sabato 6 agosto 2011

Federali.Sera_6.8.11. I Basilischi, del 1963, di Lina Wertmuller. Carlo Vulpio: Una regione con 131 comuni e nemmeno seicentomila abitanti, ricca di acqua, di gas, ora anche di petrolio, con le montagne innevate e il mare caldo, le campagne generose di grano, viti, ulivi e colture pregiate è un luogo perfetto dove creare un feudo, in cui pochi signorotti comandano e tutti gli altri ubbidiscono, subiscono, o nel migliore dei casi si adeguano. Proprio quello che è accaduto in Basilicata.----Terre Joniche: Continuiamo – ha concluso Fabbris – con la mobilitazione, che intendiamo intensificare, e con la petizione on line indirizzata al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano che ha raccolto finora 2800 firme.----Matera. Il primo ad essere stato estratto è Giuseppe Veneziano. Auguri. Ma se il professionista non dovesse essere in possesso dei requisiti richiesti come la laurea o aver svolto nell’ultimo quinquennio servizi analoghi dello stesso importo a quello dei lavori del Palazzetto di via Vena, vale a dire di circa 15mila euro, si procederà all’assegnazione dell’incarico al secondo estratto e così via.

Ecco la Basilicata dei veleni e silenzi
Sorpresa, le acque sotterranee della Val d’Agri sono un mix chimico tra benzene e toluene
Protestano alluvionati «Vogliamo il decreto». Anas: 106 chiusa a Metaponto.
Anas: 106 chiusa all'altezza di Metaponto
A Matera il lavoro assegnato per estrazione


Ecco la Basilicata dei veleni e silenzi
di MASSIMO BRANCATI
Anni di denunce. E di silenzi imbarazzanti. Anni di proteste, di viaggi, di ricerche per portare alla luce una Basilicata nascosta, o meglio, che qualcuno vorrebbe tenere nascosta, celata dalla «copertina» patinata di una regione dall’aria buona, dall’acqua pulita, dall’atmosfera bucolica. Maurizio Bolognetti ha condensato in un libro-dossier tutto il suo lavoro d’indagine, corredato da articoli di stampa, su contraddizioni, verità nascoste e «veleni» che si annidano nel territorio lucano. Il titolo del volume è chiarificatore: «La peste italiana. Il caso Basilicata - Dossier sui veleni industriali e politici che stanno uccidendo la Lucania».

Il messaggio di fondo: siamo di fronte a uno status quo che ha l’imprimatur della politica, di quella che comanda, dirige, sentenzia. «Una regione con 131 comuni e nemmeno seicentomila abitanti, ricca di acqua, di gas, ora anche di petrolio, con le montagne innevate e il mare caldo, le campagne generose di grano, viti, ulivi e colture pregiate - scrive il giornalista Carlo Vulpio nella prefazione - è un luogo perfetto dove creare un feudo, in cui pochi signorotti comandano e tutti gli altri ubbidiscono, subiscono, o nel migliore dei casi si adeguano. Proprio quello che è accaduto in Basilicata».

LE «SPINE» - Il quadro generale che emerge dal lavoro di Bolognetti è devastante, crudo, non «addomesticato», senza edulcoranti: discariche al collasso, discariche che rilasciano nel terreno il percolato, l’inceneritore Fenice che ha inquinato la falda acquifera del fiume Ofanto, controlli ambientali carenti e dati nascosti di monitoraggi, sorgenti inquinate e siti di bonifica di interesse nazionale (Tito scalo e Ferrandina) non bonificati. E ancora: inchieste su reati ambientali che vanno in prescrizione o che scompaiono tra i faldoni in qualche Procura, società che agiscono in autocontrollo. Sullo sfondo di questo campionario di accuse l’inquietante aumento di malattie tumorali in Basilicata.

IMMONDIZIA - Occhi puntati sul ciclo di rifiuti solidi urbani. «Mentre si continua a viaggiare sul binario discariche/ inceneritori e la raccolta differenziata langue - scrive Bolognetti nel suo libro - i costi di smaltimento dei rifiuti sono passati da 103 a 170 euro a tonnellata. Chi, dunque, fa affari con la monnezzopoli lucana? Chi ne trae profitto? Perché una regione come la Basilicata, scarsamente popolata, non è riuscita in tanti anni a innescare un ciclo dei rifiuti virtuoso? Chi guadagna con la costruzione e la gestione dele discariche, con gli inceneritori e il trasporto della monnezza e con inceneritori camuffati da centrali a biomassa? ».

ACQUE - La recente denuncia di Goletta Verde sull’inquinamento a Nova Siri, in località Torre Bollita, del Canale dove sfocia il depuratore, e della foce del fiume Basento, a Bernalda, conferma che il sistema di depurazione in Basilicata è inadeguato. Un fatto storico. Acclarato. Bolognetti avrebbe senz’altro inserito questa vicenda nel suo libro, finito di stampare a giugno scorso. Così come avrebbe evidenziato la smentita, da copione, di Acquedotto Lucano che parla di valori inquinanti sotto la soglia d’allarme. È una storia che si ripete e che si inserisce nel contesto di quello che Bolognetti definisce «la politica del tutt’a posto» in cui l’assessore, il dirigente o il presidente di turno gli appioppa l’etichetta del mistificatore, del mitomane. Lo dissero quando Bolognetti denunciò l’inquinamento degli invasi lucani, sottolineando i dati di analisi effettuate da una ditta privata alla Camastra. Quella «rivelazione» ispirò un’inchiesta giudiziaria. Ma non quella che Bolognetti si augurava: fu lui stesso oggetto di una perquisizione (gli inquirenti cercarono le «carte» che avrebbero ispirato la sua denuncia) finendo iscritto nel registro degli indagati in compagnia del suo «complice», Giuseppe Di Bello, tenente della Polizia provinciale di Potenza, sospeso dal servizio. L’accusa: rivelazione del segreto d’ufficio. Chi è il criminale? Chi denuncia casi di devastazione ambientale o chi inquina?

LE COPERTURE - Interrogativo che alimenta la teoria «vulpiana » del feudo in cui tutto deve restare com’è. Compreso i veleni. Compreso i silenzi che ignorano la «Convenzione di Aarhus», applicata ovunque in Europa, che impone la trasparenza e la massima divulgazione di atti, dati e documenti su questioni ambientali. I cittadini, insomma, hanno il diritto di essere informati. Ma l’esperienza fatta sul campo da Bolognetti (i casi Fenice e Pertusillo, i siti inquinati di Tito e Val Basento, l’estrazione di petrolio in Val d’Agri) testimoniano che non è così.
«La Basilicata - scrive Bolognetti - viene presentata sui depliant turistici come un Paradiso naturale. In realtà è deturpata e sventrata da crimini contro il territorio e l’ambiente di ogni tipo. Sullo sfondo, un quadro terrificante di connivenza tra chi commette i crimini e chi dovrebbe sorvegliare».
05 Agosto 2011

Sorpresa, le acque sotterranee della Val d’Agri sono un mix chimico tra benzene e toluene
In un dossier sull’inquinamento non poteva ovviamente mancare un capitolo relativo al petrolio. Bolognetti definisce la Val d’Agri una «polveriera» che, nonostante un fondo di atavica rassegnazione, sta per esplodere. L’emissione di idrogeno solforato e la scarsa trasparenza sui dati del monitoraggio dell’aria a ridosso dei pozzi petroliferi sono soltanto alcuni tasselli di un mosaico su cui occorre focalizzare l’attenzione. Bolognetti ricorda la vicenda del pozzo Cerro Falcone 2, situato a poco più di cento metri dalla sorgente Acqua dell’Abete, oggetto di due sequestri per inquinamento, e la citazione in giudizio di cinque tra dirigenti e dipendenti dell’Agip in seguito al ritrovamento, in un pozzo minerario esaurito, di rifiuti di origine chimica incompatibili con l’attività di estrazione mineraria.

«Quanto avvenuto in Val d’Agri dalla fine degli anni ‘90 - scrive Bolognetti - non contribuisce a creare un clima di fiducia nei confronti delle istituzioni che per troppo tempo non hanno garantito monitoraggi seri e un’altrettanto seria indagine epidemiologica. Dopo 12 anni la Regione ha finalmente varato l’osservatorio ambientale sulla Val d’Agri. Ma che - avverte Bolognetti - non sia uno strumento nelle mani delle multinazionali petrolifere».

Le accuse contenute nel libro trovano in questi giorni «sponde» nella cronaca. Nell’ambito del piano di monitoraggio delle acque sotterranee, effettuato dall’Arpab sui piezometri presenti nell’area del Centro oli Eni di Viggiano, l’Agenzia per l’ambiente ha riscontrato a giugno scorso il superamento delle concentrazioni soglia di alcuni inquinanti (benzene, toluene, manganese), dandone comunicazione alla Regione, alla Provincia di Potenza e al Comune di Viggiano.

 «La presenza nelle acque sotterranee di inquinanti, che in base alle classificazioni dell’Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) - dice Bolognetti - sono da considerarsi cancerogeni, conferma una volta di più quale sia l’impatto del Centro oli Eni sulle matrici ambientali acqua, terra e aria».
Contrariamente a quanto avvenuto per la vicenda Fenice - quando l’allora direttore Sigillito, pur sapendo dell’inquinamento delle falde acquifere dell’Ofanto da parte dell’inceneritore, disse che non spettava a lui lanciare l’allarme - questa volta l’Arpab - rileva Bolognetti - ha prontamente comunicato agli enti interessati il superamento dei valori soglia, rispettando il decreto legislativo 152/2006 in cui si spiega che le pubbliche aministrazioni che accertino livelli di contaminazione superiori ai valori di legge ne danno comunicazione alla Regione, alla Provincia e al Comune competenti. «Ma - aggiunge Bolognetti - è stato mantenuto il consueto «riserbo» nei confronti dei cittadini lucani».
Della serie: la gente meno ne sa, meglio è.

«Tutto questo - tuona Bolognetti - potremmo definirlo l’effetto collaterale delle attività estrattive realizzate in aree a rischio frana, a ridosso di centri abitati, di dighe e sorgenti. È il caso di intervenire per risolvere al più presto questa situazione». L’appello ha il sapore di un deja-vù se spostiamo il tiro sull’inceneritore Fenice. Le Procure lucane (prima Melfi e poi Potenza) indagano da 2 anni e mezzo sull’in - quinamento provocato dal termodistruttore, con le falde acquifere dell’Ofanto trasformate in un composto chimico. La storia è venuta fuori solo di recente. Ma c’era chi sapeva già e non ha parlato per tempo. Nel libro-dossier «La peste italiana - il caso Basilicata» c’è un intero capitolo dedicato all’inceneritore.

Bolognetti ricorda che già a partire da dicembre 2007 Fenice inquina l’Ofanto con mercurio e alifati clorurati cancerogeni. «Da tempo aspettiamo risposte dalla magistratura. A settembre 2009 - scrive Bolognetti - ho presentato un esposto indirizzato alla Procura di Potenza ipotizzando l’omissione di atti d’ufficio a carico di alcuni dirigenti dell’Arpab. Ma invano: ad oggi non ho ricevuto alcuna risposta». Bolognetti ripercorre una storia fatta di silenzi (tanto per cambiare) e di un muro di gomma. Quello alzato dall’allora direttore dell’Arpab, Vincenzo Sigillito che prima smentisce l’inquinamento e poi dice che già dal marzo 2008 l’Arpab era a conoscenza dei livelli di mercurio. [ma.bra.]

Protestano alluvionati «Vogliamo il decreto». Anas: 106 chiusa a Metaponto.
MATERA – Il Comitato “Terre Joniche” intensificherà la mobilitazione per sollecitare il Governo “a emanare l’ordinanza, che consentirebbe di attivare percorsi e risorse a sostegno delle attività economiche colpite nelle province di Matera e Taranto dall’alluvione del marzo scorso”. Lo ha reso noto oggi, a Metaponto di Bernalda (Matera) il coordinatore del movimento, Gianni Fabbris, nel corso di una conferenza stampa svoltasi alle “Tavole Palatine” lungo la statale 106 “Jonica”.

Sulla stessa statale, a sostegno della protesta, “Terre joniche” ha promosso per tutta la giornata l'occupazione con i trattori di una corsia in direzione Reggio Calabria, In serata vi sarà un incontro con sindaci, parlamentari e istituzioni e domani la protesta continuerà con altre iniziative.
“Senza quel decreto – ha detto Fabbris – non ci sarà ripresa e si aggraverà la crisi non solo del settore agricolo, ma anche di altri comparti dell’economia jonica di due regioni. Dalla nostra abbiamo il pieno sostegno di enti locali, associazioni, politici ma siamo di fronte a una interpretazione restrittiva del Decreto 'Milleprorogha' da parte Ministero per lo sviluppo economico. La situazione, intanto, peggiora per le imprese che non possono guardare al futuro e per il territorio per il quale non vengono eseguiti interventi di tutela. Continuiamo – ha concluso Fabbris – con la mobilitazione, che intendiamo intensificare, e con la petizione on line indirizzata al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano che ha raccolto finora 2800 firme”.

Anas: 106 chiusa all'altezza di Metaponto
MATERA – In un comunicato l’Anas ha reso noto “che a causa della manifestazione in corso sulla strada statale 106 'Jonica al km 451,800, in prossimità delle Tavole Palatine, a Metaponto, è stato necessario chiudere provvisoriamente al traffico la carreggiata sud, tra i km 455,400 e 450,000”. Nella nota è specificato che “è all’opera il personale dei compartimenti Anas Puglia e Basilicata per la gestione della viabilità, deviata sulla strada provinciale 2 (ex SS 580 di Ginosa) in località Pantano e rientro sulla statale 106, all’altezza dello svincolo con la ex SS 175, bivio Metaponto-Montescaglioso”.

A Matera il lavoro assegnato per estrazione
MATERA - Tutto in pubblico, a sorteggio. C’era bisogno di un tecnico impiantista per affidargli un incarico di consulenza. Dovrà occuparsi della riqualificazione del palazzetto dello sport di via Vena. Allora, prima si è messo mano ad un elenco di professionisti che si è formato a seguito di un avviso pubblico per l’affidamento dell’incarico di progettazione definitiva dei lavori. E poi, la parola è passata alla dea bendata. Presenti il sindaco, Salvatore Adduce, due assessori, un funzionario comunale, numerosi consiglieri comunali e semplici cittadini, al fine di rendere la procedura ancora più trasparente, 29 nominativi sono stati inseriti in altrettanti bussolotti che, di volta in volta, sono stati raccolti in una scatola di cartone. Subito dopo si è proceduto all’estrazione di tutti i nominativi per costruire una vera e propria graduatoria.

Il primo ad essere stato estratto è Giuseppe Veneziano. Auguri. Ma se il professionista non dovesse essere in possesso dei requisiti richiesti come la laurea o aver svolto nell’ultimo quinquennio servizi analoghi dello stesso importo a quello dei lavori del Palazzetto di via Vena, vale a dire di circa 15mila euro, si procederà all’assegnazione dell’incarico al secondo estratto e così via.

«Riteniamo - afferma Adduce - che questo metodo di trasparenza debba essere ulteriormente rafforzato per allontanare il più possibile ogni ombra di dubbio non solo sulla regolarità delle procedure ma anche sulla necessità di offrire, a tutti i candidati, pari opportunità. In un tempo così complicato di crisi economica non è solo una necessità, ma un obbligo per qualsiasi amministrazione pubblica muoversi in un campo di trasparenza ampio e condiviso». Un metodo già avviato nel 1995 dal sindaco Mario Manfredi che, invece, adottò il criterio della rotazione. Fu così che molti giovani, per la prima volta, si misurarono concretamente e non più a parole con il tema per niente scontato dei lavori pubblici.

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