sabato 3 dicembre 2011

Federali_sera_3.12.11. Regime padano e krauto krukko/2. - Battista Pierluigi: La colpa è tutta loro, dei tedeschi, che nella loro folle politica di potenza starebbero affossando l'euro e rovinando la Nazioni che non si vogliono arrendere al diktat della Merkel. Riaffiorano, tutti insieme, gli stereotipi della germanofobia. La Merkel viene raffigurata come un'educatrice severa e testarda che dietro all'immagine di comodo del rigore nasconde l'eterna tentazione egemonica della Germania.----Venezia, padania, Silvia Oliva: Scenari critici per l'economia e per le imprese del Nordest. E' questa la descrizione che meglio sintetizza i risultati della periodica indagine realizzata dalla Fondazione Nord Est su un panel di testimoni privilegiati d e l mondo economico e imprenditoriale locale.

De Magistris querela tutti: «Denuncia contro chi ha detto falsità su crisi rifiuti»
Vecchioni rinuncia al cachet: «Sarò a capo del forum perché credo in Napoli»
Veneto, padania. Vacilla anche l’export, crolla la fiducia
I fantasmi dell'egemonia tedesca



De Magistris querela tutti: «Denuncia contro chi ha detto falsità su crisi rifiuti»
«Hanno gravemente compromesso l'immagine della città, mostrate immagini di repertorio della spazzatura»
NAPOLI - Luigi de Magistris si scaglia contro chi ha diffuso notizie sull'emergenza rifiuti che in vece, dice il sindaco, «non c'è». «Ho dato mandato all'ufficio di Gabinetto del Comune - afferma l'ex pm - di denunciare coloro che, in questi giorni, a ogni livello, hanno gravemente compromesso l'immagine della città». L'immagine sarebbe stata compromessa dalle notizie di un'emergenza rifiuti che, ha più volte ribadito nei giorni scorsi, «non c'è». «Sono state mostrate immagini di repertorio con cumuli di rifiuti sono un danno enorme alla città che ho l'onore e il dovere di rappresentare». Il primo cittadino non cita nomi specifici. Anche se molte testate hanno riportato le immagini dei cumuli (guarda le foto) formatisi anche nei pressi di istituti scolastici a causa dello sciopero delle ditte di raccolta rifiuti.

Vecchioni rinuncia al cachet: «Sarò a capo del forum perché credo in Napoli»
Dopo le polemiche sul compenso di 220 mila euro:
«È un'occasione per consolidare l'unità del nostro paese»
NAPOLI - Neanche un euro. Neanche un una manciata di «dané». Roberto Vecchioni ha accettato la carica di presidente del Forum delle Culture senza alcuna remunerazione. Dopo le polemiche sul'ipotesi di un cachet da 220 mila euro, il cantautore non fa un passo indietro come pure s'era detto ma resta a Napoli dove lo ha voluto il sindaco Luigi de Magistris.
«Ho accettato l'incarico di presidente del Forum universale delle Culture del 2013 - si legge in una nota - perché nutro un sentimento di profondo amore per Napoli, perché a Napoli è iniziativa una nuova ed entusiasmante stagione politica, perché il Forum sarà un'occasione per rilanciare la città e per consolidare l'unità del nostro paese».
Sul polverone generato nei giorni scorsi, il cantautore ha spiegato: «Le polemiche sollevatesi sin dalla mia nomina e protrattesi in merito al mio compenso mi sono apparse ingiuste, in primis proprio per questo mio sentimento di amore e di rispetto per Napoli e i suoi cittadini. Per superarle - ha concluso - ho quindi deciso di accettare l'incarico senza compenso. Una scelta che adesso sarà oggetto di valutazione da parte delle istituzioni coinvolte e della cabina di regia dello stesso Forum».
Nat. Fe.

Veneto, padania. Vacilla anche l’export, crolla la fiducia
Indagine tra gli imprenditori nordestini realizzato per il «Corriere del Veneto». Gli ottimisti scesi in un anno dal 42 al 24%. Giù anche gli ordinativi esteri: - 23%
Mensilmente, il Corriere del Veneto pubblicherà gli studi di opinione realizzati da Fondazione Nord Est-Friuladria Crédit Agricole. Il primo riguarda l’analisi delle prospettive economciche tra gli imprenditori del Veneto.
VENEZIA - Scenari critici per l'economia e per le imprese del Nordest. E' questa la descrizione che meglio sintetizza i risultati della periodica indagine realizzata dalla Fondazione Nord Est su un panel di testimoni privilegiati d e l mondo economico e imprenditoriale locale. Infatti, dopo una prima parte del 2011 che aveva confermato un trend seppur rallentato di risalita, il trimestre estivo e l'autunno hanno, invece, rilevato tutta la fragilità di una ripresa che stenta a consolidarsi, riportando il cammino dell'economia in flessione e diffondendo un generale clima di sfiducia. Il rallentamento viene registrato a tutti i livelli considerati, tanto che anche per l'economia internazionale la quota di chi la indica attualmente in crescita si riduce dall'80,6% registrato a maggio al 49,9% di novembre. Tuttavia per quanto riguarda il contesto mondiale, il saldo di opinione, ovvero la differenza tra indicazioni di crescita e indicazioni di flessione, rimane ancora positivo per 24,7 punti percentuali. Osservando i dati raccolti sia per l'economia statunitense sia per quella europea - che segnano un ritorno in negativo del saldo sintetico rispettivamente per -15,5 e per 39,4 punti - si coglie quanto la capacità generale di tenuta della crescita mondiale sia ascrivibile completamente alle altre economie, cosiddette emergenti, come i paesi Bric e Asean.
In questo generale contesto di flessione, gli imprenditori interpellati descrivono la situazione italiana con toni particolarmente negativi, attestati da una quota di giudizi di flessione pari al 78,8%, con quasi due intervistati su cinque che definiscono il momento come netta caduta. Solo sei mesi prima un'impresa su due si esprimeva in termini di stazionarietà e una su quattro di crescita, seppure contenuta. Anche a Nordest, le tensioni internazionali e nazionali sono portatrici di un nuovo calo dell'economia dopo due anni di lenti, ma costanti, segnali di miglioramento. A novembre 2011, solo il 10,5% del panel giudica, infatti, che il Nordest sia in leggera crescita, mentre il 47% indica una leggera flessione e il 18,1% una netta caduta. A maggio, viceversa, un imprenditore su due giudicava positivamente l'andamento dell'economia nordestina. In prospettiva, le tensioni oggi presenti sui mercati finanziari, le criticità di alcuni debiti sovrani e il rallentamento del commercio mondiale contribuiscono a definire un clima di forte sfiducia e pessimismo che consegna una previsione per il prossimo semestre particolarmente negativa. Gli unici due ambiti a mantenere saldi positivi, seppur in calo, sono l'economia internazionale e quella statunitense. Viceversa, l'economia europea, attraversata da forti tensioni finanziarie e politiche e da dubbi sulla tenuta degli Stati sovrani e della moneta unica, presenta un dato pari a -20,7 punti, con il 45% circa di prospettive di flessione.
A livello italiano, le indecisioni dei partiti nell'affrontare una situazione sempre più instabile e incerta insieme alle concrete difficoltà del sistema produttivo, hanno definito un quadro molto fosco che mostra prospettive di flessione con divise dal 56,7%, di cui una quota pari a 27,6% di netta caduta. Infine, anche il Nord Est fatica a mostrare uno sguardo ottimista sul futuro, tanto che per un imprenditore su due i prossimi sei mesi mostreranno un arretramento dell'economia locale. Per quanto riguarda le imprese nordestine, la situazione a novembre registra un nuovo rallentamento dopo quello già emerso nella rilevazione di maggio. L'unico dato che torna a crescere è quello sulle vendite all'estero il cui livello è considerato positivo dal 39,3%, rispetto al 19,4% di primavera 2011. Questo miglioramento permette una quasi sostanziale stabilità dei dati sulla produzione, indicata come positiva dal 25,2%, a fronte, invece, di ordini in calo per il 51,1%. Inevitabilmente, l'occupazione non registra miglioramenti, confermando la prevalenza di giudizi di stabilità (52,8%), sia rispetto a quelli negativi (28,6%) che a quelli positivi (18,6%). Utilizzo degli impianti e scorte, coerentemente, mostrano una prevalenza e una crescita di indicazioni negative, rispetto a quelle positive.
La prospettiva sul prossimo futuro appare critica anche per quanto riguarda le possibilità di sviluppo delle aziende nordestine: gli ottimisti scendono in un anno dal 42% al 24,4%. L'unico saldo di opinione a rimanere positivo, nonostante il peggioramento, è quello relativo alle vendite all'estero che, pur perdendo in sei mesi 23 punti percentuali, si attesta a +17,4, come risultato di un 34,2% di attese di crescita. Si riduce, invece, da + 22,5 a -10,9 il saldo per la produzione, così come da +23,5 a -12 quello sugli ordini. Destano, infine, preoccupazione per la tenuta sociale del Paese le prospettive per l'occupazione, indicata stabile dal 70%, ma in flessione dal 25%. Da un lato, le imprese non possono permettersi di ipotizzare investimenti in risorse umane, dall'altro non è immaginabile un ricorso senza limite alla cassa integrazione, con un rischio accentuato con la disoccupazione raggiunga livelli sempre più critici.
 Silvia Oliva

I fantasmi dell'egemonia tedesca
di Battista Pierluigi
STEREOTIPI I fantasmi dell'egemonia tedesca di PIERLUIGI BATTISTA Rinasce la germanofobia, si risveglia la demonizzazione dei tedeschi. Le scelte di Angela Merkel non vengono solo prese per legittime scelte politiche e nazionali, giuste o sbagliate che siano, e probabilmente più sbagliate che giuste. No, peggio: diventano il sintomo dell'eterna prepotenza germanica. Dell'euro-arroganza teutonica. La colpa è tutta loro, dei tedeschi, che nella loro folle politica di potenza starebbero affossando l'euro e rovinando la Nazioni che non si vogliono arrendere al diktat della Merkel. Riaffiorano, tutti insieme, gli stereotipi della germanofobia. La Merkel viene raffigurata come un'educatrice severa e testarda che dietro all'immagine di comodo del rigore nasconde l'eterna tentazione egemonica della Germania. Si sprecano le allusioni al sempre minaccioso passato tedesco. Si agita addirittura lo spauracchio di Otto von Bismarck. La Prima guerra mondiale? Colpa del forsennato espansionismo tedesco. Manca solo la riabilitazione del trattato di Versailles che umiliò e mise in ginocchio la Germania nonostante le sagge raccomandazioni di lord Keynes. Ovviamente riprende fiato persino la voglia di ributtare addosso ai tedeschi l'inferno della loro presunta «colpa collettiva», della Patria di Kant e di Bach che però partorì anche il mostro del nazismo. Si rivede anche il solito refrain della germanofobia perenne: prima la Germania tentò di mettere sotto il suo tallone di ferro l'Europa con i cani armati, ma adesso tenta di ottenere gli stessi risultati con la moneta. Come se la moneta e i cingolati fossero due varianti più o meno equivalenti di un medesimo istinto di supremazia, di un delirio espansionista che vedrebbe nella formazione di un nuovo Reich il compimento di un nazionalismo forsennato. Durante la Guerra Fredda, qualunque conato nazionale della Germania veniva liquidato e bollato nell'Est sovietizzato come riprovevole manifestazione di «revanscismo tedesco». Ogni cosa era «revanscismo». Non si capiva bene cosa fosse esattamente, questo «revanscismo», ma doveva trattarsi certamente di qualcosa di molto deplorevole. Anche la Merkel, a suo modo, potrebbe essere secondo i nuovi germanofobi una «revanscista». Giulio Andreotti, un maestro del realismo politico o forse del cinismo politico, amava ripetere, quasi alla vigilia del crollo del muro di Berlino, che lui amava a tal punto la Germania da volerne sempre due. Era la stessa idea della riunificazione tedesca a risvegliare fantasmi e terrori mai sopiti. Quando nacque l'euro, i malati di germanofobia, pensavano che in fondo l'unificazione monetaria avrebbe potuto ammansire la fiorente potenza del marco. Oggi, a conti fatti, con 1'euro nella tempesta, e la Germania nel mirino perché troppo avara nei confronti dei partner europei più deboli e indebitati, si dice invece che l'euro sarebbe stato colonizzato dal marco. Oppure che L'euro sarebbe solo la faccia nominale di un marco rivitalizzato sotto mentite spoglie. In un caso o nell'altro resta l'immagine luciferina di una Germania che sacrifica al suo supremo egoismo nazionale gli interessi generali, con Angela Merkel che tenendo serrati i cordoni della borsa, tiene per il collo i poveri europei che vorrebbero essere perdonati, condonati, non più asfissiati da un debito esorbitante. E invece no, la perfida tedesca rilutta, pretende, pone condizioni, si dimostra poco generosa. Ma non per un calcolo politico eventualmente sbagliato, bensì per un calcolo egemonico che schiaccia le alleanze come se non valesse niente. La Germania diventa così il nuovo capro espiatorio dell'euro in pericolo, del debito che non si salda, dell'Europa che crolla. Il colpevole è il controllore troppo severo. Ottuso: «ottuso» come i tedeschi quando sono rappresentati alla stregua di uno stereotipo, disciplinati fino all'ostinazione, fedeli a un ideale di fermezza fino al sacrificio dei più deboli e dei più riottosi. La demonizzazione della Germania arriva al punto di sostenere che, con una politica tedesca diversa, l'euro sarebbe salvo, e l'Europa, se non rigogliosa, per lo meno non condannata a un terribile fallimento storico. E che se non ci fosse l'ostinata Merkel, che maneggia la moneta con la stessa ferocia di chi maneggiava i carri armati, le cose andrebbero per il verso giusto. Più che un'illusione, un modo per compromettere per sempre l'idea di un'Europa unita, che non sappia umiliare nessuno.

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