mercoledì 9 novembre 2011

Federali.mattino_9.11.11. Quelli del patriottismo finanziario, padano.----Imprenditori e manager veneti non temono il fallimento dell’Italia e perciò comprano i titoli di Stato: al momento si coniuga il patriottismo finanziario con l’interesse privato. Lo chiarisce l’industriale e presidente della Camera di Commercio di Treviso, Nicola Tognana: Nessuna attività economica lecita rende il 5 o 6% netto come questi titoli.----Con un interesse sui titoli in rialzo al 7%, l'Italia nel 2012 si troverebbe a pagare 8,7 miliardi di euro in più sulla totalità del debito in scadenza, secondo i dati di Bloomberg. L'anno prossimo Roma dovrà rifinanziare 307 miliardi di titoli in scadenza.----Questo è l'ultimo appello: o Atene riduce la massa di statali di almeno 150mila persone, liberalizza i servizi, combatte l'evasione o viene espulsa dall'eurozona.

Veneto, padania. Btp, effetto domino in Veneto «Compriamoli e salviamo l’Italia»
Veneto, padania. Zaia sulla sorte del Governo:
Oltrepadania, Trieste. Il ministro sloveno Zbogar: "Nodi da sciogliere sulla
Analisti, Italia rischia insolvenza con tassi 7%
Italia, visita funzionari Ue inizierà domani
Papademos, un banchiere targato Bce alla guida di Atene
Grecia: leader opposizione, accordo 26/10 inevitabile
Gas: Medvedev, Nord Stream importante



Veneto, padania. Btp, effetto domino in Veneto «Compriamoli e salviamo l’Italia»
La proposta di un imprenditore rilanciata da colleghi e categorie. Boom di adesioni: da Riello a Zonin, dall’Ance a Confturismo
VENEZIA—Comprarsi il debito pubblico italiano acquistando titoli di Stato per ridare fiducia al sistema economico? La proposta lanciata da un dirigente bancario toscano, Giuliano Melani, pubblicata a pagamento sul Corriere della Sera, trova ampi consensi tra imprenditori e manager veneti. Una valanga a far incetta dei Btp, i Buoni del Tesoro poliennali, quelli che rendono di più. Anche se c’è chi, prima di investire nel debito pubblico, vuol vedere buongoverno o chi preferisce mettere i propri soldi nelle aziende, per ovviare alla stretta del credito bancario. Ma chi ci crede segue l’adesione alla campagna nata in Toscana annunciata ieri dal patron-politico Bepi Covre, leghista «eretico» trevigiano che investirà circa 20 mila euro in titoli italiani e sta facendo proseliti tra i colleghi-imprenditori. Come l’industriale padovano Mario Carraro (componentistica per macchine movimento terra) che apprezza «l’impatto psicologico dell’iniziativa».
Una campagna fatta propria anche dal quotidiano on line www.ilnordesteuropa. eu. E la posizione dell’industriale del mobile Covre provacomeil Veneto a guida leghista creda nel futuro dell’Italia unita. Covre l’ha detto: «Chi vuol sognare la Padania faccia pure. Io cerco di aiutare l’Italia. Basta all’incubo quotidiano dello spread col Bund tedesco (il titolo di Stato germanico, Ndr)». Pure il governatore leghista Luca Zaia plaude all’idea: «Ben venga la proposta di acquistare i Btp». E sono in tanti i capitani d’impresa veneti a pensare, come Covre, che quella differenza di rendimento (il suddetto spread) tra i titoli di Stato italiani e quello tedesco sia bugiarda. Che siamo costretti a pagare, per far investire nel nostro debito pubblico, interessi più alti di quello che fa la Germania (a parità di somma) perché considerati ingiustamente debitori meno affidabili. Una sfiducia, per molti, legata alla crisi di credibilità del governo Berlusconi. Imprenditori e manager veneti non temono il fallimento dell’Italia e perciò comprano i titoli di Stato: al momento si coniuga il «patriottismo finanziario» con l’interesse privato. Lo chiarisce l’industriale e presidente della Camera di Commercio di Treviso, Nicola Tognana: «Nessuna attività economica lecita rende il 5 o6%netto come questi titoli ».
In sintonia Alessandro Vardanega, presidente di Unindustria Treviso: «Acquistare titoli di debito italiani? L’ho fatto proprio pochi giorni fa». Vardanega crede alle potenzialità dell’Italia. «Non ho sollecitato i nostri associati a comprarli, non è il mio mestiere - precisa il leader confindustriale - Io devo invitare gli imprenditori a investire sul territorio e sulle proprie aziende». Anche il ministro trevigiano Maurizio Sacconi (Welfare) definisce «una buona idea» quella di acquistare titoli italiani. Un primo distinguo da Luciano Bianco, presidente di «Imesa», azienda della Marca leader nella lavanderia industriale. «Di questi titoli non ne ho, forse ne acquisterò. Comunque, avendo capitali, preferisco investire in azienda». Una tesi che Massimo Carraro usa a stroncatura della campagna pro-titoli di Stato. «È un’idiozia - attacca il presidente e ad del gruppo orafo padovano Morellato - A meno che uno non abbia soldi da buttare, le risorse servono in azienda per ovviare al credit crunch bancario e combattere la concorrenza mondiale». Per questa e altre ragioni scettica sull’efficacia dell’operazione l’imprenditrice veronese Marina Salamon (abbigliamento, ricerche di mercato, banca Ifis). «Ormai gli italiani depositano i risparmi nei conti correnti on line che rendono anche il 4,25% con vincolo di soli 12 mesi» spiega.
Argomenti che non toccano i favorevoli all’iniziativa. ComeAlberto Baban (veneziano, nuovo presidente della Piccola Impresa di Confindustria Veneto). «Tutti d’accordo nell’instradare gli imprenditori in questa direzione - sintetizza - ma chi amministra dia certezze». Dice «sì» pure il presidente uscente Luca Cielo, vicentino: «Dobbiamocrederci nel nostro Paese». Per il veronese Andrea Riello (Riello Sistemi), ex presidente regionale di Confindustria e ora candidato presidente nazionale, la proposta è «positiva, continueremo a investire così la liquidità». D’accordo Ettore Riello (Riello Spa): «È il modo più corretto di usare il risparmio». Dubbioso invece Diego Caron, (vicentino, Caron A&D): «Si punti su made in Italy, patrimonio storico e commercio estero». Il vicepresidente nazionale di Confindustria, Antonio Costato, rodigino, è favorevole e «se ci fossero i Bot del Veneto, direi di comprare anche quelli». Vittorio Zuccato (presidente Confindustria Vicenza), pur favorevole, preferirebbe investire in Btp «quando dal governo arrivino riforme». Andrea Tomat, presidente di Confindustria Veneto, non si pronuncia «perché non mi occupo di collocazione del risparmio», ma avverte che, a livello nazionale, «la situazione politica non è accettabile ».
Daniele Marini, direttore di Fondazione Nordest, è «favorevole all’iniziativa, anche se certa politica afferma che la crisi non c’è». Una critica comune al presidente di «Save Spa», gestore dell’aeroporto di Venezia, Enrico Marchi: «Sì all’acquisto di Btp a condizione però che lo Stato tagli costi della politica». D’accordo Lauro Buoro, guida della «Nice» (telecomandi per cancelli), quotata trevigiana: «Se crediamo nel Paese giusto comprare i suoi titoli,mai politici diano l’esempio». E rincara la dose il leader di Confindustria Padova, Massimo Pavin: «Va bene comprare il debito, ma il governo deve fare le riforme». Menodubbi ha il presidente regionale dell’Ance (costruttori edili), Luigi Schiavo: «Un bel segnale l’appoggio del Paese reale alle istituzioni ». S’è precipitato in banca a comprare titoli Massimo Calearo Ciman, deputato vicentino, presidente del gruppo di famiglia (tlc) e consigliere per l’export del premier Berlusconi, invitando «tutti i soci di Confindustria a fare lo stesso ». Entusiasta Marco Michielli, presidente di Confturismo-Confcommercio oltre che consigliere d’amministrazione della Cassa di risparmio di Venezia: «Èun segnale che gli italiani possono dare, che possono salvare il Paese indipendentemente dalla politica. E
08 novembre 2011

Veneto, padania. Zaia sulla sorte del Governo:
«Preoccupato come tutti i veneti»
08/11/2011
Anche in Regione, dove governa la maggioranza Pdl.Lega c'è tensione per le sorti del Governo nazionale. Il presidente del Veneto Luca Zaia si dice «preoccupato, come gli oltre 4 milioni e ottocentomila veneti» sul futuro del governo, messo in discussione anche dal ministro degli Interni Maroni. «Preoccupato - ha aggiunto Zaia - come tutti quelli che vedono salire lo spread rispetto alla Germania e la necessità di avviare misure forti e una cura da cavallo per questo Paese. Se ci sono i numeri si va avanti, altrimenti no». Zaia non fa tuttavia previsioni: «È una partita che compete al Capo dello Stato, non a me; a noi veneti basta ricordare che paghiamo un sacco di tasse e oggi di servizi e risposte non se ne vedono».
Il governatore sottolinea di non interessarsi ai problemi interni al Pdl. «Noi cittadini - spiega - abbiamo altri problemi. Non sono abituato ad occuparmi delle vicende in casa altrui. Penso sia una forma di rispetto nei confronti degli altri partiti. Noi dobbiamo pensare se siamo ancora in grado di dare risposte oppure no».

Oltrepadania, Trieste. Il ministro sloveno Zbogar: "Nodi da sciogliere sulla minoranza"
Il ministro degli esteri uscente della Repubblica slovena:"Lo spirito del concerto di Trieste è ancora vivo, ma c’è ancora del lavoro da fare per la minoranza slovena"
di Giovanni Tomasin
 TRIESTE. «La crisi che ha colpito la Slovenia nel 2008 è culminata nel 2009: la diplomazia si è rivelata uno strumento cruciale per il rilancio della nostra economia. L’Italia? Lo spirito del concerto di Trieste è ancora vivo, ma c’è ancora del lavoro da fare per la minoranza slovena». Ieri a Trieste in occasione del 65° anniversario dell’Ures (Unione economica regionale slovena), il ministro degli esteri uscente della Repubblica slovena, Samuel Zbogar, ha rivendicato i risultati ottenuti dal ministero degli Esteri di Lubiana durante il suo mandato in ambito di politica economica e nei rapporti con il vicino italiano.
 Non ha toccato i temi della politica del giorno, il ministro, e non ha rilasciato commenti né sulla situazione slovena (si va alle urne fra un mese) né sulla convulsa giornata italiana. Dato il contesto prettamente economico ha preferito concentrarsi sul cambio di mentalità che la crisi economica ha imposto al governo e agli apparati sloveni negli anni del suo mandato: «In questi tempi d’emergenza la diplomazia di Lubiana ha riconosciuto la propria missione, ovvero il rilancio dell’economia del Paese - ha spiegato Zbogar -. È servito innanzitutto un cambio di attitudine da parte del ministero e del suo personale». Fino a quel momento infatti le istituzioni slovene non avevano mai dovuto confrontarsi con questo tipo di necessità: «Non si era abituati ad agire in questo modo, ma negli ultimi anni siamo riusciti a proporci come un supporto credibile alle nostre aziende - ha aggiunto il ministro -. Soprattutto a quelle medie e piccole, che hanno più bisogno di sostegno quando decidono di compiere il passo dell’internazionalizzazione».
 Il ministero degli Esteri di Lubiana ha avviato una serie di servizi di sostegno all’impresa attraverso le sue ambasciate, e non solo: «Delegazioni economiche, un fondo di supporto, sostegno alle associazioni degli uomini d’affari all’estero, consulenze alle aziende in difficoltà».
 Iniziative che un passo per volta hanno guadagnato al ministero e alle sue ambasciate un certo credito presso gli imprenditori: «Non mi succede più quel che mi capitò una volta a Nova Gorica, all’inizio del mio mandato - ha raccontato Zbogar - quando un imprenditore locale, che aveva bisogno di consulenza da parte nostra, mi disse che non aveva mai contattato il ministero perché pensava che non ci occupassimo di queste cose. Ora il mondo delle aziende slovene riconosce il ruolo prezioso della diplomazia nell’internazinoalizzazione della nostra economia. Ci siamo fatti accettare come servizio da tutti gli operatori economici del Paese». L’ambasciatore ha poi ricordato il miglioramento dei rapporti con l’Italia: «I rapporti sono ottimi e negli ultimi tempi sono diventati davvero eccellenti. Lo spirito del concerto dei tre presidenti, quello che noi chiamiamo “lo spirito di Trieste” è un faro che illumina le nostre relazioni. Certo non tutto è ancora risolto: ci sono ancora delle reticenze per quel che riguarda il finanziamento alla minoranza slovena, ma siamo certi che, con qualsiasi governo, anche questi ostacoli verranno superati».

Analisti, Italia rischia insolvenza con tassi 7%
08 novembre, 19:09
L'Italia puo' far fronte agli impegni sul debito ''ma interessi al 7% per diversi trimestri e una crescita vicina a zero potrebbero rendere negativa la dinamica del debito e spingerla all'insolvenza''. Lo afferma Jan Randolph di IHS Global Insight,stimando in un 1% 'il rischio politico Berlusconi' nei rendimenti. 'Se Berlusconi si dimettera' nei prossimi giorni ci sara' un respiro di sollievo sui mercati. Ma l'Italia non sara' fuori dai guai fino a che un governo stabile e solido attui le misure di austerity e riforme'

CON TASSI AL 7% ESBORSO STATO 2012 +8,7 MLD Con un interesse sui titoli in rialzo al 7%, l'Italia nel 2012 si troverebbe a pagare 8,7 miliardi di euro in più sulla totalità del debito in scadenza, secondo i dati di Bloomberg. L'anno prossimo Roma dovrà rifinanziare 307 miliardi di titoli in scadenza.

Italia, visita funzionari Ue inizierà domani
Inizierà ufficialmente domani la visita dei funzionari europei in Italia per verificare l'attuazione delle misure promesse dal governo a fine ottobre. Lo riferisce un portavoce della Commissione Ue, dopo che ieri il commissario per gli affari economici e monetari Olli Rhen aveva detto che Bruxelles aveva inviato già la scorsa settimana una lettera al ministro dell'Economia italiana contenente un questionario sulle misure.

Papademos, un banchiere targato Bce alla guida di Atene
Ora tocca a lui, senza mediazioni. Lucas Papademos, nuovo premier greco, è stato l'artefice dell'ingresso nel 2001 della Grecia nell'euro e ora è l'uomo che dovrà convincere i mercati e i suoi concittadini a restarci.
Questa la paradossale parabola di Lucas Demetrios Papademos, 64 anni, ex governatore della Banca centrale greca ed ex numero due della Bce sotto l'ex presidente Jean-Claude Trichet.
Papademos non avrà bisogno di mandare lettere, moniti e severi richiami al Governo greco per spiegare di che cosa ha bisogno il Paese. Ora l'ex governatore ha una di quelle possibilità che capitano una sola volta nella vita – nei limiti in cui i due maggiori partiti glielo consentiranno – di varare quelle riforme strutturali di cui la Grecia ha bisogno da oltre un ventennio.
Avrà cioè la possibilità di attuare quello che chiede invano da anni.
Papademos non è un ingenuo e ha sempre saputo che l'ingresso di Atene nell'euro è stato un azzardo, un tentativo di costringere la sonnacchiosa società greca, a recuperare quei ritardi secolari agganciandosi a un treno più veloce, quello di Eurolandia.
Purtroppo il vagone greco è deragliato e rischia di essere lasciato indietro. Questo è l'ultimo appello: o Atene riduce la massa di statali di almeno 150mila persone, liberalizza i servizi, combatte l'evasione o viene espulsa dall'eurozona. A Cannes i leader europei sopno stati chiari con Papandreou rompendo il tabù dell'uscita della Grecia dall'euro se non vengono rispettati i patti così faticosamente raggiunti con due vertici in quattro giorni il 26 ottobre a Bruxelles.
Atene è schiacciata da un enorme debito pubblico (è al primo posto della poco lusinghiera classifica dei più alti debiti pubblici europei in rapporto al Pil). Questo peso (da 357 miliardi di euro, pari al 165% del Pil), è il risultato di un sistema politico inefficiente, di una burocrazia ipertrofica, di una tradizione clientelare diffusa, di un sistema pensionistico troppo generoso, di un'economia senza crescita, di un'evasione fiscale senza eguali. Senza dimenticare l'economia in nero pari al 27 per cento.
Un Paese generoso e gioviale ma che ha vissuto al di sopra dei propri mezzi, arroccandosi su privilegi e corporazioni, mortificando il merito dei suoi cervelli più capaci spesso costretti alla fuga all'estero, rifiutando liberalizzazioni e le sfide della modernità.
Ora Papademos ha una grande opportunità può inverire la rotta. Il suo profilo combacia perfettamente con quello dell'esperto di economia che serve alla Grecia, ma dovrà convincere l'opinione pubblica ad accettare i duri sacrifici necessari.
Nato ad Atene, Papademos si è specializzato in economia al Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston e ha poi insegnato alla Columbia university di New York. Tornato in Grecia alla metà degli anni Ottanta, è entrato alla Banca centrale e ne è poi diventato governatore nel 1994.
Assieme al governo socialista, Papademos preparò poi l'ingresso della Grecia nell'eurozona nel 2001 e l'adozione dell'euro come moneta nel 2002. In questo stesso anno, Papademos lasciò la guida della Banca centrale di Atene e diventò vicepresidente Bce a Francoforte.
Riservato nelle sue apparizioni pubbliche, Papademos appariva in sintonia con l'allora presidente della Bce Jean-Claude Trichet nella difesa dell'autonomia della Banca centrale europea. Al termine del suo mandato nel 2010, l'economista, che non ha mai avuto affiliazioni politiche, ha rifiutato di entrare nel Governo dell'ex premier George Papandreou.
La scoperta nell'ottobre 2009 che il Governo Karamanlis aveva truccato i conti presentati a Bruxelles per l'entrata nell'euro non ha coinvolto Papademos, che rimane stimato internazionalmente ed è noto come sostenitore della limitazione del debito pubblico. Ora dovrà dimostrarlo. L'Europa non darà un prova d'appello
 8 novembre 2011

Grecia: leader opposizione, accordo 26/10 inevitabile
"Ho ripetutamente spiegato perchè l'applicazione delle decisioni prese" al summit europeo del 26 ottobre "sono inevitabili per proteggere l'economia greca e l'euro". Lo ha affermato il leader del partito di opposizione Nuova Democrazia, Antonis Samaras, aggiungendo che non permetterà "a nessuno di dubitare" al riguardo.
Le dichiarazioni arrivano dopo che oggi il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker ha chiesto certezza sull'impegno dell'opposizione sul secondo pacchetto di aiuti. "Abbiamo chiesto alle nuove autorità greche di mandare una lettera, co-firmata dai due partiti del prossimo governo" per confermare l'impegno della Grecia verso le riforme, ha affermato
Juncker.

Gas: Medvedev, Nord Stream importante
Oggi inaugurazione della condotta in Germania
08 novembre, 12:06
(ANSA) - ROMA, 8 NOV - Il Nord Stream, il gasdotto che collega la Russia all'Europa passando per il Mar Baltico e che si inaugura oggi in Germania, rappresenta ''un passo verso la sicurezza degli approvvigionamenti energetici dell'Europa''. Lo ha dichiarato il presidente russo, Dmitri Medvedev, parlando a Berlino.
 L'apertura del Nord Stream, ha detto secondo quanto riferisce l'agenzia Bloomberg, ''e' un evento lungamente atteso che rafforzera' le relazioni tra Russia e Ue''.

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