lunedì 6 giugno 2011

Federali Sera. 6 giugno 2011. Jessica, zoccola padana: L’aspetto fisico conta. Una con i capelli, gli occhi neri e i caratteri mediterranei non c’entra proprio nulla con la Padania. Ho i caratteri del Nord. Non ho i tratti mediterranei - ha ribadito al Giornale - Sono solare e ho tanta voglia di fare. Di raggiungere i miei obiettivi.----Napoli. Meraviglia delle meraviglie: come se non bastasse, dall'interno dell'edificio, a pochi metri dal palco improvvisato, cominciano a partire fuochi d'artificio multicolore (e multirumore), mentre ancora i civili, attoniti, credono di trovarsi in un film di Terry Gilliam.

Feste e bambini:
Al Sud tante spiagge adatte ai bambini
Napoli. Feste neomelodiche nei cortili, vicoli sconvolti dalla musica

Zoccole e miserabili:
Jessica, la nuova miss Padania: «No alle 'terrone' in concorso»
Milano, padania. 130mila famiglie in crisi in Lombardia, Caritas: «Un progetto per la povertà»
Veneto, padania. Bombola anti-profughi Galan: «Lega indecente»


Al Sud tante spiagge adatte ai bambini
Tra i luoghi estivi più adatti Palinuro (Cilento), Soverato (Calabria), Gallipoli (puglia) San Vito lo Capo (Sicilia)
NAPOLI - Bandiera verde per 25 località italiane assegnate dal mensile «Ok la salute prima di tutto». Nella «top 25» delle spiagge più adatte ai bambini compare anche la Campania con Palinuro, mentre a detenere il primato per numero di spiagge «verdi» sono la Puglia (Gallipoli, Ostuni e Vieste), la Sicilia (Marina di Ragusa, San Vito Lo Capo e Tre Fontane) e la Sardegna (Alghero, Capo Coda di Cavallo e San Teodoro).

LA CLASSIFICA - La percentuale diminuisce nel Lazio che ne conta solo due (Sabaudia e Sperlonga) e in Calabria (Isola di Capo Rizzuto e Soverato). Se ci sposta più a nord, invece, sono «promosse» in media solo due spiagge per ogni regione, compresa la Toscana con Marina di Grosseto e Viareggio. Unica eccezione per il Veneto che si consola solo del Lido di Venezia, l'unica spiaggia considerata formato famiglia. Passa il turno anche Friuli Venezia Giulia (Grado e Lignano Sabbiadoro), l'Emila Romagna (Cervia e Riccione), le Marche (Porto San Giorgio e San Benedetto del Tronto) e l'Abruzzo (Giulianova e Vasto Marina).

IL SONDAGGIO - La classifica è stata pubblicata nel numero di giugno del mensile di salute e benessere «Ok La salute prima di tutto» sulla base di un sondaggio condotto da Italo Farnetani, docente dell’Università di Milano Bicocca, in collaborazione con la società italiana di pediatria preventiva e sociale e con la consulenza scientifica della fondazione Umberto Veronesi. A dare il loro parere sulle spiagge «formato famiglia» sono stati 418 pediatri che hanno valutato in base a parametri facilmente deducibili: arenile ampio con sabbia, più adatto ai giochi dei bambini, mare pulito con acqua bassa, ombrelloni distanziati e la presenza di strutture ricettive in prossimità del lido.

Napoli. Feste neomelodiche nei cortili, vicoli sconvolti dalla musica
Battesimi, matrimoni, scarcerazioni: tutto in piena notte A Materdei l'ultimo caso ma pochi denunciano
NAPOLI -Verso l'una della notte, i residenti di vico Paradiso a Materdei sono balzati dal letto: dal cortile di un palazzo saliva musica a un volume terrificante, coi bassi che scuotevano le finestre e i colpi di batteria che schiaffeggiavano i timpani. Versi neomelodici, portamenti un po' barocchi che sulle frequenze di una melodia verace si insinuavano nei vicoli del quartiere. Sarà qualche squilibrato - ha pensato la maggior parte dei vicini - o qualcuno che ha sbagliato a regolare il volume dello stereo. Fra un po' finirà. E dopo un po', le cose sono effettivamente cambiate. Solo che a finire, inderogabilmente, è stata la tranquillità di tutto il circondario. Dal cortile interno del palazzo, la musica ha cambiato registro: «Adesso cantate con me! Forza! Forza!» . Fra i più impavidi, qualcuno ha scelto di affacciarsi, stropicciandosi più e più volte gli occhi ancora velati dal sonno e bastonati dallo stupore. Sì, perché nel cortile, a giocare al karaoke era una band di neomelodici con tanto di casse, batteria, chitarre, basso, e ovviamente il cantante. Uno stuolo di fan empatici e partecipativi assisteva allo spettacolo notturno. Donne con bambini -in piedi o in carrozzina -, giovani e meno giovani, ragazzine ipnotizzate dalle note sanguigne dell'interprete napoletano.

Meraviglia delle meraviglie: come se non bastasse, dall'interno dell'edificio, a pochi metri dal palco improvvisato, cominciano a partire fuochi d'artificio multicolore (e multirumore), mentre ancora i «civili», attoniti, credono di trovarsi in un film di Terry Gilliam. Nel frattempo la notte scorre veloce, e nell'arco di qualche ora (è domenica) comincerà una nuova, faticosa settimana di lavoro. Sono in molti ad alzare la cornetta per chiamare il 113. In pochi minuti giungono sul posto due volanti del commissariato Dante, guidato da Monica Nasti: per i satiri e le ninfe è la fine. «Ma chere'-sbottano le mamme bambino - munite - mo'nun se po'manco festeggia''nu poco?» .
I nuovi interpreti della canzone napoletana sono costretti a smontare casse e strumenti, agli artisti della pirotecnica viene imposto il cessato il fuoco. L'organizzatore di tutto, il capofamiglia B., il cui cognome è ben noto alle forze dell'ordine (non per encomi né onorificenze) spiega agli agenti che quella discreta e riservata manifestazione d'entusiasmo era legata alla prima comunione del suo amato figlioletto. Solo che non tutti hanno gradito, e c'è da augurarsi che il pargolo non se la sia presa troppo. Tuttavia, non c'è motivo di disperarsi. Rimane sempre la cresima, il matrimonio, e poi nuovi battesimi, comunioni, matrimoni...e anche scarcerazioni con tanto di fuochi d’artificio. Questo è solo l’ultimo caso ma il fenomeno delle feste neomelodiche nei cortili è in rapida ascesa anche se non tutti nei vicoli, da Materdei, alla Stella, alla Sanità, hanno il coraggio di chiamare la polizia. Un fatto di folklore, quasi scene di musica napoletana strappate a un film «veristico» come Passione» di John Turturro.
Stefano Piedimonte

Jessica, la nuova miss Padania: «No alle 'terrone' in concorso»
«Non è giusto che partecipino le meridionali. Il Sud? Lì c'è poca voglia di fare, noi siamo meno lazzaroni»
NAPOLI - «Miss Padania apre alle ragazze meridionali», scrivemmo tre giorni fa. La prima a non gradire l'ecumenica apertura però sembra essere proprio la miss neoeletta, in carne (curve) e ossa, Jessica Brugali: «Se il concorso si chiama miss Padania, non è giusto che partecipino i "terroni"» afferma in un'intervista al Giornale la 18enne di Albino (Bergamo), vincitrice dell’edizione 2011, tenutasi sabato scorso al teatro degli Arcimboldi di Milano. Jessica storce il naso e punta sulla «purezza» della gara. «Non è proprio giusto. Per miss Padania bisogna avere le radici nel Nord. Niente padre terrone e magari la mamma settentrionale». Che guarda caso è la 'condizione' del nuovo sindaco di Milano, Giuliano Pisapia.

BIONDE CONTRO MORE - Il nuovo regolamento prevede invece l'ingresso in selezione anche di ragazze del Sud residenti da 10 anni al Nord ed extracomunitarie diventate italiane (leggi). La miss ne fa una questione di tratti somatici: «L’aspetto fisico conta. Una con i capelli, gli occhi neri e i caratteri mediterranei non c’entra proprio nulla con la Padania». Jessica invece è bionda e di carnagione chiara. Le si potrebbe obiettare che i canoni della bellezza settentrionale non sono necessariamente quelli delle donne elvetiche o tedesche, al cento per cento bionde e chiare. «Ho i caratteri del Nord. Non ho i tratti mediterranei - ha ribadito al Giornale - Sono solare e ho tanta voglia di fare. Di raggiungere i miei obiettivi». Infine il discorso si allarga, forse un po' troppo, quando le si chiede se al Sud c'è poca voglia di lavorare. «Magari sì. Sono più svogliati, noi del Nord siamo meno lazzaroni».
Al. Ch.

Milano, padania. 130mila famiglie in crisi in Lombardia, Caritas: «Un progetto per la povertà»
Voucher e non solo. «In Europa ci sono interventi mirati. Anche da noi un assegno a chi sta peggio»
MILANO - Ci sono 133 mila famiglie povere in Regione. Per rendere l'idea, tante teste quante ne conta la provincia di Lecco. Poveri veri: parliamo di persone che faticano a mangiare la carne due volte la settimana. Gente per cui anche mandare a scuola i figli diventa difficile.
Il non profit conosce questo problema da vicino. Non è un caso, quindi, che siano realtà a contatto con gli ultimi, come quelle delle Caritas lombarde, a presentare alla Regione una proposta per cercare di affrontare sempre meglio la questione. «Reddito di autonomia»: questa la soluzione da sperimentare. Tradotto: un assegno per i nuclei familiari sotto la soglia di povertà assoluta. Ma i soldi sono solo una parte del progetto. Per evitare forme di assistenzialismo vecchia maniera, il contributo andrebbe subordinato ad azioni determinate a eliminare alla radice le cause del disagio (corsi per i capifamiglia senza lavoro, per esempio) e al rispetto di impegni precisi (primo: la continuità nel mandare i figli a scuola).

Guarire la malattia. La proposta sarà illustrata martedì in dettaglio, dalle 14 alle 18, nell'aula convegni della Curia arcivescovile di piazza Fontana 2, a Milano. Interverranno il presidente di Caritas Italiana, monsignor Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi, e il direttore, monsignor Vittorio Nozza, oltre al direttore di Caritas Ambrosiana, don Roberto Davanzo. Le basi teoriche della proposta sono illustrate in uno studio finanziato dalla Fondazione Cariplo e condotto da Rosangela Lodigiani ed Egidio Riva, sociologi dell'università Cattolica.
Perché Caritas si mette in gioco con una proposta così articolata? «Il fondo Famiglia-Lavoro (voluto dal cardinal Dionigi Tettamanzi, ndr) ci ha insegnato molto - risponde don Roberto Davanzo -. Sono state aiutate oltre seimila famiglie. Ma bisogna andare oltre. Non basta elargire assegni. Rischiamo di curare le piaghe senza guarire la malattia. È evidente che servono misure di welfare universalistico. Da parte nostra siamo convinti che la lotta alla povertà non possa essere fatta dal privato. Pubblico e privato devono camminare insieme accanto alle persone in difficoltà».

Duecentomila euro l'anno. Una simulazione messa nero su bianco stima che, per strappare alla povertà le famiglie lombarde con almeno un minore a carico (quelle con un reddito Isee sotto i dieci mila euro) siano necessari 206 milioni di euro l'anno. La prima questione da affrontare è quindi quella delle risorse. Anche se bisogna tenere conto che in una misura universalistica come quella del reddito di autonomia potrebbero confluire i fondi spesi sotto svariate voci. «In questa simulazione abbiamo ipotizzato di dare a ciascuna famiglia 432 euro al mese. Un'ipotesi, nulla di più. Per mostrare quali sono le leve su cui si potrebbe agire», spiega Egidio Riva.
Ma perché questa proposta viene rivolta alla regione Lombardia? Non dovrebbe trattarsi di politiche da stabilire a livello nazionale? «Un progetto come questo per diventare realtà ha bisogno di un contesto in cui esista già una solida rete di supporto per quanto riguarda gli interventi di accompagnamento al lavoro, formazione, supporto per l'accesso alla casa. La Lombardia ha tutte queste caratteristiche», continua Riva.

Voucher e non solo. Per rendersi conto dello sforzo e dell'impegno richiesto al sistema del welfare del territorio, basti pensare che ciascuna famiglia assistita nell'idea della Caritas dovrebbe poter fare riferimento a un tutor che l'accompagni nel percorso di risalita verso la «normalità».
Ma la sfida delle risorse non è l'unica. L'impostazione data finora dalla Regione alle politiche del Welfare è basata sui sistemi delle doti e dei voucher che poco hanno a che fare con l'idea di un assegno per chi è in condizioni di disagio. «L'esigenza di una misura universalistica è dovuta ai cambiamenti di questi ultimi anni - spiega il vicedirettore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti -. È davanti agli occhi di tutti una povertà nuova, fatta di persone giovani e integrate, magari con un lavoro precario. Ormai la povertà va oltre l'emarginazione. C'è zona grigia su cui il welfare pubblico non riesce a intervenire. E così, se si escludono alcuni interventi estemporanei, l'onere del problema viene scaricato sul terzo settore».
A questo punto la palla passa a quello che la Caritas chiama il «decisore politico». La Regione, insomma. «Il nostro obiettivo è semplicemente quello di fornire una proposta di riflessione su cui si possa attivare un confronto - conclude Gualzetti -. Con gli enti locali, certo. Ma anche con tutto il mondo del non profit».
Rita Querzé

Veneto, padania. Bombola anti-profughi Galan: «Lega indecente»
Il ministro dei Beni cultuali e l’intimidazione contro l’albergatore di Vazzola: sbagliato giustificare l’attentato. «Zaia? Cambia idea su tutto». Immigrati, la Donazzan frena: «Non c’è più posto»
VENEZIA — L’aveva detto, proprio l’altro giorno, sempre alla Biennale d’arte. L’ha ripetuto con altri accenti sabato mattina, mentre si spostava in motoscafo dal Padiglione di Haiti (un container piazzato davanti allo yacht del miliardario russo Abramovic) al cocktail del suo amico René Caovilla. È evidente che in questo momento, la cosa gli sta particolarmente a cuore. Giancarlo Galan ce l’ha con la Lega (anche) sugli immigrati: «L’atto di Vazzola — dice il ministro — è agghiacciante. Ed è agghiacciante che la Lega, penso a Gentilini, lo difenda. Tutto si spiega ancora con la perdita di voti. La Lega ha perso voti alle ultime elezioni, perché si dimostra inaffidabile: ha sempre detto che gli immigrati non sarebbero mai arrivati e invece ha dovuto fare i conti con gli arrivi dei profughi. Protesti, protesti, protesti, poi arrivi al governo e arrivano gli immigrati! È evidente che la gente non ti dà più fiducia». Stessa posizione polemica nei confronti del cambio di rotta del governatore Zaia sui profughi: prima un accordo col prefetto Lamorgese per un’ospitalità diffusa, poi il passo indietro. «È un’abitudine — dice ancora Galan —. Ma ora stanno cominciando a pagarla. Zaia ha fatto lo stesso col nucleare: quando era al governo ha votato a favore, poi dice che è contrario e voterà sì al referendum ». Questo vale anche per Leonardo Muraro, che ha vinto le elezioni con Razza Piave, proponendosi più leghista dei leghisti: «Certo che vinci così, però poi ti tocca governare— conclude—e alla fine la paghi la volta dopo».

In linea con Galan, a distanza, anche il segretario veneto dell’Udc, Antonio De Poli: «I veneti sono al fianco del ministro dell’Interno Roberto Maroni. Al contrario, Zaia ha ampiamente dimostrato che la Regione Veneto, nella partita profughi, non vuole assolutamente giocare neanche per un minuto. Evidentemente Zaia fa il doppiogioco, sa barare e cambiare le carte in tavola. La Regione Veneto si è chiaramente distaccata dalla politica del Governo e della Lega di Maroni e non sta minimamente contribuendo alla gestione dell’emergenza: i cittadini sono sempre più preoccupati e gli unici veri attori protagonisti, nell’affrontare il problema profughi, sono i Comuni, i singoli cittadini, le associazioni di volontariato, le Caritas e soprattutto il neo-commissario governativo, il prefetto Lamorgese». In posizione di chiusura motivata dalla disoccupazione dei veneti è invece l’assessore Elena Donazzan: «Il Veneto non è più nella situazione di accogliere — ha detto ieri al festival dell’Integrazione di Bassano — negli ultimi due anni ha perso 70mila posti di lavoro. È un’illusione pensare che possiamo continuare ad accogliere immigrati. Bisogna pensare a chi è già qui e ha un percorso stabile di vita e di famiglia. La crisi ha determinato un approccio più rigido all’inserimento degli immigrati, per non rischiare una guerra tra poveri».
S.D’A.

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