martedì 11 ottobre 2011

Federali.sera_11.10.11. Tremonti bocciato per l’ennesima volta; si ritiri in padania, la faccenda non e’ per lei.----Un altro rischio rimarcato dalla Corte è legato ai tagli della spesa sociale: "In molti casi - dice Giampaolino - si è in presenza di erogazioni monetarie che fanno parte di una politica nascosta di contrasto alla povertà" e "non appare irragionevole attendersi che i risparmi di un riordino possano risultare in larga parte controbilanciati dalle risorse che sarà necessario mettere in campo per assicurare servizi adeguati ad una prevedibile impennata del fenomeno della non autosufficienza". Nel complesso, la riduzione della spesa sociale, secondo la Corte dei conti, rischia di "produrre effetti non diversi da quelli derivanti da un prelievo eccessivo e distorto". Vedi anche le Conclusioni al post successivo, di: Elementi per l’audizione sull’a.C. 4566 - “Delega al Governo per la riforma fiscale e assistenziale”. (VI Commissione Finanze Camera dei deputati) 11 ottobre.

Fincantieri: Sestri Ponente non chiudera'
La Corte dei conti "gela" la riforma fiscale
Tremonti è contrario al condono ma nell'ultimo anno ne ha varati quattro




Fincantieri: Sestri Ponente non chiudera'
Regione Liguria, imminente firma Tremonti per ribaltamento a mare
11 ottobre, 12:22
(ANSA) - ROMA, 11 OTT - L'ad di Fincantieri, Giuseppe Bono, ha annunciato che l'azienda non chiudera' lo stabilimento di Sestri Ponente. Lo hanno reso noto fonti della Regione Liguria, secondo le quali il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, dovrebbe firmare oggi l'atteso decreto che sblocca 50 milioni per il ribaltamento a mare dello stabilimento di Sestri.

La Corte dei conti "gela" la riforma fiscale
"Non ha copertura, tassare beni reali"
Il giudizio del presidente dell'organismo di controllo contabile davanti alla commissione finanze: "I tagli lineari alle agevolazioni avrebbero effetti recessivi. Bisogna cercare altre fonti che non penalizzino lavoro e imprese". E sul condono: "Scelta politica, ma guardare ai precedenti"
13:22 11 OTT 2011
ROMA - La Corte dei conti boccia la riforma fiscale: non ha copertura finanziaria, anche perché parte delle entrate sono state usate dal decreto di agosto. Bisogna quindi tassare beni "personali e reali", evitando i tagli lineari alle agevolazioni che "sarebbero recessivi" e "si concentrerebbero soprattutto su coloro che già pagano l'imposta e, più specificamente, sui contribuenti che si collocano nelle classi di reddito meno elevate". Lo ha detto il presidente della Corte, Luigi Giampaolino, parlando davanti alla commissione Finanze della Camera.
Secondo Giampaolino, il ddl delega al governo per la riforma fiscale e assistenziale "risulta ormai spiazzato dagli eventi che hanno riportato in primo piano le esigenze di rigore" e le "incertezze" che lo caratterizzano sul fronte della copertura dovrebbero indurre a "esplorare fonti di gettito nuove, in direzione di basi imponibili personali o reali che non insistano sul lavoro e sulle imprese". Questo, "anche nella consapevolezza che la strada di una riduzione del perimetro della spesa sociale risulta difficile da percorrere e rischia di produrre effetti non diversi da quelli derivanti da un prelievo eccessivo e distorto".
Un altro rischio rimarcato dalla Corte è legato ai tagli della spesa sociale: "In molti casi - dice Giampaolino - si è in presenza di erogazioni monetarie che fanno parte di una politica nascosta di contrasto alla povertà"  e "non appare irragionevole   attendersi che i risparmi di un riordino possano risultare in larga parte controbilanciati dalle risorse che sarà necessario mettere in campo per assicurare servizi adeguati ad una prevedibile impennata del fenomeno della non autosufficienza". Nel complesso, la riduzione della spesa sociale, secondo la Corte dei conti, rischia di "produrre effetti non diversi da quelli derivanti da un prelievo eccessivo e distorto".
In generale, è il giudizio della Corte dei conti, gli esiti della riforma fiscale sono "incerti" perché oggi i suoi obiettivi devono "coesistere con più ristretti spazi di manovra". In particolare, le incertezze derivano dalle decisioni "assunte d'urgenza per fronteggiare le recenti turbolenze economiche" che hanno comportato "un'ulteriore restrizione degli spazi utilizzabili dal riformatore fiscale", e sono inoltre aggravate dalle "preoccupazioni" sulla situazione economica (che rischiano di aggravare gli squilibri di finanza pubblica), dal perdurare di una crescita quasi in stallo e dall'aumento dei "vincoli derivanti dall'impennata del debito pubblico".
Il presidente Giampaolino evidenzia poi come i nuovi assetti disegnati dal ddl delega prefigurino "più che una generalizzata riduzione del prelievo fiscale, un'estesa operazione redistributiva", mentre la "molteplicità e la rilevanza" degli obiettivi perseguiti dal ddl rendono "doveroso interrogarsi sia sull'idoneità dei mezzi di copertura sia sul rischio di un conflitto nella destinazione delle risorse acquisibili".
Oltretutto, ha rilevato il magistrato, i tempi sono stretti se si vuole evitare l'attivazione dei tagli automatici alle agevolazioni. Per Giampaolino il ddl richiede una maggiore precisazione dei criteri direttivi, ma conserva la sua attualità negli obiettivi di riforma del sistema tributario, in linea con le esigenze di ripresa e che richiede tempi stringenti per l'approvazione anche dei decreti attuativi. Infatti, ha osservato Giampaolino, i rilevanti effetti finanziari connessi alla delega - 4 miliardi per il 2012, 16 per il 2013 e 20 nel 2014, peraltro da anticipare, ai sensi di quanto disposto con le manovre estive - sono già stati incorporati nel quadro di finanza pubblica delineato dalla nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2011. "Va, pertanto, evitato - dice Giampaolino - che risulti inevitabile l'attivazione della clausola di salvaguardia del taglio automatico e lineare delle agevolazioni".
Il presidente della Corte dei conti ha parlato anche dell'ipotesi del condono fiscale: "Quella del condono - ha detto Giampaolino - è una scelta molto politica, specie per l'aspetto che riguarda le conseguenze sul comportamento dei contribuenti"; bisogna però guardare ai risultati dei condoni precedenti ("experientia magistra vitae") e ha ricordato che ora sarebbe accompagnato da misure di lotta all'evasione delle "quali bisogna tenere conto".

Tremonti è contrario al condono ma nell'ultimo anno ne ha varati quattro
di Francesco Forte
11 Ottobre 2011
Il Ministro dell’economia ha dichiarato la sua contrarietà ai condoni fiscali, sostenendo che essi danneggiano l’erario e che un condono tributario danneggerebbe la manovra di finanza pubblica da lui appena varata. Al suo fianco si è schierata la presidente della Confindustria Emma Marcegaglia, mentre Gian Antonio Stella su il Corriere della Sera ha scritto un articolo veemente contro il condono edilizio.
Per spiegare perché i tre fanno una affermazione non corretta, basterebbe osservare non solo che l’attuale Ministro dell’economia ha fatto, nel passato, parecchi condoni ma anche che, quest’anno, ne ha varati quattro, con nomi diversi, due che riguardano rispettivamente gli immobili, per la parte fiscale e urbanistica, uno che si riferisce al contenzioso tributario e uno che concerne l’imposta sul valore aggiunto.
Il primo provvedimento si trova nel combinato disposto del decreto-legge 31 maggio 2010 n.78, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2010 n. 122 che mentre imponeva di provvedere entro il 31 dicembre 2010 alla regolarizzazione delle case fantasma e degli ampliamenti con variazioni di consistenza o di cambio d'uso,  consentiva anche la sanatoria fiscale e quella urbanistica, ossia un doppio condono. Con il decreto legge "mille proroghe" 29 dicembre 2010 n. 225, convertito nella Legge 26 febbraio 2011 n. 10, i termini in questione sono stati prorogati.
Potevano accedere alla doppia sanatoria i proprietari o possessori ad altro titolo di diritto reale delle tre  categorie di immobili suddette, cioè: a) immobili regolari mai dichiarati al fisco; b) ampliamenti di unità immobiliari (ampliamenti, recupero di sottotetti, formazione di verande nei terrazzi, costruzione di un nuovo bagno, trasformazione di magazzini in locali per uso abitazione o ufficio o uso commerciale mediante abbassamento del pavimento o innalzamento del tetto, rispettivamente nei piani terreni e negli ultimi piani e nelle unità immobiliari di un solo piano, di creazione di ‘cantinette’ abitabili, ecc.); c) unità immobiliari per le quali è stato cambiato d’uso.
Tutti e tre questi tipi di soggetti proprietari o possessori di immobili possono registrare al catasto dei fabbricati tali immobili entro il 30 aprile 2011, per non incorrere nelle sanzioni e nei controlli dei comuni e dell’erario. Alla regolarizzazione catastale dovrà accompagnarsi quella fiscale riguardante gli anni pregressi per i quali non è ancora scattata la prescrizione, per l’ICI e le imposte dirette (Ires e Irpef).
Nella denuncia catastale il contribuente proporrà anche la rendita catastale , avvalendosi del Decreto ministeriale 701 del 1994 , purché si avvalga allo scopo di ingegneri, architetti, periti edili, , periti agrari, dottori agrari iscritti negli albi. E quindi si ricostruirà da sé le somme di imposte arretrata da versare, avvalendosi per la riduzione delle sanzioni delle norme sul ravvedimento operoso, per questo (apparentemente) benevolo condono. Che per altro contiene una insidia e una beffa perché per tutti gli ampliamenti e cambi di uso, i comuni competenti dovranno eseguire i controlli di conformità urbanistico - edilizia.
Se essa viene negata il contribuente che ha già pagato le imposte per l’uso pregresso di questi beni, non può più fruire del cambio di destinazione e dovrà provvedere, forse, a demolizioni. Dunque, il normale cittadino può sentirsi preso bellamente in giro. In quanto prima paga allo Stato un condono fiscale, poi l’autorità locale gli nega il condono urbanistico (che del resto sarebbe gratuito, quindi non interessante per il comune) e lui rimane peggio di prima, con la sensazione d’esser stato raggirato.
Un altro condono fiscale immobiliare è contenuto nel decreto legislativo 23 del 14 marzo del 2011, art. 3,  nella cedolare secca sugli affitti che raddoppia le sanzioni per gli affitti in nero degli immobili affittati per abitazione, che fruiscono di tale regime di tassazione proporzionale, ma consente una sanatoria.
E’ previsto che il locatore che non abbia registrato - o registrato per una somma inferiore a quella effettivamente percepita o, ancora, in ipotesi di comodati fittizi - il contratto entro il termine di 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto, possa “mettersi in regola”, evitando così le conseguenze sanzionatorie previste, avvalendosi delle norme sul ravvedimento operoso.
Il decreto da anche agli inquilini in nero un beneficio di affitto ridotto e denunciano il locatore. Anche questo condono però ha sino ad ora avuto uno scarso successo, probabilmente perché una parte degli immobili affittati in nero ha elementi di irregolarità e chi li affitta teme che vi siano dei controlli che possono creargli dei problemi. D’altro canto, mentre le norme sono severe e incerte, i controlli della pubblica amministrazione sono scarsi e quindi il rischio che essi individuino gli affitti in nero sono limitati.
Vi è una incertezza sul fatto che le norme sul ravvedimento operoso possano davvero generare una sicurezza che chi ha scelto questa procedura non è poi costretto a sottostare a pagamenti più onerosi e a sanzioni penali perché si è auto denunciato. In breve, senza un condono tombale questa norma, pensata per l‘emersione dell’economia sommersa immobiliare, lascia il tempo che trova. L’erario così non ottiene i risultati cui mirava riducendo le aliquote e consentendo il “ravvedimento operoso”.
 Il terzo provvedimento di condono che l’attuale Ministro dell’economia ha attuato, chiamandolo con un nome diverso, si riferisce al contenzioso tributario. Con il decreto 98/2011 come modificato dalla Legge 111/2011, che ha attuato la manovra d finanza pubblica con il pareggio del bilancio nel 2013, è stata introdotta una  sanatoria relativa al contenzioso tributario e previdenziale per gli importi di minore rilevanza economica.
Le liti fiscali di valore non superiore a € 20.000,00 in cui sia parte l'Agenzia delle Entrate che siano pendenti alla data del primo maggio 2011 dinanzi alle commissioni tributarie o al giudice ordinario in ogni grado del giudizio, potranno essere definite, su domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio, con il pagamento di una somma.
L'importo dovuto è pari € 150,00 per le liti di valore fino a € 2.000,00 e, per le liti di valore superiore, il contribuente pagherà il 10% del valore della lite, se nell’ultima (o unica) pronuncia giurisdizionale è risultata soccombente l’Agenzia delle Entrate; il 50% del valore della lite, se nell’ultima (o unica) pronuncia giurisdizionale è risultato soccombente il contribuente; il 30% del valore della lite, se non siano ancora state emesse pronunce giurisdizionali.
I processi in materia previdenziale il cui valore non superi complessivamente € 500,00 nei quali sia parte l'INPS che siano pendenti nel primo grado di giudizio alla data del 31 dicembre 2010 si estingueranno invece di diritto, con riconoscimento della pretesa economica a favore del ricorrente.
L'estinzione è dichiarata con decreto dal giudice, anche d'ufficio. Come si nota, si tratta di una sanatoria che - in base ai risultati sino ad ora disponibili - rende poco al fisco e che non risolte il problema dell’intasamento della macchina contenziosa derivante dal fatto che ci sino 700 mila ricorsi, che l’apparato processuale tributario attuale non riesce a smaltire in tempi ragionevoli.
Il quarto condono varato dal Ministro dell’economia con il decreto legge 6 luglio 2011, che ha sino ad ora registrato uno scarso successo, ha tuttavia molte ambizioni.  Esso riguarda i 3 milioni di partite IVA “dormienti” cioè (quasi del tutto) inutilizzate, che il fisco dovrebbe e, a quanto sembra, vorrebbe eliminare.
La catena domestica e internazionale dell’IVA è messa sotto scacco da questi 3 milioni di titolari di partite IVA che sembrano inattive, ma potrebbero essere utilizzate, in caso di necessità ed urgenza per effettuare operazioni fittizie che consentono di effettuare detrazioni di Iva sugli acquisti e di ottenere rimborsi per le esportazioni.
Questo condono a favore dei titolari di partite Iva inattive da loro la possibilità di sanare la violazione derivante dalla omessa presentazione della dichiarazione di cessazione attività, versando una somma di 129 euro entro il 4 ottobre 2011 all’Agenzia delle Entrate. La modalità agevolata è consentita ai titolari di partita Iva che, sebbene obbligati, non hanno tempestivamente presentato la dichiarazione di cessazione attività.
La disposizione si applica sempre che la violazione non sia stata già constatata con atto portato a conoscenza del contribuente. Per di realizzare una maggiore semplificazione degli adempimenti ed  evitare di richiedere informazioni già in possesso dell’Agenzia delle entrate, non sono posti a carico del contribuente ulteriori adempimenti.
In particolare, non è richiesta la presentazione della copia del pagamento effettuato agli uffici dell’Agenzia delle entrate. Ciò perché  dati dei pagamenti effettuati (sia che vengano effettuati in modo telematico, sia presso banche o uffici postali) possono venire  acquisiti nel sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria.
Questo condono non sta funzionando. Occorre aumentare le sanzioni per chi non cancella la partita IVA dormiente, per stimolare i contribuenti a fare questo condono. Il Sol 24 Ore, controllato da  Emma Marcegaglia, contraria ai condoni, ha chiesto la proroga. Ma, soprattutto, esso dovrebbe poter operare anche per le somme sopra i 20 mila euro, con la cancellazione di partite che gonfiano lo scenario e sono in gran parte fittizie.
Concludo. Come si vede dagli esempi appena fatti, il condono è uno strumento che il Ministro dell’economia usa ampiamente, nel settore immobiliare, nel contenzioso tributario e in quello delle partite Iva e ciò ha una sua logica. Ma esso è usato male. La soluzione, dunque, non sta nell’avversare i condoni, o nel cercare di farli a metà, ma nel farli a viso aperto , in modo serio ed efficace.

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