domenica 7 agosto 2011

Federali.Mattino_7.8.11. Massimo Levantaci: Non si può dire che il piano straordinario per il lavoro della Regione abbia spinto le imprese foggiane ad approfittarne. Appena 23 i posti di lavoro attivabili, su un totale di 638, numero che denota come il problema della disoccupazione (specie giovanile) non sembra interessi granchè i datori di lavoro nostrani. Eppure gli incentivi sembravano abbastanza appetibili: 20mila euro per un impegno di assunzione almeno triennale.----Un uomo originario di Napoli ma in vacanza a Montalto Uffugo preda delle disperazione esplosa a seguito della notizia del suo licenziamento ha tentato il suicidio gettandosi dal balcone.----Una voce importante del welfare triestino è rappresentata dalle prestazioni a sostegno delle famiglie in difficoltà. Complessivamente i contributi economici destinati ai nuclei con redditi molto bassi hanno impiegato risorse per 18,4 milioni di euro, in netta crescita quindi rispetto ai 15,5 del 2009 e ai 16,7 del 2008. La gamma degli aiuti messi in campo è ampia. Si va dai bonus per il pagamento delle bollette del riscaldamento (di cui hanno usufruito 2.178 famiglie per una spesa di circa 2 milioni di euro) agli assegni di maternità (passati dai 180 del 2008 ai 199 del 2010), fino agli Interventi straordinari per l’occupazione (contributi da 750 euro).

Uomo viene licenziato e per disperazione tenta il suicidio
«Vicinissimi alla Louis Vuitton Cup»
Piano lavoro, a Foggia fa flop «Ci vuole un’altra opportunità»
Trst, Oltrepadania. Povertà, cinque cittadini su cento ricevono un aiuto dal Comune
Svizzera. L'estrema sinistra vuole uscire dal capitalismo
Svizzera. Osservare senza intervenire


Uomo viene licenziato e per disperazione tenta il suicidio
Un uomo originario di Napoli ma in vacanza a Montalto Uffugo preda delle disperazione esplosa a seguito della notizia del suo licenziamento ha tentato il suicidio gettandosi dal balcone
06/08/2011  Una storia che sembra sia da ricondurre alla disperazione derivante dalla crisi economica che sta colpendo il Paese. Un uomo, infatti, stava trascorrendo un periodo di vacanza in Calabria ma la notizia del suo licenziamento, saputa nelle settimane scorse, lo aveva reso irrequieto già da diversi giorni. E così ha deciso di togliersi la vita lanciandosi dal balcone di un'abitazione a Belvedere Marittimo. Il protagonista della vicenda è un uomo di 37 anni napoletano che ora è ricoverato in gravi condizioni. L'uomo era in compagnia dei suoi familiari quando improvvisamente si è sporto dal balcone lanciandosi bel vuoto. Dopo un volo di circa 7 metri è finito sul cemento dell'androne della casa. Sul posto sono intervenuti i sanitari del servizio 118 che hanno trasporto la vittima nell'ospedale di Cosenza dove è stato ricoverato in gravi condizioni. Sull'episodio i carabinieri hanno avviato le indagini per chiarire ogni aspetto.

«Vicinissimi alla Louis Vuitton Cup»
Nota congiunta Caldoro-de Magistris-Graziano: «Occasione di sviluppo per l'intero territorio»
 NAPOLI - «Siamo ormai vicinissimi ad un grande traguardo che rappresenta una occasione di crescita e sviluppo per l'intero territorio», ovvero la Luis Vuitton cup di vela. Ad affermarlo in una nota congiunta sono il presidente della Regione Campania Stefano Caldoro, il sindaco di Napoli Luigi de Magistris e il presidente partenopeo dell'Unione degli Industriali Paolo Graziano. Fanno riferimento alla candidatura del capoluogo campano per ospitare le regate della prossima Louis Vuitton cup, sorta di anticamera della Coppa America di vela. La candidatura di Napoli, infatti, avrebbe superato la concorrenza delle altre città in gara, e quanto prima dagli Stati Uniti potrebbe essere ufficializzata la scelta del capoluogo campano per le regate in programma a partire dal prossimo anno. «È un'immagine nuova - prosegue la nota - che vogliamo consegnare alla intera comunità internazionale. È il segno evidente che quando funziona la collaborazione fra le diverse istituzioni e quando c'è la voglia di fare e la giusta determinazione si possono raggiungere i risultati. Senza divisioni e nell' interesse esclusivo dei cittadini».

Piano lavoro, a Foggia fa flop «Ci vuole un’altra opportunità»
Attivati solo 23 posti su 638
di MASSIMO LEVANTACI
Non si può dire che il piano straordinario per il lavoro della Regione abbia spinto le imprese foggiane ad approfittarne. Appena 23 i posti di lavoro attivabili, su un totale di 638, numero che denota come il problema della disoccupazione (specie giovanile) non sembra interessi granchè i datori di lavoro nostrani. Eppure gli incentivi sembravano abbastanza appetibili: 20mila euro per un impegno di assunzione almeno triennale.
Un sospetto in tal senso deve averlo anche l’assessore regionale al Welfare, Elena Gentile, se parla apertamente di «diffidenza delle imprese foggiane nei confronti della pubblica amministrazione». «Nelle altre province non abbiamo ricavato la stessa impressione - aggiunge l’assessore di origine cerignolana - nonostante il mio impegno personale devo purtroppo ammettere che la Capitanata non ha brillato su uno dei temi più scottanti del nostro sviluppo».
Sono in tutto ventitrè le imprese che hanno risposto al bando sulla «dote occupazionale», curioso che siano anche 23 i posti di lavoro ammessi dalla Regione. Spiccano, fra gli altri, i 5 posti della cooperativa Futura di Foggia, i 3 operai alla Sacar di San Giovanni Rotondo. Non sono passati per vizi di forma o pratiche incomplete le undici assunzioni alla società Giovanni Paolo II di Troia, i 15 alla Sampei di Lucera, i 4 alla Mafra professionisti per l’impresa di Apricena, i 3 all’associazione di pubblica assistenza Volontari del soccorso di Foggia, i 10 posti al centro ceramiche Gelsomino di Manfredonia, i 13 alla Finappula e i 10 Remark queste ulime due con sede legale a Manfredonia.
Per tutte queste aziende (non abbiamo citato per mancanza di spazio quelle da 1-2 assunzioni), sono stati riaperti lunedì scorso i termini del bando. «Ci siamo accorti - spiega l’assessore Gentile - che molte di queste aziende sono state estromesse per futili motivi, nel senso che molti hanno sbagliato a compilare la domanda o hanno presentato documenti incompleti».
Tra gli errori più frequenti, il certificato rilasciato dalla Camera di commercio che risulta precedente ai quindici giorni richiesto dal bando e non riporta la dichiarazione antimafia. «In provincia di Foggia - ragguaglia l’assessore Gentile - sono state presentate 160 domande, almeno il 50% di queste risultano formalmente inesatte».

Trst, Oltrepadania. Povertà, cinque cittadini su cento ricevono un aiuto dal Comune
La spesa è in continuo aumento: i 63,9 milioni del 2008 sono diventati 69,5 lo scorso anno Dai minori agli anziani ai disabili le persone seguite sono 9.906, quasi 1400 in più rispetto al 2008
di Maddalena Rebecca
Testa di serie nella classifica della qualità della vita, certo. Ma anche città “affamata” di welfare e realtà profondamente segnata dalle nuove povertà, al punto che il 5% della popolazione complessiva riesce a stare a galla solo grazie a sussidi, contributi e servizi assistenziali. È la fotografia di Trieste scattata dal Bilancio sociale 2010 del Comune, strumento di comunicazione istituzionale sperimentato per la prima volta lo scorso anno dall’amministrazione Dipiazza e oggi ripreso dalla giunta Cosolini.

Assistenza in aumento
Punto di partenza dell’analisi contenuta nel bilancio, sono proprio le azioni svolte nel campo dell’assistenza sociale. Un settore per il quale, nel 2010, sono stati spesi quasi 69,5 milioni di euro, contro i 66,5 dell’anno precedente e i 63,9 del 2008. E se i costi lievitano, è perchè aumentano gli utenti e crescono i loro bisogni. Tra minori, adulti in difficoltà, anziani e disabili, sono stati seguite dalle quattro Unità operative territoriali 9.906 persone, 884 in più rispetto agli utenti del 2009 e quasi 1400 in più del 2008. Dato che, tradotto in termini percentuali, fa salire appunto al 5% della popolazione residente, la fetta di soggetti fragili in carico all’Area promozione sociale.

Famiglie
Una voce importante del welfare triestino è rappresentata dalle prestazioni a sostegno delle famiglie in difficoltà. Complessivamente i contributi economici destinati ai nuclei con redditi molto bassi hanno impiegato risorse per 18,4 milioni di euro, in netta crescita quindi rispetto ai 15,5 del 2009 e ai 16,7 del 2008. La gamma degli aiuti messi in campo è ampia. Si va dai bonus per il pagamento delle bollette del riscaldamento (di cui hanno usufruito 2.178 famiglie per una spesa di circa 2 milioni di euro) agli assegni di maternità (passati dai 180 del 2008 ai 199 del 2010), fino agli Interventi straordinari per l’occupazione (contributi da 750 euro). Interventi, questi, cresciuti esponenzialmente per effetto della crisi e passati dai 77 del 2009 ai 167 dello scorso anno.

Minori
Quando poi l’aiuto economico offerto ai genitori (complessivamente raddoppiato tra 2008 e 2010) non basta ad assicurare ai figli una vita serena, diventa necessario ricorrere a soluzioni più drastiche. È il caso degli affidi diurni (114 nel 2010 a fronte dei 67 del 2008), degli affidamenti a tempo pieno (65) e, extrema ratio per le situazioni più compromesse, del trasferimento in strutture d’accoglienza. Strada, questa, percorsa nel 2010 da 144 bambini e ragazzi.

Anziani e disabili
In una città anagraficamente vecchia com’è Trieste, una parte notevole del budget è poi destinata agli anziani. Per il sostegno alla domiciliarità di questa categoria di residenti, e delle persone affette da disabilità, nel 2010 sono stati spesi 12,5 milioni di euro. Somma impiegata per fornire pasti a domicilio, assistenza medica e servizi di pulizia pronto intervento. Prestazioni da affiancare, in qualche caso, alla permanenza nei cinque centri diurni: due gestiti da Itis, Pro Senectute, e tre dal Comune (Casa per l’anziano in via Marchesetti e Villa Carsia e un istituti struttura affidata all’associazione di promozione sociale Acaar). Strutture a cui si affiancano poi le case di riposo vere e proprie e le residenze per portatori di handicap e disabilità, per le quali lo scorso anno sono stati sostenuti complessivamente costi per 16,2 milioni di euro.

Povertà
A bussare alla porta dei Servizi sociali non sono però soltanto cittadini appartenenti alle categorie fragili “storiche”, come appunto anziani e disabili, ma anche persone che, all’improvviso, si trovano senza stipendio e senza rete. Persone che mai avrebbero pensato di dover trascorrere la notte al Teresiano o mangiare alla mensa di via dell’Istria e, invece, da un giorno all’altro sono costrette a farlo. Ed è proprio il numero dei pasti erogati dalla Caritas (a cui poi il Municipio rimborsa una parte delle spese), quello che forse rende meglio l’idea di quanto sia avvertito anche a Trieste il peso delle nuove povertà. Nel 2010 i pranzi e le cene servite sono stati infatti quasi 14mila. Nel 2008 superavano di poco i 3mila.

Svizzera. L'estrema sinistra vuole uscire dal capitalismo
Di Olivier Pauchard, swissinfo.ch
La sinistra della sinistra continua a fare sentire la propria voce. Ma una voce flebile: il Partito svizzero del lavoro ha ottenuto lo 0,7% dei voti nelle elezioni federali del 2007. Intervista con il suo unico eletto al parlamento nazionale, il vodese Josef Zisyadis.

swissinfo.ch: Quali sono le priorità del suo partito per la prossima legislatura?
Josef Zisyadis: Una è l'imposizione fiscale. Con tutta la pressione che subisce attualmente dall'Unione europea, la Svizzera dovrebbe poter progredire verso un'armonizzazione fiscale interna e accettare di aprire i negoziati su una serie di argomenti relativi alla tassazione. La giustizia sociale è la nostra seconda priorità. Noi crediamo che si debba introdurre un salario minimo in Svizzera, che ancora non esiste.
Infine, vi è tutto ciò che riguarda l'ambiente e l'ecologia. Crediamo che occorra abbandonare il dogma della produttività all'estremo e pensare che entreremo in un periodo di decrescita.

swissinfo.ch: In che settori la Confederazione dovrebbe ridurre le uscite e in quali dovrebbe invece investire di più?
 J. Z.: Sul fronte dei risparmi, è ovvio che per noi che sosteniamo l'abolizione dell'esercito, lì ci sono fonti di economie notevoli.
Per il resto, ci rendiamo conto che se ci fosse una tassa sui redditi finanziari, potremmo avere maggiori risorse per il settore pubblico. Ciò consentirebbe di realizzare una serie di progetti sociali che sono indispensabili. Non dimentichiamo che tanti svizzeri vivono sotto la soglia di povertà. Noi siamo molto preoccupati per lo sviluppo di questa situazione.

swissinfo.ch: Che via dovrebbe seguire la Svizzera nelle sue relazioni con l'Unione europea?
J. Z.: In Svizzera i sentimenti nei confronti dell'Unione europea stanno cambiando completamente. Penso che la crisi economica che attraversa l'Unione europea e la sua mancanza di posizionamento sul piano internazionale dimostrano che si tratta di un'unione più economica che politica.
La Svizzera dovrebbe avviare discussioni su questioni politiche fondamentali. Vale a dire parlare di una vera Europa confederale che permetta alle singole nazioni di esistere. Purtroppo, l'UE non segue questa via.
La Svizzera dovrebbe essere intraprendente: proporre all'Europa delle riforme politiche affinché la Svizzera possa immaginare uno giorno di aderirvi. Ciò significa non rimettere in questione la democrazia diretta in Svizzera, introdurre il diritto di referendum e di iniziativa a livello europeo e avere una moneta non unica ma comune. Sono molti elementi, per cui oggi non credo che ci saranno molti progressi su questo fronte negli anni a venire.

swissinfo.ch: La Svizzera deve rinunciare all'energia nucleare e puntare sulle energie rinnovabili?
J. Z.: Ci opponiamo alla sostituzione delle centrali nucleari. Si deve abbandonare questa forma di energia. Il che significa che occorre mettere in moto un programma molto più audace nell'ambito delle energie rinnovabili e del risparmio energetico. Ci sono opportunità di risparmio energetico enormi nell'ambito degli edifici. Ma ciò comporta massicci investimenti.

swissinfo.ch: A cosa dovrebbero corrispondere la missione e gli effettivi dell'esercito di domani?
 J. Z.: Siamo per l'abolizione dell'esercito. Tuttavia questo non significa che siamo contrari che vi sia una forma di impegno personale dei cittadini. Ma ovviamente, oggi ci sono altri modi di farlo che in termini di armamenti... Potrebbe essere un impegno nel campo dello sviluppo o in cantieri che dovrebbero essere realizzati all'interno del paese.

swissinfo.ch: Come si posiziona il suo partito rispetto all'immigrazione e all'integrazione degli stranieri in Svizzera?
J. Z.: Siamo per il diritto di voto per gli stranieri che hanno vissuto a lungo in Svizzera. Auspichiamo anche che la naturalizzazione automatica per coloro che si trovano in Svizzera da più di 15-20 anni. Ciò riguarda l'80% di oltre 1,5 milioni di immigrati che vivono qui.
L'atteggiamento generale non va in questa direzione. Ciò significa che occorre cambiare concezione e dirsi che se la gente è venuta in questo paese, è per lavorare e integrarsi. Dirsi anche che se non vogliamo che l'immigrazione cresca ulteriormente, bisogna aiutare la gente in loco perché possa rimanere nel proprio paese d'origine. Occorre una politica di aiuto allo sviluppo molto più attiva.
L'integrazione non pone problemi. Se si confronta l'integrazione degli stranieri in Svizzera con quella in altri paesi, riteniamo che domandare un contratto di integrazione per gli stranieri obbligatorio sia completamente improduttivo.

swissinfo.ch: Quali sono le proposte del suo partito per migliorare la politica della Confederazione nei confronti della Quinta Svizzera?
J. Z.: Dobbiamo compiere sforzi particolari, soprattutto per coloro che ad un certo punto della loro vita, decidono di tornare a casa. Possono avere difficoltà a trovare i loro punti di riferimento in un paese che era il loro e che certamente lo sarà ancora.
È anche importante avere la possibilità di disporre gratuitamente di un'informazione su tutte le posizioni politiche in merito alla Quinta Svizzera. Oggi un partito come il mio non ha i mezzi finanziari per far conoscere la sua posizione. Avere il diritto di voto non serve granché se non si ha la possibilità di essere informati correttamente. La Confederazione dovrebbe fornire queste informazioni.

swissinfo.ch: Quali sono i valori che difende il suo partito?
J. Z.: Difendiamo i valori di una Svizzera sociale, che protegge i più deboli nella società. Siamo per l'uscita dal sistema capitalista e pensiamo che si debba uscire dal produttivismo attuale. In Svizzera abbiamo raggiunto un alto livello di sviluppo che consentirebbe di aiutare altri paesi del pianeta.
 Olivier Pauchard, swissinfo.ch
(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

Svizzera. Osservare senza intervenire
Di Etienne Strebel, swissinfo.ch
Heinz Rudolf von Rohr lavora da anni nei paesi dell'Asia centrale e in Africa come osservatore elettorale. Manipolazioni e sgarbi più o meno gravi alla democrazia sono il suo pane quotidiano. Non solo all'estero, anche in Svizzera c'è ancora da fare.

 «Sono un osservatore elettorale, non posso intervenire, nemmeno quando vedo che qualcuno mente o falsifica i dati», racconta Heinz Rudolf von Rohr a swissinfo.ch. «Essere un osservatore significa raccogliere il maggior numero di informazioni possibile».
Tutte le informazioni vengono mandate al quartier generale. «Lì si procede alla valutazione dei dati. Poi le informazioni ritornano a noi, che operiamo sul campo. Così veniamo a sapere se in una provincia è accaduto qualcosa di particolare e possiamo controllare se la stessa cosa si verifica nella nostra zona».
La sede centrale è responsabile anche dei contatti con i governi, i diversi ministeri, i servizi segreti, la polizia e le commissioni elettorali.

Tasto sensibile, anche in Svizzera

 Gli osservatori elettorali possono segnalare ciò che non va, ma devono trovare le parole giuste per farlo. Non si può dire semplicemente «qui c'è qualcosa che non va e dovete cambiarlo». Le critiche dirette non trovano in genere un'accoglienza calorosa, nemmeno nella democratica Svizzera.
«Quattro anni fa, in occasione delle elezioni parlamentari, una commissione di osservatori dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) è venuta per la prima volta in Svizzera», racconta von Rohr. «Sono stati molto colpiti dal fatto che il finanziamento dei partiti non sia trasparente, che nessuno sia tenuto a comunicare da dove vengono i soldi per la campagna elettorale».
Il mondo politico svizzero non ha per nulla gradito questa critica. «Eppure si tratta di qualcosa che è previsto dalle leggi della maggior parte dei paesi. È comune anche in paesi che giudichiamo meno democratici di noi. Ma molti dei nostri politici hanno reagito a questa osservazione abbassando la saracinesca».
Heinz Rudolf von Rohr vede un parallelismo con il segreto bancario: «Ci si oppone e si fa resistenza, anche se in fondo tutti sanno che andrebbe cambiato. Si sa, ma forse per orgoglio non lo si vuole ammettere».

 Utile?

 Gli osservatori elettorali non possono intromettersi negli affari dello stato in cui operano. Ma allora che senso ha la loro presenza?
Heinz Rudolf von Rohr risponde raccontando un episodio accaduto in Ucraina, paese in cui si reca dal 2004 quando ci sono delle elezioni. «Una sera abbiamo ricevuto la telefonata di un cittadino. Gli era giunto all'orecchio che il direttore dell'ufficio elettorale e il suo vice erano stati convocati dal governatore e che avrebbero dovuto portare con sé i timbri ufficiali».
Il governatore, però, con le elezioni non c'entrava. Il mattino seguente von Rohr e i suoi colleghi lo aspettano davanti al palazzo del governo. Quando arriva insieme ai responsabili dell'ufficio elettorale, cerca di fare allontanare gli osservatori. «Abbiamo discusso due ore con lui e preteso una spiegazione. Alla fine ha gettato la spugna irritato».
«Volevano produrre grandi quantità di schede di voto timbrate in bianco. Abbiamo potuto dimostrare questa cosa nei dettagli e poiché era successa anche in altri circoli elettorali, la Corte suprema dell'Ucraina ha dichiarato nullo il risultato dello scrutinio. Al turno successivo l'ha spuntata Viktor Yushenko; la Rivoluzione arancione aveva vinto».

Brogli senza confini

 «Nei paesi dell'ex Unione sovietica», continua von Rohr, «ho notato l'esistenza di meccanismi che varcano i confini nazionali». Si tratta di meccanismi che risalgono ai tempi dell'Unione. «Tutti si ricordano dei risultati elettorali di allora: il 90% quando non il 99% delle preferenze andava al Partito comunista».
Oggi la percentuale è «soltanto» del 70-80%. Succede ad esempio in Georgia, dove il presidente Saakashvili ha ottenuto una maggioranza schiacciante. «Quando si soggiorna nel paese, però, si percepisce in modo chiaro che la popolazione non è affatto contenta del suo presidente. La gente però è convinta di non avere scelta; deve votare il partito al governo. In caso contrario, teme di perdere il posto di lavoro».
Alla vigilia delle ultime elezioni il capo regionale di una compagnia ferroviaria «ha licenziato 10 persone che non nutrivano simpatia per il partito al governo. Noi osservatori siamo venuti a saperlo visitando un seggio elettorale», racconta von Rohr.
Una settimana più tardi, von Rohr scopre che i ferrovieri licenziati hanno atteso il capo al varco e gliele hanno date di santa ragione. «Il giorno dopo li ha riassunti tutti».
Un'altra abitudine delle ex repubbliche sovietiche è quella di premiare i comuni più fedeli. In Georgia, la municipalità con la più alta percentuale di voti a favore del partito al potere ha ricevuto 10 trattori. «Ce li hanno fatti vedere», racconta von Rohr. «Erano un regalo del presidente Saakashvili».

Esperienze toccanti

 Fortunatamente, gli osservatori elettorali non incontrano solo del marcio durante le loro missioni. Nel cuore di Heinz Rudolf von Rohr è rimasta in particolare un'esperienza che ha fatto in Namibia.
«Al seggio è arrivato un giovane uomo. Aveva in braccio il padre, troppo debole per reggersi da solo. Compilare la scheda era un problema, perché il vecchio aveva bisogno d'aiuto e il figlio non poteva accompagnarlo nella cabina elettorale. L'ho fatto io e lui ha compilato la sua scheda. In realtà era analfabeta, ma spesso in Africa sulle schede di voto si trovano immagini o simboli: ha messo la sua croce e il figlio l'ha riportato a casa».
20 minuti più tardi, il figlio è tornato al seggio per comunicare agli osservatori che il padre era spirato. Se ne era andato felice di aver potuto votare almeno una volta nella vita.
«Se penso a quante persone in Svizzera non partecipano alle elezioni o alle votazioni, devo dire che un po' mi si stringe il cuore», conclude von Rohr.
 Etienne Strebel, swissinfo.ch
Traduzione, Doris Lucini

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