lunedì 31 ottobre 2011

Federali.sera_31.10.11. La Sardegna si colloca al sesto posto della graduatoria nazionale per le imprese che non producono beni ma aggiustano quelli esistenti: piccoli elettrodomestici, abiti, scarpe, strumenti musicali. Sassari con 1.447 aziende ha un tasso di attività molto alto: 29,9 aziende per ogni diecimila abitanti.----Il numero dei disoccupati a settembre sale a 2,080 milioni, in aumento del 3,8% rispetto ad agosto (+76 mila unità). Su base annua la crescita è del 3,5% (+71 mila unità). Il rialzo riguarda sia la componente maschile sia quella femminile. Sull'altro fronte, gli occupati scendono a 22,911 milioni, in calo dello 0,4% (-86 mila unità) rispetto ad agosto. Anche in questo caso la diminuzione interessa sia uomini che donne. Nel confronto con l'anno precedente l'occupazione resta, invece, sostanzialmente invariata.----Filadelfo Scamporrino: E’ arrivato come un uragano sui prezzi al consumo l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto (Iva). Purtroppo, in linea con le previsioni e le attese più pessimistiche, infatti, nello scorso mese di ottobre del 2011, rispetto a settembre, l’indice dei prezzi al consumo rilevato dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) è aumentato di ben lo 0,6%; con la conseguenza che su base annua il carovita, stando ai dati provvisori comunicati dall’Istituto, è balzato a +3,4%.

LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Finisce l’era dell’usa e getta
Boom disoccupazione giovani, 29,3% allarme donne
Prezzi Istat: carovita, boom inflazione al 3,4%
Giochi d'azzardo, contribuenti.it: 33% delle giocate sono di minorenni, +8,1% nel 2011.
Russia. Agricoltura, lo Stato punta sui giovani



LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Finisce l’era dell’usa e getta
31.10.2011
CAGLIARI. Se non è finita l’era dell’usa e getta, ci manca poco: la crisi spinge i cittadini alla «decrescita» che, peraltro, è ormai una tesi sostenuta da molti economisti. In Sardegna ci sono 4.255 imprese che si occupano di aggiustare oggetti e macchinari. E tornano in auge anche i vecchi sarti. Sassari è la seconda provincia d’Italia con la vocazione a riparare piuttosto che comprare. Sono numeri dell’Ufficio studi di Confartigianato, elaborati sui dati del secondo trimestre dell’anno raccolti da Unioncamere. La decrescita è una necessità. Per i cittadini, obbligati a compiere scelte alternative per via della crisi ma anche per la società che ha bisogno di consapevolezza per salvaguardare il futuro. La Sardegna si colloca al sesto posto della graduatoria nazionale per le imprese che non producono beni ma aggiustano quelli esistenti: piccoli elettrodomestici, abiti, scarpe, strumenti musicali. Sassari con 1.447 aziende ha un tasso di attività molto alto: 29,9 aziende per ogni diecimila abitanti. Al primo posto come numero di imprese attive ci sono quelle che riparano auto e moto: 3.160 e i meccanici sono al primo posto, e non poteva essere diversamente, in tutte le province dell’isola. Anche il secondo posto lega con un filo rosso le province storiche di Sassari, Cagliari, Nuoro e Oristano per numero di imprese che svolgono assistenza informatica sui computer, (in tutto sono 340). Al terzo posto ci sono le ditte che si occupano di restauro di mobili e tappezzieri, (190) ma con una differenza: terza posizione a Sassari, Cagliari e Oristano mentre a Nuoro prevalgono le aziende che riparano elettrodomestici. La decrescita avanza mentre le grandi città mercato, diventate sempre più società finanziarie, cercano di invogliare i clienti ad acquistare gli elettrodomestici a rate piuttosto che in contanti, evidentemente per lucrare sui tassi di interesse. Filippo Spanu, segretario regionale della Confartigianato, spiega: «Il comparto della riparazione cresce perché rallenta il ciclo economico, caratterizzato da un basso profilo della domanda interna». Nei primi sei mesi del 2011 le vendite al dettaglio sono diminuite dello 0,7 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente con una flessione stimata nell’1%. In calo, sia pure dello 0,2%, anche le spese per gli alimentari. «Contrariamente a quello che è accaduto al settore delle vendite», afferma Spanu, «quello delle manutenzioni e delle riparazioni ha segnato, nel secondo trimestre di quest’anno, una crescita del 2,4 per cento». La tipologia di aziende, dopo quelle per riparazione di auto, computer, mobili ed elettrodomestici, vede le imprese che si occupano di audio e video (121), calzature (103), orologiai (73), telefonia e comunicazioni (64), beni di consumo per la casa (27), articoli sportivi e biciclette (20). Sarti. Poi il capitolo delle sartorie, nonostante la difficoltà di far concorrenza al “pret à porter” e ai commercianti cinesi nell’isola operano 277 sartorie e confezione di abbigliamento su misura con una media di 1,7 imprese per ogni diecimila abitanti; a queste si affiancano altre 16 ditte di articoli di vestiario (non sartorie). Il record percentuale (su dieci mila abitanti) spetta alla provincia di Oristano (1,2 sartorie), seguono Cagliari (1,5), Sassari (1,7) e Nuoro (2,3). In campo nazionale, in testa alla particolare classifica elaborata da Confartigianato, ci sono Molise e Abruzzo, regioni con grande vocazione artigiana, con 27,4 imprese ogni diecimila abitanti, seguiti dalla Basilicata. In valori assoluti, invece, è la Lombardia ad avere il primato con 20.9556 imprese. La «riscoperta» delle riparazioni di oggetti usati va di pari passo anche con il proliferare di mercatini di frutta e verdura, venduti direttamente dai produttori (la Coldiretti, ad esempio, ha stabilizzato alcuni punti vendita). In definitiva, mentre le vendite calano, cresce il settore delle manutenzioni e riparazioni (+2,4 per cento nel secondo trimestre di quest’anno). Un fenomeno economico ma anche sociale perché indica un nuovo sistema di valori con prospettive economiche semplicemente diverse dall’attuale modello tutto basato sui consumi

Boom disoccupazione giovani, 29,3% allarme donne
Dati Istat: disoccupazione a settembre è balzata all'8,3%, ai livelli del novembre 2010
31 ottobre, 13:16
ROMA - Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a settembre e' salito al 29,3%, dal 28,0% di agosto. Si tratta del dato piu' alto dal gennaio 2004, ovvero dall'inizio delle serie storiche. Lo rileva l'Istat in base a stime provvisorie. La disoccupazione a settembre è balzato all'8,3%, dall'8,0% di agosto. Lo rileva l'Istat in base a stime provvisorie, sottolineando che così il tasso di disoccupazione si riporta ai livelli del novembre 2010.
Il numero dei disoccupati a settembre sale a 2,080 milioni, in aumento del 3,8% rispetto ad agosto (+76 mila unità). Su base annua la crescita è del 3,5% (+71 mila unità). Il rialzo riguarda sia la componente maschile sia quella femminile. Sull'altro fronte, gli occupati scendono a 22,911 milioni, in calo dello 0,4% (-86 mila unità) rispetto ad agosto. Anche in questo caso la diminuzione interessa sia uomini che donne. Nel confronto con l'anno precedente l'occupazione resta, invece, sostanzialmente invariata.
Quasi una donna su due in Italia né lavora né è in cerca di un posto, ovvero non rientra né nella fascia degli occupati né in quella dei disoccupati. Infatti, l'Istat, nelle stime provvisorie, rileva che a settembre il tasso di inattività femminile è pari al 48,9%, mentre quello maschile si attesta a 26,9%. In generale, spiega l'Istituto, il tasso di inattività si attesta al 37,9%, registrando un aumento congiunturale di 0,1 punti percentuali. Gli inattivi tra i 15 e i 64 anni crescono dello 0,1% (21 mila unità) rispetto al mese precedente. Su base annua gli uomini diminuiscono dello 0,2%, mentre le donne inattive aumentano dello 0,5%.

INFLAZIONE A OTTOBRE SCHIZZA A 3,4%,TOP 2008 - Il tasso d'inflazione annuo a ottobre é salito al 3,4% dal 3% di settembre. E' il dato più alto da ottobre 2008. Lo rileva l'Istat nelle stime provvisorie, che indicano un aumento dello 0,6% su base mensile, il rialzo maggiore da giugno 1995. Pesano gli effetti della manovra, in particolare dell'incremento dell'Iva.

Prezzi Istat: carovita, boom inflazione al 3,4%
E’ arrivato come un uragano sui prezzi al consumo l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto (Iva). Purtroppo, in linea con le previsioni e le attese più pessimistiche, infatti, nello scorso mese di ottobre del 2011, rispetto a settembre, l’indice dei prezzi al consumo rilevato dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) è aumentato di ben lo 0,6%; con la conseguenza che su base annua il carovita, stando ai dati provvisori comunicati dall’Istituto, è balzato a +3,4%. E’ proprio l’Istituto Nazionale di Statistica a spiegare con una nota come l’effetto al rialzo dei prezzi al consumo sia frutto anche delle recenti misure contenute nella manovra finanziaria, e nello specifico dell’aumento dell’aliquota Iva ordinaria dal 20% al 21%.
Stando ai dati di ottobre, per l’intero 2011 in Italia è stata già acquisita un‘inflazione pari al 2,7%, con prospettive per gli ultimi due mesi dell’anno che purtroppo appaiono tutt’altro che rosee per le tasche dei cittadini italiani. Già nei giorni scorsi la Federconsumatori è tornata a lanciare l’allarme sui prezzi, ed in particolare sui beni acquistati più di frequente dai consumatori che stanno facendo registrare degli aumenti ben oltre la media rilevata dall’Istat.
E considerando che i consumi ristagnano, ed i prezzi aumentano incredibilmente, l’Associazione dei consumatori ritiene che a fronte di un mercato depresso siano in atto delle palesi speculazioni sui prezzi alle quali occorre necessariamente e con urgenza porre un argine. Altrimenti le ricadute negative sui bilanci delle famiglie, tendendo anche conto dei provvedimenti inseriti nelle ultime due manovre finanziarie, rischiano di essere devastanti.
Filadelfo Scamporrino

Giochi d'azzardo, contribuenti.it: 33% delle giocate sono di minorenni, +8,1% nel 2011.
CAPRI - "L'Italia ha il primato, in Europa, per la maggior cifra giocata al tavoli da gioco, una media quasi 2.205 euro a persona, che vengono sottratti all'economia reale, minorenni inclusi, il cui numero è passato in tre anni da 860 mila unità a 3,3 milioni. L'Erario si preoccupa più di fare cassa che di sensibilizzare sulle tematiche di dipendenza da gioco." Lo afferma Vittorio Carlomagno, presidente dell'Associazione Contribuenti Italiani alla presentazione dello studio "L'annientamento dell'individuo attraverso il gioco d'azzardo legalizzato", avvenuta stamane ad Aosta, che sarà prossimamente pubblicato su "Contribuenti.it Magazine".
Nei primi nove mesi del 2011 si è registrato un aumento delle perdite legate alla dipendenza da giochi e scommesse del 20,4%. Rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente sono stati lascia! ti sul tavolo da gioco circa 962 MLN in più, con un tendenziale annuo che potrebbe arrivare al 29,2%.
I giocatori più incalliti sono quelli residenti in Molise con il 57%, segue la Campania con il 51% e dalla Sicilia 50,7%. In ultimo posto troviamo quelli del Trentino Alto Adige con il 31,9%.
In Italia, il solo gioco legalizzato coinvolge circa 31,7 MLN di persone, di cui 7,9 MLN con frequenza settimanale, e sviluppa un fatturato di circa 72 MLD di euro. Anche il coinvolgimento dei minorenni è aumentato del 8,1%, passando, in tre anni, da 860 mila unità a 3,3 milioni, raggiungendo il 33% di tutte le giocate.
Secondo l'indagine di Contribuenti.it, nel nostro Paese, il consumo e l'abuso di alcol e droghe viene visto come un problema sociale per la collettività e di salute per il singolo, mentre la dipendenza da gioco non viene riconosciuta dallo Stato, e chissà perché, come una malattia sebbene a livello psichiatrico, invece, venga catalogata come una vera e propria patologia. E così, tra il Superenalotto che presenta un montepremi per il "6″ fuori da ogni logica razionale, ed il poker on line legalizzato, non mancano le tentazioni di chi, affetto in maniera latente dal vizio del gioco, rischia di entrare nel tunnel della dipendenza. Ai tempi della crisi, tra l'altro, il fatturato dei giochi di Stato, anziché scendere, aumenta, a conferma di come gli italiani, sempre più disperati, sono alla ricerca di un full d'assi o di una sestina vincente per ottenere ciò che non gli è permesso nella vita reale.
L'Associazione Contribuenti Italiani chiede misure restrittive nei confronti del gioco legalizzato, identificando tutti i giocatori per evitare il riciclaggio del denaro sporco e l'accesso ai minorenni, il divieto al gioco d'azzardo in tutti i luoghi pubblici, sulla scia del divieto delle sigarette e l'aumento della tassazione sulle vincite al fine di renderle meno appetibili, introducendo un'imposta unica sostitutiva su tutti i giochi ! legalizzati (IUG) pari al 50% della vincita.
"Lo scopo delle istituzioni è quello di educare i cittadini, proteggere la loro salute, mentale e fisica - afferma Vittorio Carlomagno, presidente dell'Associazione Contribuenti Italiani - non di certo quello di indurli a giocare al poker o ad indebitarsi con persone senza scrupoli. Senza contare che sono non pochi i giocatori fanno uso di sostanze stupefacenti o si prostituiscono per racimolare i soldi. Per un reale rilancio dell'economia e per accompagnare il paese dall'uscita della crisi economica - conclude Carlomagno - i risparmi degli italiani dovrebbero entrare in circolazione nel mercato attraverso canali legali e produttivi e non lasciare che le perdite al gioco diventino prima fonte di entrate nelle casse statali."
Contribuenti.it - Associazione Contribuenti Italiani
L'ufficio stampa Infopress 3314630647 – 0642828753

Russia. Agricoltura, lo Stato punta sui giovani
31 ottobre 2011
Heidi Beha, Russia Oggi
Dopo il crollo degli anni ‘90, il comparto torna a crescere. E il governo vara strategie ad hoc, ma per i tecnici c’è ancora bisogno di infrastrutture
L’agricoltura russa prova a rialzare la testa dopo il crollo degli anni Novanta. La ripresa degli investimenti e la voglia di innovazione sono evidenti, anche se molto resta ancora da fare per recuperare il gap rispetto all’Europa.
Ogni anno la Russia importa solo dagli Stati dell’Ue un milione di tonnellate di carne suina. Ed è per questo motivo che nella sua dottrina sulla sicurezza alimentare il Presidente Dmitri Medvedev ha parlato anche dell’autosufficienza, spiegando che entro il 2020 l’85% della carne e il 90% del latte dovrebbero derivare dalla produzione nazionale. Questo corrisponderebbe a un aumento del 20% rispetto a oggi.
Lo Stato concede crediti soprattutto per l’allevamento. Finora ogni anno Mosca ha investito quasi sette miliardi di euro nel settore agricolo, molto meno rispetto all’Unione europea; Bruxelles paga 100 miliardi all’anno agli agricoltori. Però, “già ora in Russia si riesce a produrre a prezzi da mercato mondiale”, dice Klaus John, consulente agricolo. A suo avviso, l’agricoltura russa è competitiva anche senza sovvenzioni. Tuttavia il Paese è uno dei maggiori importatori di prodotti agricoli del mondo. Il patrimonio zootecnico di 11 milioni di mucche è ben lontano dai 42 milioni di mucche lattifere esistenti al momento del crollo dell’Urss.
Secondo gli esperti bisognerà importare ancora a lungo latte, soia e carne bovina. Tra dieci anni, però, la Russia potrebbe essere autosufficiente per quanto riguarda la carne suina e, probabilmente, il pollame.
Già adesso c’è un surplus di grano e colza, che finisce nell’export. Nel 2009 sono stati raccolti 108 milioni di tonnellate di grano, mentre nel 2010 il raccolto è calato a 60 milioni di tonnellate a causa della siccità e degli incendi. Per il 2011 invece si aspettano nuovamente buoni raccolti. In questa maniera si tornerebbe quasi al livello dei 117 milioni di tonnellate del 1990.
Nelle riviste russe di agricoltura si legge di investimenti in aziende nuove e già esistenti.
Ma c’è ancora tanto da fare per recuperare il terreno perduto: “La maggior parte delle aziende non lavora in maniera efficiente”, dice un altro consulente, Sergei Iarovoi, lamentando un’organizzazione del lavoro non ottimale. Un altro motivo di inefficienza è la struttura dell’economia agricola: chi pratica l’autosufficienza è troppo piccolo, le imprese agricole esistenti sono troppo grandi. Per un gruppo con campi che si estendono come una provincia tedesca è difficile controllare ogni azienda. Le holding quotate in Borsa devono inoltre distribuire i loro profitti agli azionisti: impossibile tenere riserve per tempi difficili. Questo si è evidenziato in particolar modo nella crisi finanziaria del 2008 e nelle sue conseguenze. Per mesi alcune società non hanno potuto pagare gli stipendi.
Tanti genitori non vedono più un futuro per i propri figli nell’agricoltura e auspicano un loro trasferimento in città per studiare. Così la popolazione delle campagne invecchia: “Ci manca il personale professionale che sappia maneggiare le macchine agricole e le ultime tecnologie, oltre che coordinare i lavori”, dice Alexander Musnik dell’azienda agricola Soldatskaja, vicino a Kursk. Solo pochi vogliono tornare in campagna dopo l’università. Neanche stipendi più alti della media riescono a far tornare i dottori in agraria dal centro alla periferia. Chi abita in campagna viene spesso denominato in maniera dispregiativa “derevenshina” (scemo del villaggio).
Per questo si cerca di far arrivare lavoratori preparati dall’estero: negli ultimi anni si assiste a un numero crescente di agronomi e manager europei arrivati nella campagna russa e impegnati in programmi di sviluppo del settore.

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