martedì 20 dicembre 2011

Federali_mattino_20.12.11. Mò Bast - Si tratta di 73mila persone che non vogliono più saperne dei continui rincari imposti dalle compagnie assicurative e, si legge in una nota di Federconsumatori, delle discriminazioni in termini di costi delle polizze che penalizzano i meridionali per il solo fatto di essere tali.---- Sardegna: Dove, comunque, la cifra finale di questi lavoratori in uno stato di profondo disagio sfiora le 400mila unità, un quarto degli abitanti della Sardegna.----Il governo portoghese ha dovuto dispiegare l'esercito lungo l'autostrada A22 dell'Algarve, per evitare i continui atti vandalici contro i caselli, registrati dopo l'entrata in vigore del pedaggio, lo scorso 8 dicembre.----Bozen. La benzina in Austria e in Svizzera costa 30 centesimi in meno al litro e l'Alto Adige dispone un rimborso del 95%. Lo ha deciso la giunta provinciale. Il rimborso è modulato sulla base della distanza del luogo di residenza degli automobilisti dalla frontiera: chi risiede entro 10 chilometri dal confine si vedrà rimborsare il 95%, mentre il rimborso sarà del 70% per chi abita a 20 chilometri dall'Austria o dalla Svizzera.

«Mò Bast», settantamila firme contro il caro assicurazioni al Sud
LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Nel segno dell’incertezza un esercito di senza diritti
Bozen, oltrepadania. Crisi: la benzina in Austria costa meno, la Provincia rimborsa
Bozen, oltrepadania. Liberalizzazioni: l'Alto Adige «studia» Monti
Treviso, padania. Scatta la rivolta contro l'Imu «Non la faremo pagare»
Istat. Commercio con l’estero
Spagna, prestiti in sofferenza ottobre ai masssimi al 7,42%
Grecia: Industria pesante, misure disperate per sopravvivere
Portogallo: esercito a protezione caselli autostrada Algarve
Ticino/Svizzera. Dipendenti italofoni discriminati, Cassis interroga il governo
Russia. I dieci anni dei Bric
Il cammino della Russia nell’Ue



«Mò Bast», settantamila firme contro il caro assicurazioni al Sud
Federconsumatori Campania: «Petizione all'Ue, Napoli discriminata rispetto alle altre città italiane»
NAPOLI — Oltre 73.000 firme: è questo il traguardo raggiunto da Federconsumatori Campania in sei mesi di incontri, iniziative e propaganda «contro le discriminazioni territoriali fatte dalle assicurazioni nei confronti del Sud Italia» che hanno visto protagonista il movimento «Mò Bast». Sabato 17 dicembre nella sala Nugnes del Consiglio comunale di via Verdi sono state tirate le somme, in vista della presentazione della petizione il 20 dicembre a Bruxelles alla Commissione Europea.
Si tratta di 73mila persone che non vogliono più saperne dei continui rincari imposti dalle compagnie assicurative e, si legge in una nota di Federconsumatori, «delle discriminazioni in termini di costi delle polizze che penalizzano i meridionali per il solo fatto di essere tali». Durante questi mesi è stato ricordato più volte che, a parità di condizione «gli automobilisti e motociclisti di Napoli pagano anche il triplo rispetto ai milanesi, che dati Isvap alla mano commettono anche un numero maggiore di incidenti».
«Queste firme - dichiara il presidente Federconsumatori, Rosario Stornaiuolo - dimostrano che non siamo virtuali, ma virtuosi». Gli fa eco il vicario Francesco Avallone: «È la prima volta che i cittadini scendono in campo laddove i legislatori hanno fallito. Il settore delle assicurazioni ha di volta in volta svuotato gli strumenti messi in atto per combattere il fenomeno dei rincari Rc Auto dove le compagnie spadroneggiano. Ora, con questo movimento alle spalle, pronto a vegliare sulle regole e intervenire, tutto è diverso».
Dello stesso avviso l'assessore allo Sviluppo del Comune di Napoli, Marco Esposito, che da tempo perora l'iniziativa con tavoli organizzati ad hoc: «Questo movimento è una novità rispetto al passato, dove non c'era questa indignazione organizzata. È importante sapere, per le istituzioni, che dietro questa protesta ci sono i cittadini, diventano un punto di riferimento». L'assessore ricorda inoltre: «Gli attuali prezzi della Rc auto sono tali da costringere quanti obbligati, per lavoro o altro, a guidare, ad assumere comportamenti criminali. Non giustificati, sia chiaro, ma indotti da tariffe abnormi». All'incontro ha partecipato anche l'europarlamentare Pdl e presidente della Commissione europea per le petizioni Erminia Mazzoni: «L'appuntamento del 20 è l'occasione per far capire qualcosa in più all'Europa su quanto accade in Italia nel campo assicurativo. Segnalare a Bruxelles un principio di violazione della concorrenza mi permetterà di avviare un procedimento di messa in mora dell'Antitrust italiana».
Anche Andrea Cozzolino, europarlamentare Pd, concorda: «Con un dossier dettagliato daremo alla Commissione la possibilità di intervenire». «La delegazione che porterà le firme a Bruxelles sarà autofinanziata dal movimento — sottolinea Stornaiuolo — e sarà composta da tre nostri avvocati che sono l'anima di Mò Bast». Un gruppo di sole donne, Gabriella Gambardella, Elisa Daniele e Eloisa Capurro. Spetterà a loro presentare a Bruxelles le motivazioni e spiegare la rabbia dei 73mila indignati meridionali.

LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Nel segno dell’incertezza un esercito di senza diritti
19.12.2011
SASSARI. La contabilità del malessere contenuta in questo infinito cahier de doleances potrebbe continuare. D’altronde lo sfruttamento di migliaia di condizioni deboli è chiarissimo in una regione come l’isola. Dati che fanno riflettere emergono dalle statistiche dei Centri provinciali per il lavoro nell’isola. A questi enti sono iscritti i disoccupati, tutti coloro che non hanno un’occupazione stabile oppure ne hanno una che dà un reddito inferiore agli 8mila euro all’anno. Questi centri fanno quel che possono, insieme con l’Agenzia regionale che fa capo all’amministrazione sarda, per tentare di dare una risposta all’esercito dei senza diritti. A Sassari il Centro provinciale è guidato con scrupolo da Gavina Poddighe, funzionaria che segue via via il peggiorare di processi che sembrano inarrestabili. Dai tassi sul fenomeno appena raccolti, aggiornati allo scorso 30 novembre, viene fuori in tutta la sua gravità l’affresco a tinte fosche di un quadro disperante. Nell’area di Alghero gli iscritti sono 15.361. In quella di Bonorva 3.694. A Castelsardo e centri vicini 6.760. Nell’Ozierese 7.303. Nel Sassarese 44.076. Totale: 77.194 tra disoccupati e precari. Sui 336mila abitanti della provincia (compresi bambini, ragazzi e pensionati) la forza lavoro effettiva è pari all’incirca a un terzo. E questo la dice lunga sul rapporto tra chi ha un’occupazione garantita, chi non ha certezze e chi un posto non ce l’ha per niente. Sono numeri riferiti al solo Nordovest, ma emblematici: con un effetto a cascata potrebbero essere spalmati su tutto il territorio regionale in proporzione alla popolazione di ciascuna area dell’isola. Dove, comunque, la cifra finale di questi lavoratori in uno stato di profondo disagio sfiora le 400mila unità, un quarto degli abitanti della Sardegna. (pgp)

Bozen, oltrepadania. Crisi: la benzina in Austria costa meno, la Provincia rimborsa
La benzina in Austria e in Svizzera costa 30 centesimi in meno al litro e l'Alto Adige dispone un rimborso del 95%. Lo ha deciso la giunta provinciale
BOLZANO. La benzina in Austria e in Svizzera costa 30 centesimi in meno al litro e l'Alto Adige dispone un rimborso del 95%. Lo ha deciso la giunta provinciale. Il rimborso è modulato sulla base della distanza del luogo di residenza degli automobilisti dalla frontiera: chi risiede entro 10 chilometri dal confine si vedrà rimborsare il 95%, mentre il rimborso sarà del 70% per chi abita a 20 chilometri dall'Austria o dalla Svizzera. Per ottenere la benzina a prezzi ribassati basterà presentare al benzinaio un apposito tesserino che sarà rilasciato in Comune. La spesa prevista a carico della Provincia autonoma è di 500 mila euro. 19 dicembre 2011

Bozen, oltrepadania. Liberalizzazioni: l'Alto Adige «studia» Monti
BOLZANO. Le misure varate dal governo Monti per il rilancio dell'economia avranno pesanti ripercussioni per la struttura altoatesina: la liberalizzazione porterà a un cambiamento radicale, "in particolare nel commercio, con l'eventualità dell'abbattimento delle barriere e delle limitazioni ai grandi centri di vendita, la scomparsa dei piani per la grande distribuzione o della distinzione tra tabelle merceologiche", ha spiegato Luis Durnwalder dopo la seduta della Giunta provinciale. Potrebbe essere sufficiente disporre di una licenza per vendere di tutto. Gli effetti fatali per i piccoli negozi e per i paesi altoatesini sono ben immaginabili.
"Abbiamo 90 giorni di tempo per emanare una legge provinciale di recepimento che ci consenta di fissare i paletti dove possibile, sia sul piano urbanistico che della viabilità, delle misure igieniche o antinquinanti, per garantire un'interpretazione più restrittiva", ha aggiunto il Presidente. La Giunta ha deciso quindi di istituire un gruppo di esperti incaricato di studiare il contenuto della nuova normativa e delineare un regolamento di applicazione valido per l'Alto Adige. Ne faranno parte i rappresentati di Provincia e Comuni, giuristi e costituzionalisti, esperti di urbanistica e diritto UE, membri delle associazioni dei commercianti. "Accorpando le consultazioni alla fase di elaborazione, accorciamo i tempi di predisposizione della nostra proposta", ha concluso Durnwalder.
La liberalizzazione avrà ripercussioni anche sulle professioni e i mestieri: "Ci sono precise norme provinciali
che regolano l'accesso a determinati mestieri e al loro esercizio - ha ricordato il Presidente - come ad esempio gli spazzacamini o i parrucchieri." La manovra Monti potrebbe eliminare questi criteri, per cui la Giunta è intenzionata a verificare quali spazi di intervento sono concessi con l'autonomia. Un altro ambito investe il finanziamento dei Comuni, che viene rivisto a seguito dell'introduzione dell'imposta immobiliare IMU.
"Non sono ancora chiari i margini di manovra dei Comuni su classi tariffarie, esenzioni, trattamento dei fabbricati agricoli", ha spiegato Durnwalder. Se ne occuperà un gruppo di lavoro con rappresentanti della Provincia e del Consorzio dei comuni. Il pacchetto di misure del Governo riguarda anche l'assegnazione di appalti pubblici, che in Alto Adige è già in fase di revisione. "Con la legge finanziaria provinciale abbiamo previsto di istituire la Centrale provinciale per gli appalti, gestita da esperti e che fungerà da punto di riferimento per tutti gli incarichi conferiti da enti pubblici", ha osservato Durnwalder. La manovra Monti prevede qualcosa di simile con l'accorpamento dei piccoli Comuni nelle procedure di gara.
"Vogliamo attivare al più presto la nostra Centrale provinciale in modo che possa essere operativa anche alla luce delle nuove regole." Durnwalder e la Giunta ravvisano comunque anche aspetti positivi dalle disposizioni del Governo in materia di appalti, come la gara frazionata per tipologia di lavoro e una nuova clausola a favore delle piccole e medie imprese, "che potrebbe aprire spiragli per la tutela di piccole aziende subappaltanti, ad esempio attraverso i pagamenti diretti all'impresa in subappalto senza passare per la capofila che ha vinto la gara", ha spiegato Durnwalder. 19 dicembre 2011

Treviso, padania. Scatta la rivolta contro l'Imu «Non la faremo pagare»
I sindaci leghisti Da Re e Gobbo: non un euro raccolto resterebbe nelle casse comunali di Vittorio Veneto e Treviso. Disobbediamo allo Stato per tutelare i nostri cittadini padani
TREVISO - Definendo la nuova tassa sulla casa «un balzello assurdo» il sindaco di Vittorio Veneto, il leghista Gianantonio Da Re, lancia l'obiezione anti-Imu. Da Re lo ha annunciato al termine di un incontro con l'ex ministro Roberto Maroni. «Se il governo-sanguisuga - spiega - vuole tassare ulteriormente la casa frutto di sacrifici faccia da solo». Ma non solo: il sindaco vittoriese, come indica la Tribuna di Treviso, invita gli altri primi cittadini a seguirlo in questa campagna. «Questo anche perchè - dice ancora Da Re - non un euro di quello che raccoglieremmo resterebbe nelle casse comunali. Si arrangi dunque Roma. In ogni caso - aggiunge - la mia obiezione si limita alla non raccolta del balzello: non ho personale da dedicare a questo nuovo impegno. Non ho un messo per gli accertamenti. Me lo paga Monti?. Questa è una misura che va contro il federalismo fiscale».
Anche il sindaco di Treviso Giampaolo Gobbo si allinea con le intenzioni del suo collega di Vittorio veneto. «Siamo tutti d'accordo sulle cose che non si devono fare - spiega Gobbo in una nota -Vedremo quindi come agire tecnicamente ma stiamo già studiando come non fare pagare l'Imu. Certo mi rendo conto - conclude il sindaco di Treviso - che è una disobbedienza nei confronti dello Stato ma dobbiamo pensare a tutelare i nostri cittadini padani». (Ansa)

Istat. Commercio con l’estero
A ottobre si registrano cali congiunturali del 3,2% per l'export, più intensi per i paesi extra Ue (-5,3%), e dell'1,1% per l'import, imputabili ai mercati Ue (-2,4%).
Nel trimestre agosto-ottobre le esportazioni registrano un tasso di crescita congiunturale dello 0,7%, con un incremento maggiore sui mercati extra Ue (+1,4%). Per gli acquisti dall'estero si osserva, invece, una flessione dello 0,8%.
Rallenta a ottobre il tasso di crescita tendenziale delle esportazioni (+4,5%), con forti differenze per le principali aree di sbocco: +1,6% per i mercati Ue e +8,2% per quelli extra Ue. Gli acquisti dall'estero calano dello 0,3% per effetto della riduzione dell'import dai paesi Ue (-2,3%).
Calano i volumi esportati (-1,9% su ottobre 2010) e, in misura più sensibile, quelli importati (-8,6%). Nel corso dell'anno la crescita tendenziale dei volumi esportati è del 4,8%, quella dell'import dello 0,6%.
Permane stabile a ottobre la crescita tendenziale dei valori medi unitari, pari al 9% per l'import e al 6,5% per l'export. Al netto dell'energia i rispettivi tassi di crescita sono pari, rispettivamente, a +4,1% e +5,3%.
Il disavanzo commerciale è pari a 1,1 miliardi di euro, in miglioramento rispetto a ottobre 2010 (-2,6 miliardi). Da gennaio a ottobre il deficit ha raggiunto i 24,2 miliardi, con un lieve peggioramento rispetto all'anno precedente (-23,6 miliardi). Nello stesso periodo, il saldo non energetico (+26,5 miliardi) è in forte aumento sul 2010 (+18,4 miliardi di euro).
A ottobre i raggruppamenti principali di industrie più dinamici sono stati i prodotti energetici all'import (+17,7%), i beni di consumo non durevoli all'export (+8,6%) e all'import (+6,8%) e i prodotti intermedi all'export. In calo l'import-export di beni di consumo durevoli e l'import di input intermedi e strumentali.
La crescita dell'export a ottobre è trainata dalle vendite di prodotti in metallo verso Svizzera e Francia, di macchinari ed apparecchi verso gli Stati Uniti e di apparecchi elettronici e ottici verso Svizzera e Spagna. Il calo dell'import è in parte imputabile alla riduzione di acquisti di apparecchi elettronici e ottici dalla Cina e dalla Germania, di mezzi di trasporto dalla Cina e di gas naturale dai paesi Opec.

Spagna, prestiti in sofferenza ottobre ai masssimi al 7,42%
I prestiti in sofferenza del settore bancario della Spagna sono cresciuti per il settimo mese consecutivo a ottobre, registrando i nuovi massimi negli ultimi 16 anni. Lo ha reso noto la Banca centrale spagnola, l'ammontare dei prestiti non ancora rimborsati dopo tre mesi dalla scadenza è stato pari al 7,16%. Si tratta della percentuale più alta da novembre 1994 e contrasta rispetto al livello dei prestiti in sofferenza al di sotto dell'1% prima del 2008.
Complessivamente, i prestiti in sofferenza a ottobre ammontano a 131,9 miliardi di euro, circa il 13% del Pil del Paese, in aumento rispetto ai 128,1 miliardi di euro di settembre. Sempre a ottobre, i crediti in sospeso delle banche spagnole sono stati pari a 1.780 miliardi di euro, in calo rispetto ai 1.790 miliardi di euro di settembre.

Grecia: Industria pesante, misure disperate per sopravvivere
Export a prezzi di costo per mantenere i flussi produttivi
19 dicembre, 13:43
(di Furio Morroni) (ANSAmed) - ATENE, 19 DIC - L'industria pesante della Grecia - tra cui in particolare quei settori che producono acciaio, cemento, alluminio, rame e carta, è disperatamente alla ricerca di modi per arginare alcuni degli effetti negativi della crisi economica in cui si dibatte il Paese, con alcune aziende che arrivano a vendere sino al 70% della loro produzione all'estero al prezzo di costo pur di mantenere il flusso produttivo.
 Le industrie elleniche ad elevato consumo energetico combattono una lotta quotidiana per la sopravvivenza in un mercato interno che è in recessione da quattro anni, con scarsa liquidità, limitate fonti di finanziamento, tassi di interesse in aumento ed una serie di misure di austerità che sembrano ignorare gli effetti sull'economia reale come le pesanti tasse sull'energia.
 Secondo funzionari dell'Unione dei consumatori di energia industriale (Ebiken), il costo dell'energia elettrica e del gas naturale per le industrie ad elevato consumo energetico puo' costituire sino al 35% dei loro costi totali di produzione. Da un anno a questa parte, il costo dell'energia elettrica ad alta tensione utilizzata nell'industria è salito del 10% dopo l'introduzione di una tassa di emergenza di 2,50 euro per megawatt, quando in Germania è di 0,50 euro/megawatt. Nello stesso periodo, i costi dell'energia elettrica a medio voltaggio sono aumentati del 15-20% con l'imposizione di una tassa al consumo di 5 euro per megawatt, un rialzo medio delle tariffe del 9% e un aumento della tassa sull'energia prodotta da fonti più pulite come il gas naturale.
 Infine, l'introduzione a settembre scorso di una tassa sui consumi che è dieci volte superiore al minimo in vigore nei Paesi membri dell'Ue, e un massiccio aumento delle tasse sulla benzina e sul gas liquido hanno ulteriormente aumentato il costo dell'energia per l'industria pesante. Il risultato complessivo di questi sviluppi, secondo l'Ebiken, è che la Public Power Corporation - l'azienda ellenica produttrice e distributrice di elettricita' - sta cercando non solo di aumentare le tariffe sino al 20% ma anche di applicare ulteriori costi operativi.
 "E' chiaro che le industrie greche ad elevato consumo energetico, che stanno già subendo perdite pesanti, non hanno più la capacità di assorbire gli elevati costi dell'energia.
Abbiamo bisogno di ristrutturare il metodo con cui si attribuisce un prezzo all'energia e di razionalizzare la sua tassazione in modo che il costo dell'energia industriale scenda piuttosto che aumentare", ha spiegato un funzionario dell'Ebiken che ha chiesto di restare anonimo.
 Per quanto riguarda gli altri effetti della crisi economica sull'industria pesante della Grecia, l'Ebiken ha portato ad esempio le conclusioni di uno studio sui risultati di 12 società quotate alla Borsa di Atene nei settori dell'acciaio, cemento, alluminio, rame e carta. La ricerca ha mostrato che tra il 2008 e il 2010 il fatturato di queste aziende si è ridotto del 33%, le vendite sul mercato interno sono scese del 60-70% sulla scia di un settore edilizio in difficoltà, mentre le esportazioni sono riuscite in qualche modo a reintegrare le perdite.
 Il calo del 33% delle vendite nel biennio citato è stato accompagnato anche da una riduzione del 67% in termini di Ebitda (margine operativo lordo), mentre le stesse aziende nel 2010 hanno registrato perdite pari a 153 milioni di euro contro i 474 milioni di euro di ricavi lordi ottenuti nel 2008.
 Secondo vari industriali intervistati dall'Ebiken, la situazione sarebbe ancora peggiore se non fosse per il fatto che le aziende stanno facendo di concerto sforzi per migliorare i costi di produzione e rimanere competitive garantendo, nello stesso tempo, i posti di lavoro. "Oggi, l'industria pesante greca produce il 40% di quanto produceva nel 2008, con tutto ciò che questo comporta per il prodotto interno lordo e per l'occupazione. Le perdite, comunque, continuano ad accumularsi e la mia azienda può essere costretta a chiudere", ha ammesso un industriale.
 I problemi strutturali che le industrie pesanti devono affrontare - come la complessità delle procedure per ottenere le licenze e l'assenza di infrastrutture per la gestione ambientale, non solo aumentano i rischi per le aziende esistenti, ma scoraggiano anche i potenziali investitori stranieri. Ma non basta: un altro notevole svantaggio, in termini di competitività, per le aziende greche è l'assenza di un sistema di gestione dei rifiuti solidi industriali che costringe le compagnie locali ad esportare le scorie ad un costo che è tra le cinque e le otto volte superiore a quello che pagano i loro concorrenti stranieri.(ANSAmed).

Portogallo: esercito a protezione caselli autostrada Algarve
Per impedire atti vandalici dopo entrata in vigore pedaggio
19 dicembre, 13:47
(ANSAmed) - MADRID, 19 DIC - Il governo portoghese ha dovuto dispiegare l'esercito lungo l'autostrada A22 dell'Algarve, per evitare i continui atti vandalici contro i caselli, registrati dopo l'entrata in vigore del pedaggio, lo scorso 8 dicembre.
Agenti dell'Unità di Intervento della Guardia nazionale repubblicana pattugliano 24 ore su 24 una decina di caselli per il pagamento automatico installati lungo i 130 km della A22. In particolare, la zona di maggiore rischio localizzata in prossimità del comune di Boliqueime, a 70 km dal confine con Ayamonte (Huelva), dove la settimana scorsa sono state distrutte alcune telecamere per la lettura delle targhe a colpi di fucile o con incendi dolosi. Le pattuglie dell'esercito, secondo quanto riferiscono oggi i media iberici, sono equipaggiate con giubbotti antiproiettile, dopo che un funzionario dell'azienda che gestisce l'autostrada dell'Algarve è stato ferito nei giorni scorsi da un colpo di fucile, mentre si avvicinava a una delle barriere elettroniche cui i vandali avevano appiccato fuoco. (ANSAmed).

Ticino/Svizzera. Dipendenti italofoni discriminati, Cassis interroga il governo
BERNA - Il plurilinguismo, sebbene iscritto nella legge, è stato una volta ancora ignorato? È quanto ha chiesto oggi al governo il consigliere nazionale Ignazio Cassis (PLR/TI), riferendosi a un recente episodio capitato presso i servizi informatici dell'amministrazione federale.
 Nel mese di novembre, l'Ufficio federale dell'informatica e della telecomunicazione (UFIT) ha inviato una e-mail a tutto il personale per metterlo in guardia dai rischi legati all'uso di Outlook Web Access (OWA). "Le informazioni sono state diffuse in tedesco, in francese e inglese, ma non italiano", ha deplorato il deputato ticinese.
 Per il Consiglio federale non si è trattato di una discriminazione nei confronti dei dipendenti italofoni, ha spiegato oggi nell'"ora delle domande" Eveline-Widmer-Schlumpf. "Le informazioni importanti vengono sempre trasmesse nelle tre lingue ufficiali della Confederazione", ha aggiunto la consigliera federale. "Nel caso in questione la comunicazione non lo era. Per questo motivo, non è stata tradotta in italiano". L'UFIT ha inviato l'informazione soltanto ai circa 120 responsabili delle unità amministrative della Confederazione, ha aggiunto Widmer-Schlumpf.
 Pur ringraziandola per la risposta, Cassis ha chiesto tuttavia alla ministra grigionese se, a titolo personale, non riteneva opportuno tradurre l'informazione in italiano, visto che i 120 responsabili "l'hanno poi inoltrata a tutti i membri dell'amministrazione federale. Quindi, de facto, a tutti i dipendenti, italofoni compresi".
 A questo punto, Eveline Widmer-Schlumpf ha detto di comprendere le preoccupazioni di Cassis, precisando che in futuro intende adoperarsi affinché sempre più testi vengano pubblicati e trasmessi nelle tre lingue ufficiali e anche nella quarta lingua nazionale.
 Ats

Russia. I dieci anni dei Bric
19 dicembre 2011
Jim O’Neill, Presidente di Goldman Sachs Asset Management
Brasile, Russia, India e Cina, in uno studio del 2001, venivano portati sotto i riflettori dello sviluppo economico globale. Le previsioni di allora e i risultati ottenuti due lustri dopo
Dieci anni fa, esattamente nel mese di dicembre, ho pubblicato una relazione intitolata The World Needs Better Economic BRICs (giocando nel titolo sulla somiglianza dell'acronimo Bric con la parola inglese brick, mattone). In essa, utilizzavo per la prima volta il termine Bric per descrivere le possibili conseguenze di una rapida crescita economica, che avrebbero potuto mostrare, in futuro, Brasile, Russia, India e Cina.
È ormai chiaro che la crescita di questi quattro Paesi è stata persino più consistente rispetto a quella da me prevista. La sigla Bric è largamente conosciuta: è utilizzata sia in ambito commerciale che in quello culturale. Inoltre, i Paesi, menzionati nell’acronimo, si sono organizzati, in maniera autonoma, in un proprio gruppo politico. Il decimo anniversario di questa relazione si celebra in un periodo di serie preoccupazioni per le sorti dell’economia mondiale, in particolare per le economie più avanzate.
Sono ottimista e ritengo che, finché questi quattro giganti del mondo, economie emergenti (assieme a una serie di altri Paesi), continuano la loro crescita economica e incrementano la loro ricchezza, il loro benessere non solo continuerà a rafforzare il loro ruolo nel mondo, ma darà altresì alle economie in crisi l’opportunità di un futuro migliore.  La crescita economica dei Bric apporta benefici tanto ai cittadini di questi Paesi quanto al resto dell’umanità. Inoltre, il costante sviluppo dell’aggregato dei Bric, in quest’ultimo decennio, ha dimostrato che stiamo finalmente ravvisando miglioramenti significativi nei processi di definizione di politiche globali e negli organismi che li sostengono. La mia relazione del 2001 offriva tre conclusioni principali.
Innanzitutto, ho dimostrato che, se Brasile, Russia, India e Cina continuano a crescere con gli stessi alti tassi di sviluppo che hanno dimostrato all’inizio, allora entro il 2010, essi assumeranno un ruolo ancor più rilevante nell'economia mondiale. Nel più ottimistico degli scenari da me esaminati, il contributo complessivo dei Bric al Pil mondiale potrebbe crescere dall'8% al 14%. In realtà, entro la fine del 2011, è più probabile che la loro quota si avvicini al 20%, e il loro Pil complessivo passi dai 3 ai 13 trilioni di dollari. Questo incremento rappresenta circa un terzo di tutta la crescita globale del Pil nominale degli ultimi 10 anni. In questo periodo di tempo, i Bric, con il loro tasso di crescita economica reale di circa l’8% l’anno, hanno spinto verso l’alto anche il tasso di crescita annuale dell’economia mondiale, pari al 3,5%, nonostante gli enormi problemi che quest’ultima ha sperimentato negli anni 2001-2002, nel 2008, e che, naturalmente, continua tuttora a soffrire.
Se non fosse stato per i Bric, il tasso di crescita dell’economia mondiale si sarebbe limitato all’1,6%, un valore deludente, che rappresenta il tasso medio di crescita del cosiddetto "mondo sviluppato".  Spesso suggerisco alla gente di interpretare queste cifre nel seguente modo: l'incremento totale del Pil dei Bric, di 10 trilioni di dollari in dieci anni, è pari alla creazione di 6-7 nuove economie della Gran Bretagna (campione del 2001) o a una nuova economia degli Stati Uniti. Se guardiamo al futuro, nei prossimi dieci anni, è possibile che i quattro Paesi rallentino la loro crescita economica, ma la loro quota del Pil mondiale continuerà quasi sicuramente ad aumentare.  In Cina vi sono i presupposti per una crescita a un tasso del 7-8% all'anno, anche considerando i molteplici problemi che il Paese si trova attualmente a dover affrontare. L'India potrebbe accelerare, e finalmente, raggiungere i ritmi di crescita che in passato contraddistinguevano la Cina, soprattutto se sarà in grado di applicare in modo coerente la passione ritrovata per le riforme. A riprova di ciò, Nuova Delhi ha adottato di recente una decisione che permette a imprese straniere di possedere quote di controllo di imprese indiane operanti nel settore del commercio al dettaglio. Nel giro di alcuni anni il PIL nominale complessivo dei Bric supererà il Pil di Stati Uniti ed Europa.
Considerando il potenziale di crescita di questi Paesi, la seconda parte della mia relazione del 2001, trattava la necessità di elaborare politiche globali che coinvolgessero attivamente i Bric.  Nella vita reale, questi Paesi sono rimasti a lungo ai margini della scena politica, e ciò ha fatto sì che essi organizzassero in maniera indipendente un proprio incontro politico con cadenza annuale.  In realtà, ci è voluta la crisi del 2008, affinché le economie sviluppate del mondo riconoscessero finalmente il ruolo di rilievo svolto dai Bric nell'attuale economia globale; la decisione di affidare al G20 un ruolo di primo piano nel processo di adozione di decisioni politiche globali, è stato solo un pretesto per coinvolgervi in esso l’insieme dei Bric. Nel 2001, inoltre, ho addotto delle argomentazioni affinché tutti i Paesi Bric fossero inclusi, accanto a Stati Uniti, Giappone e Eurozona, e forse anche a Canada e Regno Unito, in una nuova organizzazione di “Paesi G”, i G9 o i G7, a seconda che nel nuovo organismo rientrino o meno anche Regno Unito e Canada.
La terza idea della relazione del 2001 consisteva nel fatto che, dal momento che adesso Francia, Italia e Germania hanno una moneta comune, dovrebbero interrompere la loro adesione individuale agli organismi internazionali e al G7, così da rafforzare l’efficacia della direzione politica mondiale. Quale soluzione migliore si potrebbe trovare per dimostrare la propria dedizione all’Unione Economica Monetaria (Uem), se non questo coraggioso passo, che è un autentico atto di leadership? Negli ultimi anni (e nel passato recente) abbiamo visto come l’Uem non abbia dato prova di una leadership coraggiosa.  Ci si può solo augurare che la portata della crisi, in corso in Europa, spinga i leader europei a passi audaci di questo tipo. Nel momento in cui sull’orizzonte mondiale compariranno le stelle dell’aggregato dei BRIC, questi ultimi offriranno maggiori opportunità agli abitanti degli altri Paesi del mondo, inclusa la possibilità di migliorare la qualità della vita e raggiungere un maggiore benessere. Affinché la crescita economica globale continui, nonostante i problemi affrontati da molte economie emergenti, abbiamo bisogno dell’energia dei Bric. Fortunatamente, ne hanno in gran quantità.
Autore dell’articolo:
Jim O’Neill, Presidente di Goldman Sachs Asset Management

Il cammino della Russia nell’Ue
19 dicembre 2011
Anna Koroleva, Rivista "Ekspert"
Entro il 2030 la Federazione potrebbe diventare la più grande economia europea e aderire all’Unione dei 27. Pil in salita proprio mentre il termine “Bric” compie dieci anni
La Russia crescerà a ritmi record nel giro dei prossimi 20 anni in seguito alla diversificazione dell’economia e alla crescita delle esportazioni. Entro il 2050, il Pil del Paese raggiungerà i 10 trilioni di dollari, prevede Jim O’Neill. Ma non si può parlare di crescita economica dei Paesi Bric senza nominare Jim O’Neill, scrive il Financial Times nell’articolo Ten years on, Jim O’Neill asks where the Brics are (Dieci anni dopo, Jim O’Neill si chiede dove siano i Bric).
L’ex capo economista della banca d’investimenti americana Goldman Sachs è conosciuto per aver coniato dieci anni fa l’acronimo di quattro lettere per Brasile, Russia, India e Cina, previsto la loro crescita impressionante, e cambiato la prospettiva in cui gli investitori e il mondo in generale guardano a questi Paesi. O’Neill riflette sulle prospettive dei Bric nel libro The Growth Map: Economic Opportunity in the Brics and Beyond. L’opera è stata pubblicata in onore del decimo anniversario di questo gruppo di Paesi.
L’aspetto che più colpisce delle previsioni dell’economista è il suo ottimismo nei confronti della Russia. Egli ritiene che nonostante l’invecchiamento della popolazione, il Pil russo possa superare quello di Francia, Gran Bretagna e Germania entro il 2030. La Federazione potrà raggiungere questi livelli grazie alla diversificazione economica e allo sviluppo delle esportazioni.
In questo modo, se la Russia riuscirà a evitare le crisi e attrarre gli investitori stranieri, allora, già nel 2050, il PIL nazionale potrà raggiungere i 10 trilioni di dollari, oppure anche solo mantenendo gli attuali tassi di crescita, i 7 trilioni di dollari, cifra quattro volte superiore a quella attuale. 
L’economista scrive inoltre che se la Russia riuscirà a sfruttare tutto il suo potenziale, si apriranno interessanti prospettive economiche, politiche e sociali per l’Unione Europea e il mondo. Per l’Ue sarebbe perfetto confinare con un vicino così ricco, e se non vi saranno conflitti, si potrà parlare di una possibile adesione della Russia all’Unione.
Gli esperti si dimostrano, tuttavia, scettici circa questa ipotesi. Ad esempio, Denis Barabanov, responsabile del Dipartimento d’analisi della società d’investimenti Grandis Capital, ritiene che la previsione preveda fin troppi “se”. Questo è solo uno degli scenari possibili, e non il più realistico, se viene presa in considerazione l’attuale congiuntura economica. La nostra storia dimostra che l’adesione all’Unione Europa è pura fantascienza. A oggi, è difficile immaginare un’adesione della Russia alla piattaforma europea. Condivide quest’opinione l’analista di TKB Capital, Sergej Karychalin: “La frase chiave è ‘se possiamo evitare le crisi e i conflitti’. Se ciò avviene, allora sì O’Neill ha sicuramente ragione, ma è uno scenario molto improbabile. Venti anni sono un periodo di tempo lungo, durante il quale il Paese può certamente superare diverse crisi, ma è inverosimile che possa letteralmente evitarle”.
La Russia dispone, senza dubbio, del potenziale per diventare l’economia più ricca d’Europa, considerando la sua popolazione e le sue ingenti risorse. Esso va, tuttavia, sfruttato in modo efficace. Le proiezioni a lungo termine possono avere poco a che fare con la realtà, specialmente se si parla di evitare i problemi, quando la crisi, soprattutto quella finanziaria, coinvolgerà tutte le economie mondiali, sottolinea l’analista di Investkafe, Anton Safonov. Non è realistico aspettarsi che in 20 anni si riesca a evitare disordini, economici o politici, anche se di minori entità. Per realizzare il suo enorme potenziale, la Russia deve impegnarsi notevolmente: ridurre la dipendenza dalle esportazioni di materie prime, migliorare l’efficacia dei consumi, fondare imprese in grado di produrre beni a elevato valore aggiunto. Per il momento, i rischi dell’economia russa sono già abbastanza grandi.
Ciò nonostante, osserva la responsabile del dipartimento d’analisi della società d’investimenti Vector Securities, Aleksandra Lozovaja, è possibile parlare con certezza di processo di integrazione dell’economia russa ed europea. Diverse centinaia di imprese europee operano sul territorio russo e l’Europa è il nostro principale partner commerciale. Negli ultimi anni si è sollevata la questione di facilitare il regime dei visti con i Paesi europei. “Garantire una maggiore apertura e integrazione sui mercati globali nell’ottica di una possibile unione, sia con le nostre ex-repubbliche o con la futura Europa, non è solo auspicabile bensì necessario per la sopravvivenza della nazione. L’autoisolamento non risolve nessuno dei problemi che attualmente ostacolano lo sviluppo del Paese. Al contrario, l’isolamento ha solo effetti negativi”, aggiunge il direttore generale della società di gestione Solid Management, Jurij Novikov. La Russia, accelerando in modo univoco il suo sviluppo, avrà molte possibilità di vincere la sfida con l’Europa potendo contare su risorse umane altamente qualificate, professionalmente competenti e attive, sostiene l’esperto.

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