giovedì 24 novembre 2011

Federali.sera_24.11.11. In aceto anche il Portogallo.----L'agenzia di rating Fitch ha tagliato il rating del Portogallo da BBB- a BB+, praticamente a livello spazzatura. L'outlook è negativo. Questo significa che sono possibili ulteriori downgrade.----Naturalmente lo sciopero danneggia gli utenti, e non tutti sono d’accordo sull’idea stessa di uno sciopero in piena crisi. Ma i portoghesi dimostrano una certa pazienza.

LA NUOVA SARDEGNA - Trasporti e infrastrutture: Il superministro Passera rimescola le carte
Fitch taglia il rating del Portogallo a livello spazzatura
Portogallo: sciopero generale, Paese fermo
Kiev si allontana dall’Europa



LA NUOVA SARDEGNA - Trasporti e infrastrutture: Il superministro Passera rimescola le carte
24.11.2011
Vuole chiudere il caso Tirrenia e dare un nuovo ruolo ad Alitalia
CAGLIARI. «No frills», senza fronzoli, come i viaggi low cost. La nuova continuità territoriale, aerea e marittima, sarà così, ridotta all’essenziale, per volontà del superministro allo sviluppo e ai trasporti, Corrado Passera, sempre più deciso a rimescolare le carte. Quali soluzioni tirerà fuori lo squadrone di Palazzo Chigi è un mistero. Ma ci sono due aspetti, legati ai trascorsi del ministro, a confermare che il «rimescolamento» ci sarà. Traghetti. Passera da sempre è uno sponsor sfegatato delle privatizzazioni e dunque non può sopportare che la Tirrenia sia ancora in bilico. Il governo Berlusconi gli ha lasciato in eredità un contratto di vendita, da luglio la compagnia è entrata nell’orbita degli armatori napoletani Aponte, Grimaldi e Onorato, che da allora ha scatenato molte polemiche e anche l’intervento dell’Unione Europea, con una procedura d’infrazione in corso a carico dell’Italia. Ebbene, da Roma rimbalza, con insistenza, la voce che «prima della fine dell’anno la Tirrenia, intesa come flotta e personale, dovrà uscire completamente dalla voce costi per lo Stato». Dunque, prima della decisione della commissione antitrust europea, la sentenza è attesa per dicembre o al più tardi gennaio, Passera vorrebbe chiedere agli armatori di ridiscutere buona parte delle clausole inserite nell’accordo di quest’estate. A cominciare dai contributi promessi (adesso alla verifica di Bruxelles) dal governo Berlusconi a favore di chi ha comprato. Sono 72 milioni e mezzo per otto anni, con una moltiplicazione che se sarà confermata nei numeri, costringerà lo Stato a sborsare 200 milioni in più di quelli (380) incassati dalla vendita. Soldi, quelli dei napoletani, in buona parte ancora virtuali visto che dopo l’acconto la «Compagnia italiana» ha vincolato il saldo proprio all’arrivo o meno dei contributi statali. Insomma, quella che da tutti è stata bollata come una svendita non rientrerebbe più nei piani di Corrado Passera, perché il governo dei professori non è disposto a regalare niente a nessuno. Aerei. L’attuale ministro non è soltanto un fautore delle privatizzazioni, ma anche uno sponsor storico «della vendita delle società di Stato alle imprese italiane». Il meglio di sé, in questo campo, lo ha dato nel 2008, quando da amministratore delegato di Banca Intesa-San Paolo, si schierò al fianco della cordata italiana (Colaninno-Sabelli-AirOne) per l’acquisto dell’Alitalia. Alitalia che all’epoca interessava molti e soprattutto Air France. Spinto dal fatto che allora la sua banca era al primo posto nella lista dei creditori della vecchia compagnia, Passera fu deciso nel dire: «I francesi non avranno mai la maggioranza della nostra compagnia di bandiera». Discesa in campo che, all’epoca, fece molto comodo oltre che a Berlusconi, manovratore politico di quel salvataggio fatto in casa, al Gruppo Intesa. E infatti, con un’operazione chirurgica, i molti miliardi di debiti della vecchia Alitalia furono scorporati dalla privatizzazione e stornati sullo Stato, con l’istituto di credito a quel punto garantito dalla consistenza economica del nuovo debitore, lo Stato appunto. Che c’entra quest’operazione con la continuità territoriale aerea? È presto detto: difficilmente Passera metterà i bastoni fra le ruote all’Alitalia di Colaninno, in cui ha anche diverse azioni e che proprio grazie ad alcuni voli da e per l’isola è riuscita a raddrizzare i suoi bilanci. Proprio di recente la stessa Alitalia ha fatto sapere che se in Sardegna non ci saranno i milioni delle compensazioni a gennaio difficilmente parteciperà alla gara, ma allo stesso tempo ha ribadito che a quei voli redditizi non vuole rinunciare. Alle preoccupazioni di questa compagnia adesso in mano ai privati, si dice che Passera avrebbe già risposto: «Tranquilli, quei milioni ci saranno». (ua)

Fitch taglia il rating del Portogallo a livello spazzatura
L'agenzia di rating Fitch ha tagliato il rating del Portogallo da BBB- a BB+, praticamente a livello spazzatura. L'outlook è negativo. Questo significa che sono possibili ulteriori downgrade. Moody's ha già declassato quest'estate a livello di investimento speculativo il debito portoghese mentre S&P assegna il giudizio BBB-.
La scelta di Fitch arriva dopo che l'agenzia ha concluso l'analisi dell'economia lusitana iniziata nell'aprile di quest'anno. Secondo il comunicato dell'agenzia, «gli elevati squilibri fiscali, l'alto livello di indebitamento in tutti i settori e l'outlook macroeconomico avverso non sono più coerenti con un rating a livello di investment grade». Il rating sul debito sovrano del Portogallo scende dunque nella categoria non-investment, o "junk".
 24 novembre 2011

Portogallo: sciopero generale, Paese fermo
24/11/11 12:53 CET
Potrebbe essere il più grande sciopero della storia portoghese: trasporti e servizi pubblici sono praticamente paralizzati in tutto il Paese, nelle prime ore del mattino la partecipazione sembrava massiccia e anche nel settore privato le adesioni non sembrano deludere le attese dei sindacati.
Lo sciopero è stato proclamato contro i tagli richiesti da Europa e Fondo Monetario, in cambio del piano d’aiuti da 78 miliardi di euro.
“Abbiamo indicazioni di una buona adesione nel Paese… Anche dalle aziende private stiamo ricevendo informazioni su una grande adesione, che è necessaria”
Naturalmente lo sciopero danneggia gli utenti, e non tutti sono d’accordo sull’idea stessa di uno sciopero in piena crisi. Ma i portoghesi dimostrano una certa pazienza.
“I lavoratori hanno il diritto di scioperare, ma naturalmente questo causa molti problemi… e ci sono molti manager che ne traggono vantaggio. Ma noto che non ci sono molte persone in attesa per i servizi pubblici”
Ampiamente preannunciata, l’agitazione ha colto pochi de sorpresa: anche all’aeroporto internazionale di Lisbona, dove qualche viaggiatore straniero è rimasto bloccato. Su 140 voli previsti dalla compagnia portoghese Tap, 121 sono stati cancellati. Mantenuti solo i voli per le isole Azzorre ed altri collegamenti vitali per il Paese.

Kiev si allontana dall’Europa
24 novembre 2011
Stefano Grazioli
Realtà o percezione, gli ucraini vedono un peggioramento delle relazioni tra il loro Paese e il Vecchio Continente. Ma la maggioranza vuole ancora seguire la strada verso Bruxelles
È ormai quasi due anni (si è insediato nel febbraio 2010) che Victor Yanukovich è presidente dell`Ucraina. Allora sconfisse la sua rivale di sempre Yulia Tymoshenko, la pasionaria della rivoluzione arancione che nel 2004 lo aveva costretto a rimangiarsi la vittoria guadagnata coi brogli ed era salita al potere insieme con Victor Yushchenko. Lui alla Bankova, lei sulla poltrona di primo ministro. Sappiamo come è andata a finire.
Ora il tavolo si è capovolto e la Tymoshenko siede addirittura dietro le sbarre. Gli ucraini hanno vissuto gli ultimi anni con un certo distacco e soprattutto con una buona dose di disillusione. Che l’ex premier sia andata in gattabuia dopo un processo politico è una realtà indiscutibile, almeno per oltre la metà della popolazione. Secondo un recente sondaggio della Deutsche Welle il 52% degli ucraini ritiene che la Tymoshenko sia stata condannata per motive politici, mentre il 37% pensa che il procedimento sia stato regolare (il 17% non si é espresso). Di fronte al destino di Yulia però non ci sono state rivolte popolari come qualcuno magari si aspettava, perché i problemi delle gente sono altri e non riguardano le vendette politiche tra chi nel Paese ha fatto il bello e cattivo tempo nello scorso decennio.
Le tendenze autoritarie, manifestatesi soprattutto nella presidenza di Yanukovich e, tra esse, il processo Tymoshenko rappresenta l’esempio più eclatante, sono considerate una questione da temere solo per il 14% della popolazione. Stando al suddetto sondaggio gli ucraini hanno molto più paura di perdere il lavoro (45%) che del giro di vite dell’élite al potere contro gli avversari politici. Il più grande timore degli ucraini (51%) è quello di non poter fornire un futuro migliore ai propri figli. I maggiori problemi del Paese sono infatti quelli economici (71%) e la corruzione (57%), solo in secondo piano ci sono le violazioni dei diritti umani (31%), i deficit democratici (10%) o la mancanza di libertà di stampa (2%).
Le ricerche mostrano insomma una certa rassegnazione di fronte ai movimenti politici interni e internazionali, con una nota di pessimismo per questi ultimi, per quel che concerne l’Europa. Il 44% degli ucraini vede un peggiormento delle relazioni tra Kiev e Bruxelles sotto Yanukovich, mentre il 22% pensa che le cose invece vadano meglio rispetto a prima (il 34% non giudica).
Un dato di fatto è che l’Ucraina in questo periodo ha fatto da un lato molti passi in avanti sulla strada per Bruxelles portando avanti le trattative sull’Accordo di associazione come non era stato fatto in precedenza, dall’altro con il processo Tymoshenko Yanukovich si è creato da solo qualche ostacolo. Il prossimo summit previsto a dicembre 2011 servirà a chiarire qualche elemeno in più. Intanto il sondaggio della Deutsche Welle indica che rispetto al 2010 la percentuale di ucraini che vogliono subito entrare nell’Unione è scesa dal 67% al 54% (il 22%  è contro l’ingresso).

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