lunedì 5 dicembre 2011

Federali_sera_5.12.11. Ma Cappellacci si è soffermato anche sulla tassa sulle barche: Quando è stata introdotta da Renato Soru, la Corsica disse grazie Sardegna, ora ringrazierà l’Italia.----Le condizioni spagnole sono difficili anche sul fronte dell'economia reale con un dato sulla produzione industriale che questa mattina ha mostrato un calo dell'attivitá a ottobre del 4,2% anno su anno, in termini destagionalizzati. Secondo l'ufficio di statistica spagnolo (Ine), sempre ad ottobre, l'indicatore ha registrato una diminuzione in tutti i settori industriali e tassi negativi in 12 comunità autonome.

Basilicata. Petrolio, De Filippo affida a D'Andrea «rilancio memorandum»
LA NUOVA SARDEGNA - Politica: In Sardegna per ora prevalgono i «no»
Manovra, de Magistris e Caldoro in coro: «Non c'è equità e ci sono troppi tagli»
Spagna sotto lente Moody's, male attività industriale
Voto Russia, partito Putin ottiene maggioranza ma fragile
Elezioni in Croazia e Slovenia: vincono i partiti di centrosinistra



Basilicata. Petrolio, De Filippo affida a D'Andrea «rilancio memorandum»
De Filippo ha incontrato D'Andrea oggi. Ieri aveva parlato del memorandum, a Roma, anche col Ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera
05/12/2011  Il presidente della giunta regionale della Basilicata, Vito De Filippo, ha «affidato» al sottosegretario per i Rapporti con il Parlamento, Giampaolo D’Andrea, «il rilancio del memorandum» sul petrolio, e la questione che riguarda le estrazioni petrolifere sul territorio lucano, i proventi e la loro destinazione, e l’aumento della produzione dei barili di greggio.
 De Filippo ha parlato del «memorandum» anche ieri, a Roma, con il ministro per lo Sviluppo economico, Corrado Passera.
 «Serve un’azione di rilancio del documento, poichè si tratta – ha spiegato De Filippo – di una questione che rigurda tutti, non solo la Basilicata, perchè lo Stato avrebbe un enorme ritorno fiscale da questa operazione, e parte dei proventi maggiori potrebbero essere utilizzati per innovazione, infrastrutture e ricerca sul territorio lucano». Il sottosegretario ha assicurato il maggior impegno possibile su questo argomento: «Verificheremo quali elementi si potranno assumere – ha detto – per fare andare avanti il più rapidamente possibile quella che giudichiamo un’ottima idea, in particolare nell’attuale situazione economica, per un rapporto sempre più virtuoso tra la Regione e lo Stato».

LA NUOVA SARDEGNA - Politica: In Sardegna per ora prevalgono i «no»
05.12.2011
CAGLIARI. A caldo in Sardegna prevalgono i «no» alla manovra Monti. Il governatore Cappellacci avrebbe voluto più equità territoriale ma ha visto qualche spiraglio. Il Pd si è subito diviso tra chi è contrario (in linea con la posizione sindacale, durissima anche nell’isola) e chi è sicuro che il testo sarà migliorato in Parlamento. Il Pdl critica alcuni contenuti (edilizia e pensioni). Duro il giudizio dell’Idv. Cappellacci: «Tagli alle Regioni speciali». Consapevole che «tutti siamo chiamati a fare sacrifici perché la crisi non l’abbiamo scoperta oggi», il presidente della Regione, ieri a Roma, ha espresso «preoccupazione» perché nella manovra «non si vede quella equità richiamata anche dal presidente del Consiglio alla vigilia, le misure vanno ad incidere sulle categorie e sui territori più deboli». Alle Regioni speciali è stato tagliato un miliardo di euro. Ma Cappellacci si è soffermato anche sulla tassa sulle barche: «Quando è stata introdotta da Renato Soru, la Corsica disse grazie Sardegna, ora ringrazierà l’Italia. E’ un errore, un boomerang, un colpo al turismo. Noi lo pagheremo più di altri». Cappellacci ha giudicato positivamente i punti sulla sanità e sul trasporto pubblico locale e ha riferito che quella di ieri a Roma non era la sede per discutere della Vertenza Sardegna. «Ma - ha aggiunto - ho parlato col ministro Passera per ringraziarlo per la rapidità con cui ha firmato il decreto sulla continuità territoriale. Ha illustrato idee interessanti su semplificazioni normative per le imprese, l’accelerazione per le infrastrutture e strumenti straordinari per patrimonializzazione delle imprese, un maggior uso di strumenti come i fondi di garanzia. Misure che noi stiamo già usando. Passera ha detto che vuole operare in sinergia». Tre reazioni diverse nel Pd. Il segretario Silvio Lai è cauto: «Il fatto che Cgil Cisl e Uil siamo unite nel dire no e che la Confindustria sia schierata sul sì mi fa pensare che c’è qualcosa che non va». Lai non vuole sbilanciarsi più di tanto, oggi pomeriggio parteciperà a un vertice romano con Bersani e tutti i segretari regionali. Il capogruppo in Consiglio regionale Giampaolo Diana è invece durissimo: «La manovra è inaccettabile, mi schiero subito fra i contrari. Non c’è equità, non c’è niente per lo sviluppo e per il lavoro, si colpiscono soltanto i pensionati mentre non c’è traccia di patrimoniale. Questa manovra poteva farla chiunque, da Monti e dal governo dei professori era lecito aspettarsi ben altro». Il deputato Paolo Fadda, segretario della commissione Industria a Montecitorio, è invece possibilista: «Avevamo delegato Monti a fare questa manovra e i leader politici a verificarla. Sappiamo che era inevitabile. E sappiamo che bisogna fare in fretta. Se ci sono cose che non vanno, le correggeremo in Parlamento. Non ho dubbi che il governo Monti sia disponibile a interventi migliorativi». «Ridurre il numero dei parlamentari». Fadda ha sempre criticato gli eccessi dell’«offensiva demagogica e populista» contro i costi della politica: «Bisogna tenere presente anche degli interessi della democrazia». Ma ha detto che di fronte a una manovra di sacrifici come quella elaborata dal governo Monti la politica, per poterla migliorare e approvare con credibilità «ora deve dare subito un esempio concreto e significativo». Ha quindi affermato che «occorre accelerare nel consistente taglio dei seggi parlamentari, sia per ridurre i costi e recuperare ingenti risorse, sia per migliorare la funzionalità e il prestigio delle istituzioni». Deriu: «Le Province pagano per tutti». Quando ha saputo che il Consiglio dei ministri aveva deciso di eliminare le giunte provinciali, il presidente dell’Unione Province sarde, Roberto Deriu, ha commentato ironicamente: «Lo spread è sceso di duecento punti». E ha aggiunto: «Per non colpire altre istituzioni, se la prendono con le Province». Nizzi: «Alcuni scelte sono degli errori». Al coordinatore regionale del Pdl non piacciono innanzitutto le tasse immobiliari: «Colpiscono l’85 per cento della popolazione italiana, fanno un danno economico enorme, superiore al vantaggio finanziario dell’imposta, perché l’edilizia è già in crisi e ora rischia di crollare». Critiche anche sulle pensioni: «I diritti acquisiti non si possono toccare, mentre trovo giusto che si progetti un innalzamento dell’età per il futuro». Nizzi mette il dito sulla questione dei costi della politica: «Vanno eliminati tutti i privilegi, compresa quello sull’età pensionabile dei politici. Bisogna eliminare quasi del tutto le auto blu. Bisogna intervenire per ridurre i costi dell’amministrazione e degli enti. Ci attendiamo queste cose e una maggiore equità». Costa (Cgil): «Questa manovra è incomprensibile». «Alcune scelte sono follie, deprimono l’economia». Il segretario regionale della Cgil è durissimo nei confronti della manovra: «Non c’è niente di significativo contro l’evasione fiscale, non c’è la patrimoniale, ci sono solo tagli e si toccano le pensioni per fare cassa. E il blocco dell’adeguamento delle pensioni significa impoverire la gente, così si riduce ulteriormente il valore d’acquisto. Insomma, chi non ha mai pagato continuerà a non pagare. Sono deluso, un governo tecnico avrebbe potuto fare scelte all’altezza della situazione». Come la Camusso, anche Costa, che domani sarà a Roma con tutti i segretari nazionali, critica la mancata concertazione. Palomba (Idv): «Se resta così diremo no». «Abbiamo votato la fiducia soprattutto per consentire l’uscita di scena del governo Berlusconi, non siamo in maggioranza ma decidiamo sui singoli provvedimenti, avevamo chiesto a Monti di far pagare la crisi alla corruzioen e all’evasione, invece a pagare sembra che siano i soliti noti». Il segretario regionale Federico Palomba è perfettamente in linea con Di Pietro: «Prima di colpire i deboli, occorre eliminare gli sprechi della politica, la corruzione delle consulenze, bisogna dimezzare il numero dei parlamentari e dei consiglieri regionali, colpire in misura molto maggiore chi ha portato soldi all’estero, altrimenti ci viene difficile votare a favore. Noi siamo con i lavoratori e i deboli».

Manovra, de Magistris e Caldoro in coro: «Non c'è equità e ci sono troppi tagli»
De Magistris: grava sulle fasce deboli e sugli enti locali
Caldoro: «Troppo poco su sviluppo e crescita»
NAPOLI - Una manovra non «equa». Sembrano essere d'accordo su un punto, anche se da prospettive diverse, il sindaco di Napoli Luigi de Magistris e il governatore della Campania Stefano Caldoro. Per il primo la manovra economica appena varata da governo Monti è «iniqua». Per il secondo invece nel testo licenziato da palazzo Chigi c'è «poca equità». Diverse invece le reazioni al provvedimento. De Magistris annuncia di voler dare battaglia «nelle istituzioni e in caso anche nelle piazze»; Caldoro invece ha subito proposto «un tavolo per la crescita e lo sviluppo».
DE MAGISTRIS - «Ancora una volta, in pochi mesi - ha dichiarato il sindaco di Napoli - si scarica la crisi sui redditi da lavoro, i pensionati, gli enti locali: quello del governo Monti è un provvedimento che preoccupa e che va contestato. Da amministratore della più importante città del Sud - aggiunge -sono profondamente allarmato perchè dopo 2,5 miliardi di tagli ecco che si impone un'ulteriore scure, cifre da capogiro per cui gli enti locali non potranno garantire ai cittadini i servizi necessari. La strada da intraprendere - conclude - era un'altra: tassazione delle vere grandi rendite e dei capitali scudati, lotta drastica all'evasione fiscale, diminuzione delle spese militari».
CALDORO - «Una manovra durissima e dolorosa di finanza pubblica, sono tasse imposte e allo stato c'è poca equità e poco su sviluppo e crescita. Credo - ha affermato il governatore della Campania - che la risposta si debba dare soprattutto all'Europa e ai mercati». Per Caldoro, infatti, sarebbe un «facile gioco» dire «siamo tutti contro tasse e imposte». Solo tagli, secondo il governatore, «non producono effetti». «Adesso - ha aggiunto - serve un tavolo immediato per la crescita e sono d'accordo con il ministro Passera». Va bene il cuneo fiscale, continua nel suo ragionamento, «ma adesso bisogna lavorare su altre misure: infrastrutture e liberalizzazioni». «Come presidenti delle Regioni siamo in trincea, insieme agli amministratori locali e alle parti sociali - ha aggiunto -. Siamo il primo avamposto dei cittadini, Roma è già un po' più lontana, per non dire Bruxelles». Il rischio era di tagli impossibili da sostenere sul trasporto pubblico locale che arrivano al 75%, cosa che significa azzerarlo e, dall'altro, per la prima volta, una riduzione del fondo sanitario». «Noi sappiamo che non possiamo perdere un euro - ha ribadito - su questo abbiamo chiesto al Governo, visto che ci sono misure di copertura, di trovarle».

Spagna sotto lente Moody's, male attività industriale
Dopo i rumor di un downgrade spagnolo da parte di una delle agenzie di rating, circolati sui mercati venerdì scorso, Moody's punta il dito contro Madrid nel suo Credit outlook settimanale segnalando che i governi regionali mancheranno i target sul deficit di bilancio quest'anno, mettendo ulteriormente sotto pressione le finanze pubbliche del Paese. Nel documento l'agenzia di rating stima un deficit regionale in eccesso di un punto percentuale rispetto al target dell'1,3% del Pil per il 2011. Mancare gli obiettivi di bilancio, spiega Moody's ha un effetto "negativo" sul fronte della solvibilità.
Moody's mette quindi in guardia il Governo centrale che deve assolutamente affrontare i problemi fiscali delle regioni in quanto questi rischiano di aumentare ulteriormente il deficit di bilancio nazionale il prossimo anno. "Il raggiungimento degli obiettivi fiscali del 2011 e del 2012 ha importanza solamente nel breve periodo, ma è fondamentale per ristabilire la fiducia dei mercati", afferma Moody's.
In passato, spiega l'agenzia di rating, il controllo statale e la supervisione sulle regioni sono stati inefficienti e questo ha permesso alle autorità locali di accumulare alti deficit, che insieme al blocco delle emissioni di debito, ha aumentato le pressioni sul fronte della liquidità.
Le condizioni spagnole sono difficili anche sul fronte dell'economia reale con un dato sulla produzione industriale che questa mattina ha mostrato un calo dell'attivitá a ottobre del 4,2% anno su anno, in termini destagionalizzati. Secondo l'ufficio di statistica spagnolo (Ine), sempre ad ottobre, l'indicatore ha registrato una diminuzione in tutti i settori industriali e tassi negativi in 12 comunità autonome.

Voto Russia, partito Putin ottiene maggioranza ma fragile
Il partito di Vladimir Putin ha ottenuto la maggioranza ma è stato nettamente ridimensionato nelle elezioni parlamentari che si sono svolte nel weekend. Un voto che ha dimostrato la crescente diffidenza dei russi verso l'uomo che ha dominato il Paese per oltre un decennio e che programma di tornare alla presidenza il prossimo anno.
Russia Unita ha ottenuto il 49,5% dei voti ieri, rispetto al 64% di quattro anni fa, una percentuale che gli assegna 238 seggi dei 450 della Duma, come mostrano i risultati ormai quasi definitivi. Il partito ha ricevuto circa un terzo in meno dei voti conquistati nel 2007 ed è ben lontano dalla robusta maggioranza di 315 seggi che aveva in precedenza, la più grande disfatta per Putin dalla sua ascesa al potere nel 1999.
Secondo l'opposizione, anche questo risultato è frutto di frode. Il leader del partito comunista, salito da 57 a 92 seggi, ha detto che il voto è stato il "più sporco" dal collasso dell'Unione sovietica nel 1991. Putin, in una fuggevole apparizione ieri sera con il presidente Dmitry Medvedev, si è detto soddistatto del risultato che darà "stabilità" al Paese.

Elezioni in Croazia e Slovenia: vincono i partiti di centrosinistra
A Zagabria successo di Milanovic A Lubiana sorpresa Jankovic
ROMA - Gli elettori di Croazia e Slovenia votano per la discontinuità con il passato ed eleggono due governi di centrosinistra. Vincono Zoran Milanovic a Zagabria, con il 44% delle preferenze, e Zoran Jankovic a Lubiana con il 28,6% dei voti.
 La Croazia sceglie di cambiare rotta ed elegge un governo di centro-sinistra guidato dal leader socialdemocratico Milanovic e sostenuto da una larga maggioranza. Stando agli exit poll, il centro-sinistra ottiene il 44% dei voti e, secondo le prime proiezioni, tra i 78 e gli 82 seggi dei 151 che compongono il Parlamento di Zagabria.
L'Unione democratica croata, il partito conservatore (Hdz) al governo negli ultimi otto anni e guidato dalla premier uscente Jadranka Kosor, passa dal 37% di quattro anni fa a 22-25% di oggi. Il crollo è dovuto a una serie di scandali di corruzione, inchieste e processi di ex ministri, dirigenti del partito e manager di società pubbliche, che hanno travolto il partito. Davanti ai giudici era finito anche l'ex primo ministro, Ivo Sanader, al governo dal 2004 al 2009, ora in detenzione preventiva
Milanovic, nelle ultime interviste rilasciate prima del voto, ha dichiarato che nella situazione attuale del Paese, segnata dall'alta disoccupazione e una crescita vicina allo zero, «è stato difficile fare promesse concrete. E' chiaro che dovremo lavorare di più e più a lungo, dovremo stare a dieta, risparmiare, ma senza tagli dolorosi».
E' un risultato inaspettato anche quello che esce dalle urne in Slovenia. Ribaltando ogni previsione, il leader del centro-sinistra Zoran Jankovic, imprenditore e sindaco di Lubiana dal 2006, ha fondato un partito appena quattro settimane fa ed ha vinto ieri le elezioni legislative con il 28,6% dei voti. Un exploit che ricorda quello di Silvio Berlusconi nel 1994.
Il partito di Jankovic, Slovenia Positiva (Ps), ha sconfitto una destra data per favorita fino a ieri mattina. I risultato elettorali gli assegnano 28 seggi dei 90 che compongono il Parlamento di Lubiana.
 Crolla Borut Pahor, premier uscente di centro-sinistra, sfiduciato a settembre dopo aver perso un referendum sulla riforma delle pensioni. I suoi Democratici sociali sono scesi al 10,5 per cento, contro il 31 di tre anni fa. Gli elettori hanno punito un altro governo della zona euro che non ha saputo gestire la crisi e contenere il debito pubblico, salito dal 26 per cento nel 2007 al 45 per cento di oggi, con un Pil praticamente fermo e la disoccupazione all'11 per cento.

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