Elogio degli italiani, "brava gente"
Rehn, ok investimenti 2014 Italia dipende da spending
review
Crisi: Ue, spesa sociale Italia tutta su pensioni, no
poveri
Bozen, oltrepadania nord. Guasto all’inceneritore,
diffusi i dati sulle analisi delle emissioni: valori molto oltre i limiti
Trst, oltrepadania est. Tav sul mare, 14 milioni gettati
al vento
"Non abbiamo più pazienza" Terre Joniche contro
Regione e parlamentari lucani
Le richieste del portavoce Gianni Fabbris al neo
presidente lucano
di ANTONELLA CIERVO
SONO passati 45 giorni dall’alluvione più recente, più di
1000 da quella che nel 2011 mise in ginocchio circa 50 imprenditori agricoli
del Metapontino e l’immobilità della terra e dei fiumi che sono tornati nei
loro alvei, è la stessa che segue i problemi di chi ha
perso aziende, animali, prospettive.
Per ricordare che c’è chi ha ben chiare in mente le
difficoltà sopportate finora, ieri Gianni Fabbris e alcuni componenti del
Comitato di Difesa Terre Joniche hanno tenuto una conferenza stampa in piazza
Vittorio Veneto. Tenaci e arrabbiati, hanno rinfrescato la memoria di chi,
finora, li ha considerati una fastidiosa spina nel fianco. La scìa di morte e
dolore che giunge dalla Sardegna non può lasciare indifferenti proprio coloro
che quel fango e quell’acqua l’hanno dovuta affrontare più volte negli ultimi
tre anni.
«Ciò che sta accadendo in queste ore - spiega Gianni
Fabbris - è il segno che quello che diciamo da tempo deve essere la proprietà
del Paese.
Serve un grande piano di messa in sicurezza, prevenzione
e riordino dell’assetto idrogeologico non è più rinviabile. Basta grandi opere
inutili - prosegue - serve invece qualcosa che crei lavoro, benessere sociale e
renda sicure le comunità e consenta agli investimenti la redditività che oggi è a rischio».
Il punto sullo stato dell’arte in Basilicata, diventa
necessario: «Abbiamo chiuso la mobilitazione di Scanzano, il 14 novembre
scorso, dandoci altri 15 giorni di tempo per ottenere le risposte alle domande
che avevamo posto. Il termine scade il 29 novembre. I prossimi passaggi, in
caso contrario, non saranno una passeggiata perchè la misura è colma».
E ad ulteriore chiarimenti precisa: «In questi giorni è
circolata la notizia su un differente trattamento della Puglia rispetto alla
nostra vertenza. Non è così: non c’è alcuna risposta perchè non c’è alcuna
ordinanza del Consiglio dei ministri. In Puglia c’è un passaggio tecnico in
più: la Regione ha mandato in tempo i documenti al Governo e questo ha
consentito al Consiglio dei ministri, il 15 novembre, di recepirli dichiarando lo stato di emergenza che, però,
non vuol dire che ci sono risorse a disposizione.
La Regione Basilicata, quei documenti, non li ha ancora
inviati». Il ritardo di quei passaggi, secondo il Comitato di Difesa Terre
Joniche «E’ pazzesco. Ci dicano se quel materiale è stato inviato, in caso
contrario vorremmo vedere quelle carte, comprendere qual è la perimetrazione
dell’area danneggiata. Trovo intollerabile - aggiunge Fabbris - che a 45 giorni
dall’alluvione quei documenti non siano stati ancora spediti. Se, poi, si
adducesse come giustificazione quella delle elezioni, allora ci incazzeremmo
sul serio.
Il voto è un atto politico e gli uffici regionale non
devono fare campagna elettorale. Abbiamo fatto bene a sospendere il nostro
diritto al voto e oggi aspettiamo delle risposte. In tema di emergenze, di
alluvioni, non credo - prosegue - che ci siano passaggi diversi per Basilicata.
Liguria, Toscana, Umbria o Sardegna. In caso di alluvione, i passaggi sono
sempre gli stessi: la Regione dichiara lo stato di calamità, invia i documenti
al Governo sostanziandolo, il Consiglio dei ministri dichiara lo Stato di
emergenza cui segue l’ordinanza del presidente del Consiglio.
Talmente fuori di ogni logica che in 12 ore il Consiglio
dei ministri si è riunito, preceduto dall’illustrazione dei danni da parte di
ministri e ha messo i primi 20 milioni a disposizione con altri 5 della Regione
Sardegna. Allora mi chiedo se i
parlamentari e gruppi dirigenti sardi, hanno battuto i pugni sul tavolo
per ottenere questi risultati. se è così, a che servono i vice ministri lucani,
il capogruppo del Pd partito di
maggioranza in Regione, i rappresentanti nelle commissioni parlamentari? Quando
chiediamo a che punto siamo, ci dicono: mi informo e ti faccio sapere. Io dico
che la misura è colma». Entro il 29 novembre il Comitato è pronto ad una nuova
mobilitazione, nella speranza di ottenere risposte. Nel frattempo l’appello al
neo Governatore non può che essere lanciato.
Nella speranza che venga colto.
mercoledì 20 novembre 2013 11:23
Elogio degli italiani, "brava gente"
CONTROSTORIE di Gigi Di Fiore
Ma no, noi siamo buoni. Siamo gli
italiani brava gente. Il nostro colonialismo ha utilizzato gas mortali,
impiccato ribelli, deportato famiglie intere lontano dalle loro case. Ma era
roba da poco. Quei ribelli, in fondo, come si leggeva nei rapporti dei miliziani
fascisti, in Eritrea, Etiopia, Somalia erano solo "briganti" (sic!).
Abbiamo pugnalato alle spalle la Francia,
sicuri che stava per arrendersi ai tedeschi. Abbiamo aggredito in guerra la
Grecia, invaso con ferocia i Balcani. Ma, in fondo, era tutta colpa di
Mussolini e dei fascisti. E tutti gli altri, tutti gli italiani, subivano e
eseguivano. O no?
Subito dopo l'unità d'Italia nel 1861, abbiamo
dato il fatto loro a qualche migliaio di criminali, che si nascondevano dietro
proclami politici a difesa di una "sputtanata" dinastia Borbone. Si
chiamavano briganti, erano in gran parte contadini che chiedevano terra da
coltivare. Criminali, che meritavano le fucilazioni senza processo e le teste
mozzate ai cadaveri, da mostrare a futura memoria.
E poi, ben fatto, quelle rappresaglie contro
interi paesi del Sud di italiani contro italiani. Brava gente, brava gente.
Abbiamo sempre creduto nell'uguaglianza tra le razze. Anzi, abbiamo sempre
contestato ci fossero razze definite. Ma poi ci siamo tenuti per sei anni le
leggi volute da Mussolini e firmate, senza fiatare, dal re Vittorio Emanuele
III di Savoia.
No, non avevamo i lager nazisti, ci siamo
limitati alle nostre leggi razziali. Fu proprio novembre, il nefasto novembre
del 1938, il mese clou dei decreti anti-semiti. Sette leggi in tutto, tra il 5
settembre 1938 e il 13 luglio 1939. Niente matrimoni "misti",
registro della razza ebraica, divieto di insegnamento. In tanti lasciarono le
cattedre, molti emigrarono per sottrarsi alle proibizioni.
"Le razze umane esistono e gli italiani
sono nella maggioranza di origine ariana e di tradizione ariana"
(buuhhh!): era il manifesto della Difesa della razza del 5 agosto 1938. Per
abolire le leggi della vergogna, il re e il governo Badoglio attesero di arrivare
al febbraio del 1944, due giorni prima del trasferimento dei ministeri a
Salerno capitale provvisoria del regno.
Ma siamo migliori di chi ci governa, siamo gli
italiani dai mille alibi, dallo stereotipo albertosordiano: pacioni, furbi,
vili, mammoni, deresponsabilizzati. Eppure, a volte in grado di eroismi
inattesi, scatti di reni stile "La grande guerra" del compianto
Monicelli. La colpa è sempre degli altri, le responsabilità non sono mie, ho
fatto quello che potevo, siamo così perchè quelli prima di noi hanno sbagliato,
erano corrotti, erano crudeli. Italiani brava gente, capaci di beccarsi come i
capponi di Renzo.
Nord contro Sud, Sud contro Nord. Eppure, in
ogni epoca storica, in Italia la maggioranza ha sempre atteso, sempre cercato
di capire come si mettevano le cose. Rivoluzionari passivi, alla maniera di
Cuoco. Pronti ad auto assolverci sempre. Italiani brava gente, ma oltre gli
stereotipi, oltre la cultura rinascimentale condivisa sempre da pochi, cosa ci
unisce, cosa ci tiene uniti? Non sempre riusciamo a capirlo. E celebriamo il
nostro manifesta della razza all'amatriciana: più puliti, rigorosi, seri al
Nord; sporchi, confusionari, anarcoidi al Sud.
Italiani, italiani: qualcuno ha altre
definizioni (oggi che, come i gamberi, siamo tornati al reddito di 15 anni fa),
che ci descrivino?
Pubblicato il 21 Novembre 2013
alle 18:51
Rehn, ok investimenti 2014 Italia dipende da spending
review
Germania aumenti domanda interna,
Ue può rallentare su conti
21 novembre, 15:17
STRASBURGO - La possibilità per
l'Italia di utilizzare la clausola per gli investimenti nella finanziaria
"dipenderà dalla spending review o altre decisioni" che diano spazio
di manovra "sotto il 3%" di deficit. Quindi "ora la palla è nel
campo dell'Italia ed essenzialmente del suo Parlamento". Così Olli Rehn a
margine un'audizione all'Europarlamento. Rispondendo ad un parlamentare che
chiedeva perché la Commissione non desse maggiori margini ai paesi che vogliono
fare investimenti per la crescita, Rehn nel corso dell'audizione ha ricordato
che "abbiamo la cosiddetta 'clausola per gli investimenti' e ne abbiamo
informato il Parlamento e gli stati membri".
"Questa 'clausola per gli
investimenti- ha continuato - facilita un certo spazio di manovra per gli
investimenti produttivi degli stati membri, nel caso in cui: siano fuori dal
braccio correttivo del Patto di stabilità e crescita, siano fuori dalla procedura
per deficit eccessivo e mantengano il suo deficit al di sotto del 3%. "Per
esempio - ha aggiunto - nel caso dell'Italia, potrà utilizzarla se la 'spending
review' o altre decisioni porteranno questo tipo di spazio di manovra nel
budget dell'Italia per il 2014". Lasciando l'audizione, Rehn ha precisato
ai giornalisti presenti che "rispettare le regole del Patto e restare
fuori dalla procedura per deficit eccessivo sono le condizioni necessarie per
utilizzare la 'clausola per gli investimenti' che faciliterebbe un certo spazio
per investimenti produttivi".
"Se l'Italia potrà usare o
meno questa clausola - ha proseguito - dipenderà se sarà capace di creare
questo spazio sotto il 3% del Pil. A questo proposito, la 'spending review' e
altre decisioni possono dare risultati anticipati e quindi potrebbe esserci
spazio nel bilancio del 2014. Ma ora la palla è nel campo dell'Italia ed
essenzialmente in quello del Parlamento". Rehn ha quindi ricordato che
"per Italia e Finlandia c'è rischio di inosservanza" delle condizioni
macroeconomiche, ribadendo il giudizio sulle leggi di bilancio emesso la
settimana scorsa. "Solo Germania e Estonia" le "osservano in
pieno" mentre "il Belgio le rispetta bene e in primavera forse uscirà
dalla procedura per deficit eccessivo".
La Germania, però, deve
"rafforzare la domanda interna e gli investimenti" e la spesa per i
servizi. Olli Rehn è tornato a ribadirlo, affermando che Bruxelles non critica
''la sua competitività economica o il suo successo sui mercati mondiali (...), però
un surplus che resta elevato, significa che i tedeschi continuano ad investire
i loro risparmi all'estero" mentre "una maggiore domanda in Germania
non può che avvantaggiare i paesi limitrofi e la Cina". Il commissario ha
quindi respinto le critiche tedesche: "Mai detto che volevamo rendere più
deboli i paesi forti. Non è quello che stiamo facendo. Dirlo significa parlare
a vuoto", specificando che "la Germania deve rafforzare la domanda
interna con un sostenibile aumento delle retribuzioni, e riducendo le tasse per
le famiglie più deboli. E rafforzare gli investimenti produttivi pubblici e
privati".
In parallelo "Francia e
Italia dovrebbero intensificare le riforme economiche", e solo
"questa combinazione darà i migliori risultati per l'intera Eurozona e per
la Ue", ha concluso Rehn. In ogni caso in Europa, ha riconosciuto il
commissario Ue, "dobbiamo continuare il consolidamento" delle finanze
pubbliche, ma visto che "negli ultimi due anni gli squilibri si sono
dimezzati, ora possiamo rallentare" e "ci possiamo concentrare sulle
misure per la crescita, in particolare la fiscalità". La Bce, invece, ''ha
adottato azioni decisive per stabilizzare i mercati finanziari ed i mercati dei
bond, ed ora svolge un ruolo da vera banca centrale ovvero con il ruolo di
prestatore di ultima istanza che dovrebbe e deve svolgere''.
Crisi: Ue, spesa sociale Italia tutta su pensioni, no
poveri
Contributi per esclusione sociale
più bassi d'Europa
21 novembre, 13:29
BRUXELLES - L'Italia è il Paese
europeo con la più alta spesa per le pensioni e la più bassa per le esigenze
abitative delle persone meno abbienti e per l'esclusione sociale. Lo scrive
Eurostat che oggi diffonde i dati della protezione sociale in Europa. In Italia
la spesa per le pensioni è il 61% della spesa totale per benefit sociali,
contro una media europea del 46%.
Seguono Polonia (58%), Portogallo,
Lettonia e Malta (55%), mentre la più bassa si registra in Irlanda (23%),
Lussemburgo (37%) e Croazia (38%). Bassissima, da record europeo, la spesa che
lo Stato dedica ad alloggi popolari o a contributi per chi non può permettersi
una casa, e all'esclusione sociale in generale: solo lo 0,3% di tutta la spesa
sociale, contro una media europea di 3,6%.
Bozen, oltrepadania nord. Guasto all’inceneritore,
diffusi i dati sulle analisi delle emissioni: valori molto oltre i limiti
L’Agenzia provinciale per l’ambiente ha anche deciso
ulteriori verifiche ambientali
BOLZANO - Il gestore dell’inceneritore bolzanino ha
fornito i dati ufficiali delle emissioni registrate al camino il 7 e 8 novembre
scorsi, quando il termovalorizzatore era alle prese con il guasto tecnico
risolto nel pomeriggio dell’8 novembre. L'Agenzia provinciale per la protezione
dell'ambiente (Appa) comunica che dalle prime valutazioni dei dati non risulta
alcun impatto significativo sulla salute pubblica. Sono previste comunque nuove
prescrizioni e iniziative con i Comuni. L'analisi dei dati tecnici forniti
dall'Ati, l'Associazione temporane di imprese che gestisce in questa fase il
termovalorizzatore, nelle giornate del guasto conferma quanto già ipotizzato,
ovvero l'emissione di valori molto alti di composti organici, acido cloridrico,
mercurio e monossido di carbonio. Sono invece aumentati relativamente poco e
per poco tempo i dati degli ossidi di azoto. I dati delle medie semiorarie
riferiti alle concentrazioni di acido cloridrico registrati tra le 17 e le
11.30 del giorno dopo sono risultati superiori al valore limite di 60 mg/Nm³.
L'emissione di acido cloridrico ha raggiunto valori superiore ai 600 mg/Nm³ tra
le 3 e le 4 della notte.
Emissioni analoghe si sono registrate anche per il
carbonio organico totale: a partire dalle 10.30 del 7 novembre sono risultate
superiori al valore limite per più di 36 ore, con valori fino a 40 volte
maggiori del limite. Per quanto concerne il mercurio, le emissioni sono
risultate maggiori al valore limite per più di 18 ore. La ragione di tali
emissioni, spiega l'Appa, sta principalmente nella combustione in condizioni
non ottimali (a bassa temperatura) dei rifiuti già presenti in camera di
combustione prima del guasto. Le emissioni di polveri sono risultate contenute
in quanto i filtri a maniche sono rimasti in linea per l'intera durata del
guasto.
L'Appa ricorda inoltre che le analisi condotte finora sui
dati rilevati dalla rete di misurazione della qualità dell'aria non hanno
indicato valori anomali. Fanno eccezione i dati delle polveri fini e dell'ozono
registrati alla stazione fissa di Cortina all'Adige, che comunque risultano
inferiori ai valori limite della qualità dell'aria. Tale valore ridotto è molto
significativo se si considera che costituisce un'importante indicazione
sull'effettiva ricaduta di inquinanti nelle zone abitate: indica infatti che,
sulla base delle informazioni finora disponibili, il guasto non ha avuto alcun
impatto sulla salute pubblica. Naturalmente - ribadisce l'Agenzia - è
necessario compiere ogni sforzo possibile per evitare il ripetersi di quanto
accaduto.
L'Agenzia per l'ambiente ha in corso ulteriori iniziative
di approfondimento sulla situazione ambientale, con analisi particolareggiate
sui filtri della stazione fissa di Cortina. In accordo con i Comuni
interessati, si individueranno i siti dove eseguire prelevamenti di terreno al
fini di verificare un'eventuale anomala presenza di diossine. Con il Comune di
Bolzano si sta concordando un sito nella zona sud-ovest della città in cui
installare una stazione aggiuntiva per il monitoraggio della qualità dell'aria
durante la fase di prova dell'impianto.
21 novembre 2013
Trst, oltrepadania est. Tav sul mare, 14 milioni gettati
al vento
A tanto ammonta il costo complessivo del contestatissimo
progetto preliminare (tracciato balneare) che rischia di diventare carta
straccia
di Marco Ballico
TRIESTE. Le due
Regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto contrarie. I sindaci ostili. Un
commissario che ragiona da tempo su un’alternativa. Il progetto Tav lungo le
spiagge venete disegnato da Italferr nel 2010 è sotto assedio. Dovesse prevalere
la posizione compatta della politica, dei tecnici, del territorio contro quel
tracciato, sarebbe un clamoroso esempio di cattiva gestione dei soldi pubblici.
Perché il progetto preliminare è costato 14,2 milioni di euro. E rischia di
diventare carta straccia.
I costi Solitamente, per studi di questo tipo, si viaggia
attorno ai due millesimi del valore dell’opera, in questo caso 7,3 miliardi. La
società dei treni, sollecitata sui costi, risponde nel dettaglio. Per
progettare la tratta Venezia-Trieste, i compensi ricevuti da Rfi quali
percentuali sul valore delle infrastrutture, come previsto da contratto
Rfi/Italferr, sommano circa 10,6 milioni. Il dettaglio: tratta Mestre-aeroporto
Marco Polo: 1.500.134,75 euro; aeroporto-Portogruaro: 3.779.652,85; Portogruaro-Ronchi:
2.437.720,39; Ronchi - Trieste: 2.881.322,40. Totale 10.598.830,39 euro. Ma, a
quanto filtra, vanno aggiunti anche 3 milioni al ministero dell’Ambiente e
6-700mile euro di spese. Si arriva così a 14,2 milioni: più o meno i due
millesimi secondo tariffa.
L’iter A richiedere il cosiddetto preliminare è stato il
ministro delle Infrastrutture nell’ambito dell’iter approvativo dei progetti di
Legge Obiettivo, lo strumento che stabilisce procedure e modalità di
finanziamento per la realizzazione delle grandi opere, con il contributo anche
dell’Europa, puntando anche a spostare le merci da gomma a ferro entro il 2030
prima e 2050 poi, come previsto nel Libro Bianco dei trasporti. Quello del
2010, a quanto risulta, è un progetto realizzato “in house” – e dunque senza
alcuna gara –, negli uffici della società partecipata al 100% da Ferrovie
italiane. Il contenuto è noto: la Tav è disegnata lungo la costa, con treni a
velocità massima 250 km/h e costi di circa 44 milioni a chilometro, spesa
insostenibile superando di oltre la metà la media europea. E’ dunque probabile
che quei 14 milioni risulteranno inutili.
L’alternativa Il commissario della Tav Venezia-Trieste
Bortolo Mainardi, non a caso, lavora su un tracciato alternativo, che corre non
sulla costa ma a fianco dell’attuale linea ferroviaria. Ne parla nel dettaglio,
Mainardi, all’interno di una corposa relazione ricca di passaggi
storico-culturali, esposta la scorsa settimana a convegno a Concordia
Sagittaria, in cui si ribadisce il concetto della concretezza. «Abbiamo una
linea ferroviaria da Mestre a Cervignano sottoutilizzata al 40% – spiega il
commissario –, ma strutturalmente in condizione di supportare già oggi il
passaggio e il trasporto di merci e raggiungere la velocità per passeggeri di 200
km orari». Considerazioni in premessa che portano all’opportunità «di
interventi per fasi: prima la modernizzazione, con il potenziamento
dell’esistente, poi, eventualmente, il quadruplicamento».
Le Regioni Il commissario, in un’ottica di prevedere
opere «economiche per la collettività, sostenibili dal punto di vista
finanziario e compatibili con l’ambiente», si è visto confortato da due
delibera di Fvg e Veneto. La giunta Serracchiani (poi fotocopiata dal collega
Zaia che ha di fatto bocciato la linea dell’assessore Renato Chisso) chiede
esplicitamente di «sospendere il procedimento e di dare contestualmente mandato
a Rfi di studiare e presentare un'ipotesi alternativa e migliorativa del
tracciato esistente». Integrazioni non basterebbero, servono ipotesi progettuali
nuove, «mirate a valorizzare e, dove serve, a raddoppiare la linea esistente».
Fondamentale per esempio «lo scioglimento del collo di bottiglia rappresentato
dal bivio San Polo, importante per i collegamenti ai porti di Trieste e
Monfalcone». E quei 14 milioni gettati al vento? «Vero, risorse sprecate –
commenta il consulente dell’assemblea dei Comuni Andrea Debernardi –. Ma, se si
procede con il progetto del 2010, si finirà con il buttarne via molte, molte di
più».
21 novembre 2013
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