lunedì 19 dicembre 2011

Federali_sera_19.12.11. Viz de Trst (Trieste, oltrepadania) – 1. Ce la menano con 8 milioni che vanno in vacanza; almeno quattro volte l’anno. Poi vai a vedere, e conteggiano anche chi esce dall’autostrada al primo casello, oppure chi dice all’intervistatrice di andarci, ma solo per non far la figura del pezzente. O chi cita la localita’, ma non la cara mammina che li’ ci abita, e che fa da mangiare cosi’ bene, e gratis. O chi deve partire per motivi ben diversi dalla vacanza, ma la chiama vacanza, cosi’. O chi considera l’ingaggio di due settimane all’estero come una vacanza; tanto per darsi un tono. O posso continuare per molto, visto che ci capisco qualcosina di ste’ cazzate partorite per quattro soldi dagli altisonanti: Istituti di Ricerca demoscopica. Ad alcuni dei quali, francamente: andate a zappare la terra.----2. Spirito d’iniziativa, zero. Spirito imprenditoriale, zero. Le ultime statistiche (“Sole 24 Ore”) solo a questa voce mettono Trieste all’ultimo posto in Italia. Dov’è il guasto di una città che però eccelle in qualità della vita? Risposta: Vivete a sbafo, da sempre----3. Invece di serio - non triestino - c’e’ che, Tullio Pironti a Anna Paola Merone: Il problema è che questa piazza è finita. E mica per una fiera di prodotti diversi. Questa piazza è finita per le partite di pallone dei ragazzi che rendono impossibile ai pedoni anche solo attraversare lo slargo. Finita per le motociclette che sono ovunque. Finita per le frequentazioni discutibili. Finita nel momento in cui il progetto è stato affidato a Gae Aulenti. Ma dico io, con tanti architetti napoletani proprio una milanese dovevano chiamare?

Napoli. Tullio Pironti: «Trattato da abusivo per le spaccature in Comune»
Vacanze di Capodanno, partono 8 milioni di italiani. In calo prenotazioni e spesa
Trst, oltrepadania. La città localista e cosmopolita bloccata dal suo animo “doppio”
Export ottobre -3,2%, peggiore da 2009
Grecia: buco bilancio 2011 di 3 miliardi
Ticino. USI, studenti stabili nonostante il super-franco
Russia e Ue, giù le frontiere



Napoli. Tullio Pironti: «Trattato da abusivo per le spaccature in Comune»
L'altro giorno il blitz dei vigili che hanno chiesto all'editore, cosa vendi?. «Sul mercatello della cultura in Comune si scontrano due fazioni opposte»
NAPOLI — Nella libreria Pironti di piazza Dante, il giorno dopo il blitz della polizia municipale, c'è un via vai di clienti storici, curiosi e passanti. Tutti decisi a scoprire cosa c'è dietro la storia che ha visto su due fronti opposti i vigili urbani e librai del calibro di Tullio Pironti e Guida, trattati come abusivi.
Pironti, allora cosa c'è dietro questa curiosa vicenda?
«Ritengo che ci siano serie incomprensioni, di natura politica, a Palazzo San Giacomo. Ci sono due fazioni opposte al Comune che si stanno scontrando sul mercatello della cultura. Il sindaco ci appoggia, altri ci osteggiano e i vigili urbani trovano ogni giorno una serie di difficoltà».
Di che tipo?
«Guardi il mercatello è autorizzato per vendere prodotti che fanno riferimento a categorie merceologiche culturali: libri, dischi, dipinti.... In giro ci sono, certo, anche altri prodotti. Ma il presidente dell'associazione che organizza questo evento, Giuseppe Graziani, sostiene che è tutto in ordine. Anzi, mi si dice che l'equivoco sarebbe riferito alla lettura solo parziale della delibera di 13 pagine che autorizza la vendita di prodotti. Sarebbe stata letta dagli agenti solo sino alla terza pagina per un errore di trasmissione. Questo poi diventa un fatto ridicolo. Francesco Chirico, il presidente della municipalità ha detto che così si colpisce l'eccellenza napoletana. Ma il punto non è l'eccellenza, sono le regole che in questa piazza proprio non esistono. Fino a quando arrivano vigili decisi a prendersela con i librai».
Lei e Guida siete stati multati?
«No, perché librai siamo e libri vendiamo... Però è certamente un fastidio essere sottoposti a tutti questi controlli basati su niente. Senza dire che c'è anche chi ha avuto cinquemila e diecimila euro di contravvenzioni. E poi, guardi, il problema è un altro».
E qual è il problema?
«Il problema è che questa piazza è finita. E mica per una fiera di prodotti diversi. Questa piazza è finita per le partite di pallone dei ragazzi che rendono impossibile ai pedoni anche solo attraversare lo slargo. Finita per le motociclette che sono ovunque. Finita per le frequentazioni discutibili. Finita nel momento in cui il progetto è stato affidato a Gae Aulenti. Ma dico io, con tanti architetti napoletani proprio una milanese dovevano chiamare?».
Dove ha sbagliato la Aulenti?
«Ha sbagliato proprio nella concezione degli spazi. La piazza dovrebbe tornare come prima. La statua andrebbe spostata e l'intera disposizione rivista per rendere l'area davvero fruibile. Piazza Dante, dopo il Plebiscito, credo sia la piazza più importante della città. E c'è una cosa curiosa che riguarda la statua». Quale? «Il mio bisnonno, Michele Pironti, contribuì con 80mila lire alla costruzione della statua. La parte ''virile'', come si diceva allora, era fatta. Mancava però il basamento e non c'erano più soldi. Lui si fece avanti. Quindi capisce bene perché quando mi affaccio dalla porta del mio negozio mi piange il cuore. La storia dei Pironti è legata a doppio filo a piazza Dante».
Anna Paola Merone

Vacanze di Capodanno, partono 8 milioni di italiani. In calo prenotazioni e spesa
 Nemmeno le vacanze di Capodanno permettono di fuggire dalla crisi. Secondo i dati dell’indagine Confesercenti-Swg, continua anche nel 2011 la riduzione della quota di cittadini italiani che mette in conto una vacanza tra il 22 dicembre ed il 6 gennaio del 2012, che passa dal 21% del 2010 al 17% di quest’anno, pari a circa 8 milioni di italiani. Resteranno a casa più di 8 italiani su 10 (83% del totale), soprattutto gli appartenenti alle fasce professionali più basse (operai, casalinghe, pensionati e disoccupati) e le famiglie più numerose, le più colpite dalla congiuntura economica negativa.
Vacanze a casa con la famiglia per risparmiare
 Per gli 8 italiani su 10 che non andranno in vacanza durante le Feste natalizie o di fine anno, risulta lampante che la motivazione più forte per giustificare questa privazione è di tipo economica-finanziaria. Le difficoltà colpiscono soprattutto gli impiegati pubblici, gli studenti, i pensionati ed i disoccupati: tra loro, il 31% dichiara di non avere sufficiente disponibilità economica ed il 15% ritiene che i prezzi siano troppo alti rispetto alle proprie possibilità. Anche il desiderio di riconnettersi alla famiglia, però, gioca un ruolo importante: il 23% degli italiani rimarrà a casa per stare con i propri cari. Poco più di un italiano su dieci, (il 12%) dichiara invece di preferire altri momenti dell’anno per concedersi una vacanza. In qualunque caso, il problema che sembra impedire di partire in modo omogeneo a tutte le fasce d’età è, come detto, quello finanziario. Nelle fasce più anziane della popolazione italiana (maggiori di 64 anni) si aggiunge a questo un altro importante problema: la condizione di solitudine o malattia, che li convince definitivamente ad approfittare della compagnia dei propri cari almeno durante il periodo natalizio.
In partenza con la famiglia, ma per poco
 Chi parte non resta fuori molto tempo. Una quota molto consistente di rispondenti (78%), infatti, non intende prolungare la vacanza oltre i sette giorni. Scendendo nel dettaglio, la maggiore preferenza (51%) si concentra su una sosta di brevissima durata (dai 3 ai 5 giorni); nonostante questo dato sia in continuità con quanto emerso l’anno scorso, a differenza di quest’ultimo si allarga la quota di persone che decide di regalarsi un paio di giorni in più di riposo. I compagni di viaggio preferiti continuano ad essere i propri cari: anzitutto la famiglia (scelta dal 40% degli intervistati che faranno una vacanza), irrinunciabile specialmente per i 35-44enni; ma anche il partner (27%), soprattutto per i più giovani (25-34 anni) e per coloro che devono gestire una famiglia molto numerosa (con più di 4 componenti); il 22% invece preferisce trascorrere la villeggiatura con i propri amici. Gli unici che si azzardano a programmare una vacanza in solitudine sono i giovanissimi (dai 18 ai 24 anni).
Prenotazioni in calo, internet batte le agenzie di viaggi
 Decisa riduzione delle prenotazioni, tra il 23 e il 28% in meno rispetto al 2010. Persiste invece la predilezione di gran parte degli italiani (45%) per l’organizzazione e la prenotazione del viaggio in modo autonomo (grazie ad internet, per telefono, ecc.). Viceversa, rispetto agli anni precedenti, si è ridotta di molto la percentuale di persone intenzionata a partire senza prenotare (da 25% nel 2009 al 12%): sembra di poter scorgere dunque, anche in coloro che si concedono uno svago fuori casa, la necessità di essere prudenti, programmando e definendo con precisione le proprie spese.
Il trionfo del low-cost
 Al ribasso anche la previsione di spesa per persona che mediamente si aggira intorno ai 600/700 euro: si rivela una variazione in negativo del 18% rispetto al 2010 (la stima della spesa media era di circa 800 euro). In particolare, più della metà degli intervistati non ha intenzione di spendere per la villeggiatura invernale più di 500 euro; mentre un ulteriore 30% è disposta a salire di qualche centinaio di euro, senza però andare oltre ai mille. In totale, gli italiani spenderanno 5,2 miliardi di euro per le loro vacanze invernali.
Chi può sceglie l’albergo
 Acquisisce preferenze l’albergo, quest’anno scelto dal 31% degli italiani contro il 23% del 2010, superando anche la scelta di soggiornare presso amici o parenti (dal 26% dello scorso anno al 20%). Seguono in graduatoria i bed & breakfast e le case in affitto. Crolla, rispetto alle vacanze invernali degli anni precedenti, l’utilizzo della seconda casa di proprietà (dal 16% nel 2010 – con dati percentuali simili o superiori negli anni precedenti- al 5% in questo anno 2011); il fatto che l’albergo acquisisca preferenze mentre praticamente tutte le altre tipologie di alloggio ne perdono, sembra suggerire che il divario tra ricchi e poveri è in aumento: anche chi, fino all’anno scorso, poteva concedersi una vacanza poco costosa quest’anno ha dovuto comunque rinunciarvi.
Italia ancora meta preferita, ma cresce l’Europa.
 La meta di viaggio prediletta è ancora il Bel Paese, scelto dal 62%; nonostante ciò, rispetto allo scorso anno, la preferenza è diminuita di 15 punti percentuali. Le regioni italiane più gettonate per trascorrere il periodo di riposo natalizio o di inizio anno nuovo sono il Veneto, seguito dal Trentino-Alto Adige, dal Lazio e Dalla Toscana. Per contro, è aumentata la quota di italiani che decide di trascorrere la pausa natalizia in luoghi internazionali. In particolare, le destinazioni europee sono quelle ad acquistare più punti (da 16% nel 2010 al 27%), selezionate specialmente dai più giovani (18-24 anni) e da coloro che lavorano in proprio. Rispetto ai Paesi stranieri scelti i più accattivanti sono la Spagna, la Germania, la Francia e l’Austria. Ancora poco considerati, probabilmente per ragioni di tempo e prezzo, i paesi extraeuropei.
In vacanza per rilassarsi, non per divertirsi
 Lo stacco invernale degli italiani sarà all’insegna del rilassamento più che dello svago: più della metà degli italiani (52%), infatti, ha dichiarato di aspettarsi riposo e relax dalle vacanze di Natale e/o di Capodanno. Meno di un italiano su quattro, il 24%, è alla ricerca di divertimento ed evasione, mentre un ulteriore 18% vuole cogliere l’occasione per un proprio arricchimento culturale. Di conseguenza le mete più gettonate (33%) sono di tipo culturale (città d’arte, ecc), anche se, rispetto al 2010, queste sembrano perdere appeal; sono soprattutto i laureati a sceglierle. Anche la seconda meta classificata, la montagna, pur mantenendo la propria posizione (21%), perde molte preferenze. Il mare, invece, a differenza dell’anno precedente, accoglie nuovi favori (24%); sono soprattutto le donne, i pensionati ed i single a preferirlo. Anche la campagna (scelta specialmente dai giovanissimi) e le strutture termali acquistano punti. Viene manifestato sempre meno interesse, invece, verso le “destinazioni sportive”.

Trst, oltrepadania. La città localista e cosmopolita bloccata dal suo animo “doppio”
In un libro appena uscito il sociologo Gasparini dedica un capitolo a Trieste: resa grande in passato da chi arrivò da fuori, rimasta poi svuotata di progetti ma ancora convinta di essere centro del mondo
 di Gabriella Ziani
 Spirito d’iniziativa, zero. Spirito imprenditoriale, zero. Le ultime statistiche (“Sole 24 Ore”) solo a questa voce mettono Trieste all’ultimo posto in Italia. Dov’è il guasto di una città che però eccelle in qualità della vita? Perché a questa apparente e tormentosa inettitudine produttiva si accompagna anche una costante crisi di abbandono? Con l’impressione che ci sia sempre qualcuno che porta via qualcosa alla città? Che la dismette, la tradisce, non le dà merito, aiuti, soldi, cosa che suscita costanti reazioni di indignazione, sentimento che presto scolora tuttavia nell’indifferenza, nel diniego del “no se pol”?
 Roba da psicoanalisi. E invece è l’analisi sociologica a spiegarci il segreto meccanismo “interiore” della piccola ex città-stato che consuma energie combattendo tra due pulsioni in antitesi: sentirsi in diretta comunicazione col mondo, e chiudersi invece in un localismo asfittico.
 Il problema è che se non si ritrova un equilibrio «il destino di Trieste è segnato negativamente, poiché vi si aggirano solo delle ombre tinte di sogni e di miti che passano per i muri senza lasciare segno, se non quello interiore della frustrazione». È l’analisi del sociologo Alberto Gasparini, docente di Sociologia delle relazioni internazionali e di Sociologia urbano-rurale dell’Università di Trieste, e direttore dell’Istituto di sociologia internazionale (Isig) di Gorizia. In un volume appena uscito dal Mulino («Società civile e relazioni internazionali») Gasparini sviluppa tra l’altro non solo l’analisi sulle caratteristiche fondanti del “carattere italiano”, rapporti fra Stati europei, e genesi del fondamentalismo islamico, ma anche disseziona il «caso Trieste» rispondendo alla domanda cruciale oggi per il suo ceto dirigente: da dove partire per «una seconda rifondazione della città».
 Tutto ciò che Trieste è stata dal punto di vista economico-commerciale fu costruito, analizza lo studioso, come vero e proprio «sistema» sotto l’Austria, dal governo di Vienna, che creò con spirito concreto e illuminista le condizioni ideali per un porto efficiente a uso dell’intero entroterra. Infrastrutture, tecnologie, leggi sulla libertà di culto che attirarono gruppi da tutto l’impero e non solo, il Porto franco di stimolo per i commerci: ogni cosa arrivò dall’esterno. Col crollo dell’Austria crollò dunque anche Trieste. Finite poi le successive politiche “italiane” in campo amministrativo e industriale (primo e secondo dopoguerra), nuovo vuoto. Restarono sul campo la convinzione “cosmopolita” e una rete di relazioni in realtà solo locale, chiusa perfino ai confinanti, per antico istinto di difesa.
 Le élite produttive di provenienza internazionale si erano strutturate come una sorta di «mondo nuovo», dettando nuovi valori: saper fare, saper trattare con tutti a prescindere da lingua e religione, soppesare secondo risultato e non secondo identità. Questi stranieri in carriera circoscrissero il proprio territorio di appartenenza esclusivamente nella famiglia e nella comunità religiosa, rendendole “zona protetta”. Cosa che altrettanto persiste a Trieste: città tollerante di tutti, ma difficile, dice il sociologo, entrare nelle famiglie o nei piccoli «clan» di uguali.
 Accanto a questi fenomeni «importati», i triestini autoctoni fecero comunque gruppo, nel segno della distinzione e dell’autodifesa: contro Venezia, Vienna, e gli slavi. Un localismo tuttora vivo, che interpreta Trieste non come parte di uno Stato, ma come suo interlocutore: Territorio libero? Lista per Trieste? Città metropolitana? Siamo sempre lì.
 «Non v’è dubbio - scrive il sociologo - che la sintesi di anima localista e anima cosmopolita si fonda sulla presunzione che il locale e la società triestina riescano a produrre cose fondamentali per coloro con i quali entrano in rapporto: mentalità, professioni, tecnologie, servizi, prodotti, commerci, e così via. Se ciò è vero, allora la presunzione di essere dotata di carisma si realizza, in caso contrario tale presunzione rimane solo “peccato” in quanto è falsa idea di sè e delle proprie possibilità».
 Siamo eredi di quei pionieri-stranieri il cui spirito imprenditoriale finì con loro stessi. Imperi economici furono ereditati da un solo primogenito, schiere di figli cadetti furono spinti da madri e mogli (potere delle donne!) a emanciparsi dal lavoro e dal profitto, e a virarsi su arti liberali, cultura, assicurazioni, finanza, scuola. Su economie improduttive. Evoluzione “chic”, ma siamo qua: colti, poco industriosi.
 E l’anima localista» che cosa produce? «Enfasi sull’unicità della città, che le permette di essere libera di gestire le relazioni con chi vuole, e ovviamente realizzando il migliore vantaggio». Ma, aggiunge il sociologo, è solo «presunzione di poter dominare questo universo». Perciò «si vive in piccolo, pensandosi grandi».

Export ottobre -3,2%, peggiore da 2009
Istat, dato annuo positivo, negativi numeri import
19 dicembre, 10:05
(ANSA) - ROMA, 19 DIC - A ottobre l'export cala del 3,2% su settembre, il peggior dato da marzo 2009, mentre resta positivo su base annua (+4,5%), pur se in frenata. Lo rileva l'Istat, aggiungendo che l'import si riduce in termini congiunturali dell'1,1% e sul piano tendenziale dello 0,3%, il primo ribasso annuo da dicembre 2009.

Grecia: buco bilancio 2011 di 3 miliardi
La troika chiede altre misure di austerity per coprirlo
19 dicembre, 10:56
(ANSA) - ATENE, 19 DIC - Il governo greco deve adottare al piu' presto, al massimo entro l'inizio del 2012, nuove misure di austerity per coprire un buco nel bilancio 2011 di almeno tre miliardi. E' questo il messaggio lasciato al governo di Lucas Papademos dai rappresentanti della troika (Fmi, Ue e Bce) che sono partiti venerdi' da Atene dove torneranno il 15 gennaio prossimo. La troika ha dato pure al governo greco 30 giorni di tempo per fare tutto il necessario.

Ticino. USI, studenti stabili nonostante il super-franco
LUGANO - Resta stabile il numero degli studenti iscritti all'Università della Svizzera italiana. Nel semestre autunnale 2011 risultano iscritti complessivamente 2866 studenti, 14 in più dello scorso anno. Un dato nella media, quindi, nonostante la forza del franco svizzero abbia frenato la crescita prevista dalle preiscrizioni di luglio. Rimane comunque molto alta l'internazionalità, con il 27.8% degli studenti proveniente dal Ticino, l'8.5% da altri cantoni svizzeri, il 37.9% dall'Italia e il 25.8% da altre nazioni.
 Secondo l’indagine laureati 2011 si conferma sempre buona l'occupazione professionale dei laureati, con un quadro stabile e positivo: il 95.5% risulta occupato ad un anno dal diploma (di questi lavora il 68.5%, il 25.2% studia e l'1.8% ha fatto altre scelte), mentre a 5 anni dalla laurea la percentuale sale al 96.6% (di questi lavora il 91.5% e il 5.1% ha fatto altre scelte).
 "Due risultati, quello sull’occupazione dei nostri laureati e sul numero di studenti iscritti all’USI, dei quali sono molto soddisfatto" commenta il Presidente dell’USI Piero Martinoli "soprattutto alla luce dell’attuale congiuntura economica: è un’ulteriore prova del fatto che investire nella propria formazione conviene sempre".
 È stato infine approvato il preventivo per il 2012, che ammonta – con un leggero disavanzo di 0.5 milioni – a 84 milioni di franchi, coperti in questo modo: 26% dai sussidi federali secondo la Legge federale di aiuto alle università (LAU); 20% dal contratto di prestazione del Cantone Ticino; 13% dall’Accordo inter-cantonale (compreso il contributo del Cantone Ticino per gli studenti ticinesi); 16% dalle tasse per studenti; 13% da fondi terzi di ricerca (FNS, EU 11%) e mandati di ricerca (2%); 12% da altri finanziamenti, prestazioni e servizi (di cui 4% Executive Master).

Russia e Ue, giù le frontiere
19 dicembre 2011
Vladimir Soloviov, Rivista "Kommersant"
Mosca e Bruxelles hanno annunciato l’avvio del processo per l'abolizione dei visti. La controparte russa si aspetta che la prima fase non richieda più di un anno. Ma alcune difficoltà si addensano all’orizzonte
Nel corso del vertice Russia-Unione Europea del 14 e 15 dicembre 2011 si sono concluse le lunghe trattative per l'abolizione del regime dei visti. Mosca e Bruxelles hanno approvato un documento intitolato “Passi comuni per il passaggio a un regime senza visti nei viaggi di breve durata dei cittadini di Russia e Ue”. “Il testo è serio e ambizioso. Ora lavoriamo per il conseguimento di obiettivi condivisi: intraprendere passi comuni e iniziare a realizzarli nel corso del vertice”, ha dichiarato Catherine Ashton, Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza dell'Unione Europea.
Nella versione finale del documento, Russia e Unione Europea hanno stabilito di adempiere reciprocamente a una lunga lista di “passi comuni”, suddivisa in quattro sezioni. Nella prima sezione “Sicurezza dei documenti e biometria” si dichiara la necessità di introdurre passaporti biometrici, in grado di rispondere alle richieste dell’Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile (Icao). Le parti si impegnano a trasmettere in modo celere e sistematico informazioni relative allo smarrimento o furto di documenti e a passaporti falsificati all'Interpol. Oltre a ciò, Russia e Unione Europea intendono perfezionare le misure anticorruzione, “introducendo norme etiche nei confronti dei funzionari di qualsiasi organo pubblico, coinvolto nel sistema di gestione delle identità”.
La sezione “Migrazione illegale e riammissione” prescrive una lotta congiunta ai flussi migratori illegali e ai reati connessi, nonché l’elaborazione di un sistema di raccolta e analisi di dati, che permetta di studiare e prevenire i rischi nell'ambito della gestione delle frontiere.
Russia e Unione Europea, inoltre, si impegnano a contrastare la falsificazione di documenti e la corruzione tra i dipendenti delle strutture statali preposte al controllo delle frontiere. La sezione “Ordine pubblico, sicurezza e collaborazione giuridica” tratta la lotta alla criminalità transnazionale, terrorismo e corruzione. Infine, nel paragrafo finale dei “passi comuni”, dedicato alle “Relazioni esterne”, l’attenzione è rivolta alle persone comuni. Nella sezione si parla della necessità di garantire ai cittadini di Russia e Unione Europea la libertà di movimento su basi paritarie e di collaborare per la realizzazione di “una politica contro la discriminazione e a favore della tutela di soggetti appartenenti a minoranze e della lotta contro i crimini fondati sull’odio”.
Tutte queste sezioni saranno applicate su basi paritarie. Ciò significa che Russia e Unione Europea saranno in grado di controllarsi a vicenda. Stando alle parole del Ministero degli Affari Esteri russo, questi “passi comuni” non richiedono una firma. Per questo in occasione del summit i Presidenti di Russia e Unione Europea, Dmitri Medvedev ed Herman Van Rompuj, annunceranno semplicemente l’avvio del processo per la loro realizzazione.
Mosca e Bruxelles considerano il documento un grande traguardo. Nei mesi precedenti hanno discusso non tanto sul contenuto dei “passi”, quanto su che cosa fare dopo la loro realizzazione. Il Ministero degli Esteri russo ha proposto di procedere immediatamente con la creazione di un accordo sull'abolizione dei visti per i cittadini russi ed europei. A Bruxelles, tuttavia, hanno insistito che la realizzazione di questi passi serve solo a “spianare la strada ai negoziati sull'accordo”. In conclusione, nel documento, si è raggiunti un compromesso, ma la formulazione rimane confusa. Non appena la realizzazione della lista di “passi comuni”sarà completata, le parti prenderanno, in conformità con le procedure interne, una decisione relativa all’avvio delle trattative sull’accordo per l’abolizione dei visti. In lessico diplomatico, ciò significa che, se Mosca è pronta, in qualsiasi momento, a iniziare i negoziati sull'accordo, l'Ue dovrà prima concordare la posizione con tutti i Paesi membri.
La realizzazione di tutte le disposizioni del documento, ne sono convinti i diplomatici russi, richiederà circa un anno. “Contiamo sul fatto che l’attuazione dei ‘passi comuni’ non richieda molto tempo”, ha affermato il console speciale del Ministero degli Esteri russo, Anvar Azimov. “Nel giro di un anno potremmo già scambiare con i nostri partner europei informazioni sul corso dell’attuazione dei ‘passi comuni’, al fine di iniziare, subito dopo, con lo studio approfondito del testo dell’accordo sul regime senza visti”.
Nel frattempo, nel documento concordato, vi è una riga che potrebbe vanificare tutti gli sforzi di Mosca di ottenere un regime senza visti con l'Unione Europea. La riga recita che quando si discuterà l’accordo per l’abolizione dei visti, sarà preso in considerazione “il rapporto tra l'evoluzione dei flussi migratori e la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, nonché il rispetto dello stato di diritto”. Questa condizione vale in particolare per la Russia, dove la situazione dei diritti umani e dello stato di diritto, secondo l’Ue, è ancora precaria. A conferma di ciò vi sono le elezioni parlamentari del 4 dicembre 2011, di cui si sono lamentati sia osservatori internazionali che opposizione russa e difensori dei diritti umani.

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