mercoledì 20 novembre 2013

Mandateci il “sociologo” in campagna, e che sia regolarmente stipendiato con 13 mensilita’, ferie pagate ed assicurazione pensionistica, vedremo quanto costera’ una scatola di pomidoro ed un tuma. La campagna non e’ la fabbrica. Il protezionismo con l’alibi schiavista e’ figlio del debito pubblico sfondato e delle esportazioni al palo; devono equilibrare con minori importazioni, e’ chiaro. I francesi hanno da insegnar poco, come i sociologi

Agroalimentre foggiano al bando nel nord Europa «Frutto di lavoro illegale», di Massimo Levantaci



 Alcune catene della grande distribuzione francese cominciano a respingere i prodotti dell’agroalimentare pugliese, specialmente pomodori del Foggiano e cocomeri del Salento, perché frutto di «manodopera illegale». La grande distribuzione norvegese all’unisono ha già bandito le produzioni «non etiche» in arrivo dalla Puglia e dal Sud Italia, le zone più chiacchierate dove il lavoro bracciantile è perlopiù immigrato, malpagato e ridotto in schiavitù. Il campanello d’allarme dovrebbe suonare minaccioso per i produttori agricoli foggiani e pugliesi, specie coloro (e sono la maggior parte) che oggi considerano le esportazioni all’estero, e in special modo nei paesi del Nord Europa, u n’àncora di salvezza per riuscire a fare reddito in tempi di crisi: non sanno però che potrebbero subire l’onta di non essere graditi.
 Una tendenza che la Flai-Cgil rileva nel rapporto “Agricoltura e lavoro migrante”: l’incessante attività di denuncia svolta in questi anni dal sindacato comincia a lasciare tracce importanti. Il reportage di France 2 con l’intervista a Ivan Sagnet - capo della rivolta contro i caporali quattro anni fa in Salento che invita a boicottare gli schiavisti della catena di distribuzione alimentare - ha fatto il giro del mondo e molti consumatori francesi sono oggi molto più avvertiti su simili problemi. La grande distribuzione comincia a tenerne conto, grandi catene come Auchan, Lidl, Carrefour corrono ai ripari. In Italia non ancora, «ma il tempo – dice fiducioso Leonardo Palmisano, sociologo – lavora in favore di un ritorno alla legalità nelle campagne».
 Palmisano, con Giuseppe De Leonardis segretario regionale della Flai Cgil, ha curato il report che il 25 novembre sbarcherà a Bruxelles al Parlamento europeo dove l’allarme sui prodotti «non etici» nei supermercati di mezza Europa potrebbe suscitare un’eco ben maggiore. Un’emergenza grave – di - cono alla Flai – para gonabile a quella di Amnesty international sullo sfruttamento del lavoro nei cantieri dei mondiali di calcio nel Qatar e che rischia di infangare il buon nome della Puglia fin qui faticosamente conquistato in settori di punta, dall’ae - rospazio al turismo.
 Il rapporto della Flai mette l’accento sui metodi di reclutamento dei braccianti immigrati nelle campagne: «Migliaia di persone spostate da una nazione a un’altra con grandi vantaggi economici per chi questi spostamenti li organizza. Questo è il periodo – sottolinea Palmisano – in cui i caporali si riorganizzano e scelgono le zone dove portare manodopera per l’an - no seguente quando occorrerà fare il raccolto. Di questi tempi i caporali contrattano la paga con i proprietari dei campi, se questi non ci stanno vengono esclusi dai flussi della manodopera immigrata. Sono diventati molto potenti i caporali, hanno costituito organizzazioni transnazionali, le cosiddette power broker (mediatori di potere: ndr), la Puglia è parte integrante di questo circuito». Un flusso che arriva dalla Sicilia o da Rosarno in Calabria per le prime coltivazioni primaverili, si sposta in Salento per la raccolta delle angurie e da qui sale verso il Nord della Puglia per il pomodoro.
 Un mare di «quarantamila lavoratori, stima certamente in difetto – dice De Leonardis – che si sposta in blocchi da una zona all’altra della regione e che poi scompare: in Capitanata sono nati centinaia di ghetti, queste persone vivono in condizioni disumane intorno alle campagne. Nessuno vuol vederli. Una vergogna che deve finire, boicottare questi prodotti è il minimo che si possa fare per stroncare un sistema di reclutamento della manodopera davvero aberrante».
20 Novembre 2013


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