sabato 16 luglio 2011

Federali.Mattino_16.7.11. Svizzera. Erminio Ferrari: Ora si può essere pro o contro Silvio Berlusconi, condividere o rifiutare il suo disegno politico e il suo modello di uomo (noterete che non si è fatto uso di aggettivi). Ci fanno orrore, ma non ne parliamo qui. Perché oggi basta questa manovra a certificarne il fallimento. Da anni la sua parabola politica narra di fortune che aspettano chi si affidi a lui; e da mesi il capo del governo, dopo averne quasi negata l’esistenza, va dicendo che la crisi è superata e che l’Italia ne è uscita molto meglio di tanti altri partner europei. I fatti mostrano il contrario.

Caldoro ai sindaci campani: setacciate terreni utili ad accogliere rifiuti
Corsi di lingua sarda. Tra università di Sassari e Regione è finita la guerra
Fiat Melfi, Vendola agli operai: «Non vi lasciamo soli»
Poli, Miccichè, Iannaccone: via al Partito del Meridione
L'ex senatore Di Girolamo patteggia 5 anni di carcere
Svizzera. Approvato il fallimento della favola di Berlusconi


Caldoro ai sindaci campani: setacciate terreni utili ad accogliere rifiuti
Annuncio-choc del governatore: non discariche ma siti di stoccaggio provvisorio nei comuni in difficoltà
NAPOLI - Chiamatelo pure federalismo municipale della spazzatura, ma quello di stamattina di Stefano Caldoro è un annuncio-choc: «Tutti i sindaci, in particolare quelli delle province di Napoli e Salerno - spiega il governatore - diano immediatamente la disponibilità di terreni che possano essere adibiti a discariche, anche piccole, nei loro territori». La comunicazione è già arrivata alle sedi di molti comuni campani. L’ultima frontiera della lotta all’eterna emergenza, dunque, è il “fai da te”. Non proprio discariche ma siti di stoccaggio provvisorio, nei comuni che hanno i maggiori problemi con lo smaltimento: il segnale è chiarissimo. Ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità a cominciare, inevitabilmente, dal Comune di Napoli.

Le direttive inviate ai comuni e alle province, aggiunge Caldoro, riguardano «interventi urgenti che possono compiere solo le amministrazioni locali. L’apertura di discariche è prevista dalla legge. Più comuni possano mettersi insieme e costituire un'autorità d’ambito, fare accordi fra unioni di comuni e dare alla Provincia la comunicazione immediata della disponibilità». Caldoro ha inoltre ribadito come il lavoro del commissario Verdè sia «aggiuntivo e non sostitutivo per quanto riguarda l’individuazione e l’apertura di nuove cave e che pertanto rimane tutta la responsabilità delle amministrazioni locali nello scegliere in autonomia». Rivoluzione in vista, dunque: mentre i conferimenti fuori dalla Campania stentano a decollare, ecco che arriva la nuova parola d’ordine: «L’autodeterminazione delle comunità - precisa il Presidente - oggi è l’unica soluzione perché per gli impianti sono necessari dai 12 ai 36 mesi sebbene siano state avviate tutte le procedure. I cittadini devono stare vicino ai loro sindaci. È necessario far emergere la forza dei sì contro la forza dei no e dei veti. È necessario sensibilizzare la comunità come avviene in tutta Italia dove le discariche ci sono». Non è una soluzione definitiva, quella della mondezza municipalizzata, ma servirà a tamponare le emergenze fino al completamento degli impianti.
Carlo Tarallo
15 luglio 2011

Corsi di lingua sarda. Tra università di Sassari e Regione è finita la guerra
15.07.2011
Raggiunto un accordo tra l’assessore Sergio Milia e il rettore Mastino: via a una commissione paritetica
Galluresi e campidanesi discriminati? Dibattito tra i poeti e prosatori isolani PAOLO PILLONCA CAGLIARI. Se non proprio una pace, sicuramente è una tregua significativa: la Regione e l’Università di Sassari hanno raggiunto un accordo, auspici l’assessore alla Cultura Sergio Milia e il rettore Attilio Mastino. «Tra noi c’è unita d’intenti sulla tutela e valorizzazione della lingua sarda», dice l’assessore Milia. «Dei dettagli si occuperà una commissione paritetica». Intanto L’ateneo avvierà i corsi per la formazione di insegnanti di sardo. Spiega il rettore Mastino: «Nelle lezioni, sperimentalmente (‘non dimenticare l’avverbio’, raccomanda), si utilizzerà il sardo al cinquanta per cento mentre i laboratori si terranno interamente in limba». E per gli insegnanti che cosa si farà? «Chiameremo esperti esterni», risponde Attilio Mastino. Rispetto alla diatriba di mesi e mesi, indubbiamente è un passo in avanti degno di nota e foriero di novità positive. In altre parole, il mare non è più agitato. Perché ridiventi calmo ci sarà però da rimuovere qualche equivoco. Chi ha paura della lingua sarda? La domanda, vecchia ma sempre ricorrente, se l’è posta l’ex-assessore regionale alla Cultura Maria Antonietta Mongiu sul sito internet di “Sardegna Democratica”. La risposta è fin troppo ovvia: quelli che non la conoscono e ne hanno paura, come i bimbi con il buio. La competenza attiva del sardo rischia di rovesciare qualche gerarchia. Frattanto, a far giustizia di critiche pretestuose -di provenienza varia- su una presunta discriminazione nei confronti di alcune parlate intervengono poeti e prosatori di fama riconosciuta, quasi tutti vincitori del premio ‘Ozieri’, il più antico e prestigioso. Dice Gianfranco Garrucciu, Tempio: «Noi galluresi discriminati? E vero l’esatto contrario. Non solo nei miei confronti, ma per i poeti e prosatori venuti prima e dopo di me: penso soprattutto a Giulio Cossu e Maria Teresa Inzaina». Per Giovanni Piga, poeta nuorese ormai celebre e presidente di concorsi letterari anche in area campidanese, queste critiche sono «una casta de machìghine (una specie di follia): la mia esperienza è di tutt’altro tipo». Traduzione: chi la pensa così lo fa per ignoranza o malafede. Piga, che è anche presidente del premio di Mamoiada, ricorda alcuni nomi di vincitori di quel concorso, di variante diversa da quella considerata egemonica: «Paola Alcioni di Cagliari, Gianfranco Garrucciu di Tempio, Giuseppe Tirotto di Castelsardo, Anna Cristina Serra di San Basilio». E i campidanesi, presunte vittime di non si sa chi? Per loro parla proprio Anna Cristina Serra, figura di rilievo primario nella poesia sarda contemporanea oltre che traduttrice di Sibilla Aleramo, autrice di un glossario sulla parlata del suo paese, testi teatrali e canzoni: «Non mi sono mai sentita discriminata. La prova? Nei fatti: tra i miei premi, oltre all’Ozieri, ci sono Bonorva, Lula, Mamoiada, Olmedo, Osilo, Posada, Pozzomaggiore, Sassari, Siligo, Thiesi e Villanova Monteleone. In partibus infidelium? No: una è la terra, una la lingua». Alla domande sulle presunte discriminazioni ride di gusto Antonio Maria Pinna di Pozzomaggiore, altro poeta “plurilaureato” e fondatore del concorso intitolato al padre Giorgio: «Tutte chiacchiere di malinformati- premette.- Basta guardare i risultati dei premi di poesia e di prosa in lingua sarda e si capisce subito come sia vero il contrario». Maria Tina Battistina Biggio di Calasetta, “mietitrice” di allori in ogni dove: «Qualche incomprensione all’inizio c’è stata. Ma oggi, dopo quindici anni di premi letterari, mi sento amata». La novità di rilievo viene però dai sardisti. Il segretario dei Quattro Mori Gianni Colli in un comunicato invita la Regione a combattere la battaglia «in nome dell’unico popolo europeo che non può coltivare la propria lingua». Per fare questo, il leader dei sardisti auspica «un atto di coraggio, una rivoluzione culturale e politica». Se l’appello non fosse accolto, ombre cupe si addenserebbero sul governo regionale. Colli viene da Oliena, il paese di Mario Melis. Difficilmente mollerà la presa.

Fiat Melfi, Vendola agli operai: «Non vi lasciamo soli»
15/07/2011  «CARI Giovanni, Antonio, Marco due cose voglio dirvi: innanzitutto che non sarete soli nel proseguire la vostra legittima lotta per riaffermare il diritto al lavoro. Con voi i vostri compagni di lavoro, la Fiom, e tanti e tante che in Italia continueranno ad esprimervi il proprio sostegno, a partire da me e da Sinistra Ecologia Libertà». Inizia così il messaggio di Nichi Vendola, presidente di Sel ai tre operai della Fiat di Melfi. «Ed è inoltre ammirevole - prosegue il leader di Sel - il vostro senso dello Stato nel voler rispettare una sentenza così amara per voi. Date una lezione di dignità a quei tanti potenti che ogni giorno, fuori e dentro le aule di giustizia in modo sprezzante si rivolgono ai Poteri dello Stato». Di diverso tenore il commento del ministro del Lavoro Maurizio Sacconi: «La sentenza di Melfi ci dice che dobbiamo sempre aspettare la conclusione di un procedimento, evidentemente quello che è successo quantomeno presenta caratteri controversi che hanno dato origine a diverse sentenze». Continua il ministro con un monito: «Mi auguro che, al di là del percorso giudiziario, le organizzazioni rappresentative dei lavoratori vogliano tutte, insieme all’azienda, concorrere a un clima positivo evitando in ogni modo, qualunque sia stato il comportamento di quei lavoratori, forme di conflittualità minoritarie. Non deve mai succedere che una minoranza di lavoratori impedisca alla maggioranza di lavorare». «Dispiaciuto» il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni: «E’ una vicenda molto triste che mi suggerisce che non bisogna mai usare la via giudiziaria - ha detto il leader sindacale - Quella sindacale, quella relazionale, quella partecipativa e quella del confronto è l’unica strada sicura per i lavoratori». Chi è «indignato e perplesso» è il segretario della Fiom Basilicata, Emanuele De Nicola : «Alcuni giorni fa - ha continuato il segretario - abbiamo depositato ricorsi individuali contro i licenziamenti e altrettanto faremo andando in appello contro questa decisione». Sulla possibilità che i tre lavoratori siano nuovamente licenziati, il sindacalista sottolinea: «In teoria la Fiat può farlo, interpretando ancora una volta una sentenza. C’è da aspettarsi di tutto. Noi abbiamo prodotto foto, sms, tabulati telefonici e testimonianze che hanno fatto emergere le incongruenze delle contestazioni e delle testimonianze Fiat. In questo modo dovremo prolungare la discussione per fare chiarezza». Durissimo il commento del sindacato filo-azienda Fismic, nell’occhio del ciclone dopo gli audio che certificano la presa di distanza di molti iscritti dalla linea intransigente nei confronti dei tre licenziati: «Certo - scrive il segretario generale Roberto Di Maulo - coloro che hanno chiesto la solidarietà alle più alte cariche dello Stato e alle più alte cariche della Chiesa Cattolica italiana, ora dovrebbero avere il coraggio di chiedere scusa al presidente Napolitano». Chi si rallegra per la «verità» processuale è uno dei legali dell’azienda, Francesco Amendolito: «Dopo circa un anno di istruttoria - continuano - e ben 26 testimoni ascoltati, è stata appurata la verità materiale e giuridica sui fatti che si sono verificati nella notte tra il 6 e il 7 luglio 2010, e soprattutto che la Sata non ha mai posto in essere comportamenti persecutori e antisindacali nei confronti della Fiom-Cgil». In serata anche il commento del presidente del comitato centrale della Fiom-Cgil Giorgio Cremaschi: «È dura ma bisogna andare avanti continuando a lottare, a non mollare, a non arrendersi di fronte a un’ingiustizia che che cerca di legittimarsi solo con la propria enormità».

Poli, Miccichè, Iannaccone: via al Partito del Meridione
Una federazione, ad ottobre ci saranno nome e statuto
Il sottosegretario: «Ci faremo valere come il Carroccio»
BARI - Quasi tutti in cravatta arancione. E anche per la senatrice salentina Adriana Poli Bortone una camicetta di seta di un bell’arancio acceso. Si sono presentati così ieri, in un pomeriggio torrido, all’hotel Palace di Bari, i 14 "costituenti" (10 deputati, 4 senatori) del neonato Partito del Sud, rappresentati dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio e leader di Forza Sud, Gianfranco Miccichè, da Arturo Iannaccone di Noi Sud e dalla senatrice di Io Sud, Adriana Poli Bortone. Ai fondatori si è aggiunto ieri anche il Partito dei consumatori. Il primo passo è la federazione. Per il nome e le linee programmatiche, invece, bisognerà attendere la convention fissata, a Roma, per ottobre. Ai soggetti politici dovrebbero aggiungersene poi altri provenienti dalla società civile e dai movimenti. Intanto, a salutare la nascita del partito del Sud, ieri, c’era anche lo sconfitto candidato a sindaco di Napoli, Gianni Lettieri: «Non ho aderito, ma seguirò molto da vicino e sosterrò questo partito». Nel Mezzogiorno, ha spiegato, «dobbiamo imparare ad unire le forze per contare di più, anche perchè al Sud c’è la parte giovane del Paese che merita di essere rappresentata». In serata è arrivato anche Pasquale Viespoli (Coesione nazionale), accolto a braccia aperte dalla senatrice dal palco che, in apertura, davanti all’ovazione dei presenti, si era sciolta in lacrime, specie dopo aver ascoltato le rime di «Le mani del Sud», di Vittorio Bodini, letta in apertura di kermesse.

Prima dei leader, sul palco sono sfilati i rappresentanti di una serie di movimenti: Salento Europa di Fabrizio Camilli (ex assessore regionale pugliese di Forza Italia), Paolo Pagliaro del comitato Regione Salento, il Partito dei cattolici tradizionalisti, Azzurro popolare di Aldo Aloisi. In sala tante le facce note ex Pdl e An pugliesi: Alfredo Borzillo, Rosario Polizzi (già da tempo responsabili regionali dei movimenti di Micchichè e della Poli), Ettore Grilli, Andrea Silvestri. Diversi i pullman da Campania e Sicilia. Sala gremita. Un solo convitato di pietra: il ministro Per i rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto, infilzato come uno spiedo dagli ospiti («al Mezzogiorno è buio Fitto»), da Micchichè («Non è leale con il Sud: se ne frega per la sua carriera personale e si vende a Tremonti. E’ il principale responsabile della vittoria di Vendola in Puglia») e indirettamente dalla Poli («In Puglia grazie a qualcuno è stata cancellata la parola umiltà, noi vogliamo invece cancellare definitivamente la parola arroganza»). Applausi scroscianti. Da Roma, intanto, parte subito la polemica: i parlamentari Enzo Scotti, Luciano Sardelli (poi passato ai Responsabili) e Antonio Milo, in una nota a distanza, disconoscono l’adesione di Noi Sud (cui appartengono) al Partito del Sud. Secca la replica di Iannaccone: «Sono il segretario nazionale di Noi Sud e con Belcastro e Porfidia siamo 3 su 5, quindi la maggioranza condivide questo percorso, tutti i coordinatori regionali, tranne Milo, e il capogruppo in Campania, Natti». Area politica di riferimento del prossimo Partito del Sud «nè destra, nè sinistra — assicura Micchichè — ma soltanto Sud. Poi si vedrà alle politiche».

Tuttavia resta un moloch il sostegno a questo Governo, tanto da meritarsi l’appellativo di «terza gamba» della maggioranza. Espressione usata dai media che il triumvirato ripudia. La rotta è tentare di riequilibrare lo strapotere oggi esercitato dalla Lega nell’azione di governo. «Noi non siamo nati contro qualcuno — ha detto Poli — ma per il Mezzogiorno. Non mettiamo in discussione l’unità d’Italia, anzi siamo noi che la stiamo ricostruendo dal Sud». Pesano come un macigno in quasi tutti gli interventi quei fondi Fas sottratti al Sud per pagare le quote latte solo degli allevatori padani e quel divario infrastrutturale che vede al Sud solo l’8% dell’Alta velocità. «Sta nascendo il partito che serviva al Sud di cui la gente ha bisogno, che la gente ci ha chiesto. Cioè un partito che sappia far valere le proprie forze in Parlamento per ottenere quello che fino ad oggi ottiene la Lega».
Lorena Saracino

L'ex senatore Di Girolamo patteggia 5 anni di carcere
L'ex parlamentare del Pdl, Paolo Di Girolamo, 51 anni, è stato condannato, con patteggiamento, a cinque anni di reclusione e alla restituzione di oltre 4 milioni di euro, tra liquidi, beni immobili e quote di società e auto di lusso.
L'ex senatore, coinvolto nell'inchiesta Fastweb, è accusato di associazione per delinquere finalizzata all'evasione fiscale e al riciclaggio transnazionale e di scambio elettorale aggravato dal metodo mafioso in relazione alla sua candidatura nella circoscrizione Europa alle politiche del 2008. La sentenza è stata emessa oggi dal gup Massimo Battistini. Di Girolamo si trova agli arresti domiciliari.

Svizzera. Approvato il fallimento della favola di Berlusconi
 di Erminio Ferrari - 07/16/2011
Fatti, non parole: nel giorno in cui la Camera dei deputati ha approvato una manovra finanziaria smodata, per ampiezza e spietatezza dei costi sociali che comporta, l’Istituto italiano di statistica ha indicato in otto milioni gli italiani poveri, tre dei quali in estrema povertà. L’approvazione in tempi strettissimi è stata dettata dalla necessità di “dare una risposta ai mercati”. L’opposizione ha votato contro, ma senza alzare barricate; e il presidente Napolitano si è complimentato per la “coesione” della politica in un momento tanto grave.
Ora si può essere pro o contro Silvio Berlusconi, condividere o rifiutare il suo disegno politico e il suo modello di uomo (noterete che non si è fatto uso di aggettivi). Ci fanno orrore, ma non ne parliamo qui. Perché oggi basta questa manovra a certificarne il fallimento. Da anni la sua parabola politica narra di fortune che aspettano chi si affidi a lui; e da mesi il capo del governo, dopo averne quasi negata l’esistenza, va dicendo che la crisi è superata e che l’Italia ne è uscita molto meglio di tanti altri partner europei.
I fatti mostrano il contrario. Il mantra “non-metteremo-le-mani-nelle-tasche-degliitaliani” è stato ripetuto fino alla nausea da lui e dai suoi corifei, compresa quella Lega che sottoscrive una manovra lacrimee-sangue, mentre cerca maldestramente di smarcarsi.

E il risultato è sotto gli occhi di tutti. Tagli e costi aggiuntivi che colpiranno naturalmente le fasce più deboli della popolazione (nelle quali peraltro Berlusconi e la Lega hanno sino ad oggi attinto vasti consensi).

I sogni fanno presto a trasformarsi in incubi, soprattutto per chi vi crede senza riserve. “Non ora – ha detto ieri Berlusconi – ma abbasserò le tasse”. Avanti così, fino al prossimo risveglio.

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