica» e cita, ad esempio, il brindisi di fine anno alla trattoria “Città di Londra” con gli elettori: «Ci facciamo gli auguri e parliamo di Finanziaria – puntualizza – se questa non è una spesa riconducibile al lavoro politico voglio che mi si spieghi cos’è la rappresentanza. Non concordo con il procuratore e sarà la tesi che sosterrò in sede di dibattimento». Comunque, ci tiene a sottolineare, «sono contento perché non sono stato colpito dall’inchiesta penale. Su quel versante non ho alcun tipo di contestazioni. È l’aspetto più rilevante».

Tondo indagato per tre notti in albergo
Accusa di peculato per l’ex governatore. Il pm Frezza contesta i 500 euro spesi durante due viaggi a Venezia e Assisi
 di Anna Buttazzoni
UDINE. Tre notti in albergo per un conto di circa 500 euro rimborsati attingendo ai soldi del gruppo, il Pdl. Sarà l’ex governatore Renzo Tondo a dover ricostruire eventi e circostanze. Anche lui entra nell’inchiesta della Procura di Trieste, e del pm Federico Frezza, sui rimborsi “disinvolti” concessi ai consiglieri regionali nella scorsa legislatura. Anche lui è indagato con l’accusa di peculato. Un’accusa di fronte alla quale, però, il diretto interessato ostenta grande serenità. «Sono convinto che quando sarò ascoltato potrò tranquillamente chiarire ogni cosa», è il primo commento dell’ex presidente del Friuli Venezia Giulia.
Il nuovo atto della Procura svela anche il blitz di giovedì scorso da parte degli uomini della Guardia di finanza nella sede del Consiglio a Trieste. A Tondo, che fa parte dell’Assemblea regionale come capogruppo del Misto e portavoce del centrodestra, Frezza contesta due pernottamenti, uno ad Assisi per una notte e uno a Venezia, per due notti. Tondo è stato accompagnato in entrambe le occasioni dalla compagna e in un viaggio – quello a Venezia – il conto della signora è stato pagato a parte. Gli uomini delle Fiamme gialle proprio giovedì, nel palazzo del Consiglio, hanno notificato all’ex governatore l’invito a presentarsi per un interrogatorio, come persona sottoposta a indagini.
Un interrogatorio che è stato programmato per mercoledì, davanti al nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Trieste e al quale Tondo sarà assistito dal legale tolmezzino Luciano Cardella. Poi sarà Frezza a decidere se chiedere al Gip ( il giudice per le indagini preliminari) il rinvio a giudizio, e quindi il processo, oppure l’archiviazione.
Tondo è all’estero per qualche giorno, ma al telefono racconta la sua versione dei fatti. La missione ad Assisi è stata organizzata per partecipare alla ricorrenza di San Francesco patrono del Paese, viaggio cui hanno partecipato diversi esponenti del Fvg. «Guidavo – racconta l’ex governatore – la delegazione delle Regioni italiane. Mi sono fermato una notte e, al momento di pagare, ho consegnato la mia personale carta di credito. La fattura è quindi finita tra le spese del gruppo, ma si tratta di un banalissimo errore, dalla carta di credito sbagliata alla consegna della ricevuta».
 A Venezia, invece, l’ex governatore spiega di aver avuto alcuni incontri istituzionali e altri legati all’attività del Pdl. «Ho passato due giorni tra incontri come presidente della Regione – dice Tondo – e appuntamenti legati all’attività politica che non ho ritenuto andassero addebitati sul conto da presidente. La fattura per la mia compagna, invece, è stata fatta a parte e pagata da me».
Saranno il pubblico ministero Frezza e gli uomini della Guardia di finanza a verificare e decidere come procedere. Di certo anche Tondo aveva accesso ai fondi del gruppo, in parte minore rispetto ai colleghi del Pdl. Anche l’ex governatore, in quanto eletto, rientrava infatti nell’elenco dei pidiellini. E come da legge – ora modificata, soprattutto nelle cifre concesse a ciascun gruppo rappresentato in aula per l’attività istituzionale e le spese di rappresentanza –, l'amministrazione assegnava al gruppo una somma per ogni eletto, soldi che finivano nelle casse del gruppo e con i quali venivano poi erogati i rimborsi. Ecco perché anche Tondo ha ottenuto degli indennizzi con i fondi della Regione.
Diversa, invece, era la gestione delle spese effettuate in qualità di presidente della giunta regionale. Con ogni probabilità anche su questi aspetti si concentreranno gli inquirenti durante l’interrogatorio di mercoledì prossimo a Palazzo di giustizia.

Cene e gite in montagna, Marin a processo
L’ex consigliere Pdl citato dalla Corte dei conti per 14.500 euro di spese sospette sostenute per viaggi e soste al ristorante
di Corrado Barbacini
 TRIESTE. Non c’è dubbio: l’ex sindaco di Grado ed ex consgliere del Pdl Roberto Marin ama la montagna. E anche la buona tavola, specie i piatti sapidi (ma non leggeri) come la coda alla vaccinara. Una buona forchetta. Si è seduto - durante un soggiorno a Roma - a un tavolo della storica trattoria Sora Lella, gestita in passato dalla sorella di Aldo Fabrizi. Era una domenica d’aprile e per il procuratore della Corte dei conti Maurizio Zappatori, il pranzo di Roberto Marin non era stato assolutamente istituzionale. Anzi. E questa è stata solo una delle tante spese sospette, in totale 14.500 euro, per le quali è stato citato a processo con l’accusa di danno erariale.
«Le spese - si legge nella citazione, che equivale al rinvio a giudizio - si riferiscono a numerosissime consumazioni presso bar, gelaterie, posti di ristorazione, buffet, ristoranti (in alcuni casi anche in Slovenia), e ad acquisti presso negozi di vini e liquori, di pane e dolci, di alimentari, di macelleria, di abbigliamento nonché a pernottamenti, servizi di taxi e parcheggi». Insomma Marin non si è fatto mancare quasi nulla a leggere la lunga lista in appendice alla citazione. Osserva ancora il procuratore che «tutte le spese sono supportate soltanto da scontrini o ricevute fiscali senza l’indicazione delle circostanze e dei motivi che le rendevano necessarie, nonché delle generalità e della qualifica dei soggetti esterni per cui le stesse erano effettuate». Come dire: l’ex sindaco di Grado non ha avuto bisogno di spiegare nulla. Ha invitato e ha mangiato alla grande.
In due soli casi Roberto Marin ha fornito - quando aveva ricevuto l’invito a dedurre - al procuratore contabile qualche chiarimento. Il primo caso è stato quello di un soggiorno alberghiero il 30 dicembre 2010 a San Cassiano di Badia. Prezzo: euro 399,70. Marin lo ha spiegato sinteticamente come incontro con imprenditori di turismo dell’Alta Badia per la promozione turistica di Grado. Poi ha spiegato anche i motivi di un rinfresco in un agriturismo a Fogliano-Redipuglia, prezzo 1.225 euro. Questo lo ha definito come un incontro politico-istituzionale, con un centinaio di partecipanti, nell’ambito dell’attività promozionale politica del partito.
Secondo la procura contabile non può però considerarsi ammissibile per l’ex sindaco di Grado la spesa di pernottamento in montagna verso la fine dell’anno. Che praticamente è stata giustificata dall’interessato con un riferimento generico ad un incontro con non meglio precisati imprenditori turistici del posto. E viene ritenuta inammissibile anche la fattura riferita al rinfresco a Fogliano Redipuglia, giustificata come attività promozionale del partito, «poiché - si legge nell’atto di citazione - il regolamento regionale nel prevedere la possibilità di spese per le iniziative di divulgazione dell’attività e dei programmi del gruppo consiliare fa riferimento a strumenti divulgativi espressamente indicati: “stampa, manifesti, pubblicazioni o altri mezzi o sistemi di informazione”». Non certo scampagnate in agriturismo.
Si legge nella citazione: «Ci troviamo di fronte ad un comportamento molto grave di assoluto disinteresse sul modo in cui è stato erogato e speso il denaro pubblico; un comportamento che ha causato direttamente un danno erariale». E poi ancora: Sono stati violati i principi fondamentali di buona amministrazione e di economicità, cui deve essere ispirata l’azione di chi comunque partecipa all’attività di organi pubblici».
Lo scorso 30 agosto Roberto Marin era stato interrogato dal pm Federico Frezza, titolare del fascicolo penale per il quale è accusato di peculato al pari di molti altri suoi colleghi. Nella lista del pm Federico Frezza compare una lista di riferimenti turistici degni di un recensore di Tripadvisor. Dalla Val Badia al Cadore. E poi anche l’Alto Adige. Montagna e montagna. Così l’ex sindaco di Grado.

Scandalo rimborsi: a giudizio un (ex) consigliere regionale su tre
La procura della Corte dei conti del Fvg tira le fila dell’inchiesta che ha travolto il palazzo di piazza Oberdan. L’obiettivo: recuperare 700mila euro dei denari pubblici spesi indebitamente dai rappresentanti dei partiti della passata legislatura
Dodici ex consiglieri regionali del Friuli Venezia Giulia andranno a processo alla Corte dei Conti, che ha concluso le indagini sui rimborsi ottenuti sulle spese di rappresentanza sostenute nel 2011. Precedentemente erano già stati rinviati a giudizio gli otto capogruppo, per un totale di 20 consiglieri regionali su 60: in pratica uno su tre.
Complessivamente la Procura della Corte dei conti punta a recuperare 700mila euro. Circa 101mila sono stati già restituiti da alcuni ex consiglieri regionali, in particolare 68mila euro da ex consiglieri del Pd e 33mila da ex Pdl.
Vanno al giudizio della magistratura contabile, che in caso di condanna non prevede la detenzione ma il rimborso del danno erariale, gli ex consiglieri che non hanno giustificato né restituito le spese di rappresentanza. I primi a processo saranno i capigruppo, a partire dall’ex capogruppo della Lega Nord, Danilo Narduzzi. La prima udienza è in agenda il 14 novembre. I processi relativi ai consiglieri sono invece in programma dall’aprile 2014.

Narduzzi svela le spese “pazze” leghiste
In vista del processo l’ex capogruppo chiama in causa i colleghi e ne ricostruisce le uscite. La cifra più alta spetta alla Piccin
 di Anna Buttazzoni
UDINE. Finora erano rimasti “coperti” gli ex colleghi del gruppo consiliare della Lega Nord. E Danilo Narduzzi da ex capogruppo si è trovato a dover rispondere di tutte le spese allegre sostenute dai leghisti nella passata legislatura. Perché la Procura della Corte dei conti ha chiuso l’indagine e gli contesta un danno alle casse della Regione di oltre 238mila euro. Una cifra da far tremare i polsi. E allora, per la prima volta, Narduzzi fa sapere che tutta quei soldi non possono essere attribuiti a lui. Documenti alla mano si è preso la briga di controllare ogni acquisto rimborsato dal gruppo, risalendo così agli “utilizzatori finali”. La cifra più alta? A spenderla è stata Mara Piccin, tuttora in carica e sostituita di recente da capogruppo: quasi 30mila euro alla voce rappresentanza, quasi seimila euro in più rispetto alla media dei componenti della squadra padana. Questi calcoli sono poi confluiti nella memoria difensiva prodotta da Narduzzi, che giovedì sarà davanti alla sezione giurisdizionale della Corte dei conti. E sarà il primo dei 20 esponenti della Regione ad andare a processo.
Difeso dal legale Luca Ponti, l’ex capogruppo del Carroccio è stato citato a giudizio dalla magistratura contabile per 238mila e 713 euro. Una somma attribuita a spese di rappresentanza effettuate nel 2011, ma che tali non sono per il procuratore della Corte dei conti, Maurizio Zappatori. Fin dall’avvio dell’inchiesta – nel dicembre 2012 – Narduzzi è stato il solo leghista a essere coinvolto, perché la contabilità del gruppo era la più confusa e disordinata. Non c’erano cioè, come per le altre compagini consiliari, fatture e scontrini riconducibili a una persona, ma uno scatolone con pezze giustificative alla rinfusa. Ma l’ex consigliere – che a maggio non è stato ricandidato – si è messo di buzzo buono. Ha preso scontrino per scontrino e ha ricostruito le spese del 2011, tutte legittime secondo lui. Un lavoro che ha prodotto un elenco preciso. A Piccin, quindi, l’ex capogruppo attribuisce spese per 29 mila 916 euro; a Federico Razzini (non ricandidato) poco meno, 29 mila 236; a Ugo De Mattia (non ricandidato) 27 mila e 800 e a Enore Picco (non ricandidato) 11 mila 501. E poi c’è il caso dell’ex assessore Claudio Violino (circa 22mila euro) che, in quanto eletto, aveva accesso ai fondi assegnati dalla Regione al gruppo. Nulla invece, secondo la ricostruzione puntuale fatta dall’ex capogruppo padano, è stato utilizzato da Maurizio Franz, l’altro leghista eletto nel 2008, che a fine settembre 2010 divenne presidente del Consiglio, sostituendo Edouard Ballaman, coinvolto nell’inchiesta sull’uso disinvolto di auto blu e autista. Giovedì Narduzzi si difenderà dall’accusa di danno erariale. Sarà Zappatori in udienza a svelare se e come procedere rispetto ai cinque colleghi chiamati in causa dall’ex capogruppo. Ma è probabile che per ciascuno il procuratore apra un nuovo fascicolo per verificare le spese.


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