domenica 26 giugno 2011

Federali.Mattino_26.6.11. Napoli. Forze oscure. A quanto si è appreso, i magistrati avrebbero elementi per affermare che gli episodi di violenza connessi con la raccolta dei rifiuti non sarebbero scollegati, ma farebbero parte di un piano preciso, attuato forse anche da soggetti vicini agli ambienti della malavita, per destabilizzare le istituzioni cittadine. Bossi: Ho fatto un sondaggio fra la gente e quei rifiuti non li vuole nessuno, altrimenti è una storia che non finisce, loro vanno avanti a produrre rifiuti e qualcuno glieli prende.----La disoccupazione in alcune zone di Belfast raggiunge livelli allarmanti. La working class cattolica (ma anche protestante in verità) soffre la violenta recessione. Gli attacchi settari e le discriminazioni verso i cattolici avvengono tutto l'anno. E poi riesplodono, irrimediabilmente, in estate. E questa, si teme, sarà per le Sei Contee un'estate calda.

Napoli. Ora c'è anche l'indagine sui «boicottaggi»
Napoli sommersa dai rifiuti, indagato Caldoro
Bossi: il decreto rifiuti è un imbroglio. Nominiamo de Magistris commissario
Il Nord Irlanda vive gli scontri più duri da dieci anni: con la recessione tornano gli anni bui dei «troubles»


Napoli. Ora c'è anche l'indagine sui «boicottaggi»
L'ipotesi: regia dietro a roghi e minacce
Il fascicolo è del pm Raffaello Falcone, già convocato il vicesindaco Tommaso Sodano come persona informata
 NAPOLI - Fioccano le inchieste. In Procura è stato aperto un nuovo fascicolo: i magistrati indagano sulla possibilità che vi sia una strategia precisa, un piano organizzato volto a destabilizzare le istituzioni cittadine attraverso iniziative come l’incendio dei rifiuti, le minacce agli addetti alla raccolta e lo spargimento di letame davanti alla sede della Regione Campania. Sono tre, dunque, le indagini che hanno come sfondo la crisi dei rifiuti campana.

LE «FORZE OSCURE» - Da giorni il sindaco Luigi de Magistris parla di «forze oscure», con un riferimento esplicito alla camorra, che starebbero ostacolando l’uscita della città dall’emergenza. Titolare del fascicolo è il pm Raffaello Falcone, che, assieme al procuratore aggiunto Giovanni Melillo, coordinatore della sezione Sicurezza urbana, nei giorni scorsi ha convocato come persona informata dei fatti il vicesindaco di Napoli, Tommaso Sodano. A quanto si è appreso, i magistrati avrebbero elementi per affermare che gli episodi di violenza connessi con la raccolta dei rifiuti non sarebbero scollegati, ma farebbero parte di un piano preciso, attuato forse anche da soggetti vicini agli ambienti della malavita, per destabilizzare le istituzioni cittadine.

LE TRE INCHIESTE - E' la prima volta, secondo la tesi dei pm, che in città si abbiano così tanti incendi di rifiuti. Un sospetto preciso, infatti, riguarda proprio i roghi di questi giorni. L’inchiesta del pm Falcone è, dunque, una delle tre aperte in tema di rifiuti. Quella del sostituto Francesco Curcio, della sezione Pubblica amministrazione, punta a individuare chi ha omesso interventi importanti per ridurre i rischi per la salute dei napoletani. Indagini, queste, che sarebbero vicine a una svolta. La terza inchiesta è quella condotta dai pm Federico Bisceglia e Maurizio De Marco, della sezione Ambiente. I magistrati stanno approfondendo aspetti legati alla realizzazione e alla gestione degli impianti per il trattamento dei rifiuti, tra cui il termovalorizzatore di Acerra. Anche nell’ambito di quest’inchiesta è stato convocato come persona informata dei fatti il vicesindaco Sodano, la cui presenza in Procura è prevista per lunedì mattina.

Napoli sommersa dai rifiuti, indagato Caldoro
 25 giugno 2011
 Roma - Il presidente della giunta regionale della Campania Stefano Caldoro sarebbe indagato, secondo quanto si è appreso, nell’ ambito dell’ inchiesta della Procura di Napoli sui rischi per la salute pubblica determinati dalla mancata raccolta dei rifiuti. Nell’ inchiesta del procuratore aggiunto Francesco Greco e del pm Francesco Curcio si contesterebbe al presidente della giunta campana la mancata attivazione di discariche in altre province campane per fronteggiare l’ emergenza.

E se la situazione della spazzatura a Napoli è sempre bloccata, con cumuli e roghi ovunque nel capoluogo partenopeo, lo è altrettanto il fronte politico, con la Lega Nord che insiste nel suo «no» ad accogliere nelle regioni settentrionali i rifiuti napoletani. Intanto il sindaco Luigi De Magistris, che secondo Antonio Di Pietro «ha le mani legate», denuncia: dietro i roghi c’è la regia della camorra. Il decreto preannunciato dal Governo per trasferire fuori dalla Campania la montagna di rifiuti che assedia la città continua a trovare aperta ostilità da parte della Lega. Dopo lo stop ieri del ministro Roberto Calderoli, oggi sono intervenuti direttamente i governatori del Nord. «I rifiuti di Napoli non li vogliamo, ma siamo disposti a offrire know-how e tecnici disposti a dare una mano per impostare una raccolta differenziata» ha detto il presidente del Veneto Luca Zaia, ricordando che la sua regione ha «al riguardo 10-11 anni di storia alle spalle e per questo siamo infatti riusciti ad eliminare le discariche». «Così come abbiamo mandato i tecnici della sanità al servizio della sanità napoletana - ha concluso - siamo disposti ad inviare anche i nostri esperti ma non a portarci a casa i rifiuti».

E anche il suo collega del Piemonte, Roberto Cota, ha sottolineato che «mandare i rifiuti da un posto all’altro non è la soluzione, anzi deresponsabilizza». «Infatti lo abbiamo visto in questi anni - ha spiegato Cota - più si deresponsabilizzano e più le amministrazioni locali non risolvono i problemi ed i cittadini pagano». «Per la Lega collaborare è un optional» insorge l’Italia dei Valori, mentre i Verdi lanciano una campagna contro i leghisti: manderanno gli indirizzi di Bossi e dei deputati della Lega Nord a tutti i napoletani.

Drastico il segretario del Pd Pierluigi Bersani: «Il governo deve intervenire immediatamente sull’emergenza della Campania, chiamare in aiuto tutte le regioni del Paese e pretendere e garantire che si avvii in tempi certi un percorso di autosufficienza del ciclo dei rifiuti in Campania». Bersani sottolinea che «é assolutamente intollerabile che venga rifiutata la solidarietà dalla stessa forza politica, la Lega, che la richiese e la ottenne a metà degli anni `90 in giornate di emergenza che riguardarono Milano».

Nell’occhio del ciclone il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, che oggi ha parlato esplicitamente di una «regia» della camorra dietro ai roghi e ai blocchi stradali di questi giorni. «Qualunque cittadino sa che l’incendio di un cassonetto causa diossina - aggiunge De Magistris - perché i rifiuti incendiati diventano speciali e occorrono giorni per rimuoverli». A parere del primo cittadino i roghi e i blocchi stradali sono aumentati in questi giorni «quando noi dal Comune abbiamo emanato quattro ordinanze, avviando una rivoluzione ambientale».

Per il leader del suo partito, Antonio Di Pietro, De Magistris «ha le mani legate se non c’é un provvedimento del Consiglio dei ministri e se non c’é un supporto da parte della provincia di Napoli e della Regione, così come di tutte le altre regioni italiane». E proprio dal presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, arriva una mano tesa: «tutte le istituzioni debbono fare la loro parte - dice il governatore dell’Emilia Romagna - ma ci deve essere un piano con tempi certi e il governo ci deve mettere la faccia».

Bossi: il decreto rifiuti è un imbroglio. Nominiamo de Magistris commissario
Il leader del Carroccio: "La spazzatura di Napoli non la vuole nessuno. Berlusconi risolse il problema, ma i voti li hanno dati a un altro". Contrari anche i governatori.
NAPOLI - «Sono contrario all’operazione che stava passando in Consiglio dei Ministri, un decreto che io e Calderoli abbiamo capito essere un imbroglio e abbiamo deciso di non votare per non farlo passare». Lo ha detto il leader della Lega Nord Umberto Bossi parlando dell’emergenza rifiuti a Napoli, a una festa del Carroccio a Magenta. «Ho fatto un sondaggio fra la gente - ha aggiunto - e quei rifiuti non li vuole nessuno, altrimenti è una storia che non finisce, loro vanno avanti a produrre rifiuti e qualcuno glieli prende». «La settimana che viene saremo sommersi dal problema dei rifiuti a Napoli, è una vergogna e lo sappiamo tutti», ha tuonato ancora il leader. «Il povero Berlusconi l’altra volta aveva risolto il problema ma poi non gli hanno dato nemmeno un voto - ha aggiunto riferendosi a Luigi De Magistris -, i voti li hanno dati a uno che diceva di voler risolvere il problema senza le discariche. Ora vediamo se ne è capace, anzi il sindaco di Napoli sia nominato commissario per i rifiuti, così non scappa».

CALDEROLI E I GOVERNATORI LEGHISTI - Da giorni il decreto preannunciato dal Governo e sollecitato dal presidente Napolitano per trasferire fuori dalla Campania la montagna di rifiuti che assedia la città continua a trovare aperta ostilità da parte della Lega. Dopo lo stop ieri del ministro Roberto Calderoli, oggi sono intervenuti direttamente i governatori del Nord. «I rifiuti di Napoli non li vogliamo, ma siamo disposti a offrire know-how e tecnici disposti a dare una mano per impostare una raccolta differenziata» ha detto il presidente del Veneto Luca Zaia, ricordando che la sua regione ha «al riguardo 10-11 anni di storia alle spalle e per questo siamo infatti riusciti ad eliminare le discariche». «Così come abbiamo mandato i tecnici della sanità al servizio della sanità napoletana - ha concluso - siamo disposti ad inviare anche i nostri esperti ma non a portarci a casa i rifiuti». E anche il suo collega del Piemonte, Roberto Cota, ha sottolineato che «mandare i rifiuti da un posto all’altro non è la soluzione, anzi deresponsabilizza». «Infatti lo abbiamo visto in questi anni - ha spiegato Cota - più si deresponsabilizzano e più le amministrazioni locali non risolvono i problemi ed i cittadini pagano».

Il Nord Irlanda vive gli scontri più duri da dieci anni: con la recessione tornano gli anni bui dei «troubles»
di Giampaolo Musumeci
I peggiori scontri da dieci anni a questa parte. Non solo per il grave bilancio (decine di feriti, tra cui un fotografo colpito da un'arma da fuoco alle gambe), ma per l'alto numero di persone coinvolte: centinaia, secondo la Bbc addirittura tra le sei e le settecento, in due notti di scontri furiosi. La settimana scorsa, nella capitale nordirlandese, ha ripreso corpo uno spettro del passato.

A Belfast si teme un ritorno agli anni bui dei "troubles", quelli che si chiusero nel 1998 con il Good Friday Agreement e che mise fine alla guerra fra i gruppi paramilitari nazionalisti e unionisti. Ai feroci scontri fra cattolici e i protestanti. E fra i nazionalisti dell'Ira e l'esercito e la RUC, ora PSNI, la polizia nordirlandese. Due i focolai accesi finora: Newtownards Road e Short Strand. Qui elementi dell'Ulster Volonteers Force (UVF), formazione paramiliare lealista in passato opposta all'Ira, si sono scontrati anche con la polizia. La tensione è fortissima soprattutto a Short-Strand, nord di Belfast, un quartiere abitato da circa cinquemila cattolici e "circondato" da 80mila lealisti.

Quando alcune centinaia di lealisti, la notte del 21 giugno hanno dato l'assalto alle case dei cattolici con sassi e molotov, membri dei gruppi paramilitari repubblicani hanno risposto all'assalto. E avrebbero esploso colpi di arma da fuoco. Facendo tre feriti, tra cui il fotografo. Poi, l'intervento della polizia per dividere i due schieramenti. Con i "plastic gun", i fucili che sparano i proiettili di gomma, e i cannoni ad acqua.
Nelle notti successive, i due schieramenti si sono fronteggiati ma senza venire a contatto. Imponente lo schieramento delle forze dell'ordine e dello Sinn Féin. Quello stesso Sinn Féin di Gerry Adams, ex duro e puro della lotta repubblicana, che ora siede in Parlamento e schiera i suoi steward per evitare il contatto tra le centinaia di giovani "streetfighters" (manifestanti armati) di ambo le parti.

Per ora la tregua regge. Intanto però i dirigenti della polizia lanciano l'allarme e affermano senza mezzi termini che la violenza potrebbe raggiungere livelli fuori controllo. Così, la politica si muove. Nelson Mccausland, ministro per lo sviluppo sociale, invita alla calma le due comunità. Parla di misure a breve termine come le "peaceline" i muri che dividono i quartieri cattolici da quelli protestanti della città (quando è possibile) ma parla anche di misure a lungo termine, cioè il dialogo e un processo di pace che, per sua stessa ammissione, richiederà molto molto tempo.

Ma si sa che i gruppi militari dei due schieramenti sono di solito piuttosto refrattari alle dichiarazioni politiche e ai buoni intenti del governo nordirlandese di Stormont. Ma perché questo rigurgito di violenza da parte dei lealisti dell'UVF? La stagione estiva delle marce da sempre accende gli animi e fa riscoppiare gli scontri settari. Ma stavolta lo schieramento degli UVF nella guerriglia urbana desta particolare preoccupazione: proprio UVF due anni fa annunciò di aver completato la dismissione del suo potente armamento.

E allora questa improvvisa esibizione di muscoli sembra un modo per affermare la propria valenza politica in un momento delicato come questo. Sono tre anni che Real e Continuity Ira, eredi del vecchio esercito repubblicano, mai firmatari del Good Friday Agreement rifiutano di deporre le armi e anzi compiono attacchi. Rubando così, anche politicamente, i riflettori. La commissione che si occupa dell'organizzazione delle parate orangiste ha acceso gli animi dei gruppi paramilitari lealisti, dopo che aveva imposto alcuni divieti al passaggio in alcune zone in varie città delle Sei Contee. Un affronto per la comunità unionista, una forma di discriminazione culturale. Una comunità che sottolinea ogni anno, durante la stagione delle parate, l'appartenenza Nord dell'Irlanda al Regno Unito.

Le parate stesse sono a oggi invece uno schiaffo per le comunità cattoliche/nazionaliste di Belfast. La sera del 12 luglio, nei quartieri unionisti si bruciano enormi bonfire, gigantesche pire, con immagini del Papa e di Bobby Sands, con i tricolori irlandesi. Ma guai a ridurre il tutto a scontri di religione (cattolici/protestanti), perché sempre meno è questa la miccia delle violenze. Guai anche a sottovalutare la generale condizione socio economica delle Sei Contee. Siamo in un paese in cui non esiste un'identità nazionale. Qui ci si sente britannici o irlandesi. Nessuno per strada ti dirà io sono nordirlandese. La nazionale di calcio è poco seguita, i gagliardetti northern irish sono lì, nei negozi di souvenir, invenduti quasi anche ai turisti. L'inno nazionale non lo canta nessuno. I giocatori di rugby militano nella nazionale irlandese (unico esempio di riunificazione dell'isola). Insomma, non c'è un senso di nazionalità e un'orgogliosa identità pari a quella degli scozzesi o dei gallesi.

In più, la disoccupazione in alcune zone di Belfast raggiunge livelli allarmanti. La working class cattolica (ma anche protestante in verità) soffre la violenta recessione. Gli attacchi settari e le discriminazioni verso i cattolici avvengono tutto l'anno. E poi riesplodono, irrimediabilmente, in estate. E questa, si teme, sarà per le Sei Contee un'estate calda.
 25 giugno 2011

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