domenica 11 dicembre 2011

Federali_sera_11.12.11. John Carpenter, 2012 fuga dall’Italia: Banche/Btp - Dati alla mano, le carte fotografano il dilemma delle banche: chiudere le proprie posizioni, accettando pesanti perdite, oppure aspettare e accettare il forte deprezzamento dei titoli che pero', con la contabilita' 'mark-to-market', si traduce nei massicci aumenti di capitale inflitti dall' authority guidata dall'italiano Andrea Enria? Le banche italiane hanno fatto la prima delle due scelte.

Btp: fuga banche estere, Italia fedele
Banche straniere via dai btp le italiane si "proteggono"
Vortice-eba, prestiti in calo di 30 miliardi



Btp: fuga banche estere, Italia fedele
10 dicembre, 21:06
Le banche estere scappano dai Btp, quelle italiane mantengono le posizioni, in qualche caso le incrementano, ma fra i grandi istituti c'e' ovunque una corsa a comprare prodotti derivati per coprirsi dalle eventuali perdite sui titoli di Stato: l'Italia figura di gran lunga in testa alle classifiche dei Paesi verso cui le banche d'investimento proteggono dal rischio con i 'credit-default swap'.
E' il quadro che emerge dall'ultima tornata degli 'stress test' condotti dalla European Banking Authority. Che oltre a chiedere agli istituti italiani ben 15,4 miliardi di euro di ricapitalizzazioni (ci superano soltanto i 30 miliardi di 'buco' della Grecia e i 26,2 della Spagna) racconta come le banche europee abbiano scaricato complessivamente 65 miliardi di titoli di Stato in nove mesi, in gran parte a scapito di Grecia, Irlanda, Italia, Spagna e Portogallo.
Dati alla mano, le carte fotografano il dilemma delle banche: chiudere le proprie posizioni, accettando pesanti perdite, oppure aspettare e accettare il forte deprezzamento dei titoli che pero', con la contabilita' 'mark-to-market', si traduce nei massicci aumenti di capitale inflitti dall' authority guidata dall'italiano Andrea Enria? Le banche italiane hanno fatto la prima delle due scelte. Ma al costo di dover chiedere soldi agli azionisti in una congiuntura difficile. Intesa Sanpaolo, la banca di sistema protagonista di operazioni infrastrutturali complesse come la ristrutturazione del debito di Alitalia, ha visto ridursi di non molto in valore la sua posizione netta diretta verso il debito sovrano italiano, a 54,3 miliardi di euro (dati al 30 settembre) dai 57,6 di un anno fa. Ma ha piu' che raddoppiato la protezione dal rischio dei Btp, portando nei mesi tumultuosi del 'contagio' l'esposizione netta ai derivati a 1,037 miliardi dai 458 milioni precedenti. Unicredit ha invece aumentato (al netto, peraltro, del deprezzamento dei Btp) le posizioni in titoli di Stato italiani (a 48,6 miliardi dai 47,4 di un anno fa), ma si e' protetta con 1,065 miliardi netti di derivati contro i 661 milioni un anno fa. In calo il valore dei titoli in mano a Montepaschi (28,9 miliardi dai 32 di un anno fa), Banco popolare (da 11,8 a 10,8 miliardi) e Ubi (da 10,1 a 8,1 miliardi).
E sul fronte estero? Deutsche Bank, il cui valore netto degli investimenti in Btp era risalito a 5,3 miliardi a dicembre scorso, a settembre viaggiava ad appena 834 miliardi netti, a fronte di una copertura massiccia in derivati a 2,4 miliardi (da 1,8 miliardi di un anno fa). La banca guidata da Josef Ackermann, assieme a Societe' generale, e' regina nella creazione dei derivati: al 30 settembre aveva un valore dei contratti a 'protezione' dal rischio Italia ceduti a terzi per oltre 18 miliardi. Prossima della lista e' la Spagna con solo 7,6 miliardi, poco piu' di un terzo. SocGen ha valore nozionale di 'cds' e altri contratti per ben 13,4 miliardi sull'Italia e 2,9 sulla SPagna, i due Paesi in cima ai desideri di chi vuole assicurarsi (o scommettere). Bnp Paribas, fra banche estere piu' attive nel Belpaese, ha ora una esposizione netta di 19,9 miliardi sulla 'carta' italiana (da 24,1 miliardi) con un'assicurazione contro perdite a ben 2,960 miliardi contri gli 1,130 di un anno fa. Barclays, in controtendenza, e' salita a 3,8 da 2,9 miliardi. Commerzbank e' invece scesa a 7,9 da 10,1 miliardi; Credit Agricole a 6,4 da 10,1 miliardi

Banche straniere via dai btp le italiane si "proteggono"
Da "LA STAMPA" di domenica 11 dicembre 2011
COME CAMBIA LA GEOGRAFIA DEI BOND PUBBLICI SECONDO GLI STRESS TEST DELL`AUTORITÀ EUROPEA Banche straniere via dai Btp Le italiane si "proteggono" Gli istituti tricolore tengono i Bot ma comprano Cds LUIGI GRASSIA Per quanto un titolo di Stato si possa deprezzare passando di mano in mano, ogni volta che qualcuno lo vende c`è qualcuno che lo compra, e quindi c`è un acquirente che, al pari del venditore, ritiene di fare un buon affare (questo è vero, per lo meno, finché non arriva il default e i bond diventano carta straccia non avendo più mercato).
 Le brusche variazioni di quotazione portano con sé, fra le altre cose, anche una nuova geografia dei possessori dei titoli. L`ultima tornata degli «stress test» (prove di resistenza alla crisi) condotti dalla European Banking Authority ha fatto emergere questo quadro: le banche estere scappano dai Btp, mentre quelle italiane mantengono le posizioni, anzi in qualche caso le incrementano acquisendo a basso prezzo i titoli di cui gli stranieri si liberano, ma fra i grandi istituti c`è ovunque una corsa a comprare prodotti derivati per coprirsi dalle eventuali perdite sui titoli di Stato; e in questo l`Italia figura di gran lunga in testa alle classifiche dei Paesi verso cui le banche d`investimento proteggono dal rischio con i «credit default swap».
 L`Eba dice che in nove mesi le banche europee si solo alleggerite di 65 miliardi di titoli di Stato, in gran parte di Grecia, Irlanda, Italia, Spagna e Portogallo. L`Autorità europea chiede agli istituti italiani ben 15,4 miliardi di euro di ricapitalizzazioni (ci superano soltanto i 30 miliardi imposti alla Grecia e i 26,2 che devono trovare gli azionisti degli istituti spagnoli).
 Questo il dilemma delle banche: chiudere le proprie posizioni, accettando pesanti perdite pur di evitare ulteriori rischi, oppure aspettare e accettare il forte deprezzamento dei titoli, che con la contabilità a prezzi reali di mercato, imposta dall`Autorità bancaria europea, comporta massicci aumenti di capitale.

 Le banche italiane hanno fatto la seconda delle due Istituti stranieri in fuga dai nostri bond Deutsche Bank record:
 -4,5 miliardi in un anno ~forte La sede centrale della Deustsche Bank: il più grande istituto di credito tedesco si è liberato di quasi tutti i suoi titoli di Stato italiani scelte, al costo di dover chiedere soldi agli azionisti in una congiuntura difficile.
 Fra i nostri maggiori istituti di credito, Intesa Sanpaolo non ha ridotto granché la sua posizione netta diretta verso il debito sovrano italiano, essendo passata in un anno da 57,6 a 54,3 miliardi di euro (dati al 30 settembre). Ma ha più che raddoppiato la protezione dal rischio dei Btp, portando nei mesi del contagio l`esposizione netta ai derivati a 1,037 miliardi dai 458 milioni precedenti.
 Unicredit ha addirittura aumentato (al netto, peraltro, del deprezzamento dei Btp) le posizioni in titoli di Stato italiani (a 48,6 miliardi dai 47,4 di un anno fa) e a sua volta si è protetta con 1,065 miliardi netti di derivati contro i 661 milioni di un anno fa. In calo il valore dei titoli in mano a Montepaschi (28,9 miliardi dai 32 di un anno fa), Banco popolare (da 11,8 a 10,8 miliardi) e Ubi (da 10,1 a 8,1 miliardi).
 E sul fronte estero? Deutsche Bank, il cui valore netto degli investimenti in Btp era risalito a 5,3 miliardi a dicembre scorso, a settembre viaggiava ad appena 834 miliardi netti, a fronte di una copertura massiccia in derivati a 2,4 miliardi (da 1,8 miliardi di un anno fa). La banca guidata da Josef Ackermann, assieme a Société Générale, è regina nella creazione dei credit default swap: al 30 settembre aveva un valore dei contratti a protezione dal rischio Italia ceduti a terzi per oltre 18 miliardi.
 Prossima della lista è la Spagna con 7,6 miliardi, poco più di un terzo. SocGén ha valore di Cds e altri contratti per ben 13,4 miliardi sull`Italia e 2,9 sulla Spagna, i due Paesi in cima ai desideri di chi vuole assicurarsi (o scommettere).
 Bnp Paribas, fra le banche estere più attive nel Belpaese, ha ora un`esposizione netta di 19,9 miliardi sulla «carta» italiana (da 24,1 miliardi) con un`assicurazione contro perdite salita a ben 2,960 miliardi contro 1,130 di un anno fa.
 Barclays, in controtendenza, è salita a 3,8 da 2,9 miliardi.
 Commerzbank è invece scesa a 7,9 da 10,1 miliardi e Crédit Agricole a 6,4 da 10,1 miliardi.

Vortice-eba, prestiti in calo di 30 miliardi
Da "IL SOLE 24 ORE" di domenica 11 dicembre 2011
Manovra e mercati FFogrammi da il` edei-t:
 Molti gruppi finanziari saranno anche obbligati a riscrivere i piani industriali appena pubblicati Vortice-Eba, prestiti in calo di 30 miliardi L`impatto sui finanziamenti a imprese e famiglie dopo gli aumenti chiesti dall`authority alle banche italiane Maximilian Cenino Un macigno, che peserà sulle banche obbligandole a riscrivere piani industriali appena pubblicati e che soprattutto costringerà famiglie e imprese a infinite peripezie (e spese più elevate) per ottenere prestiti. Da qualsiasi parte lo si guardi l`intervento dell`Eba, l`authority del sistema finanziario europeo, rischia di lasciare un`eredità p esante al nostro Paese e di porre ulteriori ostacoli a un`economia già sull`orlo della recessione.

 Le previsioni sono allarmanti:
 secondo l`Eba i 5 principali istituti italiani dovranno racimolare 15,4 miliardi di euro per adeguare il Core Tier i al livello del 9% entro il prossimo giugno, con uno sforzo che rischia di tradursi in un taglio pressoché immediato dei fmanziamenti all`economia reale di 3o miliardi di euro. A conti fatti si tratterebbe di una riduzione del 2% rispetto agli impieghi complessivi del 2010, cioè quanto di più simile a un «credit crunch».
 Per capire come sia possibile arrivare fino a un punto simile, occorre considerare che per rispondere alle richieste dell`authority la sola UniCredit ha scelto la strada maestra (ma onerosa) dell` aumen- r TTF7 Secondo le stime di Va tue Partner si tratterebbe di una riduzione del 2% rispetto agli impieghi complessivi del 2010 to di capitale. Le altre banche (tranne Intesa Sanpaolo, che non dovrà adeguare i coefficienti) cercheranno in tutti i modi di non ricorrere nuovamente al mercato. Sceglieranno quindi vie alternative quali la conversione di obbligazioni, la sospensione dei dividendi, la cessione di asset non strategici e l`adozione di nuovi metodi di valutazione delle attività a rischio.
 Tutto ciò non sarà però sufficiente e si renderà probabilmente necessario rivedere le stesse strategie sugli impieghi verso la clientela: dopotutto il Core Tier i è un rapporto, e se non si riesce ad aumentare ciò che sta al numeratore (patrimonio) occorre diminuire il denominatore (le attività a rischio).
 In gergo tecnico si parla di «deleveraging», ma in parole povere questo può significare che le banche dovranno ridurre i finanziamenti all`economia reale, e non di poco. Gli analisti di Value Partners stimano (vedi grafico a fianco) che attraverso questo tipo di azioni i 5 principali istituti italiani riusciranno a coprire circa 2 dei 15,4 miliardi di euro necessari a portare il Core Tier i al 9%. Tradotta in soldoni, una simile azione sugli impieghi ponderati per il rischio minaccia di trasformarsi in un calo di circa 3o miliardi dell`ammontare di prestiti che le big (insieme rappresentano il 62% dell`attivo complessivo del sistema bancario nazionale) concedono a imprese e famiglie.
 Se alle richieste dell`Eba si aggiungono poi le aggravanti di uno scenario sempre più penalizzante sui tassi di interesse (che riduce il margine di intermediazione delle banche) e del maggior costo della raccolta (che impatta sul margine di interesse, se le spese non sono scaricate sui clienti) si può avere un`idea di quale sia l`impatto sulla redditività degli istituti di credito.
 Sempre Value Partners calcola che l`azione combinata dei tre fattori possa costare quasi 2 miliardi di euro in termini di utili per le grandi banche italiane rispetto a quanto preventivato per il 2013 dai piani industriali: si pensava di raggiungere una cifra di 11,3 miliardi, si arriverà a malapena a 9,5 miliardi, cioè i116% in meno.
 Più ingenerale, le banche italiane sono adesso alle prese con piani strategici e obiettivi ormai irrealistici.
 Se si esclude UniCredit, le linee guida per il biennio 2011 e 2013 (e le indicazioniper i due anni successivi) sono state elaborate prima dell`estate: da allora sono passati soltanto pochi mesi, ma sembra trascorsa un`era. «Lo scenario che si è delineato negli ultimi mesi - sottolinea Gabriele Benedetto, senior manager di Value Partners - obbligherà le banche a riformulare le previsioni, ci aspettiamo una correzione dei piani industriali nel secondo semestre del prossimo anno, ma soltanto dopo che l`Eba avrà chiarito fino a quando gli istituti dovranno mantenere il Core Tier i al 9%».
 Oltre che sui numeri si dovràperò ragionare anche sulle strategie, perché per compensare il calo deg,liutilile banche non potranno agire ancora sui costiné probabilmente fare affidamento sulle cessioni.
 «La sfida del futuro - aggiunge Benedetto - sarà vinta da chi saprà rivedere il ruolo della filiale all`interno del- nostro sistema bancario, perché una corretta riorganizzazione del canale fisico verso attività ad alto valore aggiunto favorirebbela capacitàdellebanche diridune icosti aprendo al tempo stesso la strada a nuove fonti di ricavo».
 Il processo, tuttavia, sarà inevitabilmente lungo: nel frattempo l`Italia dovrà convivere con lo spettro del «credit crunch».

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