martedì 8 novembre 2011

Federali.sera_8.11.11. In Basilicata la storia e’ iniziata proprio cosi’, come in Sardegna.----Cagliari. Il progetto Sargas per la ricerca del gas naturale nell'Isola: Vantaggi per imprese e famiglie. E si prevedono risparmi per la bolletta energetica delle famiglie e delle attività industriali tra il 25 e il 35% rispetto alle fonti tradizionali. Ci sono poi idiritti di produzione, ovvero le royalty riconosciute alla Regione Sardegna in base alla legge regionale 20 del 1959: si parla del 10% proporzionale alla produzione annua, una cifra compresa quindi tra 1 e 3 milioni di euro all'anno per 20 anni..----Palermo, Rosario Battiato: L’anno in corso sarà ricordato per gli annunci del Governo nazionale sul settore: dalla diminuzione degli incentivi sul Conto Energia alla richiesta di perequazione del fotovoltaico a vantaggio del Nord.

Energia: Saras; c'e'gas metano in Sardegna, via trivellazioni
L'UNIONE SARDA - Economia: La Saras va a caccia di metano
LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Un giovane su due è senza lavoro
Roma oscura il sole siciliano
Vendola vola in Cina e «vende» la Puglia
Strategia globale del G20 per la crescita e l'occupazione - 07/11/2011
Svizzera. Oggi per Berlusconi l'ora della resa dei conti



Energia: Saras; c'e'gas metano in Sardegna, via trivellazioni
Societa' investe svariati mln euro, produzione dal 2013
07 novembre, 13:21
(ANSA) - CAGLIARI, 7 NOV - Gas naturale nel sottosuolo della Sardegna: lo indicano studi e ricerche finanziate dalla Saras dei fratelli Moratti che nel progetto ha investito svariati milioni di euro, piu' di 10 gia' spesi per le indagini preparatorie. Due le aree individuate dopo una 'radiografia' del terreno con 700 chilometri lineari di rilievi: una nell'Oristanese (concessione Eleonora), l'altra nel Campidano di Cagliari (Igia). Entro l'estate 2012 pozzo esplorativo, se c'e' il metano produzione dal 2013. Stime di 150 mln di mc all'anno per 20 anni: coperto fabbisogno provincia Oristano. (ANSA).

L'UNIONE SARDA - Economia: La Saras va a caccia di metano
08.11.2011
Il progetto Sargas per la ricerca del gas naturale nell'Isola: «Vantaggi per imprese e famiglie» Entro la fine dell'anno ad Arborea partiranno le trivellazioni Un pozzo lungo 3000 metri e profondo altri 2800. A firma Saras. Obiettivo: accertare la presenza di gas naturale, già “radiografato” nel corso degli ultimi anni attraverso studi e ricerche. Area interessata: Arborea, nell'Oristanese. Il permesso (o concessione) prende il nome dal giudice di quello che fu appunto il regno d'Arborea, “Eleonora” e riguarda l'area sud dello stagno di S'Ena Arrubia (a circa 5 chilometri dall'abitato). Lì dovrebbe sorgere il pozzo. Lì i dati elaborati e interpretati con le ultime e più sofisticate tecnologie hanno evidenziato la presenza di un potenziale accumulo di metano nel sottosuolo che, se confermato, potrebbe soddisfare i bisogni locali per circa 25 anni. Sargas, questo il nome della società e del progetto (che oltre all'Oristanese, in futuro, riguarderà anche il Campidano di Cagliari, con il permesso “Igia”), è stato presentato ieri nella sede di Confindustria del capoluogo. Con due obiettivi: avviare la campagna di informazione sull'opera, rendere note direttrici e dati e rispondere a chi ha sovrapposto il progetto della famiglia Moratti con il ben più noto metanodotto Galsi. «Si tratta di un progetto sinergico e complementare che, in futuro e una volta accertata la presenza di gas tale da avviare la fase di produzione, non esclude forme di collaborazione con il Galsi», ha precisato Antioco Maria Gregu, responsabile di Sargas.
I TEMPI Intanto, essendo la conoscenza del sito oristanese in fase avanzata, è possibile dettare l'agenda. «Prima di Natale contiamo di avere le autorizzazioni per la realizzazione del pozzo esplorativo - ha spiegato Gregu - e nei successivi 6 mesi si procederà con l'acquisizione di beni e servizi per cominciare la perforazione entro l'estate 2012». Nel dettaglio, spiega sempre il responsabile di Sargas, «due mesi serviranno per completare i lavori e altri due per stabilire se c'è effettivamente il gas». Partendo da un presupposto, sottolineato anche dal geologo Giulio Casula e dal direttore delle relazioni esterne di Saras (anche vicepresidente di Confindustria Sardegna) Stefano Filucchi: se il pozzo non dovesse garantire i risultati sperati, lo stato del luogo tornerà alle sue naturali condizioni. Nel caso specifico, alla produzione di foraggio.
LA PRODUZIONE STIMATA A regime, si stima una produzione tra 1 e 3 miliardi di metri cubi, circa 150 milioni di metri cubi all'anno per più di 20 anni. E si prevedono risparmi per la bolletta energetica delle famiglie e delle attività industriali tra il 25 e il 35% rispetto alle fonti tradizionali. Ci sono poi i “diritti di produzione”, ovvero le royalty riconosciute alla Regione Sardegna in base alla legge regionale 20 del 1959: si parla del 10% proporzionale alla produzione annua, una cifra compresa quindi tra 1 e 3 milioni di euro all'anno per 20 anni. ( e. z. )

LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Un giovane su due è senza lavoro
08.11.2011
L’indice di povertà supera il 24 per cento, siamo all’emergenza Il segretario della Cisl Gavino Carta: «Infrastrutture, istruzione, coesione sociale per uscire dalla crisi» SASSARI. Il territorio è ormai da tempo sotto la soglia di emergenza. Gli indicatori sono drammatici. Cresce la povertà, con un indice che supera il 24 per cento; un giovane su due non ha un lavoro; i disoccupati sfiorano le 50mila unità, mentre sono oltre 23.000 i cosiddetti inoccupati, quelli che il lavoro l’hanno cercato e non l’hanno mai avuto neppure per un’ora, oppure la loro attività è da annoverare nelle statistiche del lavoro nero. Un territorio che non vede prospettive, dove si registra una contrazione degli investimenti, con un’industria ormai evanescente, un’agricoltura che arranca, le banche che finanziano sempre meno le intraprese, l’edilizia che in due anni ha perso il cinquanta per cento degli addetti. Cassa integrazione e mobilità sono spesso le poche entrate di molte famiglie. Un contesto di crisi che trascina inevitalmente nell’incertezza anche il settore terziario, su cui si è da sempre basata l’economia di Sassari; non ci soldi, la moneta non gira, i consumi si contraggono, i negozi chiudono. Tutto cade in un vortice pericoloso, da cui non si riesce a intravedere una luce. Il quadro è piuttosto deprimente. E il territorio si ribella. Venerdì prossimo i sindacati territoriali Cgil, Cisl, Uil chiamano a raccolta lavoratori, disoccupati, pensionati, giovani e donne per lo sciopero generale della Sardegna. Per protestare contro le misure economiche inique del governo e contro la Regione che non si è mostrata in grado di affrontare la gravità della situazione sarda. Secondo le ultime rilevazioni del Centro Servizi per il lavoro di Sassari, il nostro territorio registra un totale di 48.521 disoccupati, 25.495 maschi e 23.026 femmine; un totale di 23.604 inoccupati, di cui 8.219 maschi e circa il doppio di femmine (15.385). E ancora, sono 4329 i lavoratori in mobilità e 1081 i cassintegrati in deroga. «Sono dati allarmanti - commenta Gavino Carta, segretario generale della Cisl di Sassari -. L’area di crisi, quella che una volta veniva indicata come triangolo industriale Sassari-Alghero-Porto Torres, non riesce a trovare sbocchi. Non si sono creati i presupposti per dare un futuro ai nostri giovani. Basti pensare che a Sassari il tasso di disoccupazione giovanile, dati Istat, è del 49,9 per cento per ragazzi tra i 15 e i 24 anni e del 17,2 per cento per i 25/34enni. Un record negativo che peggio di noi vede il Sulcis Iglesiente. Significa che la politica è distante anni luce dalla realtà in cui si trovano le famiglie spesso monoreddito che hanno in casa figli laureati o comunque con alta scolarizzazione che cercano inutilmente un’occupazione». A questi si aggiungono i giovani che non hanno fatto alcun percorso di formazione e istruzione e che denunciano il loro disagio sociale. «Noi chiediamo un patto per il lavoro giovanile; qui non ci sono prospettive - dice ancora Gavino Carta -. I ragazzi sono disorientati, quando possono vanno via e non possiamo recriminare se non ritornano per mettere al servizio di questo territorio la loro professionalità». Occorrono misure adeguate per contrastare il fenomeno e disegnare un futuro. «Il piano straordinario per il lavoro, varato dalla Regione, è rimasto lettera morta - commenta ancora Gavino Carta -. Dalle nostre parti l’unico progetto di cui si parla è quello della chimica verde. Vedremo, ma non basta. Le infrastrutture cedono: alla fine del prossimo anno il 1º e 2º gruppo della termocentrale di Fiume Santo saranno spenti, sessanta persone andranno in Cig e altrettante dell’indotto saranno fuori produzione. Nel frattempo, manca un sistema di regole e di garanzie sul piano energetico e resta l’incerto sul quinto gruppo che E.On dovrebbe costruire». A questo si aggiunge Trenitalia che non investe, che non realizza il dente d’attracco merci a Porto Torres, causando disagio nei trasporti con costi superiori del 20 per cento rispetto a quelli dove la ferrovia funziona. C’è ancora altro nella crisi del territorio: si chiama sanità pubblica e privata e assistenza sociale. La scure dei tagli si abbatte anche su questi settori delicati e intanto si dibattono nell’incertezza strutture socio-sanitarie di eccellenza come il «San Giovanni Battista» di Ploaghe. Insomma, infrastrutture, istruzione e coesione sociale: senza questi elementi fondamentali è davvero difficile superare la crisi. Investire nel welfare, correggere le distorsioni del mercato: «Uno Stato che non pensa agli ultimi, ma soltanto ai primi - commenta amaro il segretario della Cisl - cancella il Paese dalle sue scelte».

Roma oscura il sole siciliano
di Rosario Battiato
Energia. Andamento in affanno per gli impianti verdi.
Trend. Secondo stime raccolte da più fonti, nel 2011 in Sicilia le domande per nuovi impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili sono diminuite, mentre la Regione finalmente smaltisce l’arretrato.
Causa. L’anno in corso sarà ricordato per gli annunci del Governo nazionale sul settore: dalla diminuzione degli incentivi sul Conto Energia alla richiesta di perequazione del fotovoltaico a vantaggio del Nord.
PALERMO - La Sicilia potrebbe soddisfare la sua domanda interna di energia elettrica semplicemente con la produzione da rinnovabili. Allo stato dei fatti, però, gli obiettivi di questa autosufficienza verde sono abbastanza lontani. La responsabilità è stata in passato della Regione che ha burocraticamente ritardato le concessioni per gli impianti, ma adesso il nuovo corso targato Giosuè Marino ha rilanciato le conferenze di servizio e i numeri cominciano a dargli ragione. Il problema si è spostato a Roma, dove le gaffe rinnovabili si ripercuotono pesantemente sul sistema delle rinnovabili.
 La polemica della scorsa primavera sugli incentivi, ad esempio, ha fatto crollare in due mesi gli investimenti del 70% in Sicilia. In generale il 2011 è stato un anno meno produttivo del 2010, e per la Sicilia, che sulla green economy vuole costruire parte del suo futuro, preoccupa la disorganizzazione del governo centrale. (continua)
Articolo pubblicato il 08 novembre 2011

Vendola vola in Cina e «vende» la Puglia
Missione del governatore con gli imprenditori
Si punta al business su energia, edilizia e ambiente
BARI - Nichi Vendola vola in Cina per la seconda volta da quando è presidente della Regione. Parte con l’intento di «aprire un varco istituzionale» con due popolose e importanti province meridionali della Cina: il Guandong e lo Zhejiang. Tuttavia il governatore, e la delegazione di imprenditori pugliesi che egli accompagna, dovranno fare molto di più: tentare di spostare la bilancia commerciale che nei primi sei mesi del 2011 ha visto arretrare le esportazioni pugliesi e aumentare le importazioni. Non solo economia, nella visita troverà spazio anche la politica: il governatore pugliese incontrerà oggi Wang Yang, influente segretario del Partito comunista del Guandong, in predicato di raccogliere l’eredità politica di Hu Jintao, leader del partito e presidente della Repubblica. L’incontro di oggi segue e ricambia la visita compiuta da Wang Yang in Italia il 15 giugno scorso: il leader del Guandong incontrò solo il premier italiano e il governatore pugliese. Il che fu considerato, ai vertici della Regione, segno dell’attenzione con cui si guarda ad alcune tra le più felici esperienze della Puglia: soprattutto nel campo delle energie rinnovabili, dell’edilizia sostenibile e dell’ambiente.
Sono i tre settori che saranno al centro della missione di Vendola. Con la Puglia saranno presenti altre quattro Regioni (Emilia Romagna, Toscana, Marche e Veneto) e gli esponenti di quattro distretti pugliesi. Si tratta di quelli relativi ad Ambiente e Riuso (riunisce 189 imprese), Energia rinnovabile (334 società), Edilizia sostenibile (181 aziende), Energia (distretto tecnologico che promuove la ricerca nel comparto energetico). La visita rappresenta l’attuazione concreta del protocollo stipulato il 15 giugno da Yang e Vendola a Bari. L’intesa punta a favorire lo scambio di tecnologie, le opportunità di partnership, le opportunità di insediamento e di investimento (pugliesi in Cina e cinesi in Puglia). Sebbene il protocollo sia stato stipulato con il solo Guandong (104 milioni di abitanti), la missione riguarderà anche la provincia della Zhejiang (54 milioni di abitanti, poco meno della popolazione italiana). La visità toccherà i rispettivi capoluoghi (Canton e Hangzhou) e la capitale Pechino. Nel corso della missione si darà attuazione al progetto italiano denominato «Renewal» (Puglia-Emilia-Ministero affari esteri) che punta a promuovere gli scambi tecnologici e di business: l’attuazione è affidata all’Arti, agenzia regionale pugliese per la tecnologia e l’innovazione. Alla Puglia, inoltre, è affidato il coordinamento del programma governativo che coinvolge il Ministero degli Esteri e le Regioni nel rapporto con la Cina. Della delegazione pugliese fanno parte Francesco Manna, capo di gabinetto della Regione, e una delegazione di imprenditori. Distretti a parte, partecipano le baresi Geatecno, Selferg, Matrix, Pilot Atc, Fei Systems, Saem Energia e il consorzio tarantino Quadrifoglio (viaggiano a spese proprie e saranno ospitati dalle autorità locali). Spetterà soprattutto a loro convincere i rispettivi interlocutori cinesi della bontà dei prodotti pugliesi e tentare così di invertire i numeri della bilancia commerciale. È vero, infatti, che la Puglia incide fin qui in maniera marginale nelle relazioni economiche Italia-Cina. Tuttavia, il primo semestre 2011, non è stato confortante. La Puglia ha esportato in Cina merci per un controvalore di 32,5 milioni di euro (- 7,4% rispetto al 2010). Le importazioni sono quasi raddoppiate e sono arrivate a 360 milioni (+ 93% rispetto al 2010). Inoltre, la Cina si colloca oltre il ventesimo posto nella graduatoria dei principali partner della Puglia in base ai flussi esportativi e al quinto posto riguardo ai flussi di importazione. I settori che hanno contribuito maggioramentoe al risultato dell’export verso la Cina nel 2011, sono stati gli «articoli in pelle» (7 milioni di euro e un dimezzamento rispetto al 2010), mobili (solo 5 milioni, ma il doppio dell’anno scorso) e macchine e attrezzature (5,5 milioni, + 3,3%). La Cina è ancora tutta da scoprire.
Francesco Strippoli

Strategia globale del G20 per la crescita e l'occupazione - 07/11/2011
Le principali economie del mondo si impegnano a coordinare gli sforzi per rilanciare la crescita, favorire l'occupazione e regolamentare i mercati finanziari.
Al vertice tenutosi a Cannes, in Francia, il 3 e 4 novembre, i paesi del G20 hanno concordato un pacchetto di misure  per rilanciare la crescita globale.
Sono numerose le misure proposte dall'UE, fra cui l'impegno a perseguire l'equilibrio dei bilanci e migliorare le economie nazionali. In sintonia con questi obiettivi, il G20 ha accolto con favore il piano  dell'area dell'euro per risolvere la crisi del debito che interessa alcuni dei suoi membri.
I paesi del G20 faranno inoltre di più per ridurre la disoccupazione di lunga durata e gli effetti della globalizzazione sui lavoratori.

Più commercio
Promuovere il commercio internazionale è lo strumento chiave per rilanciare la crescita e creare posti di lavoro. I leader del G20, che hanno chiesto una più stretta collaborazione per ridurre le barriere commerciali ed evitare il protezionismo, auspicano che l'Organizzazione mondiale del commercio svolga un ruolo più incisivo nella risoluzione delle dispute fra paesi.
Inoltre, hanno invitato alcuni paesi a non fissare più i tassi di cambio delle loro valute nazionali a livelli eccessivamente bassi per favorire le esportazioni.

Prevenzione delle crisi
Anche la riforma dei mercati finanziari e la protezione degli investitori sono stati due importanti punti all'ordine del giorno. Fra le priorità: una migliore regolamentazione dei mercati dei derivati e il contenimento del rischio di insolvenza delle banche.
I grandi istituti che svolgono un ruolo di primo piano nel sistema finanziario globale saranno sottoposti a maggiore sorveglianza. I paesi del G20 propongono di regolamentare le attività di tipo bancario svolte da fondi di investimento, società assicurative e altri istituti.
Per ridurre il rischio sistemico per l'economia mondiale, i paesi del G20 sono pronti a mettere a disposizione del Fondo monetario internazionale (FMI) risorse supplementari. I nuovi programmi di finanziamento serviranno ad aiutare i paesi in difficoltà economiche.

Riduzione della povertà
I leader del G20 hanno invitato i governi a mettere in atto gli impegni assunti a proposito di aiuto allo sviluppo, sicurezza alimentare e cambiamenti climatici e hanno concordato che, con il tempo, sarà necessario trovare nuove fonti di finanziamento per assistere i paesi in via di sviluppo.
Una soluzione potrebbe essere l'applicazione di un'imposta globale sulle operazioni finanziarie, proposta dalla Commissione e appoggiata dalla Francia, il paese che ha ospitato il vertice.
Altre misure metteranno a disposizione nuove risorse per la ricerca agricola e stabilizzeranno i prezzi dei prodotti alimentari, soprattutto per i paesi a reddito basso.

Svizzera. Oggi per Berlusconi l'ora della resa dei conti
Silvio Berlusconi non si dimette, almeno non per il momento. Ieri mattina erano circolate indiscrezioni di un suo possibile addio, alimentate anche dalle dichiarazioni di diversi parlamentari e giornalisti a lui vicini. Ma è stato lo stesso premier a stopparle: «Sono destituite di ogni fondamento», ha detto il Cavaliere in una telefonata al quotidiano “Libero”. E in serata ha aggiunto: «Non siamo attaccati alla cadrega (sedia in lombardo, ndr) e sono convinto che domani avremo la maggioranza, per fare le riforme che anche l’Europa ci chiede e che servono a rilanciare l’economia».  Affermazione confermata dal capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto.
Rimane il fatto che nel pomeriggio di ieri una serie di incontri hanno tenuto aperta ogni ipotesi: la Lega Nord ha riunito il proprio stato maggiore; e successivamente a Villa San Martino lo stesso Berlusconi ha incontrato Roberto Calderoli, proveniente da via Bellerio (sede della Lega). Prima di lui aveva visto i figli Marina e Piersilvio, oltre al presidente di Mediaset Fedele Confalonieri e al suo avvocato, Niccolò Ghedini.
Non sono state rilasciate dichiarazioni né dai partecipanti al summit leghista né dai convenuti nella residenza brianzola del leader del Pdl. Alcune agenzie di stampa riferiscono però di tentativi di moral suasion da parte dei leghisti per un passo indietro a cui il Cavaliere avrebbe però risposto picche. Nella Lega c’è grande attesa per l’esito della votazione di oggi alla Camera sul rendiconto finanziario, che si annuncia essere il banco di prova per il Governo.
Il presidente del Consiglio chiede infatti la fiducia sulla lettera presentata all’UE e alla BCE, dichiarando di presentarsi in aula perché vuole «guardare in faccia i traditori», cioè quella rosa di parlamentari che hanno tempestivamente abbandonato il Pdl e potrebbero far cadere la maggioranza una volta di troppo. C’è , in effetti, l’incognita dei numeri: chi ha fatto i conti parla di 304 deputati ancora fedeli al premier alla Camera, un numero decisamente lontano dalla maggioranza assoluta di 316. Dopo l’uscita a sorpresa di Gabriella Carlucci dal Pdl verso l’Udc, ieri mattina Antonio Buonfiglio - ex esponente di governo di Fli recentemente entrato nella componente “Fare Italia”- ha spiegato che non voterà sul rendiconto «se diventa una conta sulla fiducia a Silvio Berlusconi». Stesso atteggiamento sarebbero pronti a tenere Adolfo Urso e Pippo Scalia, mentre Andrea Ronchi è fermo sul sì al rendiconto e ad un’eventuale fiducia.
Insomma, non è detto che gli stessi che voteranno il rendiconto, poi votino un’eventuale fiducia. La situazione è  delicata. Il premier comunque ha scelto: se anche dovesse non riuscire ad ottenere la maggioranza nel voto sul rendiconto di bilancio (in virtù di un gioco di astensioni delle opposizioni e dei “fuoriusciti” della maggioranza che farebbe comunque passare il provvedimento) non se ne sentirebbe indebolito.
Punterebbe invece ad ottenere la fiducia al Senato sulla legge di stabilità e sul maxiemendamento. Proprio qui divergono le opinioni tra chi dice, come Giuliano Ferrara, che il premier contestualmente annuncerebbe che si dimetterà un attimo dopo chiedendo le elezioni a gennaio, e chi invece lo nega
I giochi rimangono, dunque, ancora aperti. E Berlusconi dimostra di non voler mollare, nonostante i numeri risicati. In serata ha ribadito: «Non faremo mai un governo di larghe intese». Poi, la stoccatina a Giulio Tremonti, ministro dell’Economia: «Serve una maggioranza capace di fare le riforme costituzionali», perché «la prima riforma costituzionale necessaria è quella che dia al premier gli stessi poteri dei suoi colleghi europei, a cominciare dalla possibilità di imporre una linea al ministro dell’Economia, altrimenti non è un premier».
08.11.2011

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