La metà dei
consiglieri “in fuga” da Palazzo
Rimborsi
“facili”: Pdl, Pd e Lega travolti dagli avvisi di garanzia
Indagine-rimborsi:
al mare e in montagna a spese dei contribuenti
Inchiesta
rimborsi, altro blitz della Gdf in Consiglio regionale
Rimborsi,
Consiglio regionale “sequestrato” fino a notte fonda
Fondi ai gruppi,
raffica di nuovi avvisi
Spese “allegre”,
capigruppo in Procura
Scandalo
rimborsi, sotto torchio gli ex capogruppo di Pdl e Lega
Scandalo rimborsi
in Regione, quaranta nuovi avvisi
Regione:
biancheria “di gruppo” tra le spese folli
La “cena da
nababbi” dell’ex consigliere regionale
Spese allegre in
Regione, parte la corsa al rimborso
Spese folli in
Consiglio regionale restituite con lo “sconto”
Gli scontrini
“fantasma” della Lega: mancano 37mila euro
Scandalo
rimborsi, le "prove" delle spese padane finite nel tritacarte
Cresta sui
viaggi, Ballaman (re)indagato
Paga netta da
8.053 euro per tre giorni in Consiglio regionale
Ex Consiglio
regionale, le infinite spese pazze dei leghisti E nell’inchiesta “entra” Piccin
“Guerra tra bande” nella Lega Nord del Fvg
sconvolta dai rimborsi pazzi
Lega Nord Fvg, le
pazze “spese personali” di Piccin
Ciriani
restituisce i rimborsi “di troppo”
Spese folli “in conto
terzi”, Bertoli indagato
Il giro del mondo
“a sbafo” di Ballaman
Notti in hotel e
alcolici tra gli scontrini di Tononi (Pdl)
Scandalo in
Consiglio: papà offre il viaggio. Ma paga la Regione
In Consiglio
regionale rimborsi d’oro per i triestini
Il Consiglio
regionale resta senza mobili e computer
Consulenza al
fidanzato: la Lega fa autosospendere la Piccin
Spese “folli” in
Consiglio regionale, il pm convoca Bucci e Marin
Scandalo rimborsi
in Consiglio regionale: toelettatura per il cane a spese del gruppo
Scandalo rimborsi
in Consiglio regionale, le notti in hotel inguaiano Iacop e De Anna
Regali alle nipotine
con i soldi di Palazzo
Bucci a processo
per le spese pazze
Gelati, cene e
brindisi inguaiano Marini
Tondo indagato
per tre notti in albergo
Cene e gite in
montagna, Marin a processo
Scandalo
rimborsi: a giudizio un (ex) consigliere regionale su tre
Narduzzi svela le
spese “pazze” leghiste
La Casta si fa
rimborsare pure la spesa dal macellaio
Nelle carte dell’inchiesta sui rimborsi dei consiglieri Fvg scontrini da 35
euro per l’acquisto di carne e tè bevuti in rifugio
di Matteo Unterweger
TRIESTE. Anche 35 euro per acquisti in macelleria. È uno degli scontrini
finiti sotto la lente di ingrandimento dei finanzieri che stanno passando al
setaccio le spese di rappresentanza sostenute nel 2011 dai gruppi politici del
Consiglio regionale. Non l’unico, ovviamente, visto che i due fascicoli aperti
- uno alla Corte dei conti dal procuratore contabile Maurizio Zappatori,
l’altro in Procura e di cui è titolare il sostituto procuratore Federico Frezza
- mirano a verificare movimenti per complessivi 884mila euro e 966 euro su un
totale di 2 milioni e 700mila euro a disposizione dei gruppi. Accertamenti in
corso, trasversalmente fra le diverse forze politiche, sulle varie spese
rendicontate. Quindi, anche su “spese di rappresentanza” da un euro: il costo
di un caffè. E in effetti nei faldoni non mancano casi del genere: scontrini
che attestano il pagamento di una singola tazzina al bar.
Tutto oggetto di verifica, insomma,
anche per capire se vi siano o meno motivi di rilevanza penale. Al momento, a
proposito, nessun consigliere regionale risulta indagato. Oltre alla macelleria
e ai caffè, gli investigatori della tributaria hanno annotato fra le altre cose
la presenza di esborsi da duemila euro per l’organizzazione di buffet. E ancora
scontrini legati al pagamento di due tazze da tè portate all’impianto di
risalita di Sella Nevea.
Nella stragrande maggioranza dei
casi, lo scontrino ha un nome e un cognome a cui collegarsi: l’eletto in
questione (nulla trapela per ora sui nomi), infatti, ha sborsato quella cifra
per quell’acquisto. Ma c’è un gruppo consiliare (non è noto, fin qui, di quale
si tratti) che fa eccezione: le spese di rappresentanza per il 2011 non sono
imputate ai propri esponenti ma conteggiate tutte proprio come gruppo. Insomma,
non si sa chi è stato a spendere quanto. Sono noti solo il totale e quali
scontrini o fatture lo determinino. Nelle prossime settimane potrebbero esserci
sviluppi sul fronte delle indagini, che certamente proseguiranno in maniera
compatta nel senso che non saranno analizzate prima le forze di maggioranza e
poi quelle di opposizione o viceversa. Tutti assieme, invece, nell’evolversi
della vicenda. Massima attenzione motivata anche dalla campagna elettorale in
corso per le imminenti politiche del 24 e 25 febbraio.
Altro dettaglio che spunta dagli
incartamenti: c’è chi ha piazzato fra le spese di rappresentanza anche i pranzi
consumati alla mensa del Consiglio o qualche merenda volante al bancone del bar
interno al palazzo di piazza Oberdan. Mosse che sono automaticamente saltate
all’occhio dei finanzieri, non fosse altro che per quei 735 euro di bonus per
21 giorni di lavoro già attribuiti ai consiglieri per il vitto.
Una serie di interrogativi, insomma,
si è aperta davanti agli investigatori: a cosa è servita la spesa dal
macellaio? In che modo possono un caffè al bar o il pranzo in Consiglio
rientrare nelle spese di rappresentanza? Per quale buffet sono stati destinati
duemila euro? Quesiti a cui se ne agganciano altri, inerenti le feste in
discoteca che tanto rumore hanno già provocato nei giorni scorsi.
Richieste di chiarimenti, se
ritenute necessarie, verranno inoltrate in prima battuta ai capigruppo delle
forze politiche del Consiglio regionale: è infatti attraverso il vaglio dei
leader dei gruppi consiliari che passano le varie spese rendicontate. Quindi
proprio loro stessi potrebbero assicurare un aiuto per spiegare certe
situazioni. Il sospetto degli inquirenti è che in alcuni casi le spese siano
state spacciate per legittime quando invece non lo erano: elenchi dettagliati
degli acquisti effettuati sono stati infatti predisposti per essere poi
verificati nel dettaglio. Qualora dovessero venire a galla conferme delle
presunte anomalie tali da configurare un “eccesso di potere”, di conseguenza a
delinarsi potrebbe essere l’ipotesi di reato di danno erariale. Sul fronte
della procura ordinaria, nell’eventualità di evidenza di rilievi penali,
potrebbe essere ipotizzato invece il peculato.
La metà dei
consiglieri “in fuga” da Palazzo
Solo 24 uscenti su 57 sicuri di ricandidarsi, gli altri mollano o sono
incerti Intanto continua la caccia agli autori delle spese “pazze” di
rappresentanza
di Marco Ballico
TRIESTE. Un consigliere su tre, lo ha anticipato la Procura, è indagato:
troppe spese pazze con i soldi pubblici a disposizione dei gruppi. Meno di uno
su due, sia per questo motivo o per tutt’altra valutazione, è invece già certo
di non presentarsi al rinnovo di piazza Oberdan o ci sta almeno pensando.
«Si ricandida?». Domanda semplice
alla quale, esclusi i due presidenti Renzo Tondo e Maurizio Franz, rispondono
con un deciso «sì» solo 24 eletti su 57. Gli altri viaggiano sul «no» (15),
sull’incertezza (14) o non rispondono al telefono (4). ll procedimento per la
presentazione delle candidature per l’elezione del presidente della Regione e
del Consiglio regionale prevede la consegna alla segreteria dell’Ufficio
centrale regionale, direzione relazioni internazionali, comunitarie e autonomie
locali sede di Udine, di due atti: la dichiarazione di presentazione del gruppo
di liste; le dichiarazioni di presentazione delle candidature che, nel caso di
obbligo di raccolta delle sottoscrizioni, devono essere accompagnate da un atto
di deposito. I tempi? Il deposito deve essere effettuato dalle 8 alle 20 del
trentaseiesimo giorno (16 marzo) e dalle 8 alle 12 del trentacinquesimo giorno
(17 marzo) antecedente la data delle elezioni.
Non irrilevante la questione delle
firme. Ne sono esonerate solo le liste espressione di partiti che nell’ultima
elezione del Consiglio abbiano presentato candidature con proprio contrassegno
e abbiano ottenuto almeno un seggio. Per tutte le altre servono tra 1.000 e
1.500 firme di elettori nelle circoscrizioni di Trieste, Gorizia, Udine e
Pordenone e tra 750 e 1.100 in quella di Tolmezzo. Ostacolo non di poco conto
per i piccoli partiti, al punto che Franco Baritussio, recentemente passato
nelle truppe de La Destra, aggiunge alla sua intenzione di ricandidarsi un
prudente «firme permettendo».
I più decisi, anche perché hanno già
effettuato la selezione delle primarie, sono i democratici. Il «sì» alla
ricandidatura viene pronunciato dagli stessi che si sono affidati all’avvocato
triestino Giuseppe Borgna per chiedere l’attestazione di non coinvolgimento
nella vicenda dei rimborsi pubblici anomali, vale a dire Franco Codega, Daniele
Gerolin, Franco Iacop, Sergio Lupieri, Enzo Marsilio il capogruppo Mauro
Travanut. Si aggiunge il «sì» di Igor Gabrovec, che correrà per la minoranza
slovena, mentre si sono tirati fuori, e non chiedono deroghe, Giorgio Baiutti
(che estende il suo rifiuto anche alla Provincia di Udine), Giorgio Brandolin
(neoeletto deputato), Franco Brussa, Sandro Della Mea, Paolo Menis (candidato
sindaco di San Daniele), Annamaria Menosso, Alessandro Tesini e Bruno Zvech, la
maggior parte out per raggiunto limite dei tre mandati. Fuori dal gioco anche
Paolo Pupulin che peraltro, come sulla questione rimborsi, risulta
irrintracciabile. Valanga di «sì» invece, due su tre, in casa Pdl. Se Luigi
Cacitti è introvabile, l’unico passo indietro è quello di Massimo Blasoni.
Scottato dal caso liste per il Parlamento, l’imprenditore friulano non si è
abbarbicato alla sedia e ha deciso di prendersi una pausa. «In corso di
valutazione» si dicono invece Piero Camber e Gaetano Valenti (il goriziano per
motivi di salute), mentre Elio De Anna, l’assessore plurivotato di Pordenone
racconta di aver dato la sua disponibilità al partito e Franco Dal Mas respinge
la curiosità: «È una domanda difficile, non so che cosa farò». In casa Lega i
“soldatini” padani si dicono «a disposizione del partito». Ligi alle regole,
sono comunque pronti a ritornare in pista in quattro su sei: il capogruppo
Danilo Narduzzi, Mara Piccin, Enore Picco e Federico Razzini. Per Ugo De Mattia
siamo invece già al «no» e per Claudio Violino, che pure non disegnerebbe
un’altra chiamata, siamo probabilmente al passo d’addio dopo tre legislature
consecutive (stessa sorte per il presidente del Consiglio regionale Franz).
Qualche altro in fase di valutazione si trova tra i centristi (Edoardo Sasco e
Giorgio Venier Romano), i dipietristi (Enio Agnola) e gli esponenti della
sinistra (Igor Kocijancic). «Largo ai giovani» è poi l’annuncio di Roberto
Antonaz e «vorrei continuare» quello, appunto, di un giovane, Alessandro
Corazza, capogruppo dell’Idv. A tirarsi fuori sono infine Piero Colussi, «nel
rispetto del limite dei due mandati che ha sempre contraddistinto i Cittadini»,
l’ex democratico Gianfranco Moretton, l’ex presidente dell’aula Edouard
Ballaman e il pensione Luigi Ferone. Quanto a Roberto Asquini c’è ancora tempo
per decidere: «Potrei difendere con i denti lo sconto benzina oppure favorire
il ricambio».
Rimborsi
“facili”: Pdl, Pd e Lega travolti dagli avvisi di garanzia
La Procura invia le notifiche ai capigruppo Galasso, Moretton e Narduzzi.
Tra gli indagati i triestini Bucci, Camber, Tononi e i goriziani Razzini, Marin
e Valenti
di Gianpaolo Sarti
TRIESTE. Bomba giudiziaria sul Consiglio regionale del Friuli Venezia
Giulia. La Procura di Trieste, alle prese con le indagini sulle spese di
rappresentanza dei consiglieri, ha inviato i primi avvisi di garanzia. I
destinatari sono i capigruppo dei tre partiti più pesanti: il pidiellino
Daniele Galasso che, per questo motivo, non si ripresenterà alle prossime
elezioni regionali; l’ex pd (ora montiano) Gianfranco Moretton e il leghista
Danilo Narduzzi. Quelli che avrebbero dovuto controllare, secondo le
ricostruzioni dei magistrati, come i consiglieri del gruppo usavano i soldi
pubblici a disposizione. L’accusa, per tutti, è di peculato. Ma le posizioni,
da quanto trapela, sono differenziate: c’è chi è finito nel mirino del pm
soltanto per l’omessa vigilanza sulle uscite più “strampalate” dei colleghi e
chi è finito sotto indagine anche per acquisti personali. Nell’attesa di nuovi
dettagli, di sicuro, l’inchiesta sugli scontrini facili miete altre “vittime”.
Gli avvisi di garanzia, che colpiscono tre pezzi da novanta del Consiglio,
contengono i nomi di altri indagati. Quelli che, al momento, non hanno ancora
ricevuto l’avviso. In tutto, stando a quanto trapelato già nei giorni scorsi
dai pm, 19 su 57. Un terzo dell’intero Consiglio regionale.
Il Pdl, il gruppo più numeroso, ha
ben 11 eletti coinvolti su 16. Nella lista ci sono Piero Camber, Gaetano
Valenti, Alessandro Colautti, Paolo Santin, Roberto Marin, Maurizio Bucci,
Antonio Pedicini, Franco Dal Mas, Piero Tononi e Franco Baritussio (ora con “La
Destra”). Una mazzata pesantissima per Trieste: solo Bruno Marini risulta fuori
dalla bufera. I primi commenti? «Nulla da dichiarare. Quando e se riceverò le
carte risponderò in maniera puntuale. Per cosa sono indagato? Per la mia
iperattività» afferma Camber. Il consigliere che, con Valenti, sarebbe tra
quelli con il maggior numero di contestazioni. Tononi si sente sereno: «Non
sapevo niente di un mio coinvolgimento, me lo state dicendo voi giornalisti. E
questo conferma di come funziona la magistratura in Italia. Io però sono
convinto di aver rispettato la legge. Non sono polemico verso la stampa, quando
un giornale ha una notizia ha il dovere di darla. È chi è il garante della
giustizia che dovrebbe comportarsi in un altro modo». Santin scuote il capo:
«So per cosa sono indagato. Nel 2011 ho regalato a nome del Pdl 15 felpe per
una squadra di calcio di amatori. Mi chiedevano contributi regionali che non
avremmo potuto dare. E allora abbiamo fatto questo regalo. Che tristezza
pensare che sono sotto indagine per un motivo del genere. Non mi
ricandideranno? Io vado a testa alta. Non è che per questo non mangerò».
In casa Pd, con Moretton, finiscono
nei guai Giorgio Baiutti, Sandro Della Mea e Alessandro Tesini. Proprio all’ex
presidente del Consiglio sarebbe contestato l’ormai famoso set di pentole. Un
regalo di rappresentanza tutto da giustificare. Ma il diretto interessato, in
serata, smentisce: «Con le pentole non c’entro. Ma se ho fatto regali, questi
non avevano alcun tornaconto personale». Tra i democratici nemmeno un triestino
o un goriziano finiscono nell’elenco. Per il Pd parla il segretario regionale
Debora Serracchiani, candidata alla regionali: «Tutte le mie energie sono a
disposizione di un’azione di pulizia e di ricambio che, se necessario, sarà
radicale. La nostra comunità non deve subire le conseguenze del comportamento
inqualificabile di un gruppo di consiglieri che non hanno saputo onorare la
loro carica».
Nella Lega invece gli indagati sono
il capogruppo Danilo Narduzzi, Federico Razzini e Enore Picco. Enore Picco ha
già ammesso di essere il responsabile dell’acquisto in armeria su cui i pm, a
loro volta, hanno già detto di voler far luce. «È vergognoso quello che state
facendo, io non ho mai preso una pistola» attacca il leghista.
Gli altri capigruppo non hanno
ricevuto nulla. Nulla Paolo Ciani. Nulla Edoardo Sasco. Nulla Roberto Asquini.
Nulla Kocijancic. Nulla Alunni Barbarossa dei Cittadini. Nulla Corazza
dell’Idv. Nemmeno Rosolen e Ciani che nel gruppo Misto gestivano in proprio la
contabilità. Almeno per ora. Perché, come ripetono un po’ tutti, non è affatto
finita: la Procura sta ancora lavorando e nuove sorprese, nuovi nomi potrebbero
aggiungersi alla lista “nera”
Indagine-rimborsi:
al mare e in montagna a spese dei contribuenti
Week end a Rovigno e a San Cassiano tra i rimborsi di Pdl e Carroccio. Due
nuovi indagati nella Lega: Razzini e Picco. Martedì capigruppo dal pm
di Corrado Barbacini
TRIESTE. Il vaso di Pandora delle spese “allegre” dei consiglieri regionali
è stato scoperchiato. La lista praticamente infinita di acquisti poco o per
nulla attinenti all’attività politica accompagnati dall’indicazione dei
rispettivi autori - lista compilata dai finanzieri su incarico del pm Federico
Frezza -, è diventata parte integrante dei capi di imputazione. Ma, ancorché
lunghissima, è assolutamente «provvisoria». Nell’informazione di garanzia per
peculato, notificata l’altro pomeriggio in Regione ai capigruppo di Pdl e Lega,
Daniele Galasso e Danilo Narduzzi, e all’ex capogruppo Pd ora passato nel Misto
Gianfranco Moretton, il pm Frezza precisa infatti che in futuro le imputazioni
potrebbero addirittura venire ampliate prendendo a riferimento non solo le
spese di piccola entità, ma anche i budget previsti per i viaggi definiti
istituzionali, ma in realtà più simili a vacanze da sogno in giro per il mondo.
Vacanze pagate con i soldi dei contribuenti del Friuli Venezia Giulia.
Convocazioni in Procura
Intanto a breve scatterà la fase
degli interrogatori. Il leghista Narduzzi sarà sentito dal pm martedì e due
giorni dopo e cioè giovedì, toccherà a Moretton e Galasso. Come capigruppo i
tre sono accusati di essersi appropriati della somma mensile di 2mila 200 euro
destinata a ognuno dei singoli consiglieri «senza pretendere o imporre alcuna
condizione per l’impiego alcun vincolo di destinazione». Per dirla in modo
semplice: per aver dato liberamente i soldi pubblici ai consiglieri che li
chiedevano senza effettuare i dovuti controlli. E pertanto aver accettato senza
batter ciglio qualsisi tipo di scontrino. Insomma, stando all’accusa, dei veri
“uomini-bancomat”. In calce ai nomi dei capigruppo compare la lista di quelle
che ironicamente si possono definire le “libere elargizioni pubbliche” riferite
a ognuno dei diciotto (tanti sono, almeno in questa fase dell’inchiesta)
consiglieri finiti sotto accusa da parte della procura per peculato. I loro
nomi da una settimana sono iscritti nel registro degli indagati. E sono proprio
quelli a quali si è riferito più volte il procuratore capo Michele Dalla Costa
invitandoli, assieme al presidente della Regione, Renzo Tondo a chiedere «con
sollecitudine» il certificato di iscrizione nel registro degli indagati prima
della compilazione e della chiusura delle liste elettorali.
Pneumatici e sedie Ikea
Sono 19 le spese “pazze” riferite al
consigliere goriziano Gaetano Valenti. Spiccano tra i tanti quattro scontrini
un po’ particolari. Uno da 520 euro per l’acquisto di pneumatici emesso in data
21/12/2010. Il secondo da 226 euro riguarda il costo del tagliando dell’auto.
Nello stesso giorno e cioè il 18 febbraio 2011, Valenti ha anche fatto la
revisione (a spese della Regione) della stessa vettura: prezzo 64 euro e 70
centesimi, ed ha pure pagato (si fa per dire) il bollo. Nella lista attribuita
al consigliere compare poi l’acquisto di due palmari IPhone: uno di colore
bianco e l’altro nero. E in più l’acquisto di una fotocamera digitale (228
euro), oggetti di pelletteria (50 euro), una sedia all’Ikea e altri due
pneumatici. Infine c’è il conto del pranzo di Natale 2011 con 8 commensali:
prezzo 260 euro.
Hotel a San Cassiano e saune
Nella lista del Pdl spuntano poi le
15 felpe regalate a una squadra di calcio amatoriale (410 euro) da Paolo
Santin, e parecchi scontrini riconducibilia Roberto Marin. Che, a quanto pare,
ama molto la montagna tanto da andare a rappresentare il suo gruppo a San
Cassiano pagando 399 euro di albergo per un incontro con gli imprenditori della
Val Badia operanti a Grado. Sempre a spese di Marin, inoltre, ricevute da 104
euro rilasciate da una macelleria e 48 euro per capi di abbigliamento. Franco
Baritussio (passato a La Destra) ama la sauna. Per questo il 18 febbraio 2011 è
andato alle terme in Austria dove, per rilassarsi dalle fatiche dell’aula, ha
rappresentato in piscina gli interessi della Regione. Prezzo del biglietto: 52
euro. Poi compare una spesa ancor più singolare: una notte all’albergo “Al
Benvenuto” di Tolmezzo di proprietà di Renzo Tondo al costo di 50 euro.
Musei e cene a lume di candela
Antonio Pedicini invece ama l’arte.
Tant’è che ha speso 24 euro per entrare il 5 febbraio 2011 al Centre Pompidou
di Parigi. Ma non si è dimenticato di sostituire per 900 euro le gomme
dell’auto. E quanto a relax o vacanze è andato in albergo a Rovigno: 250 euro.
Ha poi speso 590 euro per acquistare fiori e altri 612 per sostituire le gomme
della sua Chrysler. La lista del Pdl si conclude con Franco Dal Mas che, a
spese del gruppo, ha speso 119 euro per un paio di scarpe e 67 per i ricambi
delle pentole Lagostina e con Alessandro Colautti (un romanticone): 58 euro per
la cena di San Valentino.
Shopping “anonimo” della Lega
Gli scontrini riferiti al Carroccio
sono oltre 150. Ma senza autore. Non esiste - salvo due casi - una registrazione
con nomi e cognomi. Certo è che si trova nella lista ogni genere di spese.
Dalla termoidraulica (57 euro), alle calzature 44 euro). Dalle pelletterie (45
euro) alle confezioni per adulti 190 euro, ma non si capisce cosa siano. Poi
ferramenta (51 euro), profumeria, il “famoso” seggiolino auto (79 euro),
farmaci veterinari (32 euro), noleggio sci (19 euro), abbigliamento bambini (24
euro), carni (74 euro), cene di San Valentino (107 euro), articoli fotografici
(30 euro). E ancora riparazioni di trattori agricoli (85 euro), materiale
agrario (43 euro), vernici (92 euro), gioielli (168 euro), strumenti musicali
(20 euro), e molitura cereali (33 euro). Per poi arrivare ai pop corn al cinema
(3 euro), all’altrettanto “famoso” pettine croato (1 euro e 27 centesimi),
lampadari (125 euro), tabacchi (40 euro), giocattoli (31 euro), prodotti
caseari (50 euro), ingresso a Castelreggio (45 euro), casalinghi (27 euro),
scarpe decolletè di marca (510 euro), vasi(66 euro), orologi Swatch (45 euro),
videogames (285 euro), e pure il cenone di San Silvestro (520 euro).
Barba e capelli
Accanto a tanti consiglieri anonimi,
compaiono due nomi. Il primo è quello del monfalconese Federico Razzini, che ha
chiesto il rimborso delle sedute dal barbiere. Ogni volta ha pagato 17 euro per
farsi tagliare i capelli. Un taglio evidentemente ben eseguito, visto che
Razzini l’ha ripetuto sei volte da gennaio a giugno 2011. Infine Enore Picco,
che e si è recato per tre volte all’armeria di Villa Santina: il 26 febbraio
2011 ha speso 1030 e 145 euro, e altri 171 tre mesi. Spese pagate sempre con
soldi pubblici.
Inchiesta
rimborsi, altro blitz della Gdf in Consiglio regionale
Acquisita per ordine della Procura di Trieste la documentazione delle spese
per il 2010 e l’intero 2012. Finora i magistrati hanno analizzato solo gli
scontrini relativi al 2011: da questo nuovo gradino possibili altre clamorose
sorprese
La Guardia di finanza si ripresenta in Consiglio regionale per continuare a
scavare nelle spese “allegre” dei gruppi. Lo ha fatto stamattina: lo
spauracchio dei politici del Friuli Venezia Giulia si è materializzato poco
dopo le 9. Quattro militari in borghese sono saliti fino all’ufficio del
segretario generale, Vigini, e hanno notificato la richiesta di acquisizione
degli scontrini e delle fatture relativi al 2010 e al 2012 in esecuzione di un
ordine della Procura di Trieste. Finora, infatti, l’azione dei magistrati che
stanno indagando sullo scandalo si era concentrata solo sulle spese sostenute
nel 2011 dai vari esponenti dei partiti eletti in Consiglio regionale del Fvg .
Nessuna indiscrezione viene
confermata, ma è chiaro che gli inquirenti, dopo aver scoperchiato il vaso di
Pandora, pensano di poter trovare materiale altrettanto “interessante” nella
documentazione sequestrata oggi.
Ai quattro finanzieri se ne sono poi
aggiunti altri, che hanno dato loro il cambio: dopo un primo
"prelievo" informatico (alcuni file trasferiti su chiavette usb), è
iniziata una lunga fase di fotocopiatura di scontrini, fatture e documentazione
varia che è andata avanti per ore e ore. Il materiale verrà al più presto
analizzato e messo a disposizione del sostituto procuratore incaricato di
questo sviluppo.
Finora l’inchiesta sui rimborsi ha
portato a 18 avvisi di garanzia (o 19? le informazioni in proposito rilasciate
ufficialmente e no dalla Procura sono contraddittorie). Travolti dallo scandalo
11 consiglieri regionali del Pdl, quattrodel Pd e tre della Lega Nord. Un
ultimo indagato, che non si sa bene se ci sia o meno, rimane al momento
misterioso. In ogni caso ogni ora è buona perché la lista dei consiglieri con
le mani bucate si allunghi.
Rimborsi,
Consiglio regionale “sequestrato” fino a notte fonda
Nuovo blitz della Guardia di finanza per acquisire scontrini e ricevute del
2012 Nel mirino anche viaggi e spese extra rappresentanza. Altri indagati in
vista
di Corrado Barbacini
TRIESTE. La Finanza è tornata a Palazzo. E, per passare al setaccio
l’ultima tranche delle spese dei consiglieri, questa volta si è presa tutto il
tempo necessario. Il blitz, iniziato attorno alle 10 di ieri mattina, si è
protratto infatti fino a notte fonda, costringendo a turni di superlavoro
impiegati e addetti di segreteria. «Ne avremo di sicuro fino dell’alba -
affermava qualcuno, rassegnato, all’ora di cena -. Prima delle tre, o magari le
quattro, da qui non si esce».
Il compito delle Fiamme gialle, in
“missione” in piazza Oberdaa su indicazione del om Fedetico Frezza, era del
resto più che impegnativo: acquisire tutti gli scontrini delle spese dei gruppi
consiliari relativi all’anno 2012, documenti che avrebbero dovuto essere
rendicontate entro giovedì 28 febbraio. Eppure, hanno accertato i finanzieri,
non tutti i partiti hanno rispettato la scadenza: nel caso di Pdl, Udc, Lega e
Sinistra Arcobaleno, le spese sostenute e rimborsate con denaro pubblico lo
scorso anno, non risultano annotate in alcun rendiconto. Di qui la necessità di
acquisire uno a uno migliaia di ricevute, fatture e appunti. Carte che i
capigruppo, forse anche considerata la bufera giudiziaria che si sta abbattendo
sul Palazzo, non sono riusciti a sistemare «per bene» e a mettere in ordine
prima dell’arrivo dei controlli.
Ma, durante la lunga permanenza in
Consiglio, i militari hanno acquisito anche gli scontrini messi a rimborso
relativamente all’anno 2010. Si aggiungono a quelli del 2011 - sequestrati
sempre per ordine del pm Frezza lo scorso 14 febbraio - che, fino a ieri, hanno
portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 18 consiglieri oltre che
dei capigruppo di Pdl, Lega e Pd: Daniele Galasso, Danilo Narduzzi e Gianfranco
Moretton, ora al gruppo misto. I nomi sono quelli di dei pidiellini Gaetano
Valenti, Paolo Santin, Piero Camber, Roberto Marin, Franco Baritussio, Antonio
Pedicini, Piero Tononi, Franco Dal Mas, Alessandro Colautti, Maurizio Bucci,
dei leghisti Federico Razzini ed Enore Picco e dei pd Giorgio Baiutti, Sandro
Della Mea e Alessandro Tesini. Tutti accusati di peculato.
http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2013/03/12/news/palazzo-sequestrato-fino-a-notte-fonda-1.6680489
Fondi ai gruppi,
raffica di nuovi avvisi
La Corte dei Conti conclude l’esame delle spese. Inviti a dedurre per venti
consiglieri e dieci capigruppo. Coinvolti tutti i partiti
di Corrado Barbacini
TRIESTE. Una ventina di “inviti a dedurre” della procura della Corte dei
conti indirizzati ad altrettanti consiglieri regionali di tutti i gruppi,
esclusa la Lega, finiti nel turbine degli scontrini allegri. Gli “inviti”, che
equivalgono sostanzialmente agli avvisi di garanzia penali, saranno inviati nei
prossimi giorni al termine degli ultimi controlli incrociati che stanno
eseguendo i finanzieri per conto del procuratore Maurizio Zappatori. Si tratta
di accertamenti - paralleli a quelli disposti dal pm Federico Frezza -
riguardanti centinaia di spese bizzarre che sono state contabilizzate da tutti
i capogruppo come «rappresentanza».
In queste ultime settimane gli investigatori della Finanza hanno
evidenziato dagli elenchi e dagli stessi scontrini acquisiti durante i blitz
messi a segno in Regione le spese oggettivamente non riconducibili alla
rappresentanza dei singoli consiglieri. Tra queste una cena da autentici gourmand:
conto da 1.200 euro, pagati dalla Regione, per tre commensali. Ben 400 euro a
testa. E poi gli 800 euro spesi in salmone, i biglietti della lotteria, le
gomme dell’auto. In tutto circa un migliaio di scontrini per l’ammontare di
quasi 885mila euro su un totale di 2milioni 700mila euro a disposizione. I più
disordinati - secondo le indagini - sono stati i leghisti. Mentre le liste
delle spese “allegre” del Pdl e del Pd e degli altri gruppi sono corredate dai
nomi e dai cognomi dei consiglieri, quelle della Lega sono (salvo i casi
isolati di Razzini e Picco) assolutamente anonime. Così - ipoteticamente - la
responsabilità (in concorso con ignoti) potrebbe addirittura finire
completamente sulla testa del capogruppo Danilo Narduzzi.
A questi venti “inviti” del procuratore Maurizio Zappatori si aggiungono
quelli già notificati nelle scorse settimane ai capigruppo. Si tratta di
Daniele Galasso del Pdl, Gianfranco Moretton (fino a pochi mesi fa del Pd),
Edoardo Sasco dell'Udc, Roberto Asquini del Gruppo misto, Igor Kocijancic della
Sinistra arcobaleno, Alessandro Corazza dell'Idv, Stefano Alunni Barbarossa dei
Cittadini oltre a Paolo Ciani (Fli) e Alessia Rosolen (Un'Altra Regione) oltre
a Danilo Narduzzi del Carroccio che, appunto, rischia di essere chiamato a
rispondere in solido per tutti i leghisti.
Secondo la magistratura contabile le spese di rappresentanza devono essere
motivate in maniera specifica e chiara. In molti casi - così è emerso - i
rimborsi (anche di entità esigua) sarebbero stati ingiustificati non solo per
il tipo di acquisto riferito allo scontrino, ma sarebbe mancato anche il
riscontro di un evento, per esempio di un incontro in cui si spiega la
necessità della rappresentanza. In molti casi, infatti, nelle relazioni dei
presidenti non vengono indicate né le specifiche finalità di rappresentanza, né
i nominativi delle persone invitate (per esempio ai pranzi o alle cene) che
presentino le caratteristiche proprie di rappresentanti politici, con i quali
lo specifico gruppo consiliare abbia all'epoca dei fatti intrapreso incontri
con finalità di interesse pubblico.
Spese “allegre”,
capigruppo in Procura
Galasso e Narduzzi convocati dal pm Frezza. Il difensore Ponti: «A loro
carico nessuno obbligo di controllo sui consiglieri»
TRIESTE. Il leghista Danilo Narduzzi e il pidiellino Daniele Galasso
saranno interrogati oggi dal pm Federico Frezza nell’ambito dell’inchiesta sui
“rimborsi allegri”. I due capigruppo, accusati di peculato, devono rispondere
del modo in cui i colleghi di partito hanno speso nel 2011 le risorse pubbliche
messe a disposizione dal Consiglio. Sono 19, in totale, gli eletti indagati
dalla Procura. L’indagine si è allargata successivamente al 2010 e al 2012.
Nelle scorse settimane sono emersi
numerosi dettagli sulle spese degli inquilini di Palazzo. Spese che, stando
all’ipotesi, poco o nulla avrebbero a che vedere con la normale attività
politica dei partiti. Si va dagli acquisti in armeria alle riparazioni
dell’auto, fino agli ingressi nei centri benessere. Tra le migliaia di fatture
e scontrini acquisiti dalla Finanza a partire da dicembre compaiono pure un
seggiolino per bimbi e le ricevute dal barbiere.
La difesa si giocherà principalmente su tre punti: lo status giuridico dei
gruppi, innanzitutto, il ruolo dei capigruppo nella verifica sugli acquisti dei
colleghi e il confine su cosa rientri effettivamente nella “rappresentanza” e
cosa no. Su questo, in particolare, ci sarebbe un vuoto normativo. «Riteniamo
che i partiti siano associazioni private», osserva l’avvocato Luca Ponti, che
seguendo il caso per conto di Pdl, Lega e Pd. In quanto tali, secondo la tesi,
i gruppi porterebbero aventi l’interesse del partito, non dell’istituzione.
«Poi – afferma Ponti – posto che si ritengano pubblici ufficiali, e che quindi
sono assoggettati ad altre regole, non c’è scritto da nessuna parte che il
capogruppo debba esercitare forme di vigilanza sull’attività dei consiglieri.
Non lo dice la legge, non lo dice il regolamento e non lo ha mai fatto nessuno.
Non riteniamo quindi che ci sia alcun obbligo di controllo da parte del
capogruppo che, peraltro, non avrebbe nemmeno il tempo e la possibilità di
esercitarlo. Se lo facesse dovrebbe occuparsi interamente a questo. In ogni
caso – aggiunge l’avvocato – non sarà facile ricostruire fatti di tre anni fa:
come ci si può ricordare con chi si è andati a cena? Stiamo parlando di diverse
migliaia di scontrini. I capogruppo cercheranno di riferire chiarimenti diretti
per quel che li riguarda». Tra la documentazione consegnata ci sarebbero anche
alcuni errori. «C’è un caso, ad esempio, di una persona dell’amministrazione
che per sbaglio ha attribuito uno scontrino a un consigliere. Questo per dire
che c’è pure un numero fisiologico di errori di cui va tenuto conto»
Scandalo
rimborsi, sotto torchio gli ex capogruppo di Pdl e Lega
Galasso e Narduzzi in Procura interrogati dal pm Frezza. Ammettono entrambi
“piccoli errori” e tentano di giustificare scontrino per scontrino le spese
“allegre” dei rispettivi gruppi in Consiglio regionale. Uno dei due: «Ero
convinto che fossimo da considerare come un’associazione privata»
Primi interrogatori in procura a Trieste per lo scandalo delle spese senza
ritegno dei gruppi del Consiglio regionale del Fvg. «Ero convinto che il gruppo
consiliare fosse un’associazione privata. Non avrei mai pensato di dover
controllare le spese dei singoli consiglieri». Questo ha detto Daniele Galasso,
ex capogruppo del Pdl al pm Federico Frezza, che lo ha tenuto sotto torchio in
qualità di indagato per peculato. L’esponente politico si è difeso per oltre
due ore, parlando di piccoli errori e di consuetudini, cercando di
giustificare, scontrino dopo scontrino, tutte le spese che gli venivano
contestate: dal soggiorno in un hotel a Rapallo a spese per cosmetici.
Prima di lui è stato interrogato
l’ex capogruppo della Lega Nord, Danilo Naruzzi. Non troppo diverse le sue
tesi. Entrambi hanno depositato due memorie difensive. Erano assistiti
dall’avvocato Luca Ponti.
Gli interrogatori si sono protratti
per quasi tutta la mattinata. Ci sono stati momenti di tensione: durante la
deposizione di Narduzzi nei corridoi del Tribunale si è sentito chiaramente che
il pm Frezza alzava la voce.
Anche Galasso non ha nascosto
imbarazzo e nervosismo. Ha parlato ai giornalisti solo al termine: «Ho risposto
a tutte le domande, sono tranquillo».
Scandalo rimborsi
in Regione, quaranta nuovi avvisi
La Corte dei Conti firma gli inviti a dedurre relativi alle spese del 2011.
Nel mirino i bilanci di tutti i gruppi consiliari
TRIESTE. A distanza di pochi giorni
dal voto, il Palazzo torna a tremare. Lo fa, ancora una volta, per effetto
dell’inchiesta sulle spese “allegre” dei gruppi consiliari. Inchiesta che, dopo
aver pesantemente condizionato la campagna elettorale e stoppato la corsa alla
ricandidatura di tanti uscenti, si prepara ora ad accendere i riflettori su
nuovi nomi. Compresi quelli di alcuni “vecchi” consiglieri usciti indenni dalla
prima fase dell’indagine e rieletti anche in virtù della loro presunta
estraneità allo scandalo.
A firmare il nuovo atto dell’inchiesta sui rimborsi facili è stata la
Procura generale della Corte dei Conti che, ieri mattina, ha inviato una
quarantina di inviti a dedurre ad altrettanti esponenti di tutti i partiti
rappresentanti in Regione nella passata legislatura. Per i destinatari,
riconfermati e non, l’accusa è di danno erariale. Ipotesi di reato che la
magistratura contabile ha ravvisato dopo aver passato ai raggi x centinaia di
fatture e scontrini relativi alle spese di rappresentanza effettuate nel 2011.
La novità rispetto al passato riguarda proprio la scelta di mettere sotto
indagine non soltanto le formazioni politiche già finite nel mirino della
magistratura penale - Pdl, Pd e Lega -, ma di allargare il tiro, coinvolgendo
anche consiglieri finora “scampati” al pericolo. I quaranta esponenti politici
che nel giro di qualche giorno riceveranno l’invito a dedurre, tecnicamente
l’equivalente di un avviso di garanzia, appartengono infatti a tutti i gruppi
consiliari. A riprova di quanto fosse diffusa l’abitudine ad utilizzare in
maniera disinvolta i soldi pubblici destinati in origine a sostenere l’attività
politica degli eletti.
Nella documentazione esaminata dal procuratore Maurizio Zappatori, quindi,
sono confluiti non solo gli ormai noti scontrini per l’acquisto di gomme da
neve, adozioni a distanza e veglioni di Capodanno rimborsati ai venti nomi
iscritti nel registro degli indagati dal pm Federico Frezza. Il dossier
contiene molto di più e chiama in causa altri acquisti incauti messi a bilancio
anche dai piccoli partiti.
Almeno tre, secondo le prime indicazioni, gli inviti a dedurre spediti ad
ex consiglieri dell’Udc, un paio quelli contestati alla Sinistra Arcobaleno
(rappresentata oggi in aula dall’uscente Stefano Pustetto, ora esponente di
Sel), altrettanti alla Lega, che ha riconfermato solo la già consigliera Mara
Piccin. Una quindicina poi gli avvisi inviati ad esponenti del Pd (che, nella
pattuglia degli uscenti riconfermati, conta oggi Codega, Iacop, Marsilio,
Travanut e l’ex Idv Agnola), e poco meno di una ventina quelli inoltrati a
consiglieri Pdl (in questo caso i “sopravissuti” sono Marini e Colautti,
affiancato dagli ex assessori De Anna e Ciriani). Entro due mesi, i destinatari
degli avvisi dovranno rispondere alla Corte dei Conti, depositando una memoria
o presentandosi fisicamente in Procura.
Regione:
biancheria “di gruppo” tra le spese folli
Al vaglio della Procura scontrini attribuiti non a un singolo eletto ma ai
partiti tra cui un rasoio e nuove adozioni a distanza
di Marco Ballico
TRIESTE. Franco Iacop, il possibile
presidente del Consiglio regionale, dice che, se ci sarà da rimborsare il
rimborso (pubblico), rimborserà. Risponde così all’«attenzione» ricevuta
nell’ambito della seconda tranche dell’inchiesta sui fondi ai gruppi. Un
capitolo della nuova ondata di spese dei consiglieri regionali finita nel
mirino della Procura e della Corte dei conti del Friuli Venezia Giulia. Un mix
di strepitose bizzarie: dal rasoio Braun del Carroccio al museo Rodin di Parigi
(Antonio Pedicini, ancora lui), dalla spesa in macelleria di Sandro Della Mea
alla manutenzione auto di Gaetano Valenti (ancora quell’auto).
Qualcuno si difende. Anzi, contrattacca. Qualcun altro rimane in attesa.
Iacop è il primo. Confortato dall’essere estraneo, a quanto risulta,
dall’indagine della Procura (che sulle sue spese, per ora, ha avviato solo
degli accertamenti) si dice pronto a rispondere all’eventuale contestazione di
danno erariale da parte della magistratura contabile. E garantisce che tutte le
fatture esibite sono legate ad attività politico-promozionali. Quali, nel
dettaglio? «Ora non ricordo tutto, ma documenterò spesa per spesa quando sarò
chiamato a farlo».
Spiegazioni simili dovranno darle anche altri consiglieri della passata
legislatura: i venti finiti nel mirino della Procura (che indaga per peculato),
i 48 tra eletti e capigruppo destinatari degli inviti a dedurre inviati dalla
Corte dei Conti e gli altri quattro consiglieri che, ancora prima di ricevere
gli “avvisi”, hanno proceduto autonomamente a depositare memorie. Nelle carte
dell’inchiesta, come noto, sono confluite decine e decine di acquisti effettuati
e poi rimborsati dai singoli. Ma, all’attenzione dei magistrati, sono finite
pure parecchie spese più generiche, riconducibili cioè non a singoli
consiglieri bensì ai gruppi di appartenenza. È il caso, per esempio, di un
costoso rasoio Braun: un macchinario spaziale da 338 euro inserito nella
contabilità del gruppo della Lega. Quelli del Carroccio del resto, come si sa,
sono scontrini indistinti. Al gruppo, genericamente, vengono contestati, oltre
ai già noti libri gialli ed erotici, anche i rimborsi per un cavo auto (19,99
euro), per della biancheria (3,25 euro), per lettini e ombrellone a Monfalcone
(15 euro) e per una quattro giorni in piena Padania, per due persone, sul lago
di Garda (661 euro).
Risultano “senza nome” anche tre fatture del gruppo consiliare del Partito
democratico finite nel mirino dei finanzieri coordinati dal pm Federico Frezza.
I 112 euro destinati ad adozioni a distanza, la donazione di 500 euro a favore
dell’associazione triestina “Cammina Trieste” e i 190 euro utilizzati per
abbonamenti stradali e “vignette” da utilizzare sulla rete slovena.
Non in Slovenia ma in Francia è andato invece a spese del gruppo Antonio
Pedicini, l’avvocato pordenonese del Pdl che nella prima tranche di scontrini
resi pubblici, cambi di gomme a parte, si è scoperto essersi fatto rimborsare
un ingresso al Centre Pompidou di Parigi. Nel 2012 Pedicini si fa restituire
dalla Regione il costo del biglietto per il museo Rodin (21 euro), per vari
pranzi (330 euro a Parigi, altri 570 fuori capitale) e per il pernottamento a
Tolone (188 euro). Pedicini, la scorsa legislatura, ha fatto il segretario
della quinta commissione che si occupava di affari istituzionali e statutari,
forma di governo, elezioni, disciplina del referendum, autonomie locali, usi
civici, rapporti esterni e con l’Ue, organi di garanzia. Si è poi impegnato
nell’opera (mancata) di razionalizzare le Province. Che cosa mai gli sarà
servito, al Rodin, ammirare le opere di Monet, Renoir, Van Gogh? «Abbiamo idee
diverse su come esercitare il mandato», risponde, una volta ancora, senza
imbarazzi.
La “cena da
nababbi” dell’ex consigliere regionale
Conto da 1.200 euro rimborsato al pidiellino Santin nel mirino della Corte
dei conti. A giorni prime citazioni sulle spese folli
di Anna Buttazzoni
UDINE. Le prime citazioni saranno depositate la prossima settimana. È
quanto emerge dalla Procura della Corte dei conti dove prosegue l’esame delle
risposte inviate dai capigruppo e da due ex consiglieri ai rilievi mossi dai
magistrati contabili sui rimborsi per le spese di rappresentanza effettuate nel
2011.
Dalle indagini emergono anche nuovi
particolari. Come quelli su una cena “stellata” da 1.200 euro, pagata e
rimborsata a un ex esponente della Regione. Il protagonista è il pordenonese
del Pdl Paolo Santin. Un banchetto costosissimo per gli inquirenti che a Santin
hanno già chiesto spiegazioni, considerato anche che la ricevuta riporta
l’indicazione di tre coperti. «Bisogna sapere le cose prima di scrivere»,
sbotta Santin. Vero. Ecco il racconto. La cena è stata consumata il 9 marzo
2011, all’Hostaria Vecchia Cecchini a Pasiano di Pordenone, ristorante di
qualità, la cui cucina vanta una stella Michelin, con una cantina e una lista
dei vini importanti. «Non eravamo in tre». E in quanti? «A parte che dopo più
di due anni uno le cose può anche dimenticarle. Però se guarda la ricevuta ci
sono una dozzina di caffè - spiega Santin –, e io non ho mai bevuto quattro
caffè durante la stessa cena, e tre bottiglie di vino. Non ho mai speso 400
euro a testa. In quel ristorante si spendono circa 100 euro a testa». Quindi?
«Quindi – chiude l’ex consigliere – era una cena di rappresentanza e di
divulgazione dell’attività politica del gruppo, come previsto dal regolamento».
La ricevuta indica tre coperti, da un euro ciascuno, quattro antipasti, sei
primi piatti (per complessivi 100 euro) e sei secondi, dalla Catalana di pesce
(195 euro) alla tartare di manzo (105 euro), pasticcini e dessert. I caffè sono
sette, quattro “selezione” per 12 euro e tre normali per 4,50 euro. Ma sono i
vini a pesare. Quattro le bottiglie consumate, da 70 euro, da 140, da 145 e da
160. Cui vanno aggiunti cinque calici di vino per 150 euro e uno da 8 euro. Tra
bianchi, rossi o bollicine, quindi, i commensali hanno pasteggiato per
complessivi 673 euro. Il conto finale sarà di 1.292 euro, pagati 1.200 con lo
sconto. A Santin la Corte dei conti chiede di giustificare, nei dettagli, spese
di rappresentanza nel 2011 per circa 10 mila euro, tra cui diversi pranzi e
cene. Quella a Pasiano di Pordenone è la più costosa. La motiverà. L’ex
consigliere è anche indagato con l’accusa di peculato dalla Procura di Trieste
per un solo scontrino del 20 novembre 2010 ritenuto “sospetto” dal magistrato,
di 410 euro per “articoli sportivi”. Santin ha già spiegato che si trattava di
felpe regalate a una squadra di calcio giovanile.
La prossima settimana, invece,
Maurizio Zappatori, procuratore regionale della Corte dei conti, dovrebbe
depositare le prime citazioni – e cioè la richiesta di processo per danno alle
casse della Regione (procedimento civile). All’esame ci sono sette capigruppo –
per l’ottavo, Stefano Alunni Barbarossa, Zappatori ha già disposto
l’archiviazione – e due ex consiglieri Paolo Ciani del Fli e Alessia Rosolen di
Un’Altra Regione, che avevano un proprio bilancio. All’ex capogruppo del Pdl,
Daniele Galasso, il magistrato contabile ha chiesto spiegazioni per 330 mila
euro; all’ex della Lega, Danilo Narduzzi, per 238 mila; all’ex del Pd,
Gianfranco Moretton, per 170 mila; all’ex del Misto, Roberto Asquini, per 35
mila e 800; all’ex dell’Udc, Edoardo Sasco, per 34 mila; all’ex di Sa, Igor
Kocijancic, per 10 mila e 500; all’ex dell’Idv, Alessandro Corazza, per 9 mila
e 500; a Ciani per 10 mila e 600 e a Rosolen per 23 mila. Dopo il deposito
delle citazioni sarà il presidente della sezione giurisdizionale della Corte a
fissare la data dell’udienza. Dagli accertamenti a rischiare la richiesta di
processo sono la maggior parte degli ex.
http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2013/05/17/news/la-cena-da-nababbi-dell-ex-consigliere-1.7076019
Spese allegre in
Regione, parte la corsa al rimborso
La Corte dei conti archivia la posizione di cinque eletti del Pd, fra cui
Iacop, dopo il versamento delle somme contestate
di Marco Ballico
TRIESTE. Cinque consiglieri del Pd risolvono in anticipo la partita con la
Corte dei conti sui rimborsi “allegri” della scorsa legislatura. Pagano cifre
che vanno dai 2.500 ai 6mila euro e vedono così Maurizio Zappatori, il
procuratore della magistratura contabile, chiudere la loro pratica. Non è un
patteggiamento, perché non si tratta di una ammissione di colpa, ma è comunque
un modo per uscire dall’inchiesta e mettersi alle spalle una vicenda imbarazzante
per l’intero Consiglio regionale.
Nelle scorse settimane il procuratore ha inviato l’invito a dedurre, vale a
dire la richiesta di motivare obiettivi, tempi e modi dell’utilizzo dei fondi a
disposizione dei gruppi e rimborsati nel corso del 2011 alla voce
“rappresentanza”: da pochi spiccioli e decine di migliaia di euro. I
democratici per primi hanno cercato di giustificare le singole spese ma
decidono infine, almeno alcuni, di allontanare il peso della causa incombente.
A raggiungere l’accordo con la Corte per l’archiviazione del fascicolo da parte
del procuratore sono stati sin qui Giorgio Baiutti, Daniele Gerolin, Enzo
Marsilio, Annamaria Menosso e il presidente del Consiglio Franco Iacop. Le
cifre più alte sono state versate da Menosso e Gerolin, circa 6mila euro,
quindi Baiutti (5.500), Marsilio (sopra i 3mila) e Iacop (attorno a 2mila).
I cinque democratici hanno ritenuto di rispondere alle contestazioni
scontrino per scontrino della Corte senza però entrare nel dettaglio con nomi e
cognomi delle persone con le quali hanno partecipato ad appuntamenti conviviali
o altro ritenuti di rappresentanza e che invece la magistratura, che ha
contestato di conseguenza il danno erariale, ha considerato essere spese
irregolarmente rimborsate con fondi pubblici. Di fronte alla convinzione di
Zappatori rispetto a giustificazioni parse non adeguate, Baiutti, Gerolin,
Marsilio, Menosso e Iacop hanno preferito optare per una rapida risoluzione
della vertenza. Hanno cioè pagato ma senza ammettere la colpa e difendendo anzi
la loro buona fede nel chiedere il rimborso al gruppo per iniziative da loro
valutate di stretta osservanza politica. Una sorta di “pro bono pacis” che
serve appunto a chiudere il procedimento (lo fa direttamente Zappatori) senza
incorrere il rischio, eventualmente, della citazione e del conseguenze
processo.
Quella del Pd è una posizione peraltro differenziata. Ai cinque che hanno
già pagato il conto presentato dal procuratore si potrebbero aggiungere a breve
anche Paolo Menis e Sandro Della Mea, mentre gli altri chiamati in causa (il
gruppo democratico contava 17 eletti nella decima legislatura) preferiscono
aspettare. Tra questi pure chi come Alessandro Tesini intende resistere, mentre
Mauro Travanut dovrebbe chiedere di essere ascoltato dalla Corte.
Un primo capitolo dell’inchiesta si chiude dunque già in fase preliminare.
Potrebbe accadere nei prossimi giorni anche per qualche consigliere di altri
partiti. Si va invece a processo, come noto, per i capigruppo di Lega Nord, Pd,
Pdl, Udc, sinistra Arcobaleno e per i due membri del gruppo Misto Paolo Ciani e
Alessia Rosolen. Nei loro confronti Zappatori ha infatti depositato gli atti di
citazione (l’equivalente della richiesta di rinvio a giudizio nella procedura
penale). C’è ora pure il calendario delle udienze. Il 14 novembre toccherà a
Danilo Narduzzi (Lega), il consigliere più in difficoltà dato che la
magistratura gli contesta 238mile euro di rimborsi, tutti a suo carico giacché
il Carroccio non distingueva le spese eletto per eletto. Si proseguirà con
Daniele Galasso (Pdl) e Gianfranco Moretton (Pd), entrambi in udienza il 12
dicembre, e si chiuderà con Edoardo Sasco (Udc), Igor Kocijancic (sinistra),
Ciani e Rosolen il 16 gennaio del prossimo anno.
Spese folli in
Consiglio regionale restituite con lo “sconto”
Marsilio e Iacop rimborsano alla Corte dei conti solo parte delle cifre
contestate Il democratico Menis paga tutto ed esce di scena. Della Mea sentito
da Zappatori
di Corrado Barbacini
TRIESTE. Con lo “sconto”. Una parte dei rimborsi allegri è stata pagata per
chiudere la partita, per il resto invece si scrive, ci si giustifica e si
attende la risposta del procuratore Maurizio Zappatori. Così è stato per i
democratici Enzo Marsilio e Franco Iacop. Il primo, da quanto appreso, ha
versato circa 2mila dei 6mila euro relativi a quanto gli era stato contestato
dal procuratore della Corte dei conti. Il secondo, una cifra molto più bassa,
che è stata però integrata da una relazione molto dettagliata e articolata. Va
da sè che solo per la cifra pagata scatterà automaticamente l’archiviazione,
mentre il resto è evidentemente “sub judice”. Spetterà cioè al procuratore
Zappatori verificare la legittimità delle spese sostenute e rimborsate dalla
Regione per chiudere la vertenza.
Ieri intanto è giunta ufficialmente alla procura della Corte dei conti la
conferma del pagamento delle spese riferite a Paolo Menis. L’ex consigliere del
Pd ha versato cash la somma di 2597 euro e così ha messo una pietra tombale
sull’ipotesi di danno erariale che era stata contestata nell’invito a dedurre
dal procurare Zappatori. Il quale aveva chiesto chiarimenti riguardo alle spese
di rappresentanza. Menis ha appunto preferito risolvere la questione con un
bonifico che copre il cento per cento dell’importo. Conto interamente saldato, insomma,
con conseguente archiviazione. Come lui anche Giorgio Baiutti, Daniele Gerolin
e Annamaria Menosso. I tre rappresentanti del Pd hanno pagato appunto tutto e
così hanno chiuso la partita con la giustizia contabile. Hanno pagato comunque
senza ammettere colpe e difendendo la loro buona fede nel chiedere il rimborso
al gruppo per iniziative al momento da loro ritenute di stretta rilevanza e
cometenza politica. Ma non si può escludere che abbiano deciso di chiudere la
questione forse anche per evitare di dover sobbarcarsi il costo di spese legali
sicuramente più “salate” del conto contestato nella partita dei rimborsi
allegri.
E ieri intanto dal procuratore Maurizio Zappatori si è presentato
spontaneamente per chiedere di essere interrogato il Pd Sandro Della Mea. Il
suo conto ammonta a circa 3mila 500 euro. Era assistito dall’avvocato e si è
trattenuto, da quanto appreso, per oltre un’ora fornendo tutte le delucidazioni
necessarie. Ma al momento non si sa se i chiarimenti forniti da Dalla Mea
nell’interrogatorio e le sue spiegazioni inviate nei giorni scorsi in risposta
all’invito a dedurre siano stati sufficientemente convincenti per il
procuratore Maurizio Zappatori.
Gli scontrini
“fantasma” della Lega: mancano 37mila euro
Nell’atto in cui la Corte dei conti contesta al Carroccio una danno di
238mila euro spunta anche una parte priva di scontrini
di Anna Buttazzoni
UDINE. Nessuna traccia. Non uno scontrino. Non un’indicazione per capire da
chi siano stati incassati. Un gruzzolo da 37.700 euro è stato speso dagli ex
consiglieri regionali della Lega, ma motivo e destinazione sono sconosciuti.
È uno dei particolari che emerge dall’atto di citazione della Corte dei
conti notificato all’ex capogruppo del Carroccio Danilo Narduzzi. Che il 14
novembre sarà di fronte alla sezione giurisdizionale per difendersi dall’accusa
di un danno alle casse della Regione da 238 mila e 713 euro.
Un documento che in sette pagine spiega il sistema utilizzato dalla Lega
per i rimborsi dati nel 2011 ai sette esponenti padani. Un sistema che Maurizio
Zappatori definisce confuso, non trasparente e disorganizzato.
Rimborsi in contanti Il procuratore regionale evidenzia che il gruppo
leghista conservava alla rinfusa scontrini, ricevute o fatture, mai catalogati.
E riporta la testimonianza di una dipendente del gruppo, sentita dalla Guardia
di finanza, che ha dichiarato: «Non è possibile risalire al consigliere
destinatario del rimborso né individuare materialmente i giustificativi fiscali
presentati dallo stesso all’atto della richiesta del rimborso, formulata
verbalmente alla presenza di Narduzzi». I soldi accreditati dalla Regione sul
conto corrente della Lega erano prelevati in contanti dalla dipendente o da
Narduzzi allo sportello della banca (Unicredit) o attraverso un bancomat di cui
entrambi disponevano.
Serviva l’ok di Narduzzi «Risulta evidente – scrive Zappatori – che senza
il consenso del capogruppo non era possibile erogare i contanti ai consiglieri
che presentavano richieste di rimborso. Narduzzi poteva disporre una modalità
di assegnazione dei fondi ai singoli consiglieri, che consentisse di registrare
le erogazioni date a ciascuno. E invece così si è verificata una situazione di
confusione contabile che ha aggravato notevolmente le irregolarità già presenti
per la mancanza delle attestazioni degli interessati sulle ragioni delle spese
effettuate e dei soggetti istituzionali esterni per cui erano effettuate».
I conti non tornano Zappatori riporta quindi gli ultimi accertamenti della
Guardia di finanza che hanno rilevato l’esistenza di 37.758,72 euro non solo
non certificati dagli interessati ma anche privi di riscontri attraverso
scontrini o ricevute. Il gruppo ha esibito pezze giustificative per 200.955,08
euro, ma il rimborso totale delle spese di rappresentanza del 2011 è stato di
238.713,79 euro.
Spese «stravaganti» Così le definisce Zappatori elencando i rimborsi
ottenuti per acquisti e consumazioni all’estero, in gelaterie, ortofrutta,
macellerie, discoteche, profumerie, gioiellerie, pelletterie, negozi di
calzature e abbigliamento, tessuti, ferramenta, casalinghi, giocattoli, per il
parrucchiere. Ma anche di acquisti in negozi di strumenti musicali, di spese
per ricariche telefoniche, articoli per autovetture e sportivi.
La tesi accusatoria Il procuratore della Corte dei conti sostiene:
«Narduzzi non solo non ha mai vigilato, ma è intervenuto concretamente a
supporto di un andamento confuso, non trasparente e disorganizzato, che ha
consentito l’effettuazione di spese prive di giustificativi e di attestazioni
sulle finalità, di spese con giustificativi ma prive di valide attestazioni,
nonché di spese del tutto stravaganti, che non possono in alcun modo essere
ricondotte a finalità di rappresentanza. È quindi responsabile a titolo di
colpa grave». Il procuratore regionale parla di situazione illegittima, di
acquisti di beni o servizi incompatibili con le esigenze di rappresentanza. E
«di un comportamento molto grave di assoluto disinteresse sul modo in cui è
stato erogato e speso il denaro pubblico».
Scandalo
rimborsi, le "prove" delle spese padane finite nel tritacarte
Il “giallo” dei 37mila euro scomparsi. L’accusa: i finanzieri sorpresero
Narduzzi a distruggere scontrini. Il leghista: falso
di Corrado Barbacini
TRIESTE. La scena è degna della miglior commedia all’italiana. Mentre sta
arrivando la Finanza il sospettato, che si è nascosto al piano di sopra di
Palazzo, distrugge i documenti scabrosi.
È quanto accaduto nella mattinata del 4 dicembre dello scorso anno nella
sede del Consiglio regionale. Gli investigatori della Finanza stanno andando nelle
segreterie per acquisire, su ordine del sostituto procuratore Federico Frezza,
gli scontrini delle spese di rappresenzanza. Ed ecco che il capogruppo della
Lega nord Danilo Narduzzi sguscia come una saetta fino al suo ufficio dove,
come nei film, tenta di distruggere le prove. Stacca gli scontrini dalle
richieste di rimborso in modo tale da nascondere i nomi di quelli che avevano
ottenuto i soldi. Fa più in fretta che può ed elimina più fogli che può nel
tritacarte.
I finanzieri, quando arrivano al suo ufficio, lo trovano all’opera. Lo
fermano. E acquisiscono ciò che rimane degli scontrini padani. Quelli che
Narduzzi, nonostante il suo impegno, non riesce a disintegrare prima
dell’arrivo dei militari. I militari recuperano persino alcuni di quei fogli stropicciati,
con un vistoso buco in alto a sinistra, che ora fanno parte del fascicolo
aperto dal pm Federico Frezza.
L’accusa per l’ex capogruppo del Carroccio preso con le mani nel tritacarta
è comunque quella di peculato. Ma, quanto accaduto il 4 dicembre, potrebbe
spiegare il motivo per cui ci sono oltre 37mila euro “fantasma” nelle pazze
spese padane. Un bel gruzzolo che risulta uscito dalle casse della Lega ma che,
come ha rilevato nella sua citazione il procuratore della Corte dei conti
Maurizio Zappatori, non trova giustificazione. Le spese complessivamente
contestate ammontano infatti a 238.713 euro. Per 37 mila euro, però, secondo
l’accusa, non ci sono riscontri. L’unica certezza è che i soldi pubblici sono
usciti dalle casse della Regione con il bancomat che aveva in uso Narduzzi e
sono stati spesi. Come e in che acquisti più o meno bizzarri non si sa.
Il pm Frezza contesta per il 2011 oltre 2.700 euro spesi per abbigliamento,
3.500 per piante, 1.900 per scarpe, 429 per ferramenta, 2.500 per gioielleria,
1.200 per profumi, 360 per manutenzioni a motocicli e 5.000 per armeria. Il
procuratore Zappatori, a sua volta, definisce il sistema di “non
contabilizzazione” del Carroccio confuso, non trasparente e disorganizzato.
E forse questo spiega perché l’ex capogruppo, come uno scolaretto sorpreso
dalla maestra, ha appunto tentato di distruggere tutto prima che i finanzieri
entrassero negli uffici della segreteria padana.
L’ex capogruppo, in verità, contrattacca: «Non esiste. Non esiste alcun
ammanco, è un malinteso. E non esiste alcuna distruzione di documenti».
Narduzzi ammette che il sistema utilizzato per il rimborso ai colleghi poteva
essere disordinato, ma niente di più, nessun giallo da svelare: «Alla
segreteria del gruppo conservavamo tutti i documenti dei rimborsi in un unico
scatolone e nella prima acquisizione da parte della Guardia di finanza ci
vennero richiesti solo quelli inerenti alle spese di rappresentanza per
argomenti e quindi le nostre addette alla segreteria hanno dovuto rifare la cernita
di ciò che era rappresentanza. Probabilmente qualche scontrino riferito a
quelle spese è sfuggito, perché ho ragione di credere che il conto finale sia
corretto e che ci siano anche i documenti per i 37.700 euro. Non ero
fisicamente presente quando le addette alla segreteria rimborsavano i colleghi
e l’accordo era che se alle ragazze fosse venuto qualche dubbio avrebbero
dovuto chiamarmi e più volte mi hanno chiamato». L’ex capogruppo padano
respinge anche la ricostruzione fatta dagli uomini delle Fiamme gialle sulla
distruzione di alcune pezze giustificative: «No, non esiste, non ho distrutto
nulla, non scherziamo. Tutto quanto ci è stato chiesto dagli inquirenti è stato
consegnato».
Cresta sui
viaggi, Ballaman (re)indagato
L’ex presidente del Consiglio, già condannato per l’auto blu, è accusato di
truffa. Nel mirino le missioni a Dubai e Hong Kong
di Corrado Barbacini
TRIESTE. Tra un’udienza e l’altra del processo sull’uso disinvolto e
spregiudicato dell’auto blu, costatogli la condanna a un anno per peculato,
Edouard Ballaman, l’ex presidente leghista del Consiglio regionale poi passato
al gruppo misto, si è dilettato in viaggi extraeuropei. È andato a Hong Kong e
a Dubai e ci è andato facendo pagare alla Regione il biglietto aereo in classe
business. Poi, però, se l’è fatto rimborsare dall’agenzia di viaggi e ne ha
presi due in classe turistica. Si è fatto accompagnare, sempre a spese della
Regione, dalla moglie Chiara Feltrin che ha ovviamente occupato con lui la
stanza dei prestigiosi alberghi che aveva prenotato.
Per questi viaggi allegri e dispendiosi in giro per il mondo Ballaman è
accusato di truffa dal pm Federico Frezza. Ieri mattina i finanzieri, su ordine
del magistrato, hanno perquisito l’abitazione dell’ex presidente del Consiglio
regionale al quale, evidentemente, i viaggi sia in auto che in aereo sono
sempre piaciuti. Purché gratis.
Il primo “tour” porta la data di aprile. Dal 2 al 7, praticamente alla
vigilia dell’udienza preliminare per la vicenda delle auto blu, Ballaman va a
Dubai negli Emirati arabi in occasione del convegno “Nuclear and renevable
energy”. Costo per la Regione: 4.132 euro. Una volta tornato in Italia, come ha
accertato il pm Frezza, Ballaman presenta al gruppo misto una fattura del
biglietto aereo di 932 euro per il rimborso. In realtà, come hanno scoperto i
finanzieri, quel biglietto è stato annullato e ne è stato contestualmente
emesso un altro da 572 euro, ovviamente a totale insaputa della Regione.
Risultato: l’ex presidente del Consiglio, secondo l’accusa, ha fatto la
“cresta” ottenendo un rimborso indebito di 360 euro. Per inciso un altro
biglietto per il medesimo volo è stato emesso sempre al prezzo di 572 euro a
nome della moglie.
Non solo. Il soggiorno a Dubai deve proprio essergli piaciuto. Perché
Ballaman ci è rimasto un giorno in più. La stanza all’hotel “Atlantis The Palm”
è stata pagato 3.200 euro ovviamente dala Regione. Alla fine del tour Ballaman,
secondo il pm Frezza, si è trovato in tasca un rimborso totale indebito di
oltre mille euro.
Il secondo tour avviene in luglio. Dal 5 al 10. Meta: Hong Kong. Stavolta
in occasione del convegno “Indigenization&multiculturism”. L’ex leghista
ripete il trucco del biglietto: presentato un conto di 951 euro. Ma anche in
questo caso annulla il biglietto in business e se lo fa sostituire con uno da
670 euro. Rimborso indebito: 280 euro. E anche in questo caso si fa fatto
accompagnare dalla moglie. Per Feltrin il volo costa 670 euro.
Gli investigatori hanno fatto un’altra scoperta: Ballaman si è fatto pagare
dalla Regione il pernottamento all’hotel Park Lane pari a 1.234 euro ma c’è
un’altra fattura rilasciata dal Crowne Plaza pari a 1.060 euro che teneva conto
del soggiorno della moglie. Anche in questo caso la coppia ha trascorso una
notte in più in Estremo Oriente. In occasione della spedizione a Hong Kong,
dunque, il rimborso indebito ha raggiunto i 664 euro.
Eppure, solo pochi giorni dopo quel viaggio, Ballaman, uscendo dal
Tribunale che poi l’ha condannato, era sbottato: «Voglio giustizia. Qualcuno mi
ha rovinato la carriera».
http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2013/06/21/news/cresta-sui-viaggi-ballaman-re-indagato-1.7292463
Paga netta da
8.053 euro per tre giorni in Consiglio regionale
Ecco il cedolino mensile (maggio) di un consigliere rieletto in piazza
Oberdan L’indennità lorda è di 10.291 euro ma poi ci sono i rimborsi per il
vitto e l’auto
di Gianpaolo Sarti
TRIESTE. Lavorare tre giorni e guadagnare 8 mila euro di stipendio netti.
La busta paga di un consigliere regionale, riferita a maggio, dice questo. Sì
perché, a guardare il programma dell’attività consiliare dello scorso mese,
l’aula si è riunita appena tre volte in tutto: lunedì 13 per la seduta di
insediamento con il giuramento dei 49 neo-eletti; martedì 21 per il discorso di
Serracchiani, fresca di nomina a presidente della Regione e, infine, martedì 28
per la giornata dedicata al dibattito e al voto sulle dichiarazioni
programmatiche della governatrice. A dire il vero il giorno prima, lunedì 27,
si sono ritrovati a Palazzo i capigruppo. Una riunione per 8, però. Poi stop,
maggio se n’è andato così. Gli uffici di presidenza sono stati convocati a
ridosso delle sedute d’aula e non era prevista alcuna commissione: per il loro
avvio si è dovuto attendere il 4 giugno.
Ma intanto lo stipendio per quel mese è arrivato puntuale e pieno, con
benefit annessi. Non a caso oggi M5S presenterà un pacchetto di iniziative per
tagliare i costi della politica, in attesa della “legge anti Casta” che il
Palazzo dovrebbe partorire entro agosto. Il cedolino che pubblichiamo
appartiene a un consigliere friulano riconfermato, un ex ritornato in piazza
Oberdan per un’altra legislatura. Un particolare di cui tener conto perché per
lui la somma è più alta dal momento che gli è riconosciuta la “continuità
lavorativa”: in sostanza i “nuovi” hanno ricevuto il dovuto dal 13 maggio, cioè
dalla data del giuramento in aula, mentre gli “ex” dal primo maggio perché,
nonostante le elezioni, è come se non avessero mai interrotto il mandato.
L’importo totale netto quindi ammonta a 8.053,60 euro e comprende altre due
voci di peso, i rimborsi forfettari. All’indennità di presenza, pari a
10.291,93 euro lordi, sono riconosciuti infatti ulteriori 735 euro per il vitto
e 2.196,60 per l’utilizzo dell’automobile. Cifre erogate per appena tre giorni
di attività legislativa. Sebbene per le vetture, stando all’articolo 4 della
legge 21/1981, «l’importo mensile è calcolato sulla base di 21 giorni di acceso
alle sedi in cui operano i vari organi». Non si segnala un’impennata di lavoro
negli altri Palazzi regionali in quel periodo, anche perché gli impegni
istituzionali vengono comunemente onorati a Trieste, in piazza Oberdan. Si
dirà: il consigliere non si limita a partecipare alle sedute d’aula e di
commissione, anzi, svolge una buona fetta del suo lavoro sul territorio,
prendendo parte a convegni e riunioni. Si reca nelle sedi del Consiglio anche
se non ci sono appuntamenti istituzionali per preparare leggi e altri provvedimenti
o per incontrare persone e quant’altro. Certo, ma questa è un’attività
“discrezionale” che un eletto esercita a piacimento. Non c’è nessun obbligo:
può farlo e non farlo. Per dire: può stare a casa tutto il mese e prenderà
comunque 735 euro di vitto forfettario, oltre all’indennità. Può non usare mai
la macchina o può non possedere la patente, e incasserà lo stesso il forfait.
Cifra peraltro variabile in base alla circoscrizione di elezione: 549,15 euro
per i triestini, 1.537,62 per i goriziani, 2.196,60 euro per gli udinesi e
3.294,90 per i carnici e i pordenonesi.
Per 8.053,60 euro di paga netta il consigliere di cui analizziamo il
cedolino è sottoposto a 6.343,21 euro di trattenute; il lordo, quindi, ammonta
a 14.396,81. Oltre all’addizionale regionale, comunale e all’Irpef, l’eletto
versa il 5% (514,60 euro) dell’indennità base per il trattamento di fine
mandato e una quota del 17% per il vitalizio, oltre che un ulteriore 2% per la
reversibilità. Qui, però, la parte trattenuta (17+2%) vale solo su 12 giorni e
non su 31, ovvero quelli che erano riferiti ancora alla passata legislatura.
Dal 13 maggio, con l’inizio del nuovo corso, è infatti entrato in vigore il
nuovo sistema che regola le “pensioni”: il passaggio dal sistema retributivo al
contributivo. Al consigliere dunque è stata restituita la quota versata a
partire da quella data. Lo stipendio, tuttavia, subisce un altro
alleggerimento: ogni mese l’eletto deve corrispondere una parte al partito.
Sono 1.100 euro per il Pd, 500 per il Pdl, circa 2 mila per la Lega. Per
Rifondazione comunista, ora fuori dal Palazzo, era la metà della paga.
Ex Consiglio
regionale, le infinite spese pazze dei leghisti E nell’inchiesta “entra” Piccin
La capogruppo nel mirino per una notte in hotel. De Mattia per 1.600 euro
di gioielli pagati dalla moglie Narduzzi, interrogato da Frezza, tace.
L’avvocato: «Le carte nel tritatutto? Solo un equivoco»
TRIESTE. Non c’è pace per la Lega. Mentre l’ex capogruppo Danilo Narduzzi
viene interrogato dal pm Federico Frezza per le ricevute finite nel tritacarte
durante il blitz della Finanza dello scorso dicembre, dai fascicoli
dell’inchiesta sulle “spese pazze” di Palazzo rimborsate con fondi pubblici
emerge il nome dell’attuale capogruppo regionale del Carroccio. Mara Piccin,
finora mai sfiorata dalle indagini tanto da essere l’unica consigliera leghista
della passata legislatura “sopravvissuta” alla bufera giudiziaria, è incappata
in un “infortunio” di rilevanza penale il 10 agosto 2011 all’hotel Olivedo sul
lago di Como. Dagli accertamenti della Guardia di Finanza è emerso che ha
effettuato un pernottamento in compagnia di un’altra persona. E che, al momento
di pagare il conto del soggiorno di una notte (100 euro), ha fatto annullare la
ricevuta a nome dell’ospite per poi farla emettere a suo nome. L’ha fatto,
secondo la Procura, per ottenere il rimborso.
Una cifra modesta. Ben diversa da quella pagata in una gioielleria di
Cividale dall’ex consigliere leghista Ugo De Mattia peraltro protagonista di un
“curioso” caso di ubiquità. Il 22 giugno 2011, infatti, De Mattia era in
Consiglio regionale a Trieste. Ma, in quelle stesse ore, la sua carta di
credito si è materializzata a Cividale dove è servita per pagare monili del
valore di 1.600 euro in una gioielleria del centro. La firma sulla ricevuta non
era - e non poteva essere - quella dell’allora consigliere leghista: e infatti
a farla è stata la moglie Rinalda Molaro.
Lo stesso De Mattia, nell’apparentemente inesauribile capitolo delle “spese
allegre padane”, occupa un posto di primissimo piano. L’ex consigliere, con una
certa propensione per l’abbigliamento e lo sport, si è comprato una cyclette da
Decathlon e prodotti Nike da Arteni. E poi a San Candido ha acquistato
abbigliamento per adulti e a Merano abbigliamento per bambini o neonati. Costo:
350 euro. Ma non si è fatto mancare nemmeno i profumi.
Ieri, intanto, Narduzzi è stato interrogato per oltre un’ora dal pm Frezza.
Il titolare dell’inchiesta gli ha chiesto chiarimenti non solo su varie spese
contestate ma anche sulla “faccenda del tritacarte”. Lo scorso 4 dicembre,
quando i finanzieri erano arrivati nel palazzo del Consiglio regionale per
sequestrare la documentazione contabile sulle spese di rappresenzanza, Narduzzi
era infatti sgusciato come una saetta fino al suo ufficio e aveva tentato di
distruggere le prove e cioè i fogli di accompagnamento degli scontrini
infilandoli nel tritacarte, appunto. Aveva cercato di essere più veloce
possibile ma i finanzieri lo avevano praticamente scoperto con le mani... nella
marmellata.
L’ex capogruppo, però, sempre ieri, non ha voluto spiegare nulla ed è
rimasto muto di fronte alle domande dei giornalisti. Al termine
dell’interrogatorio ha parlato solamente il suo difensore, l’avvocato Luca
Ponti, dicendo che si è trattato di un equivoco in quanto Narduzzi, in quel
turbolento giorno, aveva creduto che la Finanza volesse solo gli scontrini e
non gli altri fogli. E così aveva diligentemente distrutto il di più. «Il suo -
ha chiosato Ponti - è stato un comportamento illogico. Distruggendo le prove ha
danneggiato se stesso». (c.b.)
“Guerra tra
bande” nella Lega Nord del Fvg sconvolta dai rimborsi pazzi
I friulani contro Fedriga “reo” di volere la testa di Narduzzi Si apre il
caso della Piccin dopo il coinvolgimento nell’inchiesta
di Marco Ballico
TRIESTE. La sollecitazione di Massimiliano Fedriga non serviva. Danilo
Narduzzi, il passo indietro, l’ha già fatto. Da solo. Si è dimesso da
vicesegretario regionale (nazionale in gergo padano) della Lega Nord. Perché
allora gettare benzina sul fuoco? Pensieri e parole (fuori microfono) nella
casa pericolante del Carroccio, un partito con un consenso elettorale
dimezzato, un parlamentare anziché tre, tre eletti in Consiglio regionale
anziché otto e una “grana” gigante, la vicenda dei rimborsi elettorali
“allegri”. Un guaio tira l’altro.
Da mesi il movimento è nella bufera. In particolare dal cambio di
segreteria – da Pietro Fontanini a Matteo Piasente – solo apparentemente
indolore. Da quel passaggio di consegne la Lega non ha più avuto pace. È crollata
alle urne e ha perso l’appeal di partito pulito. Perché le cronache certificano
che nell’inchiesta sull’utilizzo dei fondi pubblici ai gruppi la cifra più alta
da spiegare alla magistratura contabile è di gran lunga quella del Carroccio: i
238mila euro contestati a Narduzzi pesano due volte e mezza il presunto danno
erariale del capogruppo del Pd Gianfranco Moretton(100mila) e oltre cinque
volte quello del capogruppo del Pdl Danilo Galasso (41mila).
Un pugno in faccia per i militanti. Ma anche la causa di nuovi mal di
pancia. Le parole di Fedriga, la sua insistenza nel pretendere sospensione ed
eventuale espulsione di Narduzzi, aprono una caccia al colpevole che nella Lega
Fvg si sperava di evitare. Tanto più che, dopo accordi nelle segrete stanze, si
era riusciti a convincere Narduzzi a rinunciare alla vicesegreteria. Un gesto
che Piasente, il segretario, apprezza a chiare lettere: «In Lega ci si comporta
così». La “vivacità” di Fedriga è sicuramente mal digerita. Tanto più dalla
componente udin-pordenonese che da sempre regge il timone della Lega Fvg vista
la forza elettorale. Non solo il deputato triestino è l’unico a essersi salvato
dal crollo alle politiche di febbraio appropriandosi dell’unico posto blindato
alla Camera, pur rappresentando un territorio che esprime meno del 3% dei
consensi, ma si permette pure di dettar legge, si denuncia in Friuli. Fastidio
territoriale e politico verso Fedriga tanto più acuito in provincia di
Pordenone, dove è in atto una guerra tra bande pro e contro Narduzzi e dove il
deputato è al lavoro da qualche giorno come “legato nazionale”, espressione
educata per quello che è un controllo dall’alto su una situazione che vede non
poche spaccature tra le sezioni e le circoscrizioni padane. Non un
commissariamento dal punto di vista tecnico, ma è certo che nella Destra
Tagliamento la presenza del “visitor” triestino non piace per nulla. Sia perché
la segreteria provinciale retta da Enzo Del Bianco, uomo di Narduzzi, è stata
esclusa dalla decisione, sia perché vengono messe in discussione militanze di
lunga data. Il responsabile circoscrizionale Fabio Sirocco, estromesso da
Fedriga, ha pure minacciato le vie legali sostenendo che la figura del legato
non compare nello statuto leghista.Quella che appare in superficie è dunque una
Lega in affanno, priva dei punti di riferimento di un’epoca di vittorie, con
una mappa del potere (ma quale a questo punto?) ben difficile da disegnare.
Rispetto a qualche settimana fa Piasente può almeno contare sul fatto che sono
rientrate al momento le voci che lo volevano commissariato da un momento
all’altro. Ma nulla cambia concretamente in una Lega che si sta cercando e non
sa se si ritroverà. Anche perché, principale preoccupazione del momento,
andranno spiegate alla magistratura, ma anche ai militanti, le spese
strampalate, rimborsate con soldi pubblici, rilevate dalla Corte dei conti. Tra
le ultime, i gioielli della moglie di Ugo De Mattia e il pernottamento in
compagnia sul lago di Como di Mara Piccin. La capogruppo per ora non commenta.
Ma il caso è aperto. Perché gli uscenti ricandidati hanno firmato prima del
voto l’impegno a dimettersi nel caso di un coinvolgimento nell’inchiesta. E
Piasente, premesso che «tutto andrà dimostrato», ricorda che quel documento «fa
fede».
Lega Nord Fvg, le
pazze “spese personali” di Piccin
Tra i rimborsi della capogruppo "padana" 5mila euro dati a un
consulente cui oggi è legata e 6mila euro chiesti senza specificare i motivi
di Corrado Barbacini
TRIESTE. Prima consulente contabile.
E poi ospite nella stessa stanza d’albergo dell’attuale capogruppo regionale
della Lega Nord Mara Piccin. Paolo Iuri, elicotterista, vede il suo nome
comparire un paio di volte nell’elenco delle “spese pazze” di Palazzo al centro
dell’inchiesta del pm Federico Frezza che sta mettendo a soqquadro il mondo
della politica.
Il 10 agosto 2011 l’elicotterista è stato ospitato - a spese della Regione
- nella stanza di Piccin all’hotel Olivedo sul lago di Como. La fattura di 100
euro inizialmente intestata a Iuri, come hanno accertato i finanzieri, è stata
annullata e sostituita con un’altra a nome della capogruppo leghista: fattura
rimborsata con i fondi pubblici.
Un anno prima, il 28 agosto 2010, Piccin ha invece versato a Iuri, secondo
i documenti acquisiti durante le perquisizioni, la somma di 5mila euro per
consulenze contabili: somma, anche questa, rimborsata come spesa di
rappresentanza.
La capogruppo della Lega, l’unica dei consiglieri della passata legislatura
ad aver riconquistato il “biglietto” per Palazzo in quanto rimasta (sino a
ieri) estranea all’inchiesta, spiega così in una mail inviata tramite l’ufficio
stampa la “comparsa” di Iuri nell’elenco delle spese padane: «Consulente per il
gruppo regionale in materia di trasporti e logistica. Con questa qualifica ha
occasionalmente collaborato con la Lega Nord nella legislatura 2008-13.
Successive evoluzioni nella relazione che lega il suddetto Iuri alla
sottoscritta esulano da qualsiasi rilevanza politica e attengono strettamente
alla sfera dei rapporti personali. Trasparenza, onestà intellettuale e rigoroso
rispetto delle regole vigenti sono stati e restano i capisaldi della mia azioni
politica».
Ma Piccin si ritrova comunque sempre più coinvolta nell’inchiesta: il suo
nome, infatti, compare vicino ad altre spese “bizzarre” finite sotto la lente
di Frezza.
Gli alberghi, innanzitutto, oltre a quello sul lago di Como: il 18 dicembre
2009 la capogruppo del Carroccio ha pagato una fattura di 98 euro per aver
pernottato “Alla Posta” e il 17 dicembre 2010 ne ha pagato un’altra di 90 euro
per lo stesso motivo. Poi l’auto: il 10 ottobre 2009 ha acquistato un
navigatore satellitare del prezzo di 890 euro acquistato da Biason Auto.
Ma non è finita. La capogruppo della Lega ha chiesto e ottenuto rimborsi
per le sue “spese minute” che proprio “minute” non sono: il 2 marzo 2010 ha
presentato una ricevuta di 2.026 euro e il 28 aprile 2010 un’altra di 2.189. Il
3 marzo 2010, invece, ha chiesto e riscosso 2.026 euro per le sue “spese
personali”.
Più di 6mila euro sono quindi usciti dalle casse regionali senza una
ragione chiara.
La lista delle spese leghiste in mano al pm Frezza continua dunque a
regalare “sorprese”. Le mille confezioni di spray antiaggressione che la Lega
ha realizzato nell’ambito della sua campagna per la sicurezza sono ad esempio
state rimborsate con le spese di rappresentanza: una bella “botta” di 13.800
euro.
L’ex capogruppo Danilo Narduzzi, interrogato solo l’altro giorno, si è
concesso invece una sosta all’hotel Metropole di Portorose. Una sosta costosa
giacché si è fatto rimborsare 325 euro.
Ne è valsa, assai probabilmente, la pena. E la stessa cosa si può dire
della cena del 31 dicembre 2010 alla quale hanno partecipato due sole persone.
Il conto, saldato esattamente alle 22.57 e finito dritto dritto nelle spese di
rappresentanza del Carroccio, è stato di 380 euro. Esattamente 180 euro a testa
per brindare adeguatamente all’anno nuovo.
Non si sa chi erano i fortunati commensali. Ma si sa che la fattura è stata
rimborsata a “qualcuno” della Lega.
Ciriani
restituisce i rimborsi “di troppo”
L’ex vicepresidente, al momento non indagato, riconsegna 8mila euro. «Spese
mai sostenute, soldi percepiti per errore»
di Marco Ballico
TRIESTE. Luca Ciriani gioca d’anticipo. Così d’anticipo che si è trovato a
restituire due volte le somme “dubbie” percepite come rimborso delle sue spese
di rappresentanza. «L’ho fatto non per uscire sui giornali, ma come iniziativa
personale e nel rispetto del lavoro dei magistrati». Il totale? Ottomila euro.
Non per treni di pneumatici, vacanze, ingressi al museo, ma «solo per pranzi,
cene e qualche pernottamento», precisa. L’ex vicepresidente della Regione ha
pure scritto alla Procura della Repubblica le tappe del suo rientro nella
regolarità. Per evitare sospetti ed eventuali guai. «Ad aprile - ricostruisce
Ciriani -, finita la campagna elettorale, ho chiesto di verificare, scontrino
per scontrino, i rimborsi che mi riguardavano. Ne è emerso un conto di 1.300
euro potenzialmente contestabili che ho restituito immediatamente al gruppo.
Per stare larghi ho anzi girato un bonifico di 5mila euro».
Spese “leggere”? «Certamente no – assicura il consigliere del Pdl –, ma tra
le voci sono spuntati pure scontrini che mi erano stati rimborsati ma non erano
miei, altri che avevo indicato di voler pagare di tasca mia e perfino una
fattura che mi era stata riconosciuta due volte. Per tagliare la testa al toro,
nonostante si trattasse in larga parte di spese corrette, ho scritto una
lettera al gruppo comunicando che, tra il 2009 e il 2012, risultavano alcune
incongruenze e imprecisioni. Di qui la mia decisione di versare al partito
l’intera somma».
Ciriani non si è fermato qui. «Dopo le elezioni avevo più tempo a
disposizione – scherza a proposta della sconfitta del centrodestra – e ho
proseguito nei controlli. Tanto più quando la Corte dei conti ha chiesto la specifica
di ogni voce. Nulla che potessi ovviamente ricordare con assoluta precisione
visti i carichi di lavoro di una legislatura che mi ha visto vicepresidente,
assessore con tre deleghe differenti, tre volte commissario di governo per
altrettante emergenze e più volte a Roma. Con maggiore calma, assieme alla mia
segretaria, ho rifatto i conti, ho visto che c’erano altri 1.400 euro di
rimborsi che avrebbero potuto essere in discussione e ho provveduto pure a
quelli».
L’ultimo capitolo è il cambio di destinatario. Perché Ciriani si è accorto
che i soldi andavano restituiti, più che al Pdl, alla tesoreria della Regione.
E, alla Regione, ha versato altri 3mila euro. Il consiglieri pidiellino, sin
qui non chiamato in causa né dalla Procura né dalla magistratura contabile, ha
giocato d’anticipo pure sul fronte dell’informazione: «Ho scritto alla Procura
di Trieste illustrando tutta la vicenda. E chiarendo che non ho pagato per
un’assunzione di responsabilità, perché ritengo di avere agito correttamente.
Ho pagato perché mi sono ritrovato davanti alcuni errori formali nelle
operazioni di rimborso, oltre ad alcune fattispecie che, a leggere i giornali,
sembravano essere considerate illegittime».
Spese folli “in
conto terzi”, Bertoli indagato
Il forzista di Trieste, pur non eletto in Regione, tramite Piero Camber usò
i fondi pubblici per una maxitrasferta e un rinfresco
TRIESTE. Spese “allegre” a palazzo: l’inchiesta della Procura di Trieste
sull’utilizzo dei fondi per il funzionamento dei gruppi consiliari del
Consiglio regionale coinvolge un altro eletto, in carica però in un altro ente.
Si tratta di Everest Bertoli, capogruppo della rinata compagine consiliare di
Forza Italia in Consiglio comunale a Trieste e solo fino a qualche giorno or
sono al timone del Pdl nella stessa aula municipale triestina. E sempre del
Popolo della libertà era stato vicecapogruppo a palazzo Cheba durante il
secondo mandato dell’ex sindaco Dipiazza, conclusosi nel maggio 2011. Bertoli è
stato iscritto nel registro degli indagati dal pm Federico Frezza, che lo
accusa - per due episodi risalenti rispettivamente al dicembre 2010 e al
febbraio 2011 - di concorso in peculato con gli allora consiglieri regionali
del suo stesso partito Daniele Galasso (all’epoca capogruppo in piazza Oberdan)
e Piero Camber (oggi a sua volta in carica in Consiglio comunale a Trieste e
portacolori di Forza Italia).
In pratica, Bertoli viene accusato di aver ricevuto illecitamente, ed
essersene quindi appropriato, somme di denaro accreditate al gruppo regionale
del Pdl e vincolate come spese di funzionamento del gruppo consiliare stesso.
L’inchiesta lo coinvolge - questo gli contesta il pm Frezza - quale fruitore di
questi soldi “regionali” per iniziative da lui organizzate senza alcuna
finalità istituzionale e prive di collegamento con il gruppo regionale del Pdl.
Bertoli non era (e non è) consigliere regionale: aveva tentato il “salto” da
piazza Unità a piazza Oberdan durante l’ultima tornata elettorale dello scorso
aprile, non riuscendo però nell’intento di essere eletto.
Le cifre in questione ammontano, sommate, a 3.658 euro. Precisamente, il
primo episodio contestato concerne i 1.758 euro registrati a livello contabile
a nome di Piero Camber e giustificati come spese per suoi ospiti, ma in realtà
- è emerso dagli accertamenti della Guardia di finanza - impiegati per pagare
993 euro (con carta di credito legata a un conto bancario di Galasso) per il
viaggio aereo e altri 765 per il pernottamento del 16 dicembre 2010 a Bruxelles
di 17 persone, per la maggior parte dipendenti della Ulisse Express di cui
proprio Bertoli è socio. Fra i presenti, nessun consigliere regionale. Né
Camber, né Galasso. Una trasferta organizzata da Bertoli. Come pure
l’iniziativa che coincide con il secondo episodio finito nell’inchiesta e che
riguarda invece i 1.900 euro usati il 10 febbraio del 2011 per pagare un
rinfresco al “Cafè Rossetti”, in occasione del Giorno del Ricordo: soldi usciti
direttamente dal conto corrente del gruppo consiliare regionale del Pdl.
Sul proprio coinvolgimento nell’indagine, Bertoli si limita a dire: «Non
c’entro nulla con la vicenda, ne sono estraneo. E ho massima fiducia nella
giustizia». Presumibilmente la prossima settimana, l’attuale capogruppo di
Forza Italia nel Consiglio comunale di Trieste sarà sentito dal pm Frezza.
(m.u.)
Il giro del mondo
“a sbafo” di Ballaman
Cresta sui rimborsi anche a Kuala Lumpur, Colombo e Mumbai per l’ex
presidente del Consiglio accusato di truffa
di Matteo Unterweger
TRIESTE. Non solo Hong Kong e Dubai,
ma anche Kuala Lumpur in Malesia, Colombo nello Sri Lanka e Mumbai in India.
Mete lontane che l’ex presidente del Consiglio regionale Edouard Ballaman aveva
deciso di raggiungere per viaggi istituzionali, di cui poi aveva per l’appunto
chiesto - e ottenuto - rimborso alla Regione quando ancora faceva parte
dell’assemblea di piazza Oberdan. Spese rendicontate però in maniera indebita
secondo il pm Federico Frezza che ha inserito anche queste trasferte
nell’inchiesta della Procura di Trieste che vede Ballaman indagato con l’accusa
di truffa ai danni della Regione Friuli Venezia Giulia.
Il metodo
L’ex leghista, poi confluito nel Gruppo misto durante la scorsa
legislatura, non aveva evidentemente resistito al fascino delle tre località,
trattenendosi - assieme alla moglie Chiara Feltrin - qualche giorno in più
rispetto alla durate dei rispettivi eventi “visitati” per questioni
istituzionali: notti “in più” messe comunque in conto da Ballaman alla Regione
e rimborsate. Non solo, proprio come accaduto per Hong Kong e Dubai, pure per
Kuala Lumpur, Colombo e Mumbai, si è poi fatto restituire i soldi di biglietti
aerei in realtà annullati e rimpiazzati da ticket meno costosi, ottenendo così
dalla casse regionali la differenza di qualche centinaia di euro. Stratagemmi
che, messi assieme, gli hanno fruttato un totale di 2.419 euro indebitamente
percepiti: questo gli contesta il pm Frezza sulla base degli elementi raccolti
durante le indagini dalla Guardia di finanza.
In Malesia
Nel dettaglio, a Kuala Lumpur Ballaman si è trattenuto, assieme alla
consorte, dal 15 al 21 febbraio del 2012, chiedendo alla Regione un rimborso di
2.566 euro per la partecipazione all’evento “Expo technology”, in programma
però dal 16 al 18. In sede di rendicontazione, Ballaman ha presentato al Gruppo
consiliare Misto il documento relativo a un biglietto aereo da 891 euro, poi -
è emerso - annullato per farsene emettere un altro, più economico da 621 euro,
il tutto ovviamente senza informare la Regione e tenendosi quindi in tasca la
differenza di 270 euro. A ciò ha sommato i 1.675 euro spesi per i pernottamenti
al Mandarin hotel: sei notti invece che quattro e omettendo di specificare che
vi fosse anche la moglie con lui. Dettagli da 558 euro in più indebitamente
ricevuti. “Cresta” totale dall’operazione Kuala Lumpur: 828 euro.
Nello Sri Lanka
Dal 18 al 20 agosto del 2012 era in calendario a Colombo, nello Sri Lanka,
“Eco revolution”. Evento cui Ballaman aveva deciso di presenziare: per il
viaggio, conto totale presentato poi alla Regione di 2.725 euro. Per il pm
Frezza ce ne sono però 920 di troppo. Ne avrebbe dovuti chiedere 1.805. Perché?
Altro giro in aereo e altra corsa: biglietto da 1.264 euro rendicontato sebbene
fosse stato annullato e nel concreto rimpiazzato da uno del costo di 969 euro.
Avvicendamento fra titoli di viaggio di cui la Regione non ha mai saputo nulla,
versando al consigliere Misto 295 euro più di quanto fosse veramente
necessario. Notti “aggiuntive” pagate da “mamma Regione” pure qui: sette, tre
in più (e quindi 625 euro rimborsati di troppo) con permanenza dal 15 al 22 del
mese e sempre in camera doppia con la moglie, all’hotel Cinnamon Grand per
complessivi 1.460 euro.
In India
Il nome dell’evento è lo stesso di quello agostano, “Eco revolution”.
Diverse, però, location e date: Ballaman è volato in India nel settembre dello
scorso anno, fermandosi a Mumbai dal 6 al 13 nonostante l’appuntamento durasse
dal 7 al 10. Ha quindi chiesto, presentando i documenti di spesa, e avuto dalla
Regione un rimborso di 2.528 euro. Ma anche qui la ricevuta del biglietto aereo
presentata faceva riferimento a un ticket di 810 euro poi annullato e
“sostituito” da un altro di 630: ergo, 180 euro in più chiesti al Consiglio.
Sette le notti trascorse con la coniuge all’hotel Taj Mahal Palace and Tower:
1.718 euro. Per il pm, due le nottate di troppo in questo caso e 491 euro rimborsati
in maniera non legittima. Che sommati ai 180 del biglietto aereo, fanno 671.
Il legale
Così l’avvocato Giovanni Borgna, cioè il legale che nella vicenda difende
Ballaman: «Al termine dell’indagine sui rimborsi, cercheremo di spiegare tutto
al magistrato».
Notti in hotel e
alcolici tra gli scontrini di Tononi (Pdl)
Inchiesta sui rimborsi "allegri" a carico del Consiglio
regionale: l'ormai ex prediligeva feste e soggiorni. Conestate al triestino
spese private per migliaia di euro
TRIESTE. Oltre settemila euro, precisamente 7.212, pagati fra il 2011 e il
2012 per acquistare al supermercato Cash&Carry 1.034 bottiglie di
superalcolici vari, 75 di birra e altre otto di champagne. Una spesa che l’ex
consigliere regionale del Pdl, Piero Tononi, ha presentato fra quelle di
funzionamento del gruppo consiliare del Pdl in Regione, facendosela rimborsare.
Come pure i 7.358 euro versati nel 2010, 2011 e 2012 all’Associazione culturale
ricreativa sportiva turistica “Dream”, promotrice di attività nei campi di
riferimento anche con l’eventuale conduzione e gestione di esercizi pubblici.
Realtà di cui peraltro Tononi era stata uno dei fondatori. Anche questa cifra
gli è stata rimborsata dalla Regione. Secondo il pm Federico Frezza, però, in
entrambi i casi si tratta di soldi che Tononi ha impiegato per ragioni private,
senza quindi alcuna finalità istituzionale e collegamento con il gruppo
consiliare di cui ha fatto parte nella scorsa legislatura in Regione. Sono
nuovi dettagli che emergono dall’indagine della Procura di Trieste sulle spese
“allegre” del Consiglio regionale. Inchiesta che vede anche Tononi indagato con
l’accusa di peculato. Il pidiellino è difeso dagli avvocati Claudio Giacomelli
e Andrea Polacco.
Per il pm Frezza, dunque, Tononi ha ricevuto illecitamente e si è
appropriato di queste somme usate negli episodi che gli vengono contestati. Per
quanto concerne la cifra versata alla “Dream”, il procuratore ritiene sia
servita a Tononi per pagare per sé e per vari amici consumazioni e bibite
durante delle serate in musica. Non sono le uniche spese per le quali Frezza
accusa l’ex consigliere pidiellino di peculato. Ci sono pure 790 euro pagati
all’albergo “Antico Casale” di Ferrara per il soggiorno di dieci persone, fra
l’8 e il 9 luglio 2011, tra cui alcuni suoi colleghi di partito, e altri 190
versati all’agriturismo “Oasi Naturale Pradine” sempre a Ferrara e sempre per
le stesse date ma stavolta per se stesso e Fulvio Sluga, coordinatore comunale
del Pdl a Trieste. Spese che secondo il pm sono state sostenute per fini
privati e per le quali è stato chiesto e ottenuto illegittimamente il rimborso
dalla Regione. E allo stesso modo Tononi è accusato da Frezza per i 402 euro
complessivi pagati per tre acquisti di gioielli in tre distinte occasioni fra
il 2010 e il 2011, i 308 pagati in ferramenta a Duino nel settembre 2011, i 372
versati il mese dopo per l’acquisto di abbigliamento femminile e altri 191 in
tutto per bibite varie, birre, rhum e bicchieri comprati nel 2011 al
supermercato “IperCoop”. E, ancora, per i 1.005 pagati all’albergo “Duchi
d’Aosta” per il soggiorno a Trieste di convivente, figlia e nipote di Giorgio
Almirante il 27 e 28 marzo 2011, i 349 spesi all’albergo Carlyle Brera di
Milano per la permanenza dell’8 e 9 dicembre 2012 dello stesso Tononi assieme
alla propria convivente, e gli 81 con cui ha acquistato un paio di Timberland
nel luglio 2011. (m.u.)
Scandalo in
Consiglio: papà offre il viaggio. Ma paga la Regione
Il pm Frezza scopre che l'ex capogruppo Pdl Pedicini, indagato per
peculato, si è fatto rimborsare dal gruppo due voli della figlia a Parigi
di Corrado Barbacini
TRIESTE. La Ville Lumière ha un
fascino innegabile con la tour Eiffel, il Louvre e i magazzini Lafayette dove
si trovano abiti e soprattutto foulard griffati a buon prezzo. E allora l’ex
consigliere regionale del Pdl Antonio Pedicini - secondo il pm Federico Frezza
che l’ha accusato di peculato in concorso con l’ex capogruppo Daniele Galasso -
non ha esitato a offrire alla figlia Maria Grazia la possibilità di apprezzare
la grandeur degli Champs-Élysées. A spese della collettività.
“Vai e vedi, figlia mia”. Due voli da Treviso a Parigi sono stati pagati
con i soldi della Regione e fruiti dalla figlia del politico e avvocato
cinquantanovenne, originario di Pordenone, liquidato solo poche settimane fa
dalla Regione stessa con una buonuscita da 100mila euro. Maria Grazia Pedicini
è partita il 13 dicembre 2010 ed è tornata a Treviso il 28. Il padre – o, più
esattamente, la Regione alla quale l’ex consigliere ha chiesto il rimborso
ritenendo che quelle sostenute fossero spese di rappresentanza del gruppo - ha
versato 223 euro per far apprezzare alla sua “piccola” il fascino di Parigi
sotto le feste. La prima gita di Maria Grazia risale alla primavera dello
stesso anno: la ragazza è partita il 30 marzo e tornata il 4 aprile. Prezzo del
biglietto, rimborsato da Palazzo, 125 euro.
Ma il capitolo francese non si è esaurito qui. Nel 2011 papà Pedicini in
persona, sempre secondo le indagini della Finanza coordinate da Frezza, si è
tolto qualche “sfizio di rappresentanza” ai magazzini Lafayette che si trovano
dietro a Place de l’Opéra spendendo in quel bengodi per gli amanti del bello
162 euro. Regolarmente restituiti. C’est la vie. L’ex consigliere del Pdl non
si è fatto mancare nemmeno una visita culturale al Centre Pompidou facendosi rimborsare
ancora una volta dalla Regione l’ingresso alla galleria d’arte del famoso
centro parigino. Costo 24 euro.
In effetti, però, la famiglia è tutto. E allora Pedicini non solo non ha
trascurato i viaggi della figlia Maria Grazia, ma ha coltivato anche quelli
della moglie Annalisa Del Col. Il 5 ottobre del 2010, tanto per iniziare, l’ex
consigliere del Pdl ha condiviso con la consorte una stanza all’hotel Accademia
di Trento ma il conto di 68 euro è finito nella nota delle spese a carico del
gruppo.
Lo stesso è successo anche all’hotel Belvedere a Conca dei Marini, in
provincia di Salerno. La fattura della stanza, risalente al 2011, è stata di
1.945 euro. Anche a Viterbo, stavolta nel 2012, si sono visti Pedicini e
signora. Inseparabili all’hotel Mini Palace. Prezzo 78 euro. Altro soggiorno di
coppia all’albergo Magione Papale dell’Aquila nel 2011. Conto 240 euro.
E sempre nell’ambito dell’operazione “ospitalità pagata con i soldi dei
contribuenti”, nella lista del pm Frezza si trova pure un soggiorno datato 2011
all’hotel New York di Lignano di tali M. Vascotto, E. Favretto e A. Vascotto.
Spesa di ben 830 euro prontamente rimborsata dalla Regione.
La classe non è acqua. E, dopo i voli, i viaggi e gli hotel, non potevano
mancare i fiori. Beneficiaria di 590 euro è stata la fioreria Cristallo di
Pordenone. Anche qui, secondo il pm, si è trattato di una spesa senza il benché
minimo fine istituzionale e collegamento con il gruppo consiliare del Pdl.
Infine, nella lista dell’accusa, un robusto capitolo automobilistico. Tra
il 2010 e il 2011 Antonio Pedicini ha infatti speso 2.907 euro per la sua
vettura. In particolare ha versato 612 euro alla carrozzeria La Meduna e 2.295
euro al Centrogomme. Chissà che pneumatici ha fatto montare. E pensare che l’ex
consigliere regionale ha ricevuto un rimborso viaggi a forfait di 39mila euro
all’anno (79mila tra il 2010 e il 2011) per pagare le spese della sua
automobile.
In Consiglio
regionale rimborsi d’oro per i triestini
Il maxiforfait appena approvato fa guadagnare almeno 1.200 euro in più al
mese agli eletti del capoluogo del Fvg
di Gianpaolo Sarti
TRIESTE. Diceva, giusto un anno fa,
un consigliere regionale di centrosinistra: «Non volete mica fare i conti della
serva?». Si parlava di rimborsi forfettari, all’epoca. Cosa erano? Erano i
benefit aggiuntivi inseriti nelle buste paga di ogni eletto. Il quale, oltre ai
10.291 euro lordi di indennità, riceveva ulteriori 35 euro per 21 giorni
lavorativi (735 al mese) per il vitto e altri soldi per l’utilizzo dell’auto,
anche se non si metteva mai al volante o se non possedeva proprio la patente.
In pratica si andava dai 550 euro per i triestini ai 3.300 per chi proveniva da
Pordenone e Tolmezzo.
A distanza di un anno e a pochi giorni dall’approvazione della tanto
sofferta legge che abbassa gli stipendi (da 10.291 a 6.300 euro lodi), elimina
i vitalizi e taglia di molto le risorse ai gruppi, vale la pena allungare la
lente di ingrandimento. Per scoprire che sui forfait alla fine ci guadagnano un
po’ tutti. Soprattutto i consiglieri di Trieste cui spettano 1.200 euro in più.
O forse ancor di più.
Come è possibile? La nuova norma cancella il rimborso vitto e auto ma,
parallelamente, crea un’unica grande voce denominata “esercizio di mandato”: un
maxi-forfait che raccoglie dentro tutte le spese che un consigliere, per la sua
attività politica, deve sostenere. Questo a parole: perché la legge,
tecnicamente, si limita a dire che le “spese di esercizio di mandato”
sostituiscono solo “vitto e automezzo”. Null’altro. Siamo sempre là: se uno non
si muove mai i soldi li incasserà lo stesso. La norma tuttavia, almeno per il
lavoro istituzionale, prevede una trattenuta per ogni giornata di assenza dalle
sedute di Consiglio regionale e delle Commissioni permanenti.
«Il presupposto – spiega il vicepresidente dell’aula Igor Gabrovec – è che
il consigliere svolga l’attività sull’intero territorio. Quindi 2.500 euro
possono essere molti per uno che non si muove da casa o pochi per chi è sempre
in giro. Io, ad esempio, sono spesso in provincia di Gorizia e a Udine visto
che le riunioni del Pd si fanno lì. Parecchie volte mi reco a Tarvisio, per non
parlare delle trasferte settimanali a Lubiana dal momento che sono un rappresentante
della Comunità slovena».
La somma in realtà non è stata definita ancora con esattezza nel provvedimento
varato la scorsa settimana. Il testo indica il tetto massimo di 3.600 euro e
sarà l’Ufficio di presidenza a stabilire quando dare e a chi. Ma durante il
dibattito in commissione, nei giorni scorsi, era emerso chiaramente l’intento
di assegnare ai triestini e ai goriziani 2.500 euro per queste finalità, mentre
ai friulani e ai pordenonesi ne spetterebbero 3.600. I conti sono presto fatti.
Se con il sistema precedente per il pranzo (735 euro) e per l’automobile
(549,15 euro) un consigliere giuliano poteva contare su un totale di 1.284,15
euro aggiuntivi, ora ne potrebbe prendere invece almeno 2.500. Sono 1.215,85
euro in più nella migliore (o peggiore per lui) delle ipotesi. Quasi il doppio.
Con la stessa logica un isontino si trovava nello stipendio 2.272,82 euro (da
sommare sempre ai 10.291 di paga lorda), ora potrebbe averne 2.500: quindi
227,38 euro in più. Un friulano 2.931 euro ovvero 668,4 euro in più. Ci
rimetterebbero i pordenonesi e i carnici che si vedrebbero togliere 429,90
euro.
Va ribadito che la cifra mira a coprire tutto, incluse le spese
autostradali che fino a qualche giorno fa invece venivano pagate con un
telepass gratuito regalato dalla Regione. E pure l’attività di “studio e
aggiornamento”, per cui il singolo consigliere poteva domandare indietro un
totale di 4 mila euro a legislatura. Ricapitolando: vitto e rimborso per
l’utilizzo del mezzo non esistono più. Al loro posto il maxi-forfait mensile
dai 2.500 ai 3.600 euro (esentasse, peraltro). E i triestini vanno a nozze.
I grillini, che in tema di paghe hanno scelto di farsi restituire i soldi
sugli effettivi consumi e comunque mai oltre i mille euro al mese, hanno
gridato allo scandalo. Ma si sono visti affossare, senza troppi complimenti,
qualsiasi proposta di taglio ai privilegi che ancora resistono. Pd, Pdl, Lega e
tutti gli altri quel giorno andavano curiosamente a braccetto.
Il Consiglio
regionale resta senza mobili e computer
Dopo il “sequestro” voluto dall’Ufficio di presidenza il materiale è finito
nello scantinato per l’inventario
di Gianpaolo Sarti
TRIESTE. In Consiglio regionale
torneranno di moda i piccioni viaggiatori. Perché comunicare con un partito o
un singolo eletto sembra ormai un’operazione sempre più ardua: fax, computer e
cellulari sono spariti. Non solo: via pure stampanti, scanner, video-proiettori.
E pure i mobili e i divani. Rimane soltanto il materiale già di proprietà delle
Regione, mentre tutti i beni acquistati dai gruppi negli ultimi cinque anni
sono stati requisiti dagli uffici della Regione per l’inventario di fine
legislatura.
C’è una delibera dell’Ufficio di presidenza del 13 aprile, a ridosso del
voto, che impone la restituzione. Ma c’è soprattutto il pressing della Guardia
di finanza che, da giugno, ha più volte sollecitato le liste degli oggetti
comprati dal 2008 al 2013. La Procura, nell’ambito dell’inchiesta sui rimborsi
“facili” e sulle spese di rappresentanza, vuole vederci chiaro su come sono
stati utilizzati i soldi pubblici anche per queste finalità. Non è un mistero,
in piazza Oberdan, che tra quegli elenchi ci sia più di qualche sorpresa:
qualcuno, tra i consiglieri, non si sarebbe fatto mancare nulla in questi anni.
Non si spiegherebbe altrimenti, da quanto si racconta nei corridoi, la quantità
di televisioni, telefonini, pc, Ipad e Iphone racimolati in giro. Un migliaio i
pezzi raccolti in tutto, ora ammassati in un magazzino del Consiglio regionale.
Materiale che, a quanto pare, andava ben oltre le necessità personali.
Sfizi tecnologici? Omaggi di rappresentanza fatti dai politici? Non sono
pochi quei consiglieri che, per non incappare in un’accusa di peculato,
all’ultimo momento avrebbero chiesto indietro i regali fatti all’esterno. Non
sono state quindi settimane facili per il Palazzo: anche perché, in piene ferie
agostane, la segreteria generale ha preteso le ultime restituzioni. Qualche
dipendente ha dovuto abbandonare in fretta e furia le vacanze per fare ritorno
a Palazzo a contare e accatastare quanto richiesto, con tanto di fatture
d’acquisto allegate. Si tratta non solo di fax, pc e cellulari, ma pure di tv,
macchine fotografiche, Iphone e Ipad. O mobili, se comprati con risorse
assegnate ai gruppi. Vale la pena fare un giro nel piano del Pdl e dare
un’occhiata in giro. Uffici spogli, documenti ammonticchiati sul pavimento,
pareti vuote. Anche i quadri e le stampe incorniciate sono stati requisiti. Via
gli archivi di metallo, il divano. Il frigo. Per la normale attività di ogni
giorno ci si arrangia con le cose già di proprietà della Regione, dunque già
inventariate ed etichettate con un numero di matricola. Invece tutto il
materiale comprato dai gruppi sta ancora nello scantinato, in attesa di essere
riassegnato.
L’altro ieri, in una riunione, il capogruppo del Pdl Alessandro Colautti ha
segnalato il disagio per i consiglieri e gli addetti di segreteria proponendo
un inventario immediato da parte della Regione sui beni più urgenti, in modo da
ottenere il prima possibile gli oggetti necessari per il lavoro quotidiano.
«Com’è possibile – osserva il consigliere – che la legge non preveda una
procedura che consenta semplicemente di inventariare il materiale anziché
creare questa confusione e pure costi aggiuntivi, visto che abbiamo impiegato
varie persone per questo? È corretto verificare e controllare, ma qui siamo
alla deriva – aggiunge – mi pare evidente l’incapacità di gestire in termini
efficienti una questione banale. Francamente si sarebbe potuto agire con il
buon senso».
Consulenza al
fidanzato: la Lega fa autosospendere la Piccin
È la strada indicata dal Carroccio davanti all’inchiesta sulle “spese
pazze”. In precedenza “congelato” l’ex capogruppo Narduzzi
di Marco Ballico
TRIESTE. Non parla nessuno in Lega
Nord. L’imbarazzo è palese. Ma qualcuno, stasera, dovrà decidere su Mara
Piccin. O lei o il consiglio nazionale (è il gergo del Carroccio) che si
riunisce nel quartier generale di Reana del Rojale e non potrà non affrontare
il caso della capogruppo in Consiglio regionale indagata per l’ipotesi di reato
di peculato. Due le soluzioni attese dalla base: l’autosospensione di Piccin o
la sospensione decisa dal movimento. Qualsiasi rinvio avrebbe un sapore
pilatesco.
Gianpaolo Dozzo, il commissario padano al lavoro in regione dalla scorso
giugno, non ha mai parlato con la stampa. È stato inviato a monitorare la
salute precaria di una Lega che, in Friuli Venezia Giulia, aveva messo in fila
litigi, veleni, spaccature, flop elettorali e scandali. Una presenza
silenziosa, in questi mesi, quella di Dozzo. Che continua a non dichiarare
alcunché: cortese, ma declina l’invito. Non dice una parola nemmeno Matteo
Piasente, il segretario congelato. Tanto meno la diretta interessata.
Solo Pietro Fontanini, presidente della Provincia di Udine, la carica
amministrativa più importante della Lega ridimensionata dalle ultime tornate
elettorali, accetta di commentare la delicatezza del momento: «Sì, è chiaro che
queste cose non fanno bene». «Queste cose» sono la vicenda Piccin e quella
consulenza “bizzarra” (da 5mila euro) assegnata dal gruppo consiliare leghista
a Paolo Iuri, diventato poi compagno della eletta pordenonese, elicotterista,
pure lui indagato per peculato. Come del resto Danilo Narduzzi, il capogruppo
della scorsa legislatura, il padano su cui è piovuta la responsabilità della
leggerezza con cui i colleghi consiglieri hanno gestito le casse dei fondi
pubblici per la rappresentanza.
Una consulenza accompagnata anche da altre “stranezze”: quei cinque
soggiorni in altrettanti alberghi, Piccin e Iuri assieme, che sarebbero storia
privata non fossero stati pagati, pure quelli, con i soldi dei contribuenti.
Materiale, tutto assieme, finito nel mirino del pm Federico Frezza, ma che
diventa politicamente un gigantesco caso, l’ennesimo, in casa Lega. Questa sera
è appunto in agenda un consiglio nazionale che, inevitabilmente, dovrà prendere
in mano la questione.
Di che altro parlare in tempi grami, all’opposizione in Regione, e per un
bel po’ di tempo ancora? Si dovesse autosospendere Piccin, come ha del resto
fatto Narduzzi qualche mese fa, sarebbe almeno soddisfatta la base, quella che
ci crede davvero non quella che sgomita, che certo non digerisce di vedere in
casa propria gli stessi scivoloni di partiti considerati storicamente scorretti
nell’uso del denaro pubblico. In caso contrario, è sempre la richiesta della
base, toccherebbe al consiglio Fvg prendere una decisione. Con tutte le
conseguenze del caso. Perché il crollo di voti della Lega ha ridotto a tre sole
persone la presenza in piazza Oberdan: con Piccin ci sono l’ex assessore
all’Agricoltura Claudio Violino e Barbara Zilli. Perdere un pezzo significa
anche perdere il diritto a costruire un gruppo per i lavori dell’aula.
Servirebbe a quel punto un accordo con le altre forze politiche (per nulla
scontato) per proseguire con un gruppo di soli due membri. C’è dunque il
rischio di penalizzare pure la struttura, con contratti agli addetti di
segreteria già avviati. Insomma, un rebus. Da una parte la spinta dei militanti
che vogliono chiarezza. Dall’altra le esigenze della realpolitik: il gruppo
della Lega in Consiglio non può saltare.
Un bel pasticcio che, del resto, il Carroccio si poteva anche attendere
quando, in campagna elettorale, Piasente dovette incassare la scelta federale
di ricandidare gli uscenti ancora non coinvolti nell’inchiesta sulle spese
pazze del 2011. Fu fatto allora firmare un documento, a tutti i candidati in
lista, in cui si chiedeva l’impegno al passo indietro nel caso di
interessamento della magistratura. Ora, nei confronti di Piccin,
quell’interessamento c’è. E la Lega, in una qualche direzione, dovrà pure
andare.
Spese “folli” in
Consiglio regionale, il pm convoca Bucci e Marin
Partiti i primi inviti a comparire. Contestate cene in pizzeria per quasi
40mila euro e decine di soggiorni in hotel di montagna
di Corrado Barbacini
TRIESTE. L’ex consigliere regionale
del Pdl Maurizio Bucci potrebbe fare il testimonial della pizza. Ha messo in
conto alla Regione quasi 40mila euro tra birrette, margherite, romane o quattro
stagioni nel periodo tra il 2010 e il 2012. Il maxi conto in pizzeria -
riferito a un’infinità di cene o pranzi avvenuti alla Casa Rosandra di San
Dorligo della Valle - compare in tutta evidenza nella lista del pm Federico
Frezza che è parte integrante dell’invito a rendere interrogatorio. Si tratta
di un atto formale preludio della chiusura delle indagini nelle quali Bucci
(difeso dall’avvocato Giovanni Borgna) è indagato per peculato in concorso con
l’ex capogruppo Daniele Galasso. In tutto il pm titolare dell’inchista sulla
spese allegre del Palazzo contesta a Bucci 15 precisi addebiti. Non solo pranzi
e cene come quella del giorno di Pasqua del 2011 alla trattoria Scheriani di
Muggia, quando l’esponente pidiellino pagò con soldi pubblici un conto da 557
euro con 25 coperti pur in assenza del benché minimo collegamento con
l’attività del gruppo consiliare di appartenenza. (...)
Se a Bucci piacciono le auto e la
pizza, Roberto Marin, pure pidiellino, non c’è dubbio, ama la montagna. Anche a
lui (è difeso dall’avvocato Caterina Belletti) è arrivato l’invito a rendere
interrogarorio, con una lista di riferimenti turistici degni di un recensore di
Tripadvisor. Il must dell’ex sindaco di Grado (anche lui accusato di peculato
in concorso con l’ex capogruppo Daniele Galasso) è la Val Badia. Hotel Rosa
Alpina di San Cassiano, 399 euro. La Tor Sas di Villa Badia, spuntino per sei,
137 euro; Punta Trieste, sempre in val Badia, tre coperti 97 euro; Utia di San
Cassiano, bevande per 34 euro; cena a Pedraces, 81 euro. Ma non trascura
neanche il Cadore: Baita Fraina a Cortina 108 euro; e ancora sempre lì, altri
260 euro.
Scandalo rimborsi
in Consiglio regionale: toelettatura per il cane a spese del gruppo
Nuovi dettagli dell’inchiesta sulla Casta. Contestati anche viaggi in
Grecia e soggiorni alle terme
UDINE. L’invito a essere interrogati e la contestazione di nuove spese
rimborsate con i soldi ai gruppi. Tanti pranzi e cene, ma anche viaggi e la
“toelettatura” del cane. L’accusa sostenuta dal pm di Trieste Federico Frezza è
sempre peculato, ma nuovi scontrini spuntano dall’inchiesta sui rimborsi agli
attuali o ex consiglieri regionali ottenuti nel 2010, 2011 e 2012. E con gli
scontrini emergono nuovi indagati. L’ex esponente del Pdl Massimo Blasoni, ma
anche l’attuale Roberto Novelli. L’ex rappresentante del Pd Bruno Zvech, ma
anche gli attuali Daniele Gerolin e Enzo Marsilio. Da giovedì partono gli
interrogatori di garanzia, presumibilmente gli ultimi atti prima della chiusura
delle indagini. Poi Frezza deciderà per chi chiedere il rinvio a giudizio.
Al capogruppo Pdl Alessandro Colautti, già finito nel mirini per una cena
da 58 euro a San Valentino e per un soggiorno in Austria da 403 euro, vengono
contestati ora 98 euro pagati per il parcheggio a Udine, 123 per una notte a
Parigi e 35 per la pulizia del cane. «Si tratta di errori - afferma il legale
Luca Ponti -. E comunque, in tempi non sospetti, prima dell’indagine, Colautti
ha rimborsato la Regione per la pulizia del cane e per i parcheggi».
All’attuale consigliere del Pdl Roberto Novelli il pm contesta due
pernottamenti in camera doppia a Udine da 224 euro, uno da 65 a Ronchi dei
Legionari e 1.046 euro per un soggiorno in Grecia, dal 50 maggio al 2 giugno
2010. «Ho pagato i due pernottamenti a Udine per due sociologhe che hanno
studiato e prodotto una relazione di 110 pagine sull’iniziativa Rototom -
spiega il diretto interessato -. Quello a Ronchi invece era per una relatrice a
un convegno su immigrazione e dialogo tra religioni. In Grecia, infine, sono
stato invitato dal responsabile della scuola di italiano ad Atene per un
progetto su cittadinanza e Costituzione, legata alla festa della Repubblica,
cui hanno partecipato anche alcuni alpini di Cividale».
A Blasoni, invece, Frezza 8 cene per un totale di circa 2 mila euro in tre
anni. «Spiegherò tutto al pm», si limita a dire Blasoni, anche lui difeso da
Ponti. Due i rilievi mossi all’attuale consigliere del Pd, Gerolin: il cenone
di Capodanno 2011 per quattro a San Vito al Tagliamento, per 280 euro. E 713
euro per sette conti pagati a Bibione per vari coperti, il 13, 14, 15, 16, 17,
19 e 20 agosto 2010. A Marsilio si contesta una notte, il 28 giugno 2012, in un
hotel di Trieste per 75 euro. Ma anche un conto da 730 euro consumato nel
dicembre 2010 per otto menù degustazione al Laite di Sappada. Il terzo addebito
è il soggiorno all’Aqua Dome Therme di Langenfeld.
Una sola contestazione per l’ex segretario regionale dei Ds ed ex
consigliere regionale del Pd Zvech. «Sono convinto che si tratti di un banale
errore e che tutto si chiarirà», taglia corto il suo legale Giovanni Borgna».
Giovedì via agli interrogatori. Il primo a sfilare in Procura sarà Novelli.
Scandalo rimborsi
in Consiglio regionale, le notti in hotel inguaiano Iacop e De Anna
Contestati a Ciriani alcuni viaggi in Francia e Spagna. Convocati in
procura, oltre all'attuale presidente dell'Aula e agli ex assessori della
giunta Tondo, anche gli ex consiglieri Camber e Baiutti
di Corrado Barbacini e Anna Buttazzoni
TRIESTE. Si allunga l’elenco degli ex consiglieri e degli attuali inquilini
di Palazzo convocati in Procura nell’ambito dell’inchiesta sui fondi ai gruppi.
Nel mirino del pm Frezza, ora, sono finiti l’attuale presidente del Consiglio
Franco Iacop, due ex assessori dell’era Tondo, Elio De Anna e Luca Ciriani, e
gli ex consiglieri Piero Camber e Giorgio Baiutti, rispettivamente di Pdl e Pd.
Per tutti l’accusa è di peculato.
Ad inguaiare De Anna, già raggiunto da invito a comparire, sono stati tre
soggiorni pagati con 410 euro del gruppo consiliare del Pdl. I fatti contestati
risalgono al giugno 2011. De Anna era assessore alla Cultura e ai rapporti
internazionali della giunta Tondo, ma, come ieri ha voluto precisare, «il
gruppo mi aveva invitato a organizzare una serie di iniziative a prescindere
dal mio incarico di assessore». Iniziative come una «corsa nella steppa» o un
incontro di rugby coinvolgendo una squadra albanese. Gli investigatori della
Finanza hanno trovato un tratto, o meglio una persona, che accomuna tutti i tre
soggiorni. Il nome ricorrente è quello di una donna. L’11 giugno del 2011 la
signora ha occupato una stanza doppia uso singola all’hotel Minerva di
Pordenone. Prezzo 166 euro pagati da Elio De Anna che poi si è fatto rimborsare
per ragioni, secondo l’accusa, del tutto private e in mancanza del benché
minimo fine istituzionale. Tre giorni dopo la stessa signora compare in una
stanza all’hotel ristorante Carnia Venzone. Pernottamento in camera doppia con
colazione, prezzo 82 euro. Il giorno dopo si trasferisce all’albergo Hit di
Kraniska Gora: pernottamento in camera doppia per ragioni del tutto private e
senza il benché minimo collegamento con il gruppo del Pdl. «Ho ritenuto
opportuno ospitare la signora perché è un’interprete di francese che mi
accompagnava nelle iniziative che avevo in programma», ha spiegato De Anna. Da
quanto appreso, però, la Finanza non avrebbe trovato fatture relative al
pagamento dell’interprete. Insomma il suo nome compare solo nelle fatture degli
alberghi, pagate dall’ex assessore e poi rimborsate. «Lunedì spiegherò tutto al
pm Frezza. Ci andrò - ha annunciato De Anna - con il mio legale di fiducia,
l’avvocato Renato Fusco. E sono pronto a rimborsare».
Luca Ciriani è finito nel mirino del magistrato, invece, per sei viaggi del
costo totale di 2.100 euro effettuati tra il 2009 e il 2012 a Malaga,
Marsiglia, Parigi e in Slovenia. «Le spese - spiega l’attuale consigliere Pdl -
si riferiscono ad attività congressuali cui ho partecipato su mandato della
giunta. A Parigi, per esempio, andai per incontrare l’attore Gerard Depardieu
nell’ambito della promozione di vini e prodotti Fvg». Contestati a Ciriani
anche una serie di pranzi. «Tutti - conclude il diretto interessato - incontri
tecnici con imprenditori e società interessate a investire in regione».
Al democratico Franco Iacop, invece, Frezza contesta spese per 640 euro
relative a due pernottamenti e un viaggio in Austria (all’Aqua Dome therme di
Langenfeld), lo stesso viaggio contestato anche a Marsilio e Colautti, e che
alla fine però saltò. Iacop, inoltre, si è fatto rimborsare il conto dell’Hotel
Enterprise di Milano e quello del Posta a Trieste. Entrambe fatture per camere
doppie, sempre in compagnia della stessa persona. «A Milano, in
quell’occasione, avevo partecipato ai lavori della Bit - spiega il presidente
dell’aula - Quanto al pernottamento a Trieste, si era reso necessario dopo una
giornata di lavori in aula e una riunione serale in città».
All’ex consigliere pidiellino Piero Camber, poi, si chiede conto di spese
che ammontano a 6600 euro. Al pm Frezza dovrà spiegare perchè il 24 dicembre
2010 abbia speso 204 euro di pesce fresco pregiato acquistato alla pescheria La
Barcaccia. Ma dovrà chiarire anche gli ingressi (40 euro) allo stabilimento
balneare di San Lorenzo al Mare in provincia di Imperia avvenuti l’8 luglio
2011. Due giorni dopo, un altro ingresso in spiaggia (54 euro) e il week end
seguente pranzo al ristorante osteria dai Pippi e cena alla Torre Cipressa, per
2, totale 212 euro. Altro capitolo delle spese “allegre” attribuite a Piero
Camber è quello auto e motoristico: 40 euro di ricambi moto, 20 euro di
“servizio equilibratura gomme” e 50 euro per la sostituzione delle spazzole
tergicristallo per Peugeot. Ma stando agli accertamenti della Finanza, a fare
la parte del leone nel capitolo delle spese “pazze” sono i soggiorni in
montagna a Cortina e a Sappada del consigliere Camber. Dai 128 euro alla
pizzeria «El Bronzin» di Cortina ai 40 spesi alla pizzeria «Ti Spiazza» di
Sappada. Da non dimenticare poi la gita a Bruxellles pagata (e rimborsata) da
Camber ma fruita da 17 persone (prezzo 1758 euro), guidate da Everest Bertoli,
all’epoca consigliere comunale. Infine, dulcis in fundo, tra il 2010 e il 2012
Camber ha speso ben 539 euro per torte, caramelle e anche e soprattutto pane.
Quello di tutti i giorni, ovviamente rimborsato. All’ex consigliere Pd Baiutti,
infine, vengono contestati tre conti d’albergo per un totale di 337 euro, tutti
allo Sheraton di Padova. «Tutte trasferte motivate da fine istituzionali e
documentate - spiega Baiutti -. In quell’albergo, tra l’altro, ho una
convenzione che dà diritto a sconti».
Regali alle
nipotine con i soldi di Palazzo
L’ex consigliere leghista De Mattia sotto tiro per i gioielli donati alle
piccole di casa e cinque consulenze affidate ai generi
di Corrado Barbacini
TRIESTE. Si chiama Ugo De Mattia, 67 anni, ex consigliere regionale nelle
file del Carroccio. Ma soprattutto nonno. È l’ultimo arrivato in quello che è
stato definito il terremoto delle spese folli del Palazzo. Il pm Federico
Frezza gli contesta 22 fatture e scontrini “bizzarri” non riconducibili nè al
fine istituzionale nè all’attività della Lega Nord. Indagato in concorso per
peculato anche Danilo Narduzzi, già capogruppo del Carroccio. Ma De Mattia è
finito nei guai anche per una singolare serie di consulenze affidate ai mariti
delle due figlie.
La spesa più singolare che viene attribuita a Ugo De Mattia è quella
riferita al suo ruolo di nonno. Il 22 giugno 2011 la moglie Rinalda Molaro è
andata nel negozio Gioielli Stringher di Cividale dove - in concomitanza con la
ricorrenza del compleanno delle nipoti - ha acquistato gioielli per la somma di
1600 euro. La ricevuta di questi “cadeaux” per le nipotine è stata messa nelle
note spese del gruppo della Lega Nord e in particolare è stata, assieme alle altre,
“onorata” da Danilo Narduzzi, all’epoca capogruppo del Carroccio.
Non ci sono solo i gioielli, però. Anche la salute, evidentemente, è
importante. Tant’è che De Mattia il 10 marzo 2012 non ha esitato ad acquistare
- come spesa di rappresentanza una cyclette al Decatlon di Udine. Una pedalata
al giorno toglie il medico di tono. Se poi è rimborsata (199 euro) è ancora
meglio. E sempre riguardo al capitolo del tempo libero (ma da cosa?) De Mattia
è andato alla Cicli Cappello di Manzano dove per 150 euro ha comprato alcuni articoli
sportivi per 150 euro.
Che sia un bravo nonno - e soprattutto generoso - non si può certo negare.
Il 29 agosto 2012 De Mattia ha comprato a spese della Regione 5 capi di
abbigliamento per bambini in un negozio di Merano. Anche queste le ha definite
spese istituzionali. Chissà forse per futuri elettori del Carroccio.
La lista prosegue con altri acquisti istituzionali di gioielli (240 euro),
profumi 8224 euro), sciarpa da donna (154 euro) comprata dalla moglie nel
negozio Conte of Florence, tuta da ginnastica, elettrodomestici, un rasoio
Braun, un paio di decolletè presi da Coccinelle store di Bologna (185 euro),
una borsa in pelle (325 euro) - in parte in contanti in parte dalla consorte
con la carta di credito. E poi gioielli, gioelli e ancora gioielli. Sempre
comprati da Stringher di Cividale e sempre rimborsati dalla Lega. Non potevano
mancare, poi, anche alcuni soggiorni (per due) al Posta di Trieste.
Ma - stando alle accuse mosse dalla Procura triestina - l’attività di De
Mattia si è espletata anche nella creazione di 5 attività di consulenza assieme
ai due generi, entrambi indagati. Praticamente secondo gli accertamenti
eseguiti dagli investigatori della Guardia di finanza portano il suo impegno
politico queste iniziative definite dal pm di assoluta genericità. Si passa
dagli incentivi per il rafforzamento e il rilancio della competitività delle
microimrese, allo studio dell’impato sulla grande distribuzione della chiusura
dei piccoli negozi. C’è poi un capitolo dedicato ai fondi Fas e un altro -
immancabile - riferito all’informatica. Costo 20mila 600 euro. Affari di
famiglia.
Bucci a processo
per le spese pazze
Primo atto di citazione della Procura della Corte dei conti. L’ex
consigliere accusato di danno erariale per 23.530 euro
di Gianpaolo Sarti
TRIESTE. Colpa grave, eccesso di
potere e un danno erariale di quasi 24 mila euro. Il primo rinvio a giudizio
della Corte dei Conti nell’ambito dell’inchiesta sulle spese di rappresentanza
scatta per Maurizio Bucci, l’ex consigliere del Pdl ed ex assessore comunale a
Trieste nella giunta Dipiazza, che il partito aveva escluso dalle ultime
elezioni regionali proprio a causa del coinvolgimento nell’indagine. Nella
prossime settimane partiranno altri atti di citazione: nel mirino della
magistratura contabile erano finiti ben 48 ex della passata legislatura, 10 nel
primo round, 38 nel secondo.
Il caso, scoppiato a dicembre dello scorso anno con il blitz della Guardia
di Finanza negli uffici di piazza Oberdan, aveva sconvolto un’intera classe
politica: gli inquirenti avevano scoperto una valanga di spese che, stando
l’accusa, non avevano nulla a che vedere con l’attività istituzionale. Sui
fatti, che risalgono agli acquisti sostenuti nel 2010 e 2011, si è attivata anche
la Procura della Repubblica.
Bucci deve rispondere di una pioggia di scontrini: svariate consumazioni in
bar, pranzi, cene, ricariche telefoniche e riparazioni della propria
automobile. La sua difesa si è giocata sul contrattacco: secondo l’ex
consigliere la Corte non ha potere di mettere il naso in tutto questo. Tesi,
peraltro, smontata punto per punto dalla magistratura contabile.
Le spese
La Corte contesta a Bucci un totale 23.530 euro. È questa la somma che l’ex
consigliere nel corso del 2010 e 2011 si è fatto restituire dalla segreteria
del gruppo. Nell’atto di citazione, (l’equivalente del rinvio a giudizio)
disposto dal Procuratore Maurizio Zappatori è allegato l’elenco delle spese: 19
pagine tra pranzi e cene al ristorante con conti che, talvolta, superano i 500
euro (spesso in un locale di San Dorligo), consumazioni al bar, ricariche
Vodafone, parcheggi e ferramenta. Oltre che per tagliandi della macchina e
cambio pneumatici. Bucci ha spiegato che le consumazioni, «riguardavano
colloqui con i responsabili o i rappresentanti di associazioni per la
preparazione di riunioni di carattere divulgativo».
L’accusa
Gli argomenti portati dall’ex inquilino di Palazzo, però, non hanno
convinto la Procura della Corte dei conti secondo la quale, si legge nella
citazione, va segnalato un comportamento molto grave e di assoluto disinteresse
rispetto al modo in cui è stato erogato e speso il denaro pubblico. Un
comportamento, quindi, che ha causato danno erariale. La Procura si è trovata
davanti a scontrini e ricevute prive di una qualunque motivazione che potesse
giustificare la spese; mancavano sempre, inoltre, le generalità e la qualifica
dei soggetti esterni per cui le stesse erano effettuate.
E le consumazioni e gli acquisti
“insoliti”? Secondo la Procura paiono più che altro finalizzati a gratificare e
animare elettori e i simpatizzanti per consolidare nel tempo il loro appoggio
elettorale. Riunioni, si legge ancora nell’atto, che rispondono quindi alle
esigenze di propaganda politica di partito e non a quelle specifiche del gruppo
consiliare. Bucci quindi, secondo la Corte dei Conti, avrebbe dovuto farsi
carico personalmente di quelle spese, e certo non metterle a carico dei fondi
che il Consiglio regionale aveva stanziato per i gruppi consiliari.
I rimborsi auto
C’è poi un punto in particolare che ha destato l’interesse degli
inquirenti: l’auto. Bucci, come tutti i consigliere regionali già riceveva un
rimborso forfettario mensile per l’utilizzo dell’automobile. Eppure tra i suoi
scontrini sono state trovate fatture di manutenzione e di sostituzione delle
gomme dell’auto privata. Fatture giustificate sostenendo di non aver mai
usufruito del rimborso chilometrico.
Un“alibi” che, per Maurizio Zappatori, non sta in piedi: le spese
effettuate in autofficine e gommisti, i tagliandi di 20mila km, le riparazioni
e gli acquisti di pneumatici con importi rilevanti (euro 211,00 per un
tagliando, euro 1.078,06 per una riparazione auto, euro 460,00 + 103,06 per
pneumatici), si legge nella citazione, non rientrano in alcun modo alla voce
“trasferte” (rimborsabili dal gruppo, ndr), che riguardano viaggi e
pernottamenti.
Gelati, cene e
brindisi inguaiano Marini
Il consigliere triestino rinviato a giudizio dalla Procura della Corte dei
conti. Contestate spese irregolari per 6mila euro
di Gianpaolo Sarti
TRIESTE. Per la Procura della Corte dei Conti ha utilizzato soldi pubblici
per garantirsi l’appoggio elettorale, organizzando cene e buffet per decine di
persone. Il conto, talvolta, superava i 2 mila euro. E, ancora, si è fatto
rimborsare le consumazioni al bar. Conti anche di pochi euro, spesso in
gelateria. Tutte spese che poco o nulla, per la magistratura contabile, hanno a
che vedere con l’attività politica e istituzionale. L’inchiesta sulle “spese
pazze” in voga in Consiglio regionale questa volta si abbatte su Bruno Marini,
fino a oggi uno dei pochi sopravvissuti a un’indagine che, di fatto, ha
azzerato un’intera classe politica. Non a caso il consigliere, ora confluito
nel Misto con FI, è stato l’unico “ex” della vecchia guardia che il Pdl aveva
potuto ricandidare alle ultime regionali. Lui oggi ha un posto in Regione,
mentre gli altri triestini Maurizio Bucci, Piero Camber e Piero Tononi erano
stati esclusi, perché indagati prima delle elezioni. Ora Marini, come lo stesso
Bucci, è stato rinviato a giudizio dalla Corte dei Conti, mentre non è
coinvolto, a quanto risulta, nel filone penale.
L’atto di citazione contesta al triestino spese irregolari per 6.177,40
euro. Ad aver insospettito la Procura ci sono almeno 4 pranzi o cene in alcuni
locali triestini, rimborsati dal gruppo con soldi dei contribuenti, per un
totale di 5.380 euro: uno alla trattoria “Al Castello” il 31 maggio 2011 per 53
coperti pagato 1.200 euro; un altro al “Caffè degli Specchi” per 10 persone e
con una spesa di 900 euro. Poi, ancora, al ristorante “Le Saline” di Muggia l’8
dicembre, per 60 invitati per un totale di 1.080 euro. Infine alla “Città di
Londra” il 22 dicembre per 2.200 euro. Tutto ciò, stando alla Procura,
riguarderebbe incontri conviviali finalizzati a gratificare i simpatizzanti per
consolidare l’appoggio elettorale. Propaganda politica, insomma, che Marini
avrebbe dovuto pagarsi con il proprio denaro, o con quello del partito, non con
i fondi del Consiglio. Per la Corte è un comportamento grave, che configura il
danno erariale.
C’è un elemento in più, finora mai
emerso dalle carte degli altri ex mandati a processo: nel lungo elenco di
scontrini spuntano molte consumazioni di pochi euro: si tratterebbe di acquisti
che, vista l’esiguità della cifra, potrebbero riferirsi a una sola persona.
Quindi non riconducibili a incontri di rappresentanza. È la prima volta che
compare un aspetto del genere, almeno per quanto riguarda pranzi, cene e caffè.
O gelati, di cui Marini pare vada ghiotto, stando agli atti dell’inchiesta. A
tal proposito ritorna con frequenza la gelateria “Zampolli”. Di sera, a luglio,
quasi quotidianamente: 3,90 euro, tre palline. Alla Procura, evidentemente, il
gelato piace meno: tutto questo è ritenuto eccesso di potere e colpa grave.
Marini, nella sua difesa, ha espresso “perplessità” sulla competenza della Corte
nell’indagare tra i suoi scontrini, dal momento che – a detta del consigliere –
i controlli sono stati introdotti con norme successive all’anno (il 2011) in
questione. Argomentazioni infondate, secondo la Procura: la Corte, che ha
giurisdizione in materia, ricorda che esistono principi precisi in tema di
spesa pubblica. Non ci sono “prassi” che tengano.
Entrando nel merito delle presunte consumazioni personali che l’ex
pidiellino si è fatto rimborsare, Marini spiega: «Su questo la cifra è
bassissima – fa notare – è di 737,40 euro in tutto. Consumazioni – dice – che
non erano per me, ma per incontri che ho fatto nella veste di consigliere».
Giustifica gli oltre 5 mila euro nei ristoranti «come attività politica» e
cita, ad esempio, il brindisi di fine anno alla trattoria “Città di Londra” con
gli elettori: «Ci facciamo gli auguri e parliamo di Finanziaria – puntualizza –
se questa non è una spesa riconducibile al lavoro politico voglio che mi si
spieghi cos’è la rappresentanza. Non concordo con il procuratore e sarà la tesi
che sosterrò in sede di dibattimento». Comunque, ci tiene a sottolineare, «sono
contento perché non sono stato colpito dall’inchiesta penale. Su quel versante
non ho alcun tipo di contestazioni. È l’aspetto più rilevante».
Tondo indagato
per tre notti in albergo
Accusa di peculato per l’ex governatore. Il pm Frezza contesta i 500 euro
spesi durante due viaggi a Venezia e Assisi
di Anna Buttazzoni
UDINE. Tre notti in albergo per un conto di circa 500 euro rimborsati
attingendo ai soldi del gruppo, il Pdl. Sarà l’ex governatore Renzo Tondo a
dover ricostruire eventi e circostanze. Anche lui entra nell’inchiesta della
Procura di Trieste, e del pm Federico Frezza, sui rimborsi “disinvolti”
concessi ai consiglieri regionali nella scorsa legislatura. Anche lui è
indagato con l’accusa di peculato. Un’accusa di fronte alla quale, però, il
diretto interessato ostenta grande serenità. «Sono convinto che quando sarò
ascoltato potrò tranquillamente chiarire ogni cosa», è il primo commento
dell’ex presidente del Friuli Venezia Giulia.
Il nuovo atto della Procura svela anche il blitz di giovedì scorso da parte
degli uomini della Guardia di finanza nella sede del Consiglio a Trieste. A
Tondo, che fa parte dell’Assemblea regionale come capogruppo del Misto e
portavoce del centrodestra, Frezza contesta due pernottamenti, uno ad Assisi
per una notte e uno a Venezia, per due notti. Tondo è stato accompagnato in
entrambe le occasioni dalla compagna e in un viaggio – quello a Venezia – il
conto della signora è stato pagato a parte. Gli uomini delle Fiamme gialle
proprio giovedì, nel palazzo del Consiglio, hanno notificato all’ex governatore
l’invito a presentarsi per un interrogatorio, come persona sottoposta a
indagini.
Un interrogatorio che è stato programmato per mercoledì, davanti al nucleo
di polizia tributaria della Guardia di finanza di Trieste e al quale Tondo sarà
assistito dal legale tolmezzino Luciano Cardella. Poi sarà Frezza a decidere se
chiedere al Gip ( il giudice per le indagini preliminari) il rinvio a giudizio,
e quindi il processo, oppure l’archiviazione.
Tondo è all’estero per qualche giorno, ma al telefono racconta la sua
versione dei fatti. La missione ad Assisi è stata organizzata per partecipare
alla ricorrenza di San Francesco patrono del Paese, viaggio cui hanno partecipato
diversi esponenti del Fvg. «Guidavo – racconta l’ex governatore – la
delegazione delle Regioni italiane. Mi sono fermato una notte e, al momento di
pagare, ho consegnato la mia personale carta di credito. La fattura è quindi
finita tra le spese del gruppo, ma si tratta di un banalissimo errore, dalla
carta di credito sbagliata alla consegna della ricevuta».
A Venezia, invece, l’ex governatore
spiega di aver avuto alcuni incontri istituzionali e altri legati all’attività
del Pdl. «Ho passato due giorni tra incontri come presidente della Regione –
dice Tondo – e appuntamenti legati all’attività politica che non ho ritenuto
andassero addebitati sul conto da presidente. La fattura per la mia compagna,
invece, è stata fatta a parte e pagata da me».
Saranno il pubblico ministero Frezza e gli uomini della Guardia di finanza
a verificare e decidere come procedere. Di certo anche Tondo aveva accesso ai
fondi del gruppo, in parte minore rispetto ai colleghi del Pdl. Anche l’ex
governatore, in quanto eletto, rientrava infatti nell’elenco dei pidiellini. E
come da legge – ora modificata, soprattutto nelle cifre concesse a ciascun
gruppo rappresentato in aula per l’attività istituzionale e le spese di
rappresentanza –, l'amministrazione assegnava al gruppo una somma per ogni
eletto, soldi che finivano nelle casse del gruppo e con i quali venivano poi
erogati i rimborsi. Ecco perché anche Tondo ha ottenuto degli indennizzi con i
fondi della Regione.
Diversa, invece, era la gestione delle spese effettuate in qualità di presidente
della giunta regionale. Con ogni probabilità anche su questi aspetti si
concentreranno gli inquirenti durante l’interrogatorio di mercoledì prossimo a
Palazzo di giustizia.
Cene e gite in
montagna, Marin a processo
L’ex consigliere Pdl citato dalla Corte dei conti per 14.500 euro di spese
sospette sostenute per viaggi e soste al ristorante
di Corrado Barbacini
TRIESTE. Non c’è dubbio: l’ex
sindaco di Grado ed ex consgliere del Pdl Roberto Marin ama la montagna. E
anche la buona tavola, specie i piatti sapidi (ma non leggeri) come la coda
alla vaccinara. Una buona forchetta. Si è seduto - durante un soggiorno a Roma
- a un tavolo della storica trattoria Sora Lella, gestita in passato dalla
sorella di Aldo Fabrizi. Era una domenica d’aprile e per il procuratore della
Corte dei conti Maurizio Zappatori, il pranzo di Roberto Marin non era stato
assolutamente istituzionale. Anzi. E questa è stata solo una delle tante spese
sospette, in totale 14.500 euro, per le quali è stato citato a processo con
l’accusa di danno erariale.
«Le spese - si legge nella citazione, che equivale al rinvio a giudizio -
si riferiscono a numerosissime consumazioni presso bar, gelaterie, posti di
ristorazione, buffet, ristoranti (in alcuni casi anche in Slovenia), e ad
acquisti presso negozi di vini e liquori, di pane e dolci, di alimentari, di
macelleria, di abbigliamento nonché a pernottamenti, servizi di taxi e
parcheggi». Insomma Marin non si è fatto mancare quasi nulla a leggere la lunga
lista in appendice alla citazione. Osserva ancora il procuratore che «tutte le
spese sono supportate soltanto da scontrini o ricevute fiscali senza
l’indicazione delle circostanze e dei motivi che le rendevano necessarie,
nonché delle generalità e della qualifica dei soggetti esterni per cui le
stesse erano effettuate». Come dire: l’ex sindaco di Grado non ha avuto bisogno
di spiegare nulla. Ha invitato e ha mangiato alla grande.
In due soli casi Roberto Marin ha fornito - quando aveva ricevuto l’invito
a dedurre - al procuratore contabile qualche chiarimento. Il primo caso è stato
quello di un soggiorno alberghiero il 30 dicembre 2010 a San Cassiano di Badia.
Prezzo: euro 399,70. Marin lo ha spiegato sinteticamente come incontro con
imprenditori di turismo dell’Alta Badia per la promozione turistica di Grado.
Poi ha spiegato anche i motivi di un rinfresco in un agriturismo a
Fogliano-Redipuglia, prezzo 1.225 euro. Questo lo ha definito come un incontro
politico-istituzionale, con un centinaio di partecipanti, nell’ambito
dell’attività promozionale politica del partito.
Secondo la procura contabile non può però considerarsi ammissibile per l’ex
sindaco di Grado la spesa di pernottamento in montagna verso la fine dell’anno.
Che praticamente è stata giustificata dall’interessato con un riferimento
generico ad un incontro con non meglio precisati imprenditori turistici del
posto. E viene ritenuta inammissibile anche la fattura riferita al rinfresco a
Fogliano Redipuglia, giustificata come attività promozionale del partito,
«poiché - si legge nell’atto di citazione - il regolamento regionale nel
prevedere la possibilità di spese per le iniziative di divulgazione
dell’attività e dei programmi del gruppo consiliare fa riferimento a strumenti
divulgativi espressamente indicati: “stampa, manifesti, pubblicazioni o altri
mezzi o sistemi di informazione”». Non certo scampagnate in agriturismo.
Si legge nella citazione: «Ci troviamo di fronte ad un comportamento molto
grave di assoluto disinteresse sul modo in cui è stato erogato e speso il
denaro pubblico; un comportamento che ha causato direttamente un danno
erariale». E poi ancora: Sono stati violati i principi fondamentali di buona
amministrazione e di economicità, cui deve essere ispirata l’azione di chi
comunque partecipa all’attività di organi pubblici».
Lo scorso 30 agosto Roberto Marin era stato interrogato dal pm Federico
Frezza, titolare del fascicolo penale per il quale è accusato di peculato al
pari di molti altri suoi colleghi. Nella lista del pm Federico Frezza compare
una lista di riferimenti turistici degni di un recensore di Tripadvisor. Dalla
Val Badia al Cadore. E poi anche l’Alto Adige. Montagna e montagna. Così l’ex
sindaco di Grado.
Scandalo
rimborsi: a giudizio un (ex) consigliere regionale su tre
La procura della Corte dei conti del Fvg tira le fila dell’inchiesta che ha
travolto il palazzo di piazza Oberdan. L’obiettivo: recuperare 700mila euro dei
denari pubblici spesi indebitamente dai rappresentanti dei partiti della
passata legislatura
Dodici ex consiglieri regionali del Friuli Venezia Giulia andranno a
processo alla Corte dei Conti, che ha concluso le indagini sui rimborsi
ottenuti sulle spese di rappresentanza sostenute nel 2011. Precedentemente
erano già stati rinviati a giudizio gli otto capogruppo, per un totale di 20
consiglieri regionali su 60: in pratica uno su tre.
Complessivamente la Procura della Corte dei conti punta a recuperare
700mila euro. Circa 101mila sono stati già restituiti da alcuni ex consiglieri
regionali, in particolare 68mila euro da ex consiglieri del Pd e 33mila da ex
Pdl.
Vanno al giudizio della magistratura contabile, che in caso di condanna non
prevede la detenzione ma il rimborso del danno erariale, gli ex consiglieri che
non hanno giustificato né restituito le spese di rappresentanza. I primi a
processo saranno i capigruppo, a partire dall’ex capogruppo della Lega Nord,
Danilo Narduzzi. La prima udienza è in agenda il 14 novembre. I processi
relativi ai consiglieri sono invece in programma dall’aprile 2014.
Narduzzi svela le
spese “pazze” leghiste
In vista del processo l’ex capogruppo chiama in causa i colleghi e ne
ricostruisce le uscite. La cifra più alta spetta alla Piccin
di Anna Buttazzoni
UDINE. Finora erano rimasti “coperti” gli ex colleghi del gruppo consiliare
della Lega Nord. E Danilo Narduzzi da ex capogruppo si è trovato a dover
rispondere di tutte le spese allegre sostenute dai leghisti nella passata
legislatura. Perché la Procura della Corte dei conti ha chiuso l’indagine e gli
contesta un danno alle casse della Regione di oltre 238mila euro. Una cifra da
far tremare i polsi. E allora, per la prima volta, Narduzzi fa sapere che tutta
quei soldi non possono essere attribuiti a lui. Documenti alla mano si è preso
la briga di controllare ogni acquisto rimborsato dal gruppo, risalendo così
agli “utilizzatori finali”. La cifra più alta? A spenderla è stata Mara Piccin,
tuttora in carica e sostituita di recente da capogruppo: quasi 30mila euro alla
voce rappresentanza, quasi seimila euro in più rispetto alla media dei
componenti della squadra padana. Questi calcoli sono poi confluiti nella memoria
difensiva prodotta da Narduzzi, che giovedì sarà davanti alla sezione
giurisdizionale della Corte dei conti. E sarà il primo dei 20 esponenti della
Regione ad andare a processo.
Difeso dal legale Luca Ponti, l’ex capogruppo del Carroccio è stato citato
a giudizio dalla magistratura contabile per 238mila e 713 euro. Una somma
attribuita a spese di rappresentanza effettuate nel 2011, ma che tali non sono
per il procuratore della Corte dei conti, Maurizio Zappatori. Fin dall’avvio
dell’inchiesta – nel dicembre 2012 – Narduzzi è stato il solo leghista a essere
coinvolto, perché la contabilità del gruppo era la più confusa e disordinata.
Non c’erano cioè, come per le altre compagini consiliari, fatture e scontrini
riconducibili a una persona, ma uno scatolone con pezze giustificative alla
rinfusa. Ma l’ex consigliere – che a maggio non è stato ricandidato – si è
messo di buzzo buono. Ha preso scontrino per scontrino e ha ricostruito le
spese del 2011, tutte legittime secondo lui. Un lavoro che ha prodotto un elenco
preciso. A Piccin, quindi, l’ex capogruppo attribuisce spese per 29 mila 916
euro; a Federico Razzini (non ricandidato) poco meno, 29 mila 236; a Ugo De
Mattia (non ricandidato) 27 mila e 800 e a Enore Picco (non ricandidato) 11
mila 501. E poi c’è il caso dell’ex assessore Claudio Violino (circa 22mila
euro) che, in quanto eletto, aveva accesso ai fondi assegnati dalla Regione al
gruppo. Nulla invece, secondo la ricostruzione puntuale fatta dall’ex
capogruppo padano, è stato utilizzato da Maurizio Franz, l’altro leghista
eletto nel 2008, che a fine settembre 2010 divenne presidente del Consiglio,
sostituendo Edouard Ballaman, coinvolto nell’inchiesta sull’uso disinvolto di
auto blu e autista. Giovedì Narduzzi si difenderà dall’accusa di danno
erariale. Sarà Zappatori in udienza a svelare se e come procedere rispetto ai
cinque colleghi chiamati in causa dall’ex capogruppo. Ma è probabile che per
ciascuno il procuratore apra un nuovo fascicolo per verificare le spese.
http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2013/11/09/news/narduzzi-svela-le-spese-pazze-leghiste-1.8077309
Nessun commento:
Posta un commento