sabato 29 ottobre 2011

Federali.sera_29.10.11. Edoardo De Biasi: Il sistema bancario italiano, l'unico a non aver accusato fallimenti e a non aver svenato il bilancio pubblico in salvataggi, soffre del rischio sovrano e cioè i titoli di Stato, quelli l'Europa vuole che siano contabilizzati "mark-to-market". Con due effetti immediati. Il primo è l'ennesima penalizzazione di quelle banche che tengono in portafoglio quote rilevanti di titoli domestici di un Paese sotto pressione speculativa (primo fra tutte l'Italia). Il secondo è che gli istituti non virtuosi di un Paese solido (è il caso della Germania e della Francia) possono perfino registrare plusvalenze utili a compensare perdite speculative.----Quello che il Titano sta già facendo da diverso tempo, l’Italia sarà costretta a farlo a breve. E allora saranno dolori per le banche italiane.

La terra di Calabria abbraccia più di 70.000 migranti
Crescono immigrati. La Basilicata non è più terra di passaggio
Perché il credito non è tutto uguale
Anche Banca Commerciale Sammarinese commissariata: è il terzo istituto da inizio anno          
Svizzera. Grigioni Italiano allo sbaraglio dei partiti e dei media?



La terra di Calabria abbraccia più di 70.000 migranti
 Sabato 29 Ottobre 2011 05:22  Redazione desk
È stato presentato ieri, nella sala consiliare della Provincia, il Dossier statistico Immigrazione 2011, ovvero il rapporto annuale, giunto quest’anno alla sua ventunesima edizione, che la Caritas italiana, la Fondazione Migrantes e la Caritas diocesana di Roma pubblicano dal 1991. Cinquecento pagine per cinquanta capitoli che affrontano tutti i temi correlati e gli aspetti più rilevanti del fenomeno migratorio, a partire da quelli socio-economici per passare poi a quelli di carattere culturale e giuridico. Per quest’anno, il motto ad essere affiancato al Rapporto, vista la delicata fase di crisi economica e occupazionale, è stato quello di “Oltre la crisi, insieme”. Tante le personalità ad intervenire nel corso della mattinata all’illustrazione del rapporto. Il dibattito è stato aperto dall’assessore provinciale alla Formazione professionale Sergio Polisicchio, in rappresentanza della Diocesi è intervenuto Don Maurizio Aloise, provicario generale e parroco di Torre di Ruggero, l’assessore regionale al Lavoro Francescantonio Stillitani, il prefetto Antonio Reppucci, il viceprefetto aggiunto Teresa Guerrieri, Pietro Pinto, membro del comitato scientifico “Dossier Immigrazione” Caritas-Migrantes, Franco Belmonte, direttore della Confederazione Italiana Agricoltori Calabria, Federica Federico, responsabile Progetto Pon “Programmazione e organizzazione dei servizi per il reimpiego degli immigrati” – Italia Lavoro e Vito Samà del settore Politiche sociali della Regione Calabria. A moderare il dibattito è stato Massimo Martelli, co-redattore del Dossier Immigrazione per la Calabria. In platea, ad assistere al dibattito, il comandante regionale della Guardia di Finanza Michele Calandro e il comandante provinciale Salavatore Tatta.

Il Dossier
Dal Dossier emerge che in Calabria i residenti stranieri, al 31 dicembre 2010, sono 74.602, con un incremento del 13,3% in un anno; nella provincia di Catanzaro 13.291, con una incidenza percentuale delle donne, sempre sulla provincia catanzarese, del 54,3%.  Per quanto riguarda la quota di stranieri residenti più elevata, Catanzaro si attesta al terzo posto, con il 17,8%, dopo Reggio Calabria e Cosenza. In Calabria gli occupati nati all’estero sono stati 56.790, a Catanzaro 7.806. I minori stranieri in Calabria sono 13.190, a Catanzaro 2.356. I nati nel 2010 in Calabria sono 808, nella provincia del capoluogo di Regione 134. Gli alunni stranieri iscritti all’anno scolastico 2010/2011 in Calabria sono stati 10.174, pari al 3,1%. Tanti i numeri e i dati che fanno riflettere anche sulla realtà della migrazione a livello nazionale.  Nel 1861, anno dell’Unità d’Italia, gli stranieri erano 88.639, con un’incidenza pari allo 0,4% sulla popolazione residente. Oggi sono 4.570.317 su 60.650.000 residenti, quindi ben quasi cinquanta volte in più, con un’incidenza del 7,5%. Quindi, nonostante la crisi, l’aumento è stato di 335.258 residenti nel 2010. Altro dato da tenere in conto, poi, è quello di circa altri 400mila cittadini stranieri, regolarmente presenti ma non ancora registrati in anagrafe, quindi quasi cinque milioni di persone, come lo scorso anno. L’incidenza delle donne è del 51,8%. Nel frattempo, però, molte persone hanno perso l’autorizzazione a rimanere in Italia perché sono scaduti 684.413 permessi di lavoro. In più, viene anche accreditata la presenza di circa mezzo milione di persone in posizione irregolare. Per quanto riguarda i principali fattori di aumento dell’immigrazione in Italia, si registrano 78.000 nuove nascite, 91.000 visti per ricongiungimento familiare, i nuovi assunti nati all’estero sono 328.000, i visti per lavoro a non comunitari 69.000 e gli ingressi per altri motivi 58.000. Tanti anche i dati che, però, indicano un inserimento positivo dei migranti. Tra il 1996 e il 2009 i matrimoni misti sono stati 257.762. Nel 2010 i casi di cittadinanza sono stati 66mila. I minori figli di immigrati sono quasi un milione, ai quali vanno ad aggiungersi 5.806 minori non accompagnati (senza contare i comunitari). Gli iscritti a scuola nell’anno scolastico 2010/2011 sono 709.826, di cui il 42,2% nati in Italia e con un’incidenza del 7,9% sulla popolazione studentesca, che è ancora più alta nelle materne e nelle elementari. La presenza nelle Università registra 61.777 studenti stranieri: le nuove immatricolazioni sono state oltre 12.000, l’incidenza media sulla popolazione universitaria è del 3,6%. Le facoltà universitarie preferite sono Economia con il 18,2%, Medicina con il 13,8% ed Ingegneria con il 13,7%. Per quanto riguarda i dati relativi ai rifugiati: in Italia 50.000; nell’Unione Europea 1.393.454; le domande d’asilo in Italia sono state 10.052 e nell’Unione Europea 240.184. I casi di discriminazione razziale segnalati all’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) sono stati 540. Per quanto riguarda i lavoratori occupati sono oltre due milioni, il 10% del totale e, come affermato da Pinto: «Ora non c’è un settore economico in cui non ci sia la presenza di migranti. Fra i nuovi assunti il 25% sono migranti». Per quanto attiene, invece, i costi/benefici dell’immigrazione (2009), sono state prodotte entrate per circa 12 miliardi di euro con un saldo positivo di 1,5 miliardi di euro, «anche se il dato importante per me – ha affermato Pinto - è la loro partecipazione sul mercato del lavoro». In conclusione, anche le prospettive per il 2050, anno in cui la popolazione straniera, con un aumento annuale di 240.000 immigrati (Istat) sarà di 12 milioni e 300mila persone, su un totale di 67 milioni e 248 mila, con un’incidenza del 18,4%. «Per affrontare questo tema – ha concluso Pinto – continueremo a produrre dati, ma abbiamo bisogno di confrontarci con tutti gli attori».
Ad illustrare il Dossier è stato, appunto,  Pietro Pinto. 

Gli interventi 
A fare gli onori di casa è stato Polisicchio che ha evidenziato l’importanza «dell’attività di monitoraggio nel Dossier che è fondamentale». «La migrazione – ha proseguito Polisicchio – deve essere vista come un fenomeno costruttivo per la crescita del Paese», per poi sottolineare il ruolo fondamentale dell’integrazione. Dopo la proiezione del video sul Dossier Statistico Immigrazione 2011 “Oltre la crisi, insieme”, Don Aloise ha sottolineato quanto questi «dati statistici costituiscano una fondamentale riflessione sull’immigrazione e consentano di dimostrare come questo fenomeno della mobilità possa andare di pari passo con quello della solidarietà». Don Aloise ha poi ricordato il messaggio dell’anno scorso del Papa rivolto ai migranti, nell’auspicio che si possa creare «una sola famiglia», nell’ottica di una società multietnica. «I migranti – ha concluso Don Aloise – rivestono un ruolo prezioso per la testimonianza di Dio». Stillitani, evidenziando quanto «il Rapporto, sia un lavoro fatto con competenza. Un Dossier estremamente valido». L’assessore regionale ha poi illustrato alcune delle attività messe in campo dalla Regione come il progetto di mediazione culturale e il relativo bando per la formazione di un determinato numero di mediatori; il bando relativo al microcredito «per incentivare – ha proseguito Stillitani – l’autoimpiego di tutti i soggetti svantaggiati, in modo particolare gli immigrati e dare loro la possibilità di poter attivare un’attività in proprio». In conclusione l’assessore ha trattato anche di un prossimo secondo bando sul microcredito «in cui indicheremo determinati settori, individuati statisticamente e considerati più validi». In conclusione, l’assessore ha anche accennato alla possibilità della costituzione di un albo per le badanti, a cui sarà possibile accedere solo in seguito all’aver seguito dei corsi specifici di formazione, anche al fine di limitare il “fenomeno” delle badanti non regolarizzate. Belmonte che ha, invece, relazionato su “Immigrati e agricoltura tra sfruttamento e possibile risorsa”. La Federico ha trattato di “Programmazione e interventi del Ministero per l’integrazione degli immigrati nelle Regioni dell’Obiettivo convergenza”, in modo particolare, con l’ausilio di alcune slide, di “Programmazione e Organizzazione dei servizi per il reimpiego degli immigrati”. «A Catanzaro – ha affermato la Federico – è attiva, presso i consigli territoriali, una “commissione lavoro” in cui si affrontano le tematiche connesse all’immigrazione, come la ricollocazione dei migranti sul mercato del lavoro o il monitoraggio dei lavoratori che stanno per entrare in disoccupazione. A febbraio del 2012 a Catanzaro si prevedono 632 lavoratori disoccupati». Sottolineando che molti problemi sono causati dalla mancanza di comunicazione, la Federico ha evidenziato l’importanza di «maggiore condivisione dell’informazione. Qui a Catanzaro abbiamo organizzato un corso per gli operatori di tutti i settori», ma, anche, l’importanza di tavoli dove siano presenti tutti gli attori. Il viceprefetto aggiunto Guerriero ha trattato del tipo di operatività della Prefettura che opera su due fronti, emergenziale e ordinario-amministrativo. Samà ha illustrato «due dati significativi nel Dossier. Nel 2004 i residenti erano 27.400, nel 2011 sono arrivati quasi a 75.000. Un dato che evidenzia un’evoluzione perché la Calabria non è solo più terra di transito, ma un territorio di stabilizzazione. Altro dato rilevante è relativo all’incidenza degli immigrati: in Italia pari al 7,5, in Calabria al 3,7. Per quanto riguarda le caratteristiche dell’immigrazione in Calabria emerge la permanenza della condizione di emergenza, la crescita della presenza costante delle persone regolari e la diffusione della consapevolezza del fenomeno. Per quanto attiene la geografia dell’emergenza, la commissione regionale del diritto d’asilo, ha registrato, tra il 2005 e il 2010, 11.523 richieste», per poi trattare anche dell’accoglienza strutturata. «Le difficoltà che gli immigrati possono incontrare – ha proseguito Samà – sono socio-economiche, disomogeneità dei servizi  e scarsa circolazione dell’informazione». Samà ha chiuso il suo intervento trattando del ruolo fondamentale della valorizzazione delle culture. Reppucci ha così esordito: «Avete fatto un lavoro che per noi è uno spaccato, una fotografia» e, sottolineando il ruolo fondamentale «del volontariato, che in Italia è una grande forza», e quanto l’accoglienza sia fondamentale «per favorire la piena integrazione», il Prefetto ha poi concluso: «Dobbiamo fare tutti di più per costruire una società più solidale, più coesa».

Crescono immigrati. La Basilicata non è più terra di passaggio
Spesso ci ritroviamo a parlare di lucani, soprattutto giovani, che emigrano a causa delle difficili condizioni socio-economiche, ma è importante considerare anche il fenomeno inverso. A tutto il 2010 gli stranieri residenti in Basilicata erano 14.738 secondo l’Istat anche se dal rapporto Caritas\Migrantes, presentato ieri a Potenza nella sua 21esima edizione presso il parco del seminario maggiore, l’esatta cifra si aggirerebbe intorno alle 16mila persone, numeri questi che vanno a colmare il progressivo spopolamento della regione.
In pratica gli immigrati rappresentano il 2,5% della popolazione lucana a testimonianza del fatto che la nostra non è più solo terra di passaggio per i migranti, ma punto di arrivo e di concreta speranza per un futuro migliore. La percentuale degli stranieri residenti in Basilicata non sembra altissima rispetto alla media nazionale del 7,5%. Va considerata però la particolare situazione economica del Paese ed è ovvio che la maggior parte degli immigrati di sposti verso il nord d’Italia, quindi quel 2,5% è un dato sicuramente significativo visto anche l’incremento del 13,4% nell’ultimo anno. Per quanto concerne il dato nazionale, le percentuali non si discostano molto da quelle dell’anno precedente, non perché non siano arrivati nuovi stranieri in Italia (circa 500mila nuovi arrivi) ma perché le presenze totali sono state bilanciate da chi ha lasciato il nostro paese o più semplicemente dai permessi di soggiorno scaduti e non ancora rinnovati o passati a stato di irregolarità.
La situazione lucana, monitorata dal sociologo Rocco Di Santo, mette ancora una volta in evidenza quali siano le aree della nostra regione maggiormente interessate al fenomeno dell’immig razione. Oltre ai due capoluoghi, sono il Metapontino e il Vulture-Melfese, zone ad alta vocazione agricola, a contare il maggior numero di stranieri in virtù di questo tipo di richiesta lavorativa. Ed è proprio in queste situazioni che la Caritas trova le maggiori difficoltà. Come non ricordare ciò che accade ogni anno nel periodo della raccolta del pomodoro, quando centinaia di immigrati si ritrovano a vivere in condizioni disumane al limite dello sfruttamento, se non oltre.
«Gli immigrati si avvicinano a noi, così come le altre persone in difficoltà – ha affermato monsignor Vincenzo Orofino, presidente Commissine regionale per il servizio della Caritas e della Salute della Coferenza Episcopale di Basilicata – e noi li consideriamo un dono. Siamo interessati a loro in quanto uomini e gli uomini sono la via della Chiesa. Non siamo né un’agenzia umanitaria né di mutuo soccorso, ma cerchiamo di dare a queste persone le ragioni della vita».
Secondo il delegato regionale della Caritas, Michele Basanisi, il fenomeno dell’immigrazione è da considerarsi il segno dei tempi, quindi va recepito come un’opportunità. I relatori infatti evidenziano come i tanti stranieri giunti in Italia vadano a «tappare» le falle nazionali, sia dal punto di vista demografico che occupazionale in quei settori «insostenibili » per gli italiani. Tornando alla situazione lucana, gli stranieri residenti provengono per il 70,8% da nazioni europee, il 15,3% sono africani, il 10,7% asiatici ed il 3,1% dal continente americano.
Spesso si pensa all’invasione cinese ma in pratica il paese più rappresentato è la Romania dalla quale arrivano ben il 41,4% degli immigrati. La presenza asiatica, e soprattutto cinese, è distribuita in particolare nel materano dove emerge un altro dato importante, sono 223 i titolari di azienda a fronte dei 261 totali della regione. Le altre presenze significative sono quelle degli albanesi, dei marocchini e degli ucraini, in costante aumento l’arrivo di indiani nell’ultimo periodo. Il settore lavorativo con maggiore utilizzo di manodopera straniera è quello primario, con il 39,4%, seguito dal terziario, con il 31,9%, e da quello industriale, con il 27,1%. In particolare, delle 10197 assunzioni in Basilicata, il 56,4% si registra in agricoltura. Aumentano le presenze stabili in Basilicata di famiglie straniere. Un importante dato è quello dei bambini nati da genitori non italiani che sono il 3,8% dei neonati regionali. La conferma arriva dalla percentuale dei minori stranieri rispetto al totale degli immigrati (17,2%) e più in generale quasi tre minorenni su cento in regione sono stranieri. Dati fondamentali questi che ci portano a capire ancora più profondamente come la nostra non sia più considerata una terra di passaggio ma di vera e propria rinascita in cui poter dare vita ad una nuova famiglia. Ma i lucani come recepiscono tutto ciò? Per la Caritas la situazione è confortante sia perché in Italia non esiste alcun nesso tra immigrazione e criminalità, che soprattutto per la totale assenza di episodi di intolleranza nella nostra regione. [Em. Ferr.]

Perché il credito non è tutto uguale
di Edoardo De Biasi
Cento milioni di crediti industriali concessi all'Eni o a Luxottica sono rischiosi come cento milioni di obbligazioni derivate da un pacco di mutui immobiliari dati a-chissà-chi? Una banca italiana esposta a un rischio-derivati per il 10% del proprio capitale di base ha bisogno di rafforzare i suoi coefficienti patrimoniali come una banca tedesca il cui rischio-strutturati pesa per più del 50% del suo Tier 1 Capital (il cuscinetto di capitale che serve ad assorbire perdite impreviste)?
L'accordo Ue sulla ricapitalizzazione delle banche e soprattutto le stime preliminari dell'Eba sui fabbisogni di nuovi mezzi hanno provocato forti critiche da parte delle comunità bancaria italiana. I portavoce più polemici sono stati Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo e grande azionista di Intesa Sanpaolo, Carlo Fratta Pasini e Alessandro Azzi, i due leader del grande e piccolo credito cooperativo nazionale.
L'oggetto del contendere è noto. Quanto è attendibile quest'ennesimo stress test condotto dalla nuova authority bancaria Ue, presieduta dall'italiano Andrea Enria? È corretto alzare, subito e indiscriminatamente, l'asticella del Core Tier 1 al 9%? Le banche italiane hanno davvero bisogno di circa 15 miliardi, anticipando gli obiettivi di rafforzamento patrimoniale che Basilea 3 graduava nell'arco dell'intero decennio? Dare una risposta definitiva non è facile ma l'impressione è che le decisioni dell'authority Ue siano state troppo influenzate dalle lobby finanziarie anglosassoni. Questa considerazione è confermata da un'analisi dei bilanci 2010 del credito dell'eurozona. Il tendenziale azzardo morale del banchiere che cerca anzitutto l'extraprofitto speculativo sui mercati è stato infatti trattato meglio rispetto all'attività creditizia tradizionale che consiste nel raccogliere (e tutelare) il risparmio delle famiglie e finanziare le imprese produttive, l'occupazione, la crescita. Il sistema bancario tedesco, tanto per fare un esempio, vede pesare per oltre il 60% sul suo Tier 1 Capital il rischio in strumenti finanziari contabilizzati (come i Cdo, gli Abs, pronti contro termine strutturati).
Bene: il rischio comparato del sistema bancario italiano a fine 2010 era meno di un quarto di quello tedesco (16%) e poco più di un terzo di quello medio aggregato francese (45%).
Ma c'è dell'altro. La prevalente esposizione delle banche italiane verso le imprese è stata certificata nell'ultimo anno da un revisore d'eccezione: la Banca d'Italia di Mario Draghi. Decine e decine di ispettori sono stati sguinzagliati per un'operazione di pulizia simultanea dei portafogli "corporate" di tutti le maggiori gruppi del Paese. Su quella base-dati il prossimo presidente della Bce, lo scorso febbraio, ha sollecitato una ricapitalizzazione del sistema che ha visto una risposta estesa e in tempo reale (da Intesa Sanpaolo fino all'operazione annunciata ieri dalla Popolare di Milano). La Germania del 2011 resta invece quella contro la quale l'allora commissario Ue al'Antitrust, Mario Monti, condusse una battaglia di "par condicio di mercato", chiedendo che venisse tolta la garanzia dello Stato alle Landesbanken e Sparkassen che già folleggiavano in derivati perché si sentivano le spalle coperte.
Chi, però, difende l'operato dell'Eba punta l'indice sull'incognita-Italia. Il sistema bancario italiano, l'unico a non aver accusato fallimenti e a non aver svenato il bilancio pubblico in salvataggi, soffre del rischio sovrano e cioè i titoli di Stato, quelli l'Europa vuole che siano contabilizzati "mark-to-market". Con due effetti immediati. Il primo è l'ennesima penalizzazione di quelle banche che tengono in portafoglio quote rilevanti di titoli domestici di un Paese sotto pressione speculativa (primo fra tutte l'Italia). Il secondo è che gli istituti non virtuosi di un Paese solido (è il caso della Germania e della Francia) possono perfino registrare plusvalenze utili a compensare perdite speculative.
E proprio qui sorge un nuovo problema fondamentale. Imporre il mark-to-market sui titoli sovrani significa mettere in discussione (in misura implicita, ma non per questo meno insidiosa) la solvibilità del Paese emittente. Una valutazione che non dovrebbe affidata a tecnici ma dovrebbe essere inserita nel quadro politico generale volto a sostenere la difesa dell'euro. Senza dimenticare che questa misura ha conseguenze rivelanti anche nella capitalizzazione delle banche italiane. E fortuna vuole che il depositante italiano, ormai, abbia capito che una "banca che cade in Borsa" non è sinonimo di banca in difficoltà. Come, al contrario, ci insegna il fallimento dell'americana Lehman, l'esplosione dell'olandese Abn Amro. O più recentemente lo spezzatino della franco-belga Dexia.
 28 ottobre 2011

Anche Banca Commerciale Sammarinese commissariata: è il terzo istituto da inizio anno          
 Sabato 29 Ottobre 2011
SAN MARINO - Ancora una tegola sul sistema bancario sammarinese. Banca Centrale con una nota di venerdì pomeriggio ha annunciato di aver disposto “l’avvio della procedura di amministrazione straordinaria della Banca Commerciale Sammarinese SpA, con il conseguente scioglimento degli organi di amministrazione e di controllo”. La decisione è stata presa dal Coordinamento della Vigilanza, “ai sensi dell'art. 78 della legge n. 165/2005 e successive modifiche”.
Con il provvedimento in questione sono state disposte le seguenti nomine: Otello Carli e Sergio Gemma sono stati nominati Commissari Straordinari. Componenti del Comitato di Sorveglianza invece sono Salvatore Monticelli, Vincent Cecchetti e Tania Ercolani.
Il provvedimento – assicura BCSM - non avrà alcuna incidenza sull’operatività della banca, che proseguirà regolarmente sotto la guida dei Commissari Straordinari.
La nota di Banca Centrale specifica che “Il Dottor Sergio Gemma, dottore commercialista e revisore contabile di grande esperienza, autore di numerose pubblicazioni accademiche, ricopre e ha ricoperto cariche di amministratore e sindaco in numerosi primari gruppi industriali, finanziari, bancari e dei servizi, tra cui Mediocredito Centrale, Trenitalia, Equitalia Giustizia. Il Dottor Otello Carli ha maturato nella sua pressoché quarantennale esperienza in Banca d’Italia, conclusa nel 2006 con il grado di Ispettore Superiore, il massimo della carriera direttiva raggiungibile in ambito ispettivo, una approfondita conoscenza della normativa bancaria, finanziaria, amministrativa fiscale e contabile”.
Dall’inizio dell’anno sale dunque a tre il numero degli istituti bancari del Titano finiti sotto amministrazione straordinaria: prima di Banca Commerciale Sammarinese, a inizio anno, era stato disposto un analogo provvedimento nei confronti della S.M. International Bank, mentre le vicende legate al Credito Sammarinese sono ben note, con il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa scattato l’11 ottobre scorso.
Naturalmente ogni storia ha un suo corso e proprie caratteristiche specifiche. La situazione ha due letture differenti e diametralmente opposte: da un lato sono stati messi in evidenza i limiti della gestione di alcuni istituti, tanto da necessitare l’intervento della vigilanza.
Dall’altro invece dimostra l’attenzione e l’impegno che il sistema bancario e finanziario sammarinese per operare con la massima serietà e trasparenza.
Quello che il Titano sta già facendo da diverso tempo, l’Italia sarà costretta a farlo a breve. E allora saranno dolori per le banche italiane.

Svizzera. Grigioni Italiano allo sbaraglio dei partiti e dei media?
PIER-FRANCESCO FERRARI, CAUCO
 Di tanto in tanto qualche giornalista delle “nostre” testate ticinesi mi chiama per sapere se ci sono novità su questo o quell’argomento che tanto fumo negli occhi ha gettato e d’un tratto scompare senza lasciar traccia d’inchiostro. Un approccio assai comune, tanto che le relazioni sono a volte strette nella morsa relazionale dell’amicizia all’istante ma comunque professionale, tipica prassi sudalpina; tant’è che in un modo o nell’altro il Grigioni Italiano è citato un giorno sì e uno no nelle colonne rossoblù. Anzi, durante la passata estate, perfino un giornale svizzero-tedesco, il ‘Tages-Anzeiger’ e ‘Geo’ nota rivista internazionale, si sono occupati di noi regioni di montagna in particolar modo della Calanca; chiaramente i due raccontavano l’opposto l’uno dell’altro e qui lascio al lettore la ricerca della verità tra i due. Non dimentichiamo poi la presenza di Bayerischen Rundfunks, noto canale televisivo tedesco che con tanto di interviste ai passanti e abitanti ha raccolto la nostra tranquilla realtà dentro la loro macchina da presa. E con la nostra Tsi dal canone più alto d’Europa cosa succede? Vuoi vedere che le interviste vanno fatte sotto comando di coloro i quali siedono nei vari Consigli di amministrazione della stessa emittente? Vuoi vedere che la non appartenenza al partito “volemose ben fradei” del Moesano possa influire tangenzialmente? Mi ero accorto di questa situazione già nel lontano 2005 e già allora ebbi un senso di malfidenza verso l’intervistatore amico del politico ignoto. Rilasciai pertanto una dichiarazione a telecamere spente contraria a quanto feci in seguito. Il boomerang ritornò con tanto di eco e lì in quel preciso momento capii definitivamente chi tirava i fili. Dunque non mi pare strano che a Palazzo non si riferisca ancora tutt’oggi su temi scottanti che concernono gli italofoni come indica la Signora Noi Deputata al Gran Consiglio Retico sull’assunzione di un giudice di lingua italiana. E ancora una volta ecco apparire il fantasma del partito a cui appartiene il candidato. Ora la domanda nasce spontanea: l’applicazione della Legge nel Penale o qualsivoglia controversia è applicata in modo differente se uno è rosso o nero? Ma per favore basta con ’ste fregnacce ottocentesche. In conclusione gli aspetti toccati sono due: il primo, la messa in evidenza delle lacune e gli intrugli di quel luogo che dovrebbe essere l’encomiabile esempio di Politica Cantonale non sia veramente il raggio di sole a cui aggrapparci e il secondo, il mantenimento della manipolazione dei media televisivi. Peccato, mi sembrava tutto così equo e innocente invece devo radicalmente ricredermi.

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