sabato 29 ottobre 2011

Federali.mattino_29.10.11. Belli addormentati nel bosco e oca giuliva.----I presidenti di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia e Sicilia hanno deciso di chiedere «un incontro urgente» con il ministro per i Rapporti con le Regioni e la Coesione, Raffaele Fitto, per avere elementi di «chiarezza» sugli indirizzi del Governo sui programmi comunitari in merito al destino dei fondi europei destinati al Sud.----Fitto/1: “La permanenza del divario tra Nord e Sud è questione legata ad una molteplicità di fattori tra i quali il livello della spesa pubblica non gioca un ruolo preminente.----Fitto/2: La delibera Cipe del 3 agosto scorso, infatti, ha dato il via libera a un nutrito programma di infrastrutture regionali e interregionali, il primo capitolo del Piano, assegnando oltre 7 mld di euro.----Greci, delle due l’una: son usciti fuori di testa, o recitano.

I governatori del Sud al governo: fondi Ue, ci state comprimendo
Fitto sostiene Nichi
Il Sud deve imparare a gestire bene le risorse
Ponte sullo Stretto, precisazioni da Palazzo Chigi
Spagna, nuovo record di disoccupati
Grecia, manifestanti contro la festa nazionale
Merkel nazista in Grecia. La crisi avvelena la Ue



I governatori del Sud al governo: fondi Ue, ci state comprimendo
I presidenti di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia e Sicilia hanno deciso di chiedere «un incontro urgente» al ministro Fitto
NAPOLI - I presidenti di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia e Sicilia hanno deciso di chiedere «un incontro urgente» con il ministro per i Rapporti con le Regioni e la Coesione, Raffaele Fitto, per avere elementi di «chiarezza» sugli indirizzi del Governo sui programmi comunitari in merito al destino dei fondi europei destinati al Sud. «Il riferimento alla revisione strategica dei programmi comunitari contenuto nell'elenco degli impegni assunti dal Governo nazionale nei confronti dell'Europa - hanno detto Gianni Chiodi, Vito De Filippo, Giuseppe Scopelliti, Stefano Caldoro, Michele Iorio, Nichi Vendola e Raffaele Lombardo - desta preoccupazione e solleva gravi dubbi circa il rischio di compressione indebita delle prerogative istituzionali dei diversi livelli di governo e di riduzione delle risorse complessivamente disponibili per le politiche di coesione». L'ufficio stampa della giunta regionale della Basilicata ha ricordato che «già nei giorni scorsi i governatori del Sud avevano preso posizione in maniera unanime sulla vicenda auspicando una scelta di condivisione. Per questi motivi le Regioni chiedono urgentemente al Ministro per i Rapporti con le Regioni un incontro perchè siano illustrati con chiarezza gli indirizzi del Governo e siano questi condivisi preliminarmente all'adozione di qualsiasi decisione in merito a programmi la cui responsabilità di gestione ricade nelle competenze regionali».

Fitto sostiene Nichi
Vendola, attaccato dal Pd, trova il Pdl
 di Antonio Calitri  
L'avvicinarsi delle elezioni anticipate preoccupa il Pd pugliese. Il partito democratico gonfia i muscoli contro Nichi Vendola per ottenere visibilità di fine legislatura, ma si ritrova un governatore protetto da un inedito asse con il Pdl. Dalle parti del Pd pugliese, in particolare nella compagine di Michele Emiliano, c'è paura che possano davvero avvicinarsi le elezioni politiche, con lo scontato abbandono della presidenza regionale di Vendola, pronto a fare il salto nazionale e il conseguente ritorno delle urne anche in Puglia.
E se il trasferimento del governatore nella Capitale preoccupa il segretario del partito democratico per una sempre temuta (e ora solo nascosta) Opa sul principale partito del centrosinistra, gli umori pugliesi non sono da meno. Nella regione infatti, il dopo Vendola resta un mistero. Certo, il sindaco di Bari si vorrebbe e si dovrebbe candidare, ma teme trappole sia interne, a partire dalle primarie, che esterne, con un sostegno troppo timido da parte del leader di Sel che potrebbe favorire il centrodestra: per ricambiare all'asse appena spuntato in questi giorni in favore di Vendola. Proprio questa settimana quattro consiglieri democratici vicini al sindaco di Bari e capeggiati da Gerardo Degennaro, come un fulmine a ciel sereno hanno chiesto al governatore una verifica, un rimpasto, decisioni maggiormente condivise minacciando di non sostenerlo più. Insomma, o ci dai visibilità e qualche leva acchiappavoti prima che cada tutto o ti togliamo l'appoggio e con i numeri risicati della maggioranza, ti facciamo cadere prima che te ne vada di tua spontanea volontà. Tutto alla vigilia di importanti decisioni della giunta sia sui fondi europei sia su 2.000 contratti in scadenza del personale sanitario. La segreteria democratica e lo stesso Emiliano sono rimasti alla finestra disconoscendo, ma non troppo, l'azione dei quattro. L'episodio avrebbe dovuto preoccupare Vendola, che invece, al di là di una reazione di facciata, non ha fatto una piega. Ma ha costretto il governatore a svelare pubblicamente ciò che nei palazzi della politica regionale si mormorava da settimane: un patto d'acciaio Vendola-Fitto. Patto trasformato per ragioni di opportunità in patto Vendola-Rocco Palese, il candidato governatore fittiano perdente alle ultime regionali e ora capo dell'opposizione regionale. L'alleanza lo rende così quasi inattaccabile, ma svela chi è che può avere maggior giovamento dal rafforzamento del governatore. Dovendo trattare temi delicati come il rinnovo dei contratto di 2.000 sanitari in scadenza e trovare un'intesa rapida per la spesa di una parte dei fondi Ue, Vendola ha convocato una conferenza di tutti i capigruppo e ha chiesto l'aiuto dell'opposizione. Che aveva l'opportunità di farlo cadere e invece ha dato un importante contributo con Palese che ha fatto la proposta finale poi sposata da tutti, compreso il Pd che a questo punto, non ha potuto che seguire.

Il Sud deve imparare a gestire bene le risorse
Forum con Raffaele Fitto, ministro per i Rapporti con le Regioni e la Coesione Territoriale
di Luca Salici
Considerando il divario tra Nord e Sud, in particolare quello legato alle infrastrutture, e visto che le misure negli ultimi 30 anni sono andate al Nord, come è possibile recuperare il ritardo ed invertire il flusso delle risorse?
 “La permanenza del divario tra Nord e Sud è questione legata ad una molteplicità di fattori tra i quali il livello della spesa pubblica non gioca un ruolo preminente. Quello che innanzitutto deve cambiare è l’approccio alla questione. Se si pensa che il Mezzogiorno in questi decenni non sia cresciuto per mancanza di risorse e interventi statali, si compie un grosso errore e ci si allontana dal fulcro del problema, che è piuttosto quello della gestione delle risorse. Il ritardo nella spesa dei fondi comunitari, per esempio, ha determinato e rischia di determinare il disimpegno dei finanziamenti privando il Sud di risorse semplicemente per noncuranza. Recuperare il ritardo è possibile, certo, se si riconoscono gli errori fin qui compiuti e si agisce tutti quanti in maniera diversa. Quello che abbiamo cercato di fare, nell’ambito della politica di coesione e degli interventi previsti all’interno del Piano per il Sud, è stato innanzitutto quello di individuare le priorità per il Meridione, a partire dalle infrastrutture fino alla trasparenza ed efficienza nella Pubblica amministrazione passando attraverso la legalità e la sicurezza. Abbiamo inserito dei meccanismi sanzionatori per accelerare l’utilizzo delle risorse comunitarie, che rischiano di tornare a Bruxelles se non vengono spese entro il 31 dicembre. Per garantire poi tempi certi nella realizzazione delle opere previste dal Piano e individuare responsabilità chiare, abbiamo introdotto a valle, e quindi al momento dell’impegno delle risorse per un determinato intervento, la stipula dei Contratti istituzionali di sviluppo, strumenti negoziali per definire diritti e doveri dei contraenti prevedendo, in caso di inadempienza, l’attivazione del potere sostitutivo. Una via possibile di rilancio del Sud è stata tracciata. Si tratta adesso di continuare a perseguirla, tutti quanti insieme, con spirito di collaborazione”.

Cosa ne pensa della trasformazione delle Province in Province Consortili?
 “Il tema della razionalizzazione dei costi di funzionamento delle istituzioni e della semplificazione del sistema istituzionale e amministrativo è tra le priorità dell’agenda politica del Governo e trova un corrispondente interesse anche da parte delle opposizioni. In questa direzione, su mia proposta e per recepire una richiesta avanzata da Regioni ed enti locali, il Consiglio dei ministri del 22 settembre ha deciso di istituire una Commissione paritetica mista Governo-Regioni-Enti locali, finalizzata ad affrontare questo tema con l’obiettivo di predisporre una riduzione degli organi e dei costi, di eliminare le duplicazioni e di semplificare i processi decisionali. Tornando alla sua domanda, il Governo da parte sua, ai primi di settembre, ha approvato un disegno di legge costituzionale che sopprime il livello provinciale nella sua attuale configurazione e che è ora all’esame della Conferenza Unificata per il necessario confronto con il sistema delle autonomie. Si tratta di un intervento federalista sotto il profilo ordinamentale che affida alle Regioni una nuova competenza legislativa residuale riguardante le modalità di esercizio delle funzioni di governo di area vasta, fermi restando alcuni paletti posti dallo Stato con lo stesso disegno di legge costituzionale. Le Regioni dovranno prevedere che tali funzioni siano svolte mediante forme associative, sulla base di parametri relativi al territorio o al numero di abitanti e con al vertice un Presidente eletto dai cittadini. Inoltre, dovranno essere assicurati la riduzione dei costi complessivi degli organi politici e amministrativi, un numero inferiore di enti locali rispetto all’attuale, soppressione (anche da parte dello Stato) di tutti gli altri enti intermedi che svolgono funzioni di area vasta, nonché l’alternatività con le città metropolitane. È un’impostazione che, in sostanza, vuole ridurre i costi degli apparati politici e amministrativi e, al contempo, concentrare le funzioni di governo di area vasta, nella prospettiva di ottenere maggiore efficienza e migliori servizi ai cittadini. Mi auguro che, su questi temi, da parte di tutti, ci sia la disponibilità alla più ampia apertura e condivisione in modo da perseguire più efficacemente e più tempestivamente possibile l’interesse generale”.

Fondi Ue: “Non possono essere accettate penalizzazioni per le aree meno sviluppate dei Paesi più prosperi”
Il Mezzogiorno pagherà caro il debito nazionale? Sono a rischio i fondi europei per lo sviluppo?
 “Non possono essere accettate penalizzazioni per le aree meno sviluppate dei paesi più prosperi: tra i grandi contribuenti netti siamo l’unico paese che ha una condizione come quella del Mezzogiorno. Il dato positivo sono i 336 miliardi di euro disponibili. Stiamo ancora discutendo. C’è il punto dei conti, ma alleggerito rispetto alla preoccupante impostazione iniziale franco-tedesca e sulla quale ci sono le condizioni per poter lavorare. La condizionalità macro economica è condivisibile ma non può andare nella direzione opposta di una politica efficace di intervento”.
Le agenzie di rating hanno declassato il nostro Paese. Il Sud Italia può pagare la debolezza attuale dei mercati?
 “I giudizi riguardano nodi non del Governo ma del sistema Paese. Sulle agenzie di rating non voglio fare polemiche, ma negli ultimi anni hanno fatto valutazioni di affidabilità su imprese e grandi banche alla vigilia del loro tracollo. Il dato oggettivo è che la Commissione europea ha ribadito la positività della manovra e dell’anticipo del pareggio di bilancio. Ora bisogna proseguire sulla strada della ripresa e della crescita”.

I Fas sono una boccata d’ossigeno per il Meridione
Cosa può dirci sui Fas, a livello di flusso di cassa?
 “Il Fondo per le aree sottoutilizzate è un utile strumento di politica regionale che affianca i fondi europei e, se usato bene, rappresenta una reale opportunità di crescita per il Mezzogiorno. Soprattutto in un periodo di incertezza economica come quello che stiamo vivendo il Fas può rappresentare una boccata d’ossigeno. Il Governo ha da tempo messo in campo meccanismi per l’accelerazione della spesa delle risorse comunitarie a rischio di disimpegno, un’attenta ricognizione sulle risorse residue della precedente programmazione Fas 2000-2006 e un nuovo approccio verso l’utilizzo delle risorse della programmazione in corso. Grazie al lavoro svolto negli ultimi mesi in questa direzione insieme alle Regioni meridionali, è stato possibile attuare i primi due capitoli del Piano nazionale per il Sud sbloccando le risorse Fas 2007-2013. La delibera Cipe del 3 agosto scorso, infatti, ha dato il via libera a un nutrito programma di infrastrutture regionali e interregionali, il primo capitolo del Piano, assegnando oltre 7 mld di euro. Alla sola Sicilia è stato assegnato quasi 1 miliardo e 200 milioni di euro. A seguire, la delibera del 30 settembre, ha sbloccato più di 1 miliardo di euro per il secondo capitolo, Università e Ricerca. Le risorse destinate alla Sicilia ammontano a 88 milioni che interessano l’Università di Palermo, l’Università di Messina e quella di Catania. Tutto ciò dimostra che se le risorse indirizzate al Sud hanno una destinazione d’uso strategica e mirata vengono sbloccate e possono assolvere pienamente alla loro funzione a favore della crescita e per colmare il divario con il Nord”.

Il dialogo con le Regioni è continuo e necessario
Come ha risposto alla lettera della Conferenza delle Regioni che ritiene che l’attuazione del federalismo sia ormai compromessa dalle manovre del Governo?
 “L’attuazione del federalismo non è in discussione né tanto meno i principi su cui si basa. L’obiettivo principale della riforma, l’efficienza della spesa, è anche il punto fermo delle manovre fin qui approvate. La situazione economica globale ci impone di fare delle scelte che possono risultare impopolari e quindi suscitare anche polemiche; ma proprio perché il momento che stiamo vivendo è ‘straordinario’, nel senso appunto di emergenza e di allerta massima sui conti, è necessario uno sforzo in più da parte di tutti i livelli istituzionali perché si vada nella direzione della collaborazione e non della contrapposizione. Con la Conferenza delle Regioni sono in corso dei tavoli tecnici tematici, primo fra tutti quello sul trasporto pubblico locale come richiesto dai presidenti di Regione, per identificare eventuali modifiche a saldi invariati. Il dialogo istituzionale con le Regioni e con tutto il sistema delle Autonomie non è mai venuto meno e continueremo a perseguirlo con tutti i buoni propositi”.
Cosa ne pensa del ripristino dell’Alta corte in Sicilia, prevista dallo Statuto, ma di fatto soppressa dallo Stato e assorbita dalla Corte costituzionale nel 1958?
“Mi sembra un’ipotesi in controtendenza rispetto all’esigenza condivisa, da più parti, di ridurre i costi di quegli apparati pubblici, oggi esistenti, che svolgono funzioni assimilabili. Ritengo, inoltre, che la trasformazione in senso federalista delle nostre istituzioni debba porre la massima attenzione a sviluppare, più che a frammentare, le funzioni di quelle istituzioni repubblicane che svolgono funzioni di garanzia, funzioni che concorrono a mantenere saldi i vincoli di unità e indivisibilità del Paese”.

Curriculum
Raffaele Fitto è nato a Maglie (Le) il 28/08/1969, si è laureato in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Bari. Eletto consigliere regionale nel maggio 1990, ha ricoperto la carica di assessore regionale al Turismo della Puglia. Nel giugno 1995 ricopre la carica di vicepresidente della Regione Puglia, con delega al Bilancio. Nel giugno 1999 è stato eletto al Parlamento europeo ed a maggio 2000 è stato eletto presidente della Regione Puglia. Ad aprile 2006 si candida alla Camera nella lista di Forza Italia e viene eletto deputato. Dall’8 maggio 2008 è ministro per i Rapporti con le Regioni e per la Coesione territoriale.
Articolo pubblicato il 29 ottobre 2011

Ponte sullo Stretto, precisazioni da Palazzo Chigi
28 Ottobre 2011
“La Presidenza del Consiglio precisa che la mozione approvata ieri dalla Camera non cancella la realizzazione del Ponte sullo Stretto. L’opera, infatti, è solo in parte finanziata dall’intervento pubblico. L’onere complessivo dell’infrastruttura prevede anche la partecipazione di capitale privato, l’utilizzo di Fondi strutturali e di altre fonti

Spagna, nuovo record di disoccupati
28/10 12:23 CET
Il numero dei disoccupati in Spagna torna ai livelli di 15 anni fa. Nel terzo trimestre di quest’anno sfiora i 5 milioni, pari al 21,52 per cento della forza lavoro, oltre mezzo punto in più rispetto al trimestre precedente. Particolarmente colpita la fascia di età fino ai 24 anni, dove circa la metà dei giovani è senza lavoro. Ma anche per i senior la situazione è drammatica.
“E’ terribile – dice una disoccupata in fila all’ufficio di collocamento -, è sempre peggio e in più non credo a quello che propongono i politici”.
“D’un colpo ti buttano in mezzo alla strada – aggiunge un altro -. Così saremo costretti a cercare lavoro all’estero perché in Spagna tutto sembra andare indietro invece che avanti”.
Una brutta notizia anche per il partito socialista finora al potere, a 3 settimane dalle elezioni politiche del 20 novembre.
In Spagna si susseguono le manifestazioni di protesta contro la situazione economica. Ultime in ordine di tempo quelle di insegnanti e studenti.

Grecia, manifestanti contro la festa nazionale
28/10 16:24 CET
Niente parata militare del 28 ottobre a Salonicco. Perfino il presidente della Repubblica ha dovuto rinunciare alla sfilata, perché il pubblico ha invaso il percorso per protesta contro le misure d’austerità. Solo un piccolo gruppo delle forze speciali è riuscito a sfilare, ma poi l’evento è stato annullato. Ad Atene la sfilata ha avuto luogo, ma la protesta popolare ha riscosso la solidarietà anche dei militari: come quelli della banda musicale, che hanno legato nastri neri ai loro strumenti.
La festa nazionale greca è conosciuta come il giorno del no e celebra l’ingresso del Paese nella seconda guerra mondiale nel 1940.
“Diciamo ancora una volta ‘no’ – dice la manifestante Ioanna Karali – a tutti coloro che vogliono venire qui e rubare il nostro Paese, che siano tedeschi o chiunque altro. Gridiamo ‘no’ ed è la nostra ultima parola”.
Sempre ad Atene, una manifestazione di studenti è degenerata in scontri con le forze dell’ordine nella piazza Syntagma, davanti al Parlamento.

Merkel nazista in Grecia. La crisi avvelena la Ue
 Sabato 29 Ottobre 2011 05:39  Redazione desk
MILANO - I tedeschi non gradiscono, ma il modo in cui la stampa ellenica ha preso a raffigurare Angela Merkel in divisa da gerarca nazista la dice lunga sui danni causati dalla grande crisi finanziaria dell’euro. La Grecia ha ovviamente le sue responsabilità - e grandi - ma non c’è economista degno di questo nome che oggi non vi spieghi che le cose sarebbero andate in modo molto diverso se la Germania e in particolare Angela Merkel, fossero entrati in azione per tempo, invece di sprecare qualcosa come un anno e mezzo di tempo prezioso per rassicurare i mercati. E di certo non sarebbe stata messa in mezzo anche l’Italia dai mercati se quanto deciso l’altro ieri a Bruxelles fosse stato approvato all’inizio della crisi. Perché la Germania. come tutti del resto, avrebbe dovuto ricordare  che da almeno dieci anni molti economisti - ma anche tanta gente di semplice buon senso - avvertiva che nella storia delle valute mai nessuna ha resistito dopo essere nata sulla carta, come l’euro, senza un vero governo centrale dietro. Viene da lì, cioè da molto lontano, la crisi dell’euro, prima ancora che dal rischio di default di un Paese dell’eurozona. E per chi speculava contro l’euro è stato un gioco da ragazzi sfruttare i tentennamenti dei tedeschi e le lotte intestine nell’Unione europea. Lo ha fatto notare ieri sera anche Silvio Berluscon: ««C’è un attacco all’euro che come moneta non ha convinto nessuno, perché è una moneta strana, non è di un solo Paese ma di tanti che però non hanno un governo unitario né una banca di riferimento e delle garanzie». Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi, intervenendo agli Stati del commercio estero. «L’euro è un fenomeno mai visto ecco perché c’è un attacco della speculazione ed inoltre risulta anche problematico collocare i titoli del debito pubblico.  «C’è un attacco all’euro che come moneta non ha convinto nessuno, perché è una moneta strana, non è di un solo Paese ma di tanti che però non hanno un governo unitario né una banca di riferimento e delle garanzie».  Sta di fatto che il rendimento pagato dal Btp marzo 2022 in asta è schizzato ieri al 6,06%, con una domanda pari a 3,793 miliardi contro i tre miliardi massimi offerti dal Tesoro. Lo comunica Bankitalia. Tassi in rialzo anche per bond luglio 2014, al 4,93%, con una domanda pari a 4,177 miliardi contro i 3,25 miliardi massimi offerti. Del Btp luglio 2014 sono stati assegnati 3,084 miliardi, contro una ’forchetta’ fra 2,25 e 3,25 miliardi. Il rendimento ha raggiunto il 4,93% - massimo da novembre2000 - da 4,68% di fine settembre, con un rapporto fra domanda e offerta peggiorato a 1,324 da 1,365 dell’asta precedente. La quinta tranche del decennale marzo 2022 è stata collocata per 2,98 miliardi (la forchetta era fra due e tre miliardi) al 6,06% (da 5,86% di fine settembre) e con un ’bid-to-cover’ sceso a 1,27 da 1,374. Per i due titoli fuori corso d’emissione, il CCTeu ottobre 2017 è stato collocato al 5,59% per un miliardo di euro su un’offerta fra 500 milioni e 1 miliardo. Il Btp settembre 2019, invece, è stato aggiudicato per 871 milioni e un rendimento del 5,81% contro un’offerta compresa nella forchetta 0,5-1,25 miliardi. Il premio di rendimento del Btp decennale torna a 375 punti base dopo l’esito dell’asta di titoli svolta ieri dal tesoro dopo essersi avvicinato a 360 ieri in mattinata.Conforta che ci sia sempre una domanda molto più forte dell’offerta. Ma è ovvio: le pressioni dei mercati ci costringono a remunerare gli acquirenti con oltre il 6 per cento (se qualcuno si fosse dimenticato i tassi di interesse europei sono all’1,5 per cento). Conviene a chiunque - banche in primis - indebitarsi intorno a quelle cifre e investire in qualcosa che rende quattro volte tanto. Per noi tutta la crisi va letta in questa chiave. Ma il monito più chiaro venuto da questa crisi - sempre che possa essere considerata superata  (le borse ieri non ne sembravano più tanto convinte) - è uno solo: l’Europa non può continuare a pensare di avere una moneta unica e molti governi. Le decisioni finanziarie devono essere condivise e prese se non all’unanimità almeno a grande maggioranza, come in un vero governo. Non ci devono essere veti tedeschi o francesi. Se non ci sarà unità d’intenti alla crisi odierna ne seguirà un’altra, e poi un’altra ancora fino alla fine dell’euro. Come ha osservato ieri  il portavoce del governo tedesco Steffen Sibert ha citato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, intervenuto nei giorni scorsi sulla crisi dell’Italia, aggiungendo di confidare che anche il governo di Roma la pensi come il capo dello Stato. «Il presidente Giorgio Napolitano ha detto nei giorni scorsi che, ora più che mai, ci troviamo in un mare in tempesta - ha citato Seibert - e tutti sulla stessa barca. Ogni Paese deve dare il suo contributo. E questo è il momento che l’Italia agisca nell’ambito dello sviluppo, delle riforme strutturali realizzando con risolutezza le decisioni annunciate. Non possiamo che esser d’accordo con Napolitano».

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