sabato 26 novembre 2011

Federali.sera_26.11.11. Padani, bastardi e senza gloria.----Terre Joniche. De Filippo e Gentile, inoltre, hanno ricordato la pervicace e cieca volontà dell’ex Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, e dei suoi collaboratori, che aveva bloccato il decreto.----Svizzera, Fabrizio Fazioli: La crisi sta in fondo mettendo a nudo un difetto originario della creazione dell’euro, ossia un’unione monetaria senza contropartita di bilancio. Federalizzando la moneta si è lasciata completa libertà ai membri dell’Unione di condurre la politica di bilancio che meglio conveniva loro.di condurre la politica di bilancio che meglio conveniva loro.

Dal Governo 14,5 milioni per Metapontino
Svizzera. Gli zeri di troppo
Svizzera. Grossi ostacoli per gli accordi fiscali Rubik
La crisi dell'Eurozona e l'ipotesi crollo



Dal Governo 14,5 milioni per Metapontino
POTENZA – Il Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Monti, ha firmato l’ordinanza che riconosce lo stato di calamità naturale per le zone del Metapontino che subirono forti danni in occasione dell’alluvione verificatasi il primo marzo scorso.
Lo si è appreso in serata a Potenza dall’ufficio stampa della giunta regionale della Basilicata, che ha precisato che ora nella zona potranno essere utilizzati fondi pari a 14,5 milioni di euro per gli interventi di emergenza e il ripristino delle infrastrutture.
Il presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo, e l'assessore alle infrastrutture, Rosa Gentile, hanno definito la firma dell’ordinanza “una buona notizia” e hanno ricordato il netto rifiuto della Regione ad una “tassa sulle disgrazie” per soccorrere le aree danneggiate. De Filippo e Gentile, inoltre, hanno ricordato la “pervicace e cieca volontà” dell’ex Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, e “dei suoi collaboratori, che aveva bloccato il decreto. Nell’evidenziare la “grande azione che la Basilicara ha saputo” realizzare, i due amministratori hanno spiegato che, dei 14,5 milioni di euro disponibili, 7,5 proverranno dalla Regione grazie ai fondi Fesr. Per quanto riguarda i fondi “per ristorare i danni lavoriamo - hanno concluso De Filippo e Gentile – su un orizzonte europeo, sapendo di avere finalmente il Governo al nostro fianco”.

Svizzera. Gli zeri di troppo
di Fabrizio Fazioli - 11/26/2011
L’euro ha fallito nel suo intento di unire. Gli sforzi per salvarlo potrebbero addirittura dividere l’Europa, o fragilizzarla più che rafforzarla. Riaffiora insomma al suo interno una vecchia linea di demarcazione monetaria, in corrispondenza grossomodo della linea delle Alpi, al di sopra della quale le monete prima dell’U-nione erano forti, pesanti e senza zeri, come il marco tedesco, il franco svizzero, quello francese, la lira inglese, il fiorino olandese o la corona danese; al di sotto invece della quale c’erano gli scomodi e deboli zeri della lira italiana, in compagnia della peseta spagnola, dell’escudo portoghese, della dracma greca.
Erano gli zeri di tutti gli inciampi valutari, delle decine di svalutazioni che via via avevano accompagnato le crisi e le inadempienze dei rispettivi Paesi. De Gaulle, per non cadere sotto la riga, avvertì già negli anni Cinquanta tutto l’imbarazzo politico e l’inutilità di quegli zeri e se ne fece una ragione. Con un sol tratto di penna depurò il suo vecchio franco di tutti gli zeri di troppo (ciò che non evitò tuttavia ai francesi altre svalutazioni). Si trattava all’epoca di promuovere artificialmente il franco a un tenore più elevato per utilizzare la nuova moneta, solo apparentemente più forte, quale biglietto da visita psicologico da contrapporre allo strapotere del dollaro di quegli anni. L’Italia, anni dopo, con uno dei tanti governi, capeggiato per l’occasione dal democristiano Giovanni Goria, tentò di fare altrettanto, credendo di sottrarsi all’onta degli zeri, ma non fu ascoltato né capito.
Oggi quella stessa identica spaccatura riappare, con la sola differenza che in un’unione monetaria, anziché usare l’arma della svalutazione, si è costretti a usare quella del debito pubblico. La crisi sta in fondo mettendo a nudo un difetto originario della creazione dell’euro, ossia un’unione monetaria senza contropartita di bilancio. “Federalizzando” la moneta si è lasciata completa libertà ai membri dell’Unione di condurre la politica di bilancio che meglio conveniva loro. Si sono fissate delle norme, certo, in materia di finanze e di debito pubblico, si sono persino stabilite delle sanzioni per i contravventori, ma i cosiddetti grandi fondatori, come Germania e Francia, sono stati i primi a violare impunemente le regole. Si credeva in una convergenza naturale all’interno stesso della zona euro. Si è invece peccato di ingenuità politica e di “angelismo” monetario. Se si vuole una moneta comune occorrono delle politiche comuni e armonizzate di bilancio. È il prezzo della moneta unica e dei suoi numerosi vantaggi. Non si può avere gli uni senza le altre. Ci sarebbe da dire anche dell’altra cortina che ancora separa l’Ovest dall’Est: ha cominciato la Slovenia a uscire abbondantemente dai parametri di Maastricht, ora è l’Ungheria a chiedere aiuto al Fondo monetario, nell’attesa di una difficile adesione all’euro. Insomma, delle fragili Europe in un’Europa che si vuole unitaria e che non annunciano nulla di buono.

Svizzera. Grossi ostacoli per gli accordi fiscali Rubik
Di Mattew Allen, swissinfo.ch
Rischiano di concludersi con un fiasco gli sforzi della Svizzera di isolare i membri dell'Unione europea con accordi fiscali improntati sul cosiddetto modello Rubik. Ne sono convinti alcuni esperti legali.
 La Commissione europea ha minacciato la Germania e la Gran Bretagna di portarle in tribunale se non modificano gli accordi fiscali conclusi bilateralmente con la Svizzera. Un incontro previsto venerdì tra la ministra elvetica delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf e il commissario europeo alla fiscalità Algiridas Semeta non ha avuto luogo.
Il modello Rubik offre agli stati contraenti il versamento di un'imposta alla fonte, prelevata sui redditi di capitali (interessi, dividendi, guadagni di capitali…) depositati in banche in Svizzera da clienti domiciliati nel loro paese. L'identità dei clienti resterebbe però anonima. In questo modo i paesi interessati ricupererebbero tasse evase e la Svizzera preserverebbe il segreto bancario.
La mossa elvetica mira a neutralizzare la strategia dell'UE di costringere la Svizzera a uno scambio automatico di informazioni nell'assistenza in indagini su evasione fiscale. La Svizzera, infatti, si oppone a un trasferimento di dati che possa violare le norme sul segreto bancario, che costituisce un importante vantaggio per le sue banche private.
Nei mesi scorsi, la Svizzera ha messo a segno due colpi importanti, convincendo Berlino e Londra a siglare gli accordi fiscali con Berna e dunque a distanziarsi da Bruxelles. Ma l'opposizione politica in Germania e la minaccia di un'azione legale da parte della Commissione europea hanno messo in forse i due trattati.

Insidie future
Non ci sono problemi legali con l'elemento retroattivo del sistema Rubik, che costringe le banche svizzere praticamente a restituire mancati introiti fiscali, secondo Thomas Cottier, professore di diritto economico internazionale ed europeo all'università di Berna. Ma accettando versamenti futuri invece dei dati dei clienti, Gran Bretagna e Germania sembrano infrangere le linee direttive dell'UE.
"Gli Stati membri dell'UE sono legittimati a trattare su questioni del passato, ma vanno incontro a problemi se si impegnano ad escludere lo scambio di informazioni in futuro", spiega a swissinfo.ch Cottier.
Il professore universitario paragona la minaccia di Bruxelles di tradurre la Gran Bretagna e la Germania dinanzi alla Corte di giustizia europea (CGE) alla lotta tra le compagnie europee e quelle americane sui trattati sullo spazio aereo all'inizio del millennio.

Test di strategia di nicchia
La CGE ha stabilito nel 2002 che, per assicurarsi le rotte attraverso lo spazio aereo europeo, le compagnie aeree dovevano negoziare con l'UE nel suo insieme e non con i singoli Stati membri. A seguito della sentenza, si sono dovuti cestinare otto accordi aerei bilaterali tra compagnie aeree statunitensi e Stati membri dell'UE.
Cottier ritiene che lo stesso potrebbe succedere con gli accordi fiscali bilaterali con la Germania e la Gran Bretagna. Se ciò accadesse, potrebbe essere compromessa l'attuale strategia della Svizzera di stare con "un piede dentro e uno fuori" dall'UE, mantenendo la propria sovranità e firmando accordi bilaterali specifici.
"Questo caso potrebbe mostrarci i limiti della politica di nicchia della Svizzera", osserva Cottier. "Dunque, per la Svizzera potrebbe diventare sempre più difficile nuotare contro corrente, se la sua via solitaria nella conduzione degli affari reca danni ad altri".
La Svizzera ha d'altra parte le mani legate, a causa del suo sistema federalista, nell'ambito di un lungo contenzioso con l'UE: quello dei cantoni che accordano agevolazioni fiscali, su guadagni conseguiti all'estero, a società internazionali con sede nel loro territorio.
Intanto la minaccia di un'azione legale da parte di Bruxelles potrebbe far naufragare i negoziati tra la Svizzera e la Grecia in vista di un accordo fiscale analogo a quello concluso con Germania e Gran Bretagna. L'Italia ha manifestato il proprio interesse, mentre la Francia questa settimana ha ufficialmente chiuso la porta, dicendo che sarebbe in conflitto con il suo interesse di rintracciare e punire gli evasori fiscali.

Il segreto non scompare
In una recente intervista, il segretario permanente per le tasse presso l'Agenzia britannica delle entrate Dave Hartnett ha detto che l'accordo Rubik costituisce il miglior compromesso possibile.
"Non credo che esso dia scampo ai frodatori, perché in ogni caso non sarebbero stati catturati", ha commentato. "Non crediamo che il segreto bancario in Svizzera scomparirà nel prossimo futuro. Di certo non nei prossimi dieci anni", ha aggiunto l'alto funzionario.
"Quindi quello che stiamo facendo è riscuotere imposte di persone che non abbiamo potuto identificare. E in un momento in cui la nostra nazione ha un deficit, ciò sembrava una cosa molto sensata". Non bisogna dimenticare che si ritiene che quattro britannici su cinque con un patrimonio in Svizzera siano evasori fiscali, ha detto Hartnett.
Anche se, a differenza della Germania, in Gran Bretagna sembra esserci poca opposizione politica all'accordo fiscale, le autorità fiscali britanniche non dormono sugli allori.
L'erario del Regno Unito ha inviato una lettera a circa 6'000 titolari di patrimoni presso la filiale ginevrina della banca HSBC sospettati di essere evasori fiscali ingiungendo loro di mettersi in regola con il fisco. In caso contrario andranno incontro a sanzioni. I destinatari di queste lettere hanno ricevuto 35 giorni di tempo per rispondere.
Si suppone che le informazioni ottenute dalle autorità britanniche provengano da un CD rubato alla HSBC dal suo ex dipendente Hervé Falciani.
Mattew Allen, swissinfo.ch
(Traduzione dall'inglese: Sonia Fenazzi)

La crisi dell'Eurozona e l'ipotesi crollo
«Grandi banche preparano piano B»
I maggiori istituti di credito al mondo esaminano la possibilità di una disintegrazione dell'area euro
MILANO - Le maggiori banche al mondo si preparano a quello che, fino a poco fa, sembrava impensabile: la disintegrazione dell'area euro. Lo riporta il New York Times, sottolineando che molti istituti di credito, quali Merrill Lynch, Barclays Capital e Nomura hanno pubblicato decine di rapporti in settimana nei quali esaminano la possibilità di una disintegrazione dell'area euro. Nel Regno Unito, Royal Bank of Scotland mette a punto piani di emergenza nel caso in cui l'impensabile diventi realtà. Negli Stati Uniti le autorità di regolamentazione spingono le banche, fra le quali Citigroup, a ridurre la loro esposizione verso l'area euro. «Le banche in Francia e in Italia non stanno mettendo a punto piani di emergenza perché hanno concluso che una disintegrazione dell'area euro è impossibile» evidenzia il New York Times. TUI, il gigante del turismo tedesco, ha di recente spedito una lettera alle catene alberghiere della Grecia chiedendo che i contratti vengano rinegoziati in dracme per tutelarli da eventuali perdite se la Grecia uscisse dall'euro. Secondo un sondaggio di Barclays Capital su 1.000 clienti, la metà ritiene che almeno un paese lascerà l'area euro, il 35% ritiene che sarà solo la Grecia e uno su 20 ritiene che tutti i paesi della periferia dell'Europa usciranno il prossimo anno.
Redazione Online 26 novembre 2011 | 8:47

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