domenica 5 giugno 2011

Federali Sera 5 giugno 2011. Klotz boom: Selbstbestimmung. Il segreto di Eva Klotz sta nella carta di identità: Andiamo fortissimo tra i ragazzi, che distinguono tra la politica fatta per il potere e un movimento che mette al centro un ideale, la libertà, l'autodeterminazione. Sergio Baraldi: Nelle ultime settimane i fatti politici di maggior rilievo sembrano convergere su un punto: la difficoltà dell’Alto Adige a fronteggiare il cambiamento e adattarsi alle trasformazioni in atto in Europa e nel mondo.

Forza Olrepadani:
Bozen. Alto Adige: boom della Klotz, triplicati gli iscritti. Cresce la destra etnica
Alto Adige: il gioco è cambiato
Comune di Merano, Oltrepadania. Cresce l'assenteismo: +30%

Padani:
Milano, padania. Pisapia-Formigoni, scontro sui profughi
Treviso, Padania. Ogm e nucleare, a Treviso il Pdl litiga con Zaia


Bozen. Alto Adige: boom della Klotz, triplicati gli iscritti. Cresce la destra etnica
BOLZANO. Klotz boom. La Südtiroler Freiheit sfiora i 3000 iscritti. «Non eravamo arrivati a tanto neppure negli anni migliori dell'Union für Südtirol, in cui eravamo sotto i 2000 iscritti», festeggia la capofila del movimento. Il segreto di Eva Klotz sta nella carta di identità: «Andiamo fortissimo tra i ragazzi, che distinguono tra la politica fatta per il potere e un movimento che mette al centro un ideale, la libertà, l'autodeterminazione». Ma «quella bolla prima o poi si sgonfierà. Sono temi che fanno parte della mia storia, ma la politica deve risolvere per primi i problemi che ha sotto gli occhi, a partire dalle difficoltà delle famiglie», assicura Andreas Pöder, che ne è tanto convinto da avere deciso di congedarsi dalla vecchia Union für Südtirol, trasformata in BürgerUnion.
 Meno concentrati sulle campagne etniche anche i Freiheitlichen, con il leader Pius Leitner che rivendica: «La Svp a volte rincorre la Südtiroler Freiheit, ma la vera concorrenza la vive con noi». Mancano due anni e mezzo alle provinciali. La destra tedesca è sempre più caratterizzata da profili differenziati. Eva Klotz e il collega consigliere provinciale Sven Knoll raccolgono i frutti della campagna «Südtirol ist nicht Italien», dei referendum in Valle Aurina per l'autodeterminazione e, ancora prima, sui monumenti fascisti (in alleanza strategica con gli Schützen). Dai 937 iscritti del 2007-2008 il movimento è cresciuto fino ai 2800 di quest'anno. Questa la ricetta, secondo Eva Klotz: «Il nostro ideale, la libertà, è il più amato dai ragazzi». I rapporti con la Svp? «Senza di loro non riusciremo mai ad arrivare alla Selbstbestimmung, la Svp deve finalmente confrontarsi con questo tema. Finora tiene perché gestisce posti, potere e incarichi, ma non funzionerà per sempre», così Klotz.
 Dall'alto dei già raggiunti cinque consiglieri Leitner analizza una formula che è, riassume, «vincente sotto il profilo del movimentismo e del risalto mediatico, perdente dal punto di vista dei risultati. Da anni si parla più di autodeterminazione e doppia cittadinanza che di problemi concreti, perché la Südtiroler Freiheit riesce a dettare l'agenda dei titoli di giornale. Ma sulla doppia cittadinanza hanno dimostrato un dilettantismo inconcepibile, loro e la Svp, facendosi dire continuamente di no dall'Austria. Non impegnarti, se prima non concordi la linea con gli austriaci». Così Leitner sui temi etnici, che li vede presenti ma senza enfasi: «Alla Südtiroler Freiheit parlano di ritorno all'Austria e non spiegano cosa farebbero degli italiani. Noi lavoriamo per lo Stato libero, dialogando con tutti i gruppi linguistici». Il tesseramento dei Freiheitlichen segue gli exploit elettorali: «Eravamo 300 tre anni fa, quando di fatto non veniva organizzato il tesseramento. Oggi siamo a
2500».
 Conta su 1000 adesioni Andreas Pöder, la cui BürgerUnion («ci occuperemo di ceto medio, lavoratori e famiglie») viene descritta come una sorta di Carroccio sudtirolese. Era inutile concorrere contro uno schiacciasassi come il movimento della Klotz? Pöder nega: ««Una parte dei giovani è attirata dalle loro battaglie, ma è solo una parte. Generalmente i sudtirolesi non le vivono così intensamente e se n'è accorta anche la Svp: dopo l'iniziale inseguimento ha capito che deve fare la sua politica».
 Ultimi, ma non ultimi, gli Schützen. Il neocomandante Elmar Thaler è fratello di un dirigente della Südtiroler Freiheit. Il suo motto è: «Noi lavoriamo sulle idee, sta alla politica raccoglierle». (fr.g.)

Alto Adige: il gioco è cambiato
di Sergio Baraldi
 Nelle ultime settimane i fatti politici di maggior rilievo sembrano convergere su un punto: la difficoltà dell’Alto Adige a fronteggiare il cambiamento e adattarsi alle trasformazioni in atto in Europa e nel mondo. Nella comunità di lingua italiana è esplosa la crisi del Pdl con la nascita di una lista, “Forza nazionale”, guidata dalla deputata Biancofiore, che potrebbe uscire dal Pdl per collegarsi a esso dall’esterno. Di Michele, in un bell’articolo che pubblichiamo oggi, analizza la questione. Ma un elemento vale la pena mettere in rilievo: la crisi del Pdl locale è strettamente connessa a quella nazionale.

 Nel momento in cui Berlusconi, dopo la sconfitta elettorale, si ritrova privo di una visione convincente, di una strategia efficace, di una politica persuasiva, cioè quando la sua idea dell’I talia dimostra di non funzionare, il leader e il suo movimento entrano in crisi. Sul piano locale, sembra accadere la stessa cosa. Dopo avere per anni impostato la propria strategia sull’opposizione spesso pregiudiziale alla Svp, il centrodestra altoatesino ha rovesciato al sua posizione in una sorta di appiattimento, che sembra altrettanto privo di sbocchi della politica precedente. Le convulsioni alle quali assistiamo, qui come a Roma, sembrano quelle di una forza politica che sembra avere perso la prospettiva e di un ceto politico in cerca di una collocazione per sopravvivere al declino del leader. Una crisi emerge anche nel mondo tedesco e a rivelarla sono proprio i massimi esponenti della Svp: Durnwalder e Theiner.

 In pochi giorni, abbiamo visto i sindaci della bassa atesina far sentire pubblicamente il proprio dissenso sulla decisione di Durnwalder sul poligono. Durnwalder ha cercato di abbozzare la ricerca di un compromesso, ma i sindaci hanno replicato di non credere molto alle sue intenzioni. A Bolzano i docenti e le famiglie di una scuola media tedesca si oppongono al trasferimento in un altro edificio da costruire; il vicesindaco della Svp li ha incontrati, ha tentato di convincerli, il risultato è un no ribadito. Docenti e famiglie tedeschi si sono rivolti al giornale di lingua italiana, che fin dall’inizio aveva dato spazio al problema, per vedere riconosciute e sostenute pubblicamente le proprie ragioni. Infine, la deputata Thaler ha rilanciato la questione dei cambiamenti che saranno imposti dalla gestione di risorse limitate e da nuove regole. Il mondo economico e civile tedesco ha risposto con interesse, ma la Svp ha taciuto. Nello stesso tempo, si comincia a capire che la destra radicale tedesca può intercettare più consensi del previsto, incalza la Svp nelle sue valli, un tempo zona di caccia elettorale protetta. Il rischio che alle prossime provinciali la Svp scenda sotto il livello di guardia del 50% dei
voti non sembra un’ipotesi giornalistica.

 La Svp soffre del medesimo male del centrodestra, che sfiora in modo diverso anche il centrosinistra: non riesce ad avere un’idea convincente del bene comune che unisca il proprio mondo e anche l’a ltro. Resiste, è vero, una disciplina della rappresentanza tipica dei cittadini sudtirolesi. Ma per la società tedesca la differenziazione è cominciata. Siamo all’inizio di un processo che non sappiamo dove sfocerà. Per ora possiamo affermare che, secondo la predizione di Rawls, viene meno l’autorità superiore della politica, si afferma con maggiore difficoltà un’interpretazione della realtà che permetta di ordinare preferenze, interessi, valori dei cittadini. Durnwalder può imporre la gerarchia istituzionale, ma non ha il monopolio della “cosa giusta” da fare o della “ versione” in cui credere.

 Theiner, un segretario e un assessore senza visione, questo monopolio non l’ha mai avuto. Entrambi non riescono a pensare un futuro diverso dal “loro” passato. Invece, il gioco è cambiato. Più velocemente per gli italiani, più lentamente per i tedeschi, ma è cambiato. E che cosa lo sta cambiando? Il fatto che i rigidi confini etnici si stiano allentando, che la società civile senta meno la “controparte” italiana o tedesca come un rischio che condiziona al punto da mettere a tacere dissensi o bisogni. In modi diversi, la società (sia quella italiana sia quella tedesca) coglie il vincolo della chiusura e chiede di essere valorizzata come attore pubblico, cerca un luogo di partecipazione politica. La mobilitazione dello scontento ha come obiettivo quello di essere compresi nelle decisioni, e persino di modificarle. La scuola, da questo punto di vista, si conferma il luogo in cui si sperimenta un inedito ampliamento della democrazia locale. La scuola italiana vuol vincere la battaglia 5 giugno 2011
del plurilinguismo e, in questo caso, la politica l’ha ascoltata e assecondata.
La scuola tedesca comincia a far sentire la propria voce senza l’a ssillo di infrangere la parola d’ordine del gruppo linguistico. L’e conomia, sia con le imprese sia con i sindacati, questo processo l’h a accelerato. Con tutti i limiti che possono esserci in queste esperienze, la nostra società, quella tedesca e quella italiana, sta apprendendo collettivamente come costruire il consenso, spinge la politica a escogitare soluzioni che erano state scartate o non considerate in partenza o a rivalutare quelle accantonate. Guardate la discussione sul centro storico: per la prima volta, non è criticata l’apertura dei negozi o l’adesione a un’iniziativa del Comune, è sotto processo la mancanza di un progetto chiaro, condiviso, e di una regia efficiente che non trasformi una buona intenzione in un casino. Questa pressione mostra l’inadeguatezza della rappresentanza tradizionale: comitati di ogni tipo bussano alla porta. I cittadini italiani e tedeschi possono essere portatori d’interessi e valori diversi, magari anche in conflitto, ma il fatto che confluiscano in un dibattito pubblico significa che sono portati a riconoscere l’esistenza delle opinioni contrarie e ad ammetterne la legittimità.

 E’ questo pluralismo e la sua risonanza pubblica che libera energie, le quali unite alle trasformazioni esterne mettono alla prova l’autosufficienza del modello altoatesino. Questo accade al piano basso della società: tra la gente, sulle colonne del nostro giornale, punto di riferimento degli “interessati”, qualunque lingua parlino. Ai piani alti, quello istituzionale e politico, si avverte che il clima muta, si capisce che le cose sono in movimento. Ma rispondono tentando la “presidenzializzazione” della politica. Vale a dire: la decisione senza i cittadini o le loro rappresentanze istituzionalizzate o no. La virtù della mediazione con i “governati” è poco praticata. Di fatto è un metodo di semplificazione contro la complessità sfuggente. E’ l’idea di Durnwalder che, facendo sempre più fatica a governare argomentando e negoziando con una società frammentata parla con il decreto di giunta e punta il dito contro il giornale che dà voce al piano basso.

 E’ l’idea di Theiner, una brava persona che non comprende che “ convivenza” non significa dare ragione a lui, e che si trova in imbarazzo di fronte alla comunità che si disputa gli spazi di partecipazione (compresi i suoi medici e infermieri). I cittadini sono sempre meno remissivi, chiedono conto di come sono usati il potere e le risorse che hanno delegato. La gente non vuole contare solo il giorno delle elezioni, ma ogni giorno. La politica non riesce a dare una prospettiva unificante alle diverse concezioni del bene comune che si contendono il campo. E si condanna a una tattica cieca. Quando Durnwalder ha avuto paura della destra radicale, e l’ha inseguita sui temi etnici senza tenere conto del fatto che il suo ruolo istituzionale di presidente gli imponeva di rappresentare tutti, anche i sentimenti, i valori e gli interessi della comunità italiana, avevamo detto che commetteva due errori. Lesionava la sua imparzialità e lavorava per il “nemico” politico, preparando il terreno proprio alla destra radicale. Non ha ascoltato.
 Ora sembra che il rischio a destra si rafforzi. Il suffragio universale investì come una rivoluzione i regimi democratici del passato. Oggi la ripresa di sovranità dei cittadini costringe a una mutazione le istituzioni. E’ un bene che accada, ma prima la politica impara che il gioco è cambiato, meglio è. 5 giugno 2011

Comune di Merano, Oltrepadania. Cresce l'assenteismo: +30%
Si registra anche un forte contenimento del ricorso allo straordinario.
di Giuseppe Rossi
 MERANO. Un misterioso virus nei primi tre mesi dell'anno pare aver colpito i dipendenti del Comune di Merano fra i quali è letteralmente esploso il ricorso a brevi periodi di malattia: l'assenteismo ha segnato infatti in Municipio un incremento di ben il 30%. Al tempo stesso da registrare anche un minor ricorso allo straordinario crollato di un terzo. E c'è chi non esclude un diretto collegamento fra i due elementi. Non si spiega in altro modo l'incredibile aumento di assenteismo che da gennaio a marzo ha colpito i vari impiegati, operai e funzionari comunali. Dalle statistiche che in questi giorni circolano al secondo piano del Palazzo si scopre che nel primo trimestre 2011 le persone assenti dal posto di lavoro per malattia sono cresciute del 30% rispetto all'anno prima. Un dato questo che pare abbia colto impreparati sia la responsabile dell'ufficio personale, la dottoressa Petra Notdurfter, che l'assessore competente Carmelo Genovese. Ma le singolarità della statistica che riguarda il personale del Comune per il primo trimestre 2011 non finiscono qui. Di pari passo con l'incremento notevole delle assenze causate da malattia, pare che siano contestualmente crollate a picco le ore di straordinario segnate dai dipendenti, anche in questo caso si tratta di una variazione, queste al ribasso, di un terzo. I maligni sostengono che la notevole riduzione delle ore di straordinario sia frutto della cura introdotta dal ministro Renato Brunetta, che ha chiesto ai dipendenti pubblici maggiore efficenza e minori sprechi. Qualcun altro però sostiene che l'ordine di contenere al massimo il numero delle ore di straordinario sia arrivato dall'interno del Palazzo, in ossequio alle norme sul rispetto del patto di stabilità e al conseguente contenimento dei costi del personale e che la mancata possibilità di lavorare in regime di straordinario abbia creato qualche malumore. A mitigare il dato positivo del ridimensionamento del monte ore straordinario, c'è però il dato che riguarda il trattamento di malattia. Aumentare di un terzo le assenze dietro presentazione di certificato medico non è un affare di poco conto visto che in Comune, tra le varie ripartizioni lavorano circa quattrocento dipendenti. Ora toccherà all'ufficio personale e all'assessore Genovese in particolare capire se le assenze sono da considerarsi un picco isolato, dovuto a un inverno insolito, oppure verificare se l'incremento delle malattie è proseguito allo stesso ritmo anche nel corso del secondo trimestre. In questo caso l'assessore sarà chiamato a prendere delle contromisure per arginare l'assenza dei dipendenti dagli uffici, in particolare quelli a contatto con il pubblico.

Milano, padania. Pisapia-Formigoni, scontro sui profughi
Il sindaco: «La Regione finora non ha preso in mano la questione accoglienza». La replica: «Primo scivolone»
MILANO - Si consuma sui profughi e sul tema dell'accoglienza il primo scontro Formigoni-Pisapia, dall'elezione di quest'ultimo a sindaco di Milano. Tra il primo cittadino e il governatore l'argomento diventa occasione di un botta e risposta a distanza che anima il primo sabato post-ballottaggi. Per l'accoglienza dei profughi in arrivo dalla Libia «Milano farà la sua parte», è stata la promessa di Pisapia, che, a riguardo non ha risparmiato una frecciata al governatore: la città, ha assicurato il primo cittadino a margine della festa multietnica Living Together, a Corvetto, farà la sua parte in accordo con i sindaci dei Comuni della Provincia e anche con la Regione Lombardia, che «non ha preso in mano la questione» finora. «Milano - ha aggiunto - deve tornare ad essere la città dell'accoglienza». La replica di Formigoni non si è fatta attendere e in una nota l'amministrazione regionale ha bollato le parole di Pisapia come il suo «primo scivolone» da sindaco. «Non è affatto vero, come da lui affermato, che la Regione non avrebbe fatto la sua parte nella gestione dell'emergenza profughi - precisa la nota -. La realtà è che come previsto nell'intesa tra Stato e Regioni il responsabile della Protezione civile, prefetto Gabrielli, ha scelto tra le fila dei funzionari dello Stato un commissario attuatore con pieni poteri che per Regione Lombardia lavora d'intesa con i prefetti. A lui sia la Regione, sia le Province, sia i diversi Comuni hanno offerto finora piena collaborazione».

«HA ABDICATO AL RUOLO DI REGIA POLITICA» - In serata la precisazione dello staff del sindaco. Pisapia spera di avere «al più presto un confronto sereno con la Regione» sulla questione dei profughi arrivati dalla Libia, spiega il portavoce dell'avvocato. «Senza alcuna volontà polemica - spiegano da Palazzo Marino - a noi risulta che la Regione Lombardia sia l'unica in Italia che fin dall'inizio dell'emergenza profughi ha abdicato al ruolo di regia politica della gestione di questa emergenza. Cosa che sarebbe necessaria per gestire in modo equilibrato sul territorio i flussi di profughi in base alla ripartizione prevista dall'accordo Stato Regioni».

«PISAPIA SI DOCUMENTI PRIMA DI PARLARE» - Anche in questo caso, l'amministrazione Formigoni non si lascia sfuggire la puntualizzazione e spiega, ancora con una nota, di rivendicare di non essere l'unica Regione «ad aver scelto la soluzione del soggetto attuatore di governo» per gestire l'emergenza profughi. «Lo staff di Pisapia - si legge nel comunicato - raddoppia l'errore del sindaco. Regione Lombardia non è l'unica ad aver scelto la soluzione del soggetto attuatore di governo e siamo pronti a fornire allo staff di Pisapia i nomi delle altre Regioni. È offensivo parlare di unica Regione perché l'intesa Stato-Regioni prevede la soluzione adottata da noi. Capiamo che il sindaco Pisapia si è appena insediato, ma gli consigliamo di documentarsi prima di parlare la prossima volta».

Treviso, Padania. Ogm e nucleare, a Treviso il Pdl litiga con Zaia
Il senatore Maurizio Castro attacca il governatore: sui referendum fa demagogia e va contro il suo governo.
di Alessandro Zago
TREVISo. Referendum, nuova bufera nel centrodestra: il senatore e coordinatore del Pdl Maurizio Castro stronca il governatore leghista del Veneto Luca Zaia, accusandolo di «demagogia» e «retorica della paura» per aver annunciato ieri che voterà «sì» ai quesiti referendari su acqua e nucleare. L'affondo di Castro: «Zaia ultimamente contraddice un po' troppo spesso il governo Berlusconi».
 Zaia parteciperà ai referendum per votare «sì» ai quesiti che riguardano l'acqua ed il nucleare. Ma si dice «assolutamente contrario anche agli Ogm», gli organismi geneticamente modificati. Su acqua e nucleare Zaia si fa di fatto portavoce della linea della Lega; mentre il Pdl, per bocca di Berlusconi, se da una parte lascia liberi i propri elettori dall'altra ritiene «inutile» il referendum. Una divergenza che affiora anche dal duro attacco di Castro: «Le dichiarazioni di Zaia sono davvero poco persuasive: mettere insieme nucleare, Ogm e acqua significa confezionare un goffo cocktail con ingredienti mal assortiti. Non c'è infatti alcun legame logico tra le tre materie. Io sono contrario agli Ogm perché inducono un modello omologato e massivo di agricoltura dannoso per la nostra filiera agro-alimentare. Ma sono favorevole al nucleare, unica via per liberare le nostre manifatture dall'insopportabile zavorra di costi energetici sconosciuti agli altri competitori occidentali».
 «Quanto all'acqua - continua Castro - mi sarei aspettato da Zaia non già una demagogica giaculatoria sulla sua natura di bene pubblico, ma una seria proposta per sviluppare al massimo grado le buone pratiche di gestione privatistica». L'affondo: «Perché Zaia, anziché contraddire le scelte del governo di cui pure ha fatto parte, non promuove un'iniziativa regionale per la costituzione di una nuova compagnia che, partecipata da selezionati investitori privati a lungo termine, non integri e fonda tutte le competenze venete di gestione del servizio idrico, oggi separate, generando un recupero poderoso di efficienza pubblica, di razionalità organizzativa, di risorse finanziarie e di qualità per i cittadini-clienti?».
 Sulle dichiarazioni di Zaia interviene anche Laura Puppato: «Fanno piacere - dice la capogruppo regionale del Pd - ma al tempo stesso non possiamo non ricordare che Zaia come ministro ha approvato la legge del 2009 che approvava le centrali e che come presidente di Regione è stato uno dei soli quattro che non si è opposto alle scelte centraliste del governo sulla localizzazione».5 giugno 2011

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