martedì 20 dicembre 2011

Federali_sera_20.12.11. Non abbiamo piu’ doveri.----Lanfranco Olivieri: In tutto sono 110.000 i sardi assistiti dalla cassa integrazione, dai sussidi di disoccupazione e dalla mobilità, con oltre 1.070 imprese coinvolte per circa 15.000 lavoratori. E non a caso, si osserva una sostanziosa ripresa del fenomeno dell'emigrazione che colpisce in particolare le fasce giovanili, pur se acculturate e professionalizzate, dove è presente, sostanzialmente, un disoccupato su due.----Olbia. Una distesa ininterrotta di saracinesche abbassate, vinte dalla crisi e da un mercato selvaggio. Necrosi del cuore della città. I negozi spengono le loro vetrine uno dopo l’altro, come destinati da un inesorabile destino a diventare l’archeologia del futuro, pezzi di una storia che non c’è più.----Luigia Ierace: Probabilmente amministratori e i parlamentari lucani avrebbero fatto meglio a fare un passo indietro e riconoscere i loro errori e smettere di difendere i vari bonus gas, il centro sinistra e quello carburanti, il centro destra. Era il momento di sedersi intorno a un tavolo, presentarsi compatti davanti al governo e ripensare insieme in maniera seria per il bene della Basilicata quell’aumento di royalty conquistato

Rotondella. Sit-in antinucleare «Le barre radioattive restituite agli Usa»
Bonus carburanti a lucani in arrivo le prime card
L'UNIONE SARDA - Economia: «Un'Isola sempre più povera»
LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Il commercio a picco: chiusi oltre 200 negozi nell’anno nero della crisi
Crisi: Ue, accordo per aumento 150 mld fondi a Fmi
Spagna: S&P taglia qualifica Valenzia a bond spazzatura



Rotondella. Sit-in antinucleare «Le barre radioattive restituite agli Usa»
di FILIPPO MELE
ROTONDELLA - «Il pericolo sono le 64 barre di Elk River ed i 2,7 metri cubi di liquidi radioattivi. Occorre fare in modo che questo bubbone venga estirpato dal Metapontino. Lancio un appello al presidente del Consiglio, Mario Monti, ed al sottosegretario Giampaolo D’Andrea, lucano, perché si adoperino per restituire il famigerato fardello dell’Itrec agli Stati Uniti d’America». È l’appello lanciato ieri al nuovo Governo da Ulderico Pesce, autore ed attore teatrale da tempo impegnato nelle battaglie civili e per l’ambiente, affinché tenti dove non sono riusciti i precedenti Governi “politici” di centrodestra e di centrosinistra: far tornare le barre di combustibile nucleare del ciclo uranio-torio della Trisaia da dove sono arrivate, Elk River, Minnesota, Usa.
Pesce ha lanciato la sua proposta nel corso del sit in antinucleare svoltosi ieri davanti ai cancelli del centro Enea-Itrec cui era stato invitato. Sit in, sull’onda dello slogan “Meglio attivi oggi che radioattivi domani”, organizzato dalle associazioni Ehpa, 17 21 Marconia, Ribelli Web, Indignati Lucani e Mtab. Organizzazioni – che a detta dei loro rappresentanti – non hanno abbassato la guardia invitando i cittadini a manifestare il loro “no” in difesa della loro terra.
E l’Itrec è ancora qui. Che fare? «Intanto – ha spiegato Giuseppe Di Bello, tenente della Polizia provinciale di Potenza ed esponente dell’Epha (Associazione per la tutela della salute e dell’ambiente di Basilicata) – ci vuole più trasparenza sulle questioni riguardanti il sito. Da tempo l’apposito tavolo alla Regione non si riunisce. E Sogin ha già ottenuto la Valutazione di impatto ambientale per costruire un deposito di superficie che viene presentato come temporaneo, ma che noi temiamo sia definitivo. Temiamo, altresì, che esso diventi il deposito unico delle scorie d’Italia e di Paesi stranieri. Noi diciamo no alla Basilicata terra di deposito delle scorie nucleari. Non è vero, infatti, quel che afferma la Sogin che questo magazzino servirà solo per i rifiuti della Trisaia. Non vogliamo, perciò, alcun deposito a Rotondella. Inoltre, siamo contrari al trattamento con cementazione dei liquidi nucleari. Una pratica obsoleta e molto pericolosa, tanto che è stata sostituita dalla vetrificazione e dalla ceramicazione».
Altre richieste degli ambientalisti in sit in hanno riguardato la necessità di adozione al più presto dei Piani di salvaguardia interno ed esterno al sito atomico dismesso di cui rendere edotte le popolazioni.

Bonus carburanti a lucani in arrivo le prime card
Per attivarle in fila alle Poste
di LUIGIA IERACE
POTENZA - Ora i primi lucani quella card tanto contesa ce l’hanno tra le mani. Il bonus carburanti è una realtà. Proprio in questi giorni stanno arrivando nelle case degli oltre 280mila residenti patentati della Basilicata che ne hanno fatto richiesta le carte per usufruire del beneficio: una somma che oscilla intorno ai 100 euro che saranno attinti dal Fondo preordinato alla riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti. Salutata con favore dai suoi promotori che continuano a considerarla un fatto molto importante per i lucani che vedranno per la prima volta concretizzarsi nelle loro mani le royalty, quel 3% in più versato dalle compagnie petrolifere alle regioni interessate dalle estrazioni di idrocarburi, dall’altra parte continua ad essere oggetto di critiche e di polemiche.

Un’«elemosina», comunque con tanti questuanti, che alla luce del recente aumento delle accise sui carburanti, suscita le reazioni più varie. Dal barbiere che continua a ripetere ogni volta che il prezzo della benzina aumenta.
«Che mi importa, tanto io metto sempre dieci euro», a quanti sono in attesa di poter recarsi al distributore e almeno per una volta fare un «pieno», leggero e più pesante, senza dover mettere mano al proprio portafoglio.

Certo in un momento di crisi con un governo Monti attaccato dai sindacati per aver messo la mano nelle tasche dei poveri, fa riflettere che da febbraio potremo vedere tante auto di lusso fermarsi davanti a un distributore di carburante con quella card che non basterà neppure a riempire il serbatoio della loro berlina. I ricchi potranno farne a meno e per i poveri, i precari, i disoccupati, le aziende in crisi quella cifra rappresenta comunque uno schiaffo alla miseria. Quegli 81 milioni di royalty complessive sulle produzioni del 2009 e del 2010 che Eni e Shell hanno versato per alimentare il fondo idrocarburi della Basilicata, così parcellizzati non cambieranno la vita a nessuno, mentre avrebbero potuto essere capitalizzate insieme all’altro 7% di royalty che riceve la Basilicata sulla produzione di greggio.

Probabilmente amministratori e i parlamentari lucani avrebbero fatto meglio a fare un passo indietro e riconoscere i loro errori e smettere di difendere i vari bonus gas, il centro sinistra e quello carburanti, il centro destra. Era il momento di sedersi intorno a un tavolo, presentarsi compatti davanti al governo e ripensare insieme in maniera seria per il bene della Basilicata quell’aumento di royalty conquistato. E i parlamentari lucani insieme, in forza della ritrovata unione intorno al «memorandum», dovrebbero lavorare insieme intorno a una nuova norma.

L'UNIONE SARDA - Economia: «Un'Isola sempre più povera»
20.12.2011
Cgil, Cisl e Uil preannunciano un «2012 di grandi battaglie»: disoccupazione al 14%.
Ammortizzatori sociali per 110 mila lavoratori sardi.
La Sardegna è sempre più povera. Tante famiglie vivono grazie agli ammortizzatori sociali. «In tutto sono 110.000 i sardi assistiti dalla cassa integrazione, dai sussidi di disoccupazione e dalla mobilità, con oltre 1.070 imprese coinvolte per circa 15.000 lavoratori». E non a caso, si osserva «una sostanziosa ripresa del fenomeno dell'emigrazione che colpisce in particolare le fasce giovanili, pur se acculturate e professionalizzate, dove è presente, sostanzialmente, un disoccupato su due».
L'ALLARME La denuncia arriva dalle segreterie regionali di Cgil, Cisl e Uil in un documento unitario, che verrà consegnato il 22 dicembre a Governo e Regione, nel quale si chiede una nuova strategia per la politica industriale. Proprio l'industria è «la punta dell'iceberg di una crisi più ampia che investe tutti i campi, dall'agricoltura al pubblico impiego». E i sindacati annunciano per il 2012 un anno di «forte mobilitazione».
I NUMERI Il sistema economico regionale continua anche nel 2011 a mostrare numeri negativi su quasi tutti gli indicatori. La disoccupazione si mantiene su un tasso a due cifre, attorno al 14%, mentre flette, contemporaneamente, al di sotto del 52% il tasso complessivo di occupazione. Delle 603.000 persone con un impiego nel 2° trimestre del 2011 - ben 14.000 in meno rispetto al 2010 - quasi il 76% opera nei servizi, il 5% scarso in agricoltura e poco più del 19% nell'industria, comprese le costruzioni. La dinamica del Pil si mantiene prossima allo zero, dopo il crollo di 5 punti percentuali tra il 2008 e il 2009. Ai circa 27 miliardi di euro che lo compongono concorre l'agricoltura con poco più di un magro 3%, i servizi con un sostanzioso 77%, e l'industria con il 20% (di cui circa la metà è data dall'edilizia), ben al di sotto, dunque, del dato medio nazionale, dove l'industria pesa per oltre il 28% del Pil, e delle regioni del Nord, dove supera il 36%.
IL TRACOLLO «Dal 2008 ad oggi», denuncia il documento, «si sono persi 10.000 posti di lavoro nell'industria in senso stretto. Il sistema regionale delle Casse edili segnala la scomparsa di circa 18.000 dipendenti censiti e di quasi 2.000 unità d'impresa (anche in conseguenza del blocco delle opere pubbliche, da anni prive di interventi di rilievo). In agricoltura si registrano circa 14.000 addetti in meno, mentre il terziario non solo non appare più in grado di assorbire il calo occupazionale degli altri settori, ma mostra evidenti segni di cedimento strutturale, conseguenti al costante calo dei redditi e dei consumi di massa». Lanfranco Olivieri

LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Il commercio a picco: chiusi oltre 200 negozi nell’anno nero della crisi
20.12.2011
OLBIA. Una distesa ininterrotta di saracinesche abbassate, vinte dalla crisi e da un mercato selvaggio. Necrosi del cuore della città. I negozi spengono le loro vetrine uno dopo l’altro, come destinati da un inesorabile destino a diventare l’archeologia del futuro, pezzi di una storia che non c’è più. Il 2011 si chiude con un bilancio da grande depressione. In 12 mesi hanno chiuso oltre 200 attività commerciali. Ma come se la logica non accompagnasse le scelte di chi fa leggi, ora si affaccia una nuova concorrenza selvaggia. Si va verso la deregulation. «La Regione non ha più il diritto di veto sull’apertura dei centri commerciali e delle grandi superfici di vendita - spiega l’assessore alle Attività produttive Marco Vargiu -. Questo porta in modo automatico alla creazione di grandi negozi nelle aree destinate al commercio. E in città ce ne sono molte. Se da una parte questo mi può fare piacere perché segna la nascita di nuove attività commerciali, dall’altra mi preoccupa perché si rischia di desertificare le attività del centro già messe in ginocchio dalla crisi. Serve un’attenta riflessione. Dobbiamo favorire la creazione dei consorzi tra commercianti e cercare di difendere anche i negozi storici della città che sono un valore aggiunto». Per spiegare lo stato di salute delle attività commerciali della città basta una battuta affilata e acuta, come sempre, del presidente di Confocommercio Italo Fara. «Siamo da Emergency - dice Fara -. Siamo malati gravi e il medico che ci dà un po’ di ossigeno è la banca. Non cura, al massimo ci fa sopravvivere. Per questo dobbiamo continuare a lottare. Ma io chiedo alle amministrazioni che facciano una cosa rivoluzionaria, facciano l’urbanistica commerciale. Le grandi città dimostrano come ci sia un naturale ritorno delle attività al centro. Ma solo dove ci sono i presupposti. Si devono favorire gli accorpamenti dei volumi. Le grandi catene commerciali, che sono reali attrattori, possono essere attirate solo se ci sono negozi abbastanza grandi per ospitarle. Faccio un esempio. Benetton in città ha scelto di riaprire al Corso e non nel centro commerciale. È un segno che dobbiamo accogliere con entusiasmo. Forse è il primo segno di una rinascita del cuore della città. Ma serve uno sforzo dell’amministrazione che deve lavorare per favorire la rinascita del centro. Questo non significa che le altre attività non debbano esistere. Certo è importante che la zona industriale sia uscita da una ambiguità di fondo che l’ha fatta trasformare di fatto in un’area commerciale. Mi preoccupa questa virata verso una deregulation, che magari porta anche i centri commerciali a lamentarsi e a parlare di una crisi. E magari per paradosso un giorno si potrebbe assistere a uno Stato che dà i contributi e attua le politiche di sostegno della grande distribuzione. Ma io continuo a difendere le piccole attività. Quest’anno in città hanno chiuso in 200. Sono una perdita gravissima. Non solo per quello che significano per il tessuto economico, ma anche per i posti di lavoro persi».

Crisi: Ue, accordo per aumento 150 mld fondi a Fmi
Lo fa sapere il presidente dell'Eurgruppo Jean-Claude Juncker
19 dicembre, 20:42
BRUXELLES - La Ue ha deciso di aumentare la quota di partecipazione al Fmi di 150 miliardi di euro, tutti per ora messi a disposizione dai Paesi dell'Euro.
E' quanto fa sapere il presidente dell'Eurgruppo Jean-Claude Juncker in una nota.
''I ministri hanno confermato che la zona Euro mettera' a disposizione 150 miliardi di euro di risorse aggiuntive per l'Fmi attraverso prestiti bilaterali'', si legge nella nota di Juncker. ''La Repubblica Ceca, la Danimarca, la Polonia e la Svezia hanno indicato la loro volonta' di partecipare al rafforzamento del Fmi, mentre la Gran Bretagna ha fatto sapere che definira' un suo eventuale contributo nell'ambito del G20 ad inizio del 2012'', prosegue la nota.
Per alcuni Stati membri, spiega Juncker, la decisione sui fondi e' soggetta all'approvazione dei Parlamenti nazionali. Le risorse aggiuntive ''aumenteranno la capacita' del Fmi di rispettare le sue responsabilita' sistemiche verso i suoi partner globali, un aspetto importante soprattutto visto il rallentamento dell'economia e le tensioni sui mercati. La Ue, e in special modo la zona Euro, e' pienamente consapevole della sua particolare responsabilita' in questa circostanza''.

Spagna: S&P taglia qualifica Valenzia a bond spazzatura
20 dicembre, 12:08
(ANSAmed) - Madrid, 20 DIC - L'agenzia di rating Standard & Poor ha ribassato la qualifica di solvenza creditizia a breve e medio termine della Comunità Valenziana da A/A-2 a BBB/A-3, appena un gradino al di sopra del bono spazzatura, con outlook negativo per entrambe le qualifiche. S&P ha giustificato la sua decisione con "maggiori difficoltà di quelle previste" dalla regione nella collocazione della sua ultima emissione di bonos 'patriottici', destinati a inversori privati, della quale è stato coperto appena il 59% dell'offerta. D'altra parte l'agenzia prevede un ulteriore deterioramento della liquidità della Comunità valenziana, in vista della crescente necessità di finanziamento alla quale dovrà far fronte la regione nel 2012. Tuttavia S&P sottolinea che esiste "un'alta probabilità" che Valenzia riceva aiuti straordinari da parte del governo centrale per coprire l'esigenza di finanziamento, anche attraverso prestiti dell'Istitito di credito ufficiale.

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