sabato 25 febbraio 2012

News/am.25.2.12/ Firewalls bagnanti ed haircut seccati. - Gli istituti di credito dell'Eurozona hanno effettuato ieri depositi overnight presso la Banca centrale europea per 475,856 miliardi di euro, in rialzo rispetto ai 466,403 miliardi di euro del giorno precedente.---M.N.: Italia e Irlanda si sono dette d’accordo sulla necessità di mantenere firewall robusti in Europa come strumento anti-crisi. Così il primo ministro irlandese, Enda Kenny, sempre al termine dei colloqui odierni.---La Grecia ha pubblicato l'invito formale agli investitori ad aderire al concambio, o swap, sul debito ellenico che comportera' una perdita del 53% del capitale investito. L'annuncio e' pubblicato sul sito web www.greekbonds.gr. La Grecia punta ad adesioni pari al 90%.

Basilicata. La Regione tenta di spegnere la protesta delle Vigne di Viggiano
Basilicata. Un no secco dai sindaci del Vallo di Diano alla Shell
Crisi, Monti: rigore difficile ma necessario per la ripresa. Irlanda l’esempio
Fs: Moretti, conti 2011 molto positivi
Bce, depositi overnight ancora in aumento
Grecia: via ufficiale a operazione concambio debito con privati
Grecia punta a 90% ok banche a swap
Grecia: Merkel, è stato fatto molto, no a fallimento
Crisi: Grecia, due sindaci italiani in visita ad Atene
Spagna: misure governo per debito commerciale enti locali
Federazione Russa. L’escluso: chi è Grigorij Javlinskij
Crisi: Croazia annuncia piano investimenti per 2,4 mld
Kosovo: dialogo, Tadic saluta accordo Belgrado-Pristina
Kosovo: Thaci, accordo non ideale ma il massimo possibile
Kosovo: accordo, opposizione Pristina annuncia proteste
Lettonia, il referendum della discordia



Basilicata. La Regione tenta di spegnere la protesta delle Vigne di Viggiano
Dopo l’infuocato Consiglio Comunale aperto a Viggiano di lunedì scorso, la Regione e l’ENI corrono ai ripari e promettono l’acquisto dei suoli dai proprietari di località Vigne di Viggiano, nei pressi del centro olio. Si tenta così di smorzare la vibrata protesta che ha visto nell’infuocata assemblea di Viggiano levare molte voci nei confronti del colosso energetico accusato di procurare impatti ambientali e sulla salute nell’area della Val d’Agri e Viggiano. La compagnia, incontrata dall’assessore Mazzocco, ha annunciato l’avvio di un gruppo di lavoro che dovrà confrontarsi con Comune e proprietari di contrada Vigne. Da domani l’Eni metterà all’opera un proprio gruppo di lavoro per giungere all’acquisizione della disponibilità delle aree di contrada Vigne che circondano il Centro Olio della Val d’Agri. Il gruppo di lavoro avvierà il confronto con il Comune di Viggiano e i proprietari dei suoli e rapporterà costantemente alla Regione sull’evoluzione della vicenda. Verranno risarciti i danni ambientali lamentati dalla popolazione? Difficile dirlo.
I cittadini già da tempo non si fidano più e le nuove promesse di Eni e Regione Basilicata vengono fatte all’indomani di consiglio comunale che ha visto soccombere le tesi del Memorandum e del raddoppi della produzione e lavorazione del greggio presso il centro olio di Viggiano. Una circostanza ormai ben chiara ai cittadini che non credono più alle promesse ma chiedono garanzie per la loro salute, bene prioritario e prioritario rispetto agli stessi risarcimenti promessi ma mai attuati.
Intanto i dirigenti del Distretto Meridionale dell’Eni hanno comunicato all’assessore regionale all’Ambiente, Vilma Mazzocco – si legge in un comunicato – che li ha incontrati dopo che, nel corso di una riunione aperta del Consiglio Comunale di Viggiano, dal presidente della Regione Vito De Filippo era giunto un fermo monito alla compagnia affinché si attivasse per la definizione della questione. I residenti di contrada Vigne hanno più volte evidenziato la difficoltà a far convivere le attività preesistenti nell’area con l’insediamento di trattamento dell’olio e, di contro, la compagnia potrebbe trarre beneficio dalla creazione di una ‘area di rispetto’ tra il Cova e le realtà circostanti creata secondo criteri di alta sostenibilità ambientale.
Il team Eni, composto da esperti legali, immobiliari e di sostenibilità, già domani inizierà a confrontarsi sulle soluzioni possibili con il sindaco di Viggiano Giuseppe Alberti e i proprietari dei singoli fondi. Il Comune, in virtù anche della potestà regolatoria urbanistica, eserciterà un ruolo di riferimento a beneficio delle tante istanze del territorio. “Come Regione – ha detto l’assessore Mazzocco – seguiremo da vicino questo processo, nel senso che pur non entrando direttamente negli approfondimenti dei singoli casi, manterremo la linea dettata dal presidente De Filippo in sede di Consiglio comunale di Viggiano, richiamando l’Eni a quello che riteniamo debba essere un suo preciso impegno”.

Basilicata. Un no secco dai sindaci del Vallo di Diano alla Shell
[di Antonio Citera, tratto da Il Quotidiano di Salerno del 16/2/2012]
Un no d’impatto quello espresso dai sindaci interessati dal protocollo Shell per effettuare sondaggi sul territorio alla ricerca di idrocarburi. I primi cittadini, hanno istituito un comitato lavoro coordinato dalla comunità montana del Vallo di Diano per analizzare bene la vicenda. Una riunione  straordinaria, tenutasi martedì sera presso il Comune di Sala Consilina, e  convocata dal sindaco Gaetano Ferrari, per analizzare le carte protocollate dalla Shell, colosso Anglo – Olandese nel campo petrolifero, che chiede il permesso di poter procedere alla ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi, in un’area che abbraccia diversi comuni del Vallo di Diano e della vicina Basilicata, da tempo ormai già colonizzata dall’ENI. Al tavolo, hanno preso parte i sindaci dei comuni interessati, oltre a Gaetano Ferrari, erano presenti Giovanni Caggiano sindaco di Caggiano, Tommaso Pellegrino sindaco di Sassano, Dino Fiore sindaco di Montesano sulla Marcellana, Gianna Pina Benvenga sindaco di San Rufo, Attilio Romano sindaco di Casalbuono, Domenico Nuziata per Salvitelle,Sergio Annunziata sindaco di Atena Lucana, ed il presidente della comunità montana Raffaele Accetta, inoltre alcuni rappresentanti di altri comuni.
Un discorso attento, una valutazione eco- ambientale, ed un secco no alla richiesta della Schell, questo il responso, un’unanimità decisa e armonica che ha fissato criteri d’incompatibilità con uno sfregio ambientale , che di fatto si ripercuoterà anche e soprattutto sulla salute dei cittadini.  Un unico grido per dire che i beni comuni, quali l’ambiente, il paesaggio, devono essere tutelati, non si può insistere ancora nelle risorse energetiche derivate da combustibili fossili, ma bisogna puntare alle energie rinnovabili, sicure, pulite ed al risparmio energetico, vi è bisogno di un’economia durevole , sostenibile ed armoniosa con la natura, ma soprattutto bisogna tutelare la pubblica incolumità, prendendo spunto dagli effetti i che iniziative del genere hanno causato nella vicina Basilicata, dove nei pressi del centro oli dell’ENI, è stato riscontrato un aumento del 44% delle patologie respiratorie.
Un grave danno a tutto il territorio, da evitare a tutti i costi. Nei prossimi giorni, il comitato lavoro, si riunirà per decidere i movimenti futuri, non si esclude un coinvolgimento diretto della Regione Campania, ma soprattutto un sovrano coinvolgimento da parte dei cittadini che saranno informati in tempo reale sulla situazione, predisponendo appositi incontri nelle opportune sedi. Una sfida aperta dunque, dove un’intera comunità, rivendica uno stile di sviluppo non imposto dall’alto, ma studiato all’interno della stessa, per salvaguardare le risorse del territorio, la salute di chi ci vive o lavora, rispetto ad interessi privati.
Il Vallo di Diano non è la Libia d’Italia, ma una terra sotto molti aspetti ancora sana, dignitosa, e ricca di risorse da sfruttare, nel rispetto del territorio e della salute dei suoi figli. Secondo il presidente dell’Ente montano Raffaele Accetta, che afferma- non si può pensare ad una trivellazione del nostro territorio ricadente in parte nel perimetro del Parco Nazionale  Cilento e Vallo di Diano, e comunque un territorio in area contigua, studi approfonditi –continua Accetta- da parte della comunità montana,già in passato hanno interessato il territorio dal punto di vista geologico, quindi conosciamo bene la struttura dello stesso, e non possiamo permetterci di dar via libera ad un’azione dannosa per lo stesso. Riteniamo sia giusto dire no al progetto specie in un momento in cui la politica  economico imprenditoriale del territorio è indirizzata verso sistemi di sviluppo che hanno nella qualità dell’ambiente il proprio punto cardine – conclude Accetta.

Crisi, Monti: rigore difficile ma necessario per la ripresa. Irlanda l’esempio
Le misure di rigore per tenere sotto controllo i conti pubblici richiedono sacrifici ma sono alla base della ripresa economica. È il presidente del Consiglio, Mario Monti, a sostenerlo in una dichiarazione rilasciata alla stampa al termine dell’incontro con il premier irlandese Enda Kenny tenutosi a Roma stamane. "L'economia irlandese è la prova che le misure di consolidamento del bilancio, di rigore e le riforme strutturali possono essere difficili da sopportare nel breve termine ma nel lungo periodo aiutano a generare la crescita", ha riferito Mario Monti.
 I firewall. Italia e Irlanda si sono dette d’accordo sulla necessità di mantenere firewall robusti in Europa come strumento anti-crisi. Così il primo ministro irlandese, Enda Kenny, sempre al termine dei colloqui odierni. "Abbiamo condiviso la necessità di mantenere in Europa dei firewall consistenti per evitare che ci possano essere ricadute, rischi di contagio", ha detto Kenny.
Italia: giù le vendite al dettaglio. Nel mese di dicembre 2011 le vendite del commercio fisso al dettaglio sono scese in termini destagionalizzati dell'1,1% su mese e in termini grezzi del 3,7% su anno, facendo segnare in tal modo la flessione più marcata, rispettivamente, da luglio 2004 e da marzo 2009. A novembre l'indice aveva fatto registrare un calo mensile dello 0,7% (rivisto da -0,3%) e dell'1,8% in termini tendenziali. Nella media del 2011 l'indice è diminuito dell'1,3% rispetto al +0,2% segnato nel 2010. Nel trimestre ottobre-dicembre l'indice è diminuito in media dell'1% rispetto ai tre mesi precedenti.
M.N.

Fs: Moretti, conti 2011 molto positivi
24 Febbraio 2012 - 14:18
 (ASCA) - Roma, 24 feb - I conti del gruppo Fs per il 2011 sono molto positivi e migliori di quelli dell'anno precedente. Lo ha detto l'amministratore delegato delle Fs, Mauro Moretti, a margine della presentazione di una iniziativa dal titolo: ''Luiss on the road''. ''Quelli del 2011 - ha detto Moretti - sono conti molto positivi, migliori del 2010. Si conferma un trend positivo per tutti gli indicatori: Ebitda, Ebit ma anche il risultato netto, nonostante i problemi che abbiamo sugli interessi del debito che abbiamo ereditato''.
sen/cam/rob

Bce, depositi overnight ancora in aumento
Gli istituti di credito dell'Eurozona hanno effettuato ieri depositi overnight presso la Banca centrale europea per 475,856 miliardi di euro, in rialzo rispetto ai 466,403 miliardi di euro del giorno precedente. Lo ha reso noto la stessa Bce, aggiungendo che, sempre ieri, le banche hanno ricevuto liquidità in operazioni di rifinanziamento marginale per 1,074 miliardi di euro, in calo rispetto al dato del giorno precedente di 1,537 mld euro.

Grecia: via ufficiale a operazione concambio debito con privati
24 Febbraio 2012 - 19:00
 (ASCA-AFP) - Atene, 24 feb - La Grecia ha ufficialmente lanciato l'offerta di concambio dei titoli di stato detenuti dai creditori privati che dovra' portare all'abbattimento di 107 miliardi di euro di debito. Lo riferisce una fonte del governo di Atene.
 Un documento pubblicato alle 17.30 su un sito internet appositamente creato dal ministero delle Finanze e dal gestore del debito greco Pdma ''costituisce l'offerta ufficiale'' secondo la fonte dell'operazione che permettera' di ridurre del 53,5% il valore dei titoli in mano a banche, societa' d'assicurazione e fondi d'investimento.
fgl/

Grecia punta a 90% ok banche a swap
Scambio titoli comportera' perdita del 53% dell'investimento
24 febbraio, 19:35
 (ANSA) - ROMA, 24 FEB - La Grecia ha pubblicato l'invito formale agli investitori ad aderire al concambio, o swap, sul debito ellenico che comportera' una perdita del 53% del capitale investito. L'annuncio e' pubblicato sul sito web www.greekbonds.gr. La Grecia punta ad adesioni pari al 90%.

Grecia: Merkel, è stato fatto molto, no a fallimento
Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha lodato oggi gli sforzi compiuti dalla Grecia per superare la crisi ed ha respinto con forza l'ipotesi di un fallimento. "Si tratta di un percorso imprevedibile che implica i rischi più grandi", ha dichiarato a Stralsund, nel nord della Germania, prima dell'inizio della conferenza economica della Cdu e dove oggi ha in programma un incontro con il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker. "Quello che è stato approvato in Grecia negli ultimi giorni è davvero molto, molto", ha sottolineato.

Crisi: Grecia, due sindaci italiani in visita ad Atene
Sono i fondatori del movimento di solidarieta' Magra Grecia
24 febbraio, 12:39
(ANSAmed) - ATENE, 24 FEB - I due sindaci italiani, Marco Galdi di Cava dei Tirreni e Giovanni Moscatiello di Baronissi (entrambe in provincia di Salerno) che hanno fondato il movimento "Magna Grecia" devolvendo simbolicamente il loro stipendio per la salvezza della Grecia, saranno ad Atene il 29 febbraio su invito dell'Unione Nazionale dei Comuni di Grecia (Kede). Secondo il quotidiano Ta Nea, i due sindaci, durante la loro permanenza ad Atene, incontreranno il ministro degli Interni, Tassos Gianitsis, il Segretario Generale della Kede, Apostolos Kimisis, e il sindaco di Acharnon, Sotiris Ntouros.
(ANSAmed).

Spagna: misure governo per debito commerciale enti locali
24 febbraio, 14:55
(ANSAmed) - Madrid, 24 FEB - Il Consiglio dei ministri darà oggi il via libera definitivo al progetto di legge di stabilità di bilancio e varerà un meccanismo di finanziamento perchè le amministrazioni pubbliche possano saldare il debito commerciale con fornitori e pmi, stimato complessivamente fra i 30 e i 50 miliardi di euro. E' stato ieri lo stesso premier Mariano Rajoy, citato oggi dai media, ad annunciare l'approvazione del progetto di legge, che obbligherà tutte le amministrazioni a centrare gli obiettivi del deficit pubblico, che non potrà superare lo 0,4% del Pil, mentre il debito complessivo non dovrà sforare il 60% del Pil.
Da parte sua, il ministro delle finanze, Cristobal Montoro, ha anticipato mercoledì scorso il varo di un programma per i pagamenti insoluti delle pubbliche amministrazioni, non riconosciuti nella contabilità generale. Montoro ha spiegato che, per agilizzare i pagamenti, i fornitori potranno riscuotere le fatture impagate direttamente presso gli enti finannziari, attraverso un consorzio costituito fra le banche e l'Istituto di Credito Ufficiale (Ico). Secondo il ministro, la misura non aumenterà il deficit pubblico, m

Federazione Russa. L’escluso: chi è Grigorij Javlinskij
di Fabrizio Maronta
Questo articolo chiude lo speciale di Limesonline sui candidati alle elezioni presidenziali russe del 4 marzo. Il profilo di un escluso eccellente.
È l’ex candidato del partito Jabloko, escluso dalla competizione per decisione della commissione elettorale, che ha riscontrato irregolarità nelle firme a sostegno della sua candidatura (22% di firme non valide, rispetto a una soglia tollerata del 5%).
Nasce a L’vov (Ucraina), nel 1962. Laureato all’Istituto nazionale di economia Plekhanov di Mosca, nel 1984 entra nel ministero del Lavoro e successivamente nel Consiglio dei ministri dell’Urss. Nel 1989 è nominato capo della Commissione statale Leonid Albakin per le riforme economiche. In questa veste scrive nel 1990 500 giorni, un programma di riforma e apertura a tappe forzate dell’economia sovietica, la cui mancata applicazione causa le sue dimissioni dagli incarichi governativi nell’ottobre del 1990.
Javlinskij fonda allora un centro studi (EpiCenter) in cui confluiscono molti dei coautori di 500 giorni e futuri colleghi di partito. Dal 1992, si distingue come acceso critico del programma di privatizzazione di Eltsin, il che - insieme alla fama di politico centrista e incorrotto - gli guadagna il favore della popolazione e sembra proiettarlo verso la presidenza.
Dopo il fiasco alle elezioni parlamentari del 1993, insieme a Jurij Boldyrev (ex magistrato contabile) e Vladimir Lukin (al tempo ambasciatore russo a Washington) Javlinskij fonda il partito Jabloko (che in russo significa “mela”). Alle elezioni del 1995, il “blocco” si aggiudica l’8% dei voti, divenendo il quinto gruppo parlamentare alla Duma. Caratteristica del nuovo partito (che lo distingue dalle altre formazioni liberali) è l’accesa critica al programma di privatizzazioni, alla gestione della crisi cecena e al rapporto impari con l’Occidente della Russia post-sovietica.
Nel 1998, sulla scia della crisi finanziaria asiatica, Javlinskij sostiene l’elezione di Evgenij Primakov a primo ministro (contro l’opposizione di Eltsin), rifiutando però l’offerta di entrare nel suo governo.
Javlinskij non è nuovo alle elezioni presidenziali: nel 1996 e nel 2000 ha corso, arrivando rispettivamente quarto (con il 7,3% dei voti) e terzo (con il 5,8%). In entrambi i casi, dopo la sconfitta ha rifiutato di sostenere il vincitore o il principale leader dell’opposizione, Zjuganov.
La relazione di Javlinskij con Putin è ambivalente: pur avendone nel complesso sostenuto le riforme economiche e - almeno all’inizio - l’avvicinamento agli Stati Uniti, si è sempre mostrato molto critico sulla politica interna, denunciandone in misura crescente il carattere autoritario, specialmente dall’arresto di Mikhail Khodorkovskij, nel 2003. Nelle parlamentari del 2003 e, di nuovo, nel 2007, Jabloko non supera la soglia di sbarramento del 5%, restando escluso dalla Duma.
Nel 2008 Javlinskij lascia la presidenza di Jabloko, assunta da Sergei Mitrokhin, e conserva la carica di membro del Comitato politico e volto pubblico del partito.

Crisi: Croazia annuncia piano investimenti per 2,4 mld
24 febbraio, 18:42
(ANSAmed) - ZAGABRIA, 24 FEB - Il governo croato nel 2012 intende avviare un ciclo di investimenti pubblici per un valore massimo di 2,4 miliardi di euro, soprattutto nel settore energetico e nelle infrastrutture, per compensare il forte declino nell'economia della Croazia degli investimenti privati, in particolare quelli esteri, registrato negli ultimi tre anni a causa della crisi economica globale.
 Il viceprimo ministro incaricato dell'economia, Radimir Cacic, ha detto che il governo di Zagabria vuole stimolare ''un nuovo ottimismo'' e dare il via a tutta una serie di progetti.
''Fino a giugno pubblicheremo centinaia di concorsi pubblici affinche' le aziende croate e decine di migliaia di persone abbiano la possibilita' di lavorare'', ha detto Cacic. Circa 1,2 miliardi di euro saranno investiti direttamente dalle societa' pubbliche che operano nel settore della produzione dell'energia elettrica (430 milioni), distribuzione dell'acqua (300 milioni), dalla Societa' per le autostrade (200 milioni) e dalle Ferrovie dello Stato (170 milioni).
 I restanti 1,2 miliardi dovrebbero arrivare da investimenti combinati, pubblici e privati, e da crediti della Banca mondiale, della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e dai fondi strutturali della Ue, della quale la Croazia diventera' membro a pieno titolo il primo luglio del 2013.

Kosovo: dialogo, Tadic saluta accordo Belgrado-Pristina
'conferma calidita' politica che punta sia a Kosovo che a Ue'
24 febbraio, 16:46
(ANSAmed) - BELGRADO, 24 FEB - Il presidente serbo, Boris Tadic, ha salutato con grande soddisfazione l'accordo sul Kosovo raggiunto oggi a Bruxelles dalle delegazioni di Belgrado e Pristina, sottolineando come esso confermi la validita' della sua politica che punta al conseguimento di entrambi gli obiettivi strategici di Belgrado: l'integrazione della Serbia nella Ue e il non riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo.
 ''Il Kosovo non sara' rappresentato nei forum e nelle istituzioni regionali come un paese indipendente, ma in linea con la risoluzione 1244 del consiglio di sicurezza dell'Onu e con il parere della Corte internazionale di giustizia'', ha detto Tadic in una dichiarazione diffusa dalla presidenza.
 La risoluzione 1244 approvata dalle Nazioni Unite nel 1999, alla fine della guerra, regola la presenza internazionale in Kosovo, mentre con il suo parere del luglio 2010 la Corte internazionale di giustizia dell'Onu defini' la proclamazione di indipendenza del Kosovo un 'atto non contrario al diritto internazionale'.
 In base all'intesa raggiunta a Bruxelles, i rappresentanti di Pristina parteciperanno alle riunioni e ai forum regionali con la scritta 'Kosovo' accompagnata da un asterisco, che rimanda a una postilla in basso. In essa si dice che il nome 'Kosovo' non fa alcun riferimento allo status del Kosovo, e che esso e' in linea con la risoluzione 1244 dell'Onu e con il parere della Corte internazionale di giustizia relativa alla dichiarazione di indipendenza del Kosovo. La richiesta di Pristina per un riferimento in postilla alla dichiarazione di indipendenza non e' stata accettata. ''L'accordo odierno - ha detto il presidente Tadic - dimostra che la politica basata sul principio 'Sia l'Europa che il Kosovo', per la quale ho ottenuto l'appoggio del popolo serbo, ha superato questo test storico, cosa questa che prova come un tale approccio sia il solo realistico, l'unico che da' risultati''. (ANSAmed)

Kosovo: Thaci, accordo non ideale ma il massimo possibile
'Da ora Pristina potra' parlare senza intermediari'
24 febbraio, 17:55
(ANSAmed) - PRISTINA, 24 FEB - Il premier kosovaro, Hashim Thaci, ha commentato positivamente l'accordo di oggi a Bruxelles fra le delegazioni di Belgrado e Pristina, sottolineando che - ''pur non essendo ideale, l'intesa e' il massimo che si poteva ottenere nelle attuali condizioni''.
 ''Si tratta di una decisione importante sul futuro del Kosovo. Una decisione sull'integrazione e non sull'isolamento del Kosovo'', ha detto Thaci in una conferenza stampa a Pristina. D'ora in poi, ha aggiunto, il Kosovo potra' finalmente parlare per se' stesso senza alcuna intermediazione. ''Da oggi l'Unmik (missione dell'Onu in Kosovo, ndr) verra' messa da parte quando si trattera' del Kosovo'', ha affermato il premier, secondo il quale peraltro quella raggiunta a Bruxelles e' una ''formula temporanea''. L'accordo, ha detto, e' destinato a favorire il processo di liberalizzazione dei visti, a ripristinare i rapporti commerciali tra Kosovo e Unione europea e ad avviare una fase di stabilizzazione e riavvicinamento fra i paesi della regione.
 ''Con l'accordo di oggi, il Kosovo si avvia a diventare un paese europeo, si tratta di un'intesa cruciale per l'integrazione del Kosovo nella comunita' internazionale'', ha concluso Thaci, che ha sottolineato gli stretti contatti da lui avuti in questi giorni cruciali di negoziato con i rappresentanti dei maggiori paesi 'amici', Usa, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Turchia, Albania. Tutti, ha detto, hanno dato garanzie che l'accordo e' molto importante per la rappresentanza regionale del Kosovo. (ANSAmed).

Kosovo: accordo, opposizione Pristina annuncia proteste
24 febbraio, 18:03
(ANSAmed) - PRISTINA, 24 FEB - Il movimento radicale di opposizione kosovaro 'Autodeterminazione' (Vetevendosje) ha duramente criticato l'accordo di oggi a Bruxelles fra Pristina e Belgrado sulla rappresentanza del Kosovo ai forum regionali, annunciando una manifestazione di protesta per lunedi' prossimo davanti alla sede del governo.
 Parlando ai giornalisti, i leader del movimento nazionalista hanno detto che lunedi' vi sara' una raduno di protesta per una durata di quattro ore davanti all'edificio del governo a Pristina. Di proteste, e' stato sottolineato, ve ne saranno altre fino a quando non verra' apposto il termine 'Repubblica' accanto a quello di 'Kosovo' per i partecipanti alle riunioni regionali.
 'Autodeterminazione' - che nelle scorse settimane ha inscenato blocchi stradali alla frontiera con la Serbia per impedire l'ingresso in Kosovo di camion carichi di merci serbe - ha annunciato al tempo stesso una iniziativa per la convocazione di una sessione straordinaria del parlamento kosovaro. Se non si riuscira' a ottenerla con le firme dei deputati, si comincera' a raccogliere le firme dei cittadini - hanno detto i leader del movimento.
 L'accordo raggiunto da Belgrado e Pristina prevede che alle riunioni regionali i rappresentanti kosovari saranno rappresentati dal cartello con su scritto 'Kosovo' con accanto un asterisco che rimanda a una postilla. In essa si dice che il termine 'Kosovo' non fa alcun riferimento allo status del Kosovo, e che esso e' in linea con la risoluzione 1244 dell'Onu e con il parere della Corte internazionale di giustizia dell'Onu che ha definito non contraria al diritto internazionale la dichiarazione di indipendenza del Kosovo. (ANSAmed).

Lettonia, il referendum della discordia
di Alessandro Di Simone
Il risultato della consultazione popolare del 18 febbraio è chiaro: l'unica lingua ufficiale della Lettonia dev'essere il lettone, anche se più di un cittadino su quattro parla russo. Una risposta diversa era auspicabile, ma impossibile.
La lingua spesso precede, definisce e rafforza l’identità di un popolo.
Per questo la Lettonia il 18 febbraio scorso non ha semplicemente scelto se rendere il russo seconda lingua ufficiale dello Stato: ha posto in questione l’intima concretezza della sua comunità nazionale, esplorandone i recessi più nascosti e sviscerandone le contraddizioni più stridenti.
I lettoni che si son recati alle urne - o meglio, quella parte di loro in possesso dei requisiti giuridici, quindi esclusi i nepilsoņi (non-cittadini per la quasi totalità russi, 319 mila secondo una nota del Cremlino) - non hanno semplicemente partecipato a un referendum, ma hanno compiuto un gesto caricato di valenze simboliche.
I contrari all’introduzione della seconda lingua sono stati 822 mila (74,8%), i favorevoli 273 mila (24,9%). Il "no" ha raggiunto la maggioranza in tre regioni su quattro, compresa la capitale Riga, retta dal partito espressione della minoranza russa, il Saskaņas Centrs. Il “si” ha vinto in Latgale, ai confini con la Federazione Russa; il capoluogo di questa regione sudorientale, economicamente depressa, è Daugavpils: nella seconda città del paese l’85% dei votanti si è espressa a favore del riconoscimento ufficiale del russo.
La battaglia per la seconda lingua di Stato comincia da quello striminzito 20% di non-lettoni (leggasi: russi) residenti in Lettonia nel 1989 in grado di padroneggiare la lingua locale; passa per l’art.4 del Satversme, la Costituzione degli anni Venti riportata pienamente in vigore nel 1993, che rende al lettone quella dignità di cui era stato defraudato durante mezzo secolo di dominazione sovietica, recitando: “la lingua lettone è la lingua ufficiale nella Repubblica di Lettonia”. E non prescinde dal progressivo e parallelo depauperamento demografico, che paradossalmente pone sia i lettoni sia i russi di Lettonia nella spiacevole condizione di sentirsi accerchiati e in minoranza.
Pretesto immediato, invece, è stato la raccolta di firme - risalente a un anno fa - operata dall’Associazione per la difesa della lingua lettone e sostenuta dal partito nazionalista Visu Latvijai! ("Tutto per la Lettonia!") con lo scopo di “lettonizzare” l’istruzione primaria e secondaria tagliando i finanziamenti pubblici alle numerose scuole che conservano programmi di insegnamento in lingua russa.
L’iniziativa è fallita, raccogliendo scarsi consensi fra cittadinanza e istituzioni, ma ha agito da incubatrice per la controproposta del movimento Dzimtā valoda ("Lingua madre" - la grafia è per legge in lettone) di modificare il quarto articolo della Costituzione per inserire il russo come seconda lingua dello Stato. A capo del movimento c’è l’oscuro Vladimirs Lindermans, arrestato tempo addietro in Russia per detenzione di esplosivi e per attività sovversive, uomo di (apparentemente) genuina fede nazionalbolscevica.
In Lettonia i cittadini hanno il diritto di emendare la Costituzione, anche se si tratta di una procedura lunga e complessa. Primo passo è la raccolta di 10 mila firme in supporto all’iniziativa; poi la Commissione elettorale centrale, a seguito di una procedura di validazione, organizza un secondo round in cui il quorum viene elevato a 150 mila firme. Solo dopo questo passaggio la Saeima (il parlamento) viene investita della proposta, e deve esprimersi a maggioranza qualificata di due terzi per approvare la modifica costituzionale. In caso di bocciatura viene infine indetto un referendum popolare: per l’entrata in vigore dell’emendamento è necessario l’assenso della metà più uno degli aventi diritto al voto, circa 771 mila cittadini.
La tematica del gosjazyk (abbreviazione russa per “lingua di Stato”) è rimasta sul tavolo a lungo; lungo la parabola referendaria, tutte le forze politiche e gli opinion maker hanno preso una posizione sull’argomento. L’approccio più problematico è stato forse proprio quello del partito della minoranza russa Saskaņas Centrs ("Centro dell’Armonia"), costretto a un compromesso fra impegni istituzionali e rappresentanza del proprio elettorato.
Nonostante l’iniziale smarcamento, numerosi parlamentari hanno abbracciato la causa di Lingua madre. Tra questi l’influente capogruppo parlamentare Jānis Urbanovičs e il leader del partito, il sindaco di Riga Nils Ušakovs. Cartina di tornasole dell’isolamento politico di SC (che rimane il primo partito della Lettonia pur essendo attualmente all’opposizione in solitaria) è stato il passaggio parlamentare, dove - ad eccezione dei suoi 31 parlamentari astenutisi - le rimanenti forze hanno votato compattamente contro l’emendamento.
Queste ultime hanno poi invitato l’elettorato madrelingua lettone a partecipare massicciamente alla tornata referendaria finale, nonostante l’appello al non expedit rivolto da Dzimtā valoda. Tra i politici di spicco si sono esposti il primo ministro Valdis Dombrovskis e l’ex presidente e attuale leader dello Zrp Valdis Zatlers. Anche il presidente della Repubblica Andris Bērziņš, dopo l’iniziale equidistanza (che gli aveva attirato numerose critiche) ha dichiarato a ridosso del 18 febbraio che avrebbe espresso la sua preferenza per “garantire lo sviluppo futuro dello Stato lettone e la conservazione della lingua lettone in Lettonia “
Tra le contromisure adottate in vista del referendum, un posto di rilievo va al Manifesto della buona volontà, redatto con lo scopo di “rafforzare la solidarietà e la coesione della società lettone”. La sottoscrizione è stata aperta dal 14 febbraio a tutti i cittadini presso la cancelleria del castello presidenziale di Riga. Il testo della dichiarazione impegna i lettoni a unire le proprie forze “al fine di promuovere la comprensione e la riconciliazione tra i diversi gruppi sociali”. Nobili propositi, ulteriormente particolareggiati: “amare la Lettonia e avere a cuore i suoi destini significa amare e apprezzare la sua storia unica, le tradizioni lettoni, lo spazio culturale e la lingua lettone”. Diverse personalità del panorama politico e culturale hanno sostenuto l’iniziativa. La dichiarazione, seppur conciliatoria e costruttiva, ribadisce la centralità della tematica linguistica e la necessità di difendere la lingua di Stato.
Alla luce del panorama descritto, lo scontato risultato referendario riveste una mera valenza documentale. Più interessante soffermarsi sulle sue possibili implicazioni per le due comunità linguistiche. Per i lettoni, la vittoria rappresenta - oltre che l’ovvia consapevolezza della propria forza numerica - la possibilità di ribadire il valore sociale e politico della scelta compiuta venti anni fa in Costituzione. Per i russi, d’altro canto, la sconfitta può avere un valore didascalico e pedagogico, rafforzando e cementando la propria coesione interna.
Può la Lettonia svilupparsi in maniera serena e inclusiva? Certamente. La realtà quotidiana non è fatta di steccati e palizzate. Il presidente Bērziņš, a mitigare gli effetti del trionfo elettorale degli etnicamente lettoni, ha espresso il suo parere favorevole all’inclusione del Natale ortodosso (7 gennaio) fra le festività ufficiali del paese. Un gesto che dimostra la consapevolezza del proprio ruolo di rappresentanza e di moderazione.
Tuttavia, occorre osservare come la carta etnica custodisca intatto il suo pericoloso fascino. Esistono movimenti, partiti, enti che - obbedendo a diversi ordini di fattori - sono pronti a giocarla, avendo interesse a rendere duale la società lettone. Machtpolitik, eterodossie, appetiti egoistici si mescolano indissolubilmente.
La balcanizzazione non è un’ipotesi remota, è un’opzione sul tavolo. E non c’è bisogno di ragionare sui massimi sistemi per afferrarne il rischio. Al Coyote fly, uno dei locali più in voga nella movida della capitale, frequentato da giovani in cerca di divertimento e distrazioni come i loro omologhi dell’Europa occidentale, per tutta la durata del week-end elettorale ha troneggiato uno striscione: Balsojam pret!, "Votiamo contro!", scritto in lettone.

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