domenica 26 giugno 2011

Federali.Sera_26.6.11. Cassa Depositi e Prestiti. Il risparmio postale rastrellato al Sud finanzia lo sviluppo delle infrastrutture ed i debiti del centro nord.----Più posti che occupati. È quanto si può dedurre interpretando i dati dell'Istat, che certifica come nel Paese ci siano più posti di quanti non siano gli occupati. Nel 2010 la differenza era di oltre 4,8 milioni.

Trieste. Fondi in bilico, non partono i lavori della terza corsiasull'A4
La giostra dei rifiuti e le scelte condivise
Verona, padania. «De Magistris ora ci dica come risolve il problema»
Bozen. Inceneritore, terminata la bonifica
Per 4 milioni di italiani il lavoro è doppio


Trieste. Fondi in bilico, non partono i lavori della terza corsiasull'A4
Pressing di Autovie Venete per il maxi-prestito da 2miliardi ma i tempi stringono perché l’offerta scade a novembre.
di Marco Ballico
TRIESTE. Dipende tutto dal Fgop, il Fondo garanzia opere pubbliche, una sorta di “assicurazione” di Cassa depositi e prestiti finalizzata al sostegno finanziario dei lavori. Ma quel nodo chiave, malgrado il pressing di Autovie Venete, non si scioglie. E, mettendone a rischio il finanziamento bancario, blocca l'operazione terza corsia. Niente due diligence, la valutazione voluta dagli istituti di credito sullo stato della società Fvg, nessun passo avanti nella complicata trattativa sul maxi-prestito da 2 miliardi Iva compresa per l'allargamento della A4, una partita che vive giorni di preoccupante stallo. Adesso c'è pure la spada di Damocle dei tempi: con le ferie di mezzo, la scadenza di metà novembre per chiudere l'accordo con le banche è dietro l'angolo. Due lettere ad Anas, una a fine maggio e un'altra una decina di giorni fa, non hanno sbloccato la situazione. La concessionaria insiste perché il gestore nazionale ottenga da Cassa depositi e prestiti l'attivazione del Fgop, la garanzia chiave sul prestito. Il pool di banche che ha risposto al bando di Autovie è stato infatti chiarissimo: il Fondo garanzia è imprescindibile. Dopo, solo dopo, si discuterà delle altre condizioni. Molto severe, tra l'altro, a partire dalle azioni di Autovie e Friulia da mettere sul piatto.

 I vertici della concessionaria si sono recati a Roma la scorsa settimana. Non sono mancati incontri politici, con Renzo Tondo e Riccardo Riccardi a cercare un contatto con Pietro Ciucci, presidente di Anas. L'obiettivo è quello di un'azione concertata per stringere i tempi sul Fgop. «Al momento non abbiamo avuto indicazioni», ammette però l'ad Melò nel confermare l'iniziativa delle due lettere: «Abbiamo sollecitato una cortese risposta chiedendo massima assistenza per andare avanti in maniera sollecita. Si tratta di procedere con le istruttorie, in primis con la due diligence». «Nessuna novità», taglio corto invece il presidente Emilio Terpin.

 Se Autovie spinge per accelerare, dal fronte Anas non sembra avvenire altrettanto. «È una trattativa aperta», si limitano a far sapere da Roma su una questione lunga ormai un anno e mezzo. La richiesta di attivazione del Fgop è stata fatta dal gestore della rete autostradale nel gennaio 2010, ma l'intesa con Cassa depositi e prestiti non è poi arrivata. Con Anas che ha obiettivi molto chiari in vista del rinnovo della concessione sulla A4 Venezia-Trieste, il sospetto è che lo stallo non sia casuale. Di qui il pressing di questi giorni. Perché i tempi sono strettissimi. L'offerta delle banche cessa la sua validità a metà novembre. Se si arriva a quel punto senza accordo, si dovrà ricominciare da zero. Serve il Fgop, dunque, per poter consegnare al soggetto terzo cui verrà assegnato l'incarico della due diligence (operazione che potrebbe costare fino a 1 milione di euro), la garanzia massima. E serve dunque che Anas trovi l'intesa con Cassa depositi e prestiti, sulla cui correttezza di certo Autovie non ha dubbi. Cdp ha già stanziato un prestito ponte di 150 milioni per l'avvio dei primi cantieri. E ha pure consentito l'inserimento di una clausola che apre la porta a un secondo prestito in assenza di alternative.

La giostra dei rifiuti e le scelte condivise
Il Comune dà la colpa alla Regione. La Regione chiama in causa il Governo. Il Governo addossa le responsabilità al Comune. E, di elezione in elezione, la giostra dell'emergenza rifiuti a Napoli e in Campania non smette di girare. È così da 17 anni. Ogni volta che appare una luce fuori dal tunnel qualcosa o qualcuno, come in un eterno gioco dell'oca, riporta un milione di cittadini partenopei alla casella di partenza. Per restare all'ultima legislatura non sono bastati neanche due decreti e altrettante leggi di conversione, un accordo Esecutivo-governatori, una sfilza di protocolli one-to-one per smaltire fuori regione 600 tonnellate al giorno. Le 10 discariche previste sono diventate ben presto 6, poi 5, a volte 4. E anche il trasloco nei territori "amici" (visto che quelli "nemici" si sono chiamati fuori da subito) si è bloccato dopo che il Tar Lazio l'ha circoscritto ai soli rifiuti «speciali». Risultato: in città e in provincia i cumuli d'immondizia sono tornati più alti di prima. Come i roghi notturni e l'esasperazione della popolazione. Tutte le speranze sono ora riposte in un nuovo decreto, atteso per giovedì e sollecitato dal Colle. Ma la Lega sbraita e dice no. E la giostra dell'irresponsabilità è pronta a ripartire.

Verona, padania. «De Magistris ora ci dica come risolve il problema»
«Monnezza» di Napoli da portare lontano e magari anche a Verona? Il neosindaco partenopeo Luigi De Magistris (esponente dell'Italia dei valori) dia seguito ai proclami e contribuisca a risolvere il problema. È questo il pensiero dell'assessore comunale alle politiche ambientali Federico Sboarina, del Pdl ex An, commentando la possiblità che i rifiuti di Napoli possano giungere, in parte, anche nella città e nella provincia scaligera. «La gestione della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani viene affidata nel nostro territorio all'Amia e non è il Comune che decide dove il materiale deve essere portato», commenta Sboarina, «ma dal punto di vista politico mi viene da dire che il sindaco di Napoli De Magistris deve dare seguito a ciò che ha affermato». Vale a dire? «In un dibattito alla trasmissione televisiva "Porta a Porta" poco prima del ballottaggio che ha portato alla sua vittoria, De Magistris disse che comunque non bisogna più costruire termovalorizzatori. Bene, ma allora come si fa a smaltire una quantità così elevata di rifiuti? Ora il nodo è già venuto al pettine del neosindaco, che deve dimostrarci ora qual è la soluzione a questa emergenza».
Sul tema si è pronunciato il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, dicendo che «i rifiuti di Napoli non li vogliamo, ma siamo disposti a offrire know-how e tecnici disposti a dare una mano per impostare una raccolta differenziata».E.G.

Bozen. Inceneritore, terminata la bonifica
L'impianto entrerà in funzione nel 2013. Costo dei lavori: 123,1 milioni
A Bolzano Sud sono terminati in questi giorni i lavori di bonifica sui 25 mila metri quadrati di terreno su cui sorgerà il nuovo termovalorizzatore. A questo punto possono iniziare i lavori di costruzione: termineranno nel 2012 e costeranno oltre 120 milioni. Intanto è già iniziata la partita per la gestione del business del teleriscaldamento che per ora è tutto in mano alla Sel (tramite la controllata Ecotherm): il Comune non vuole restare fuori.
 Pur con qualche intoppo (un anno fa erano state rinvenute circa 8.400 tonnellate di sostanze pericolose provenienti con ogni probabilità dai vecchi stabilimenti della zona industriale di Falck, Aluminia e Magnesio), la bonifica dell'area su cui sorgerà il nuovo termovalorizzatore di Bolzano Sud è stata portata a termine. «I lavori - spiega Giulio Angelucci, direttore dell'ufficio rifiuti della Provincia - si sono conclusi proprio in questi giorni».
 Chiuso l'intervento ambientale, nel cantiere torneranno ad operare le sole ditte di costruzione. La realizzazione del termovalorizzatore costerà 123,1 milioni (il prezzo di partenza di 90 milioni è stato rivisto più volte al rialzo) ed è stata affidata ad un pool di aziende locali (Atzwanger di Bronzolo, Hafner, Seeste e Stahlbau Pichler di Bolzano, Ladurner di Tirolo, Wipptalerbau di Colle Isarco, affiancate dal Consorzio cooperative costruzioni di Bologna).

 I lavori iniziati a fine 2008 dovrebbero terminare entro il 2012 per consentire l'entrata in esercizio dell'impianto nel maggio del 2013. La gestione sarà affidata all'Eco-Center, società in-house che fa capo a Comune di Bolzano (45%), Provincia (10%) e agli altri Comuni altoatesini (45%). «Le discariche - spiega il presidente di EcoCenter Stefan Fattor - saranno presto esaurite e il nuovo termovalorizzatore è l'unica opzione valida per lo smaltimento dei rifiuti».

 In particolare, Fattor sottolinea l'importanza che avrà il calore prodotto (14,4 MW di energia elettrica e 5,9 MW di energia termica, sufficienti a riscaldare 590 appartamenti e 4.800 utenze domestiche): «La potenzialità di abbattimento degli inquinanti - afferma Fattor - è straordinaria, se pensiamo che a Bolzano potremo eliminare tra le 3 e le 4 mila caldaie». Proprio sul teleriscaldamento si sta giocando una partita delicatissima tra Provincia e Comune di Bolzano. La prima, tramite la Sel, ha costituito la Ecotherm, società che si occuperà della gestione dell'impianto di teleriscaldamento.

 La Ecotherm era passata dalla Provincia alla Sel nel 2006 ed oggi ha un capitale sociale di 10 milioni. In base ai vecchi accordi, il Comune avrebbe dovuto ricevere il 50% della società, ma il problema è il prezzo. La Sel ha infatti chiesto 11 milioni, ma la Seab - società designata dal Comune a entrare in Ecotherm - non è disposta a spendere così tanto. La questione è tutta politica, visto che come spiega il direttore della Sel Maximilian Rainer, «se vendessimo una partecipazione ad un valore inferiore a quello di mercato, interverrebbe la Corte dei conti».
 La trattativa si prospetta dunque difficile, anche perché sul tavolo c'è la questione aperta di chi - tra la Provincia o l'Eco-Center come ente gestore - dovrà sostenere l'ammortamento dei costi di costruzione.

Per 4 milioni di italiani il lavoro è doppio
 OCCUPAZIONE. Nel 2010 l'Istat ha calcolato in 4,8 milioni il numero di seconde o terze attività
 I lavori plurimi sarebbero molto diffusi in particolare tra i giovani nei settori di servizi, commercio e turismo e anche in agricoltura
ROMA
Altro che fannulloni, spesso per gli italiani il lavoro è doppio: la schiera di chi aggiunge una seconda, o anche una terza, attività all'occupazione principale è fatta di circa quattro milioni di persone. Insomma, c'è un popolo di super-lavoratori costretto forse dalla crisi economica a destreggiarsi tra più attività per sbarcare il lunario.
PIÙ POSTI CHE OCCUPATI. È quanto si può dedurre interpretando i dati dell'Istat, che certifica come nel Paese ci siano più posti di quanti non siano gli occupati. Nel 2010 la differenza era di oltre 4,8 milioni. Sono tante, infatti, le attività svolte da chi ha già un impiego. Il settore dove il fenomeno dilaga è il commercio, in particolare il turismo, e l'agricoltura. Un terreno fertile per doppi e tripli lavori è, ovviamente, l'area del sommerso.
In realtà l'Istituto di statistica calcola solamente il numero delle posizioni lavorative, 29,493 milioni tra regolari e irregolari, e degli occupati (24,657 milioni). Dal confronto si ricava la cifra di attività «plurime», oltre 4,8 milioni, che possono essere seconde o terze e non è da escludere che qualcuno riesca ad accumularne anche di più. Si può immaginare, però, che questi 5 milioni di prestazioni aggiuntive ricadano in gran parte su teste distinte, mentre una porzione più piccola riguarda chi è già doppiolavorista. Gli italiani «sgobboni», che si caricano di due lavori dovrebbero essere circa 4 milioni.
COMMERCIO ALLARGATO. Tornando ad analizzare nel dettaglio i dati dell'Istat, emerge che i lavori «plurimi» sono una pratica molto diffusa nel commercio «allargato» (commercio, riparazioni, alberghi, ristoranti, trasporti e comunicazioni), dove la doppia-tripla occupazione interessa circa 2,3 milioni di unità. Si tratta del settore dove è più forte l'utilizzo del part time, ma anche dove il 'nerò ha una delle percentuali più alte.
All'interno del commercio, spiccano i campi dei trasporti e delle comunicazioni (1,2 milioni posti plurimi), degli alberghi e dei pubblici esercizi (815 mila). Basti pensare ai giovani che a un impiego mattutino aggiungono il lavoro nei pub o nelle pizzerie la sera. Sempre tra i servizi, un'altra fetta di posti plurimi si ritrova nei lavori domestici (623 mila).
Ma anche l'agricoltura, con 874 mila unità, è un comparto interessato dal fenomeno, tra l'autoproduzione nel proprio orto e l'impiego nella coltivazione e nel raccolto nei terreni di altri.

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