venerdì 24 febbraio 2012

News/pm.24.2.12/ Cagliari. Cinquemila agricoltori per colpa del 44, il numero di una legge, hanno perso le aziende. Mentre le banche, a sostenerlo è la Consulta degli indignados, hanno incassato ben due volte gli interessi sui mutui previsti proprio dalla 44 del 1988, poi bocciata dall’Europa come aiuto di stato. E ora anche Bruxelles ha il sospetto che le banche, a loro volta, abbiano incassato soldi non dovuti. Quanto? Una buona porta di quei 118 milioni, che la Regione pretende dagli agricoltori. La storia della 44 è fra le peggiori sulla terra.

LA NUOVA SARDEGNA - Economia: I Movimenti: «Doppio gioco delle banche»
Monti: non servirà una manovra bis
Istat: vendite al dettaglio in calo dell’1,3% nel 2011. Fermi gli alimentari
Draghi: modello sociale Ue superato
Germania: deficit 2011 a 1%
Crisi: Grecia, oggi Consiglio ministri su scambio titoli



LA NUOVA SARDEGNA - Economia: I Movimenti: «Doppio gioco delle banche»
24.02.2012
CAGLIARI. Cinquemila agricoltori per colpa del 44, il numero di una legge, hanno perso le aziende. Mentre le banche, a sostenerlo è la Consulta degli indignados, hanno incassato ben due volte gli interessi sui mutui previsti proprio dalla «44 del 1988», poi bocciata dall’Europa come aiuto di stato. E ora anche Bruxelles ha il sospetto che «le banche, a loro volta, abbiano incassato soldi non dovuti». Quanto? Una buona porta di quei 118 milioni, che la Regione pretende dagli agricoltori. La storia della «44» è fra le peggiori sulla terra. Altro che lieto fine, è la legge che ha scatenato, soprattutto nel Sulcis, la rivolta contro i pignoramenti, distrutto famiglie, scatenato sit-in, costretto il prefetto a far addirittura scortare gli ufficiali giudiziari da poliziotti e carabinieri anti-linciaggio. L’ultimo caso è di qualche giorno fa, con un’azienda strappata a chi oggi è indebitato fino all’osso e da ventiquattro anni con la Regione (alla quale l’Unione Europea ha ordinato il recupero dell’indebito finanziamento) e le banche. Ma ieri la Consulta - da sempre al fianco degli agricoltori sul lastrico - ha detto che «quei pignoramenti, già eseguiti o previsti per i prossimi mesi, non potevano essere neanche autorizzati dalla magistratura, perché i contratti di mutuo sono tutti fuorilegge dal 1988». È necessario un passo indietro, per capire meglio quali danni abbia provocato finora la «44». Dopo anche la condanna della Regione, a Bruxelles, le banche confermarono i contributi, con un differenza però: a parte il capitale, da restituire comunque, agli agricoltori fu imposto anche il pagamento di altri interessi. Interessi, a quel punto, non più agevolati (dal 2 al 5 per cento) ma pieni (fino al 20) visto che nel frattempo era venuto meno l’accordo che la differenza doveva essere a carico del partner pubblico, cioè di quella Regione invece bocciata dall’Unione Europea. Col risultato che convinti di dover restituire una certa somma, gli agricoltori all’improvviso si sono ritrovati a dover pagare più del doppio. Adesso è chiaro perché molte di quelle cinquemila aziende sono finite all’asta. Secondo la Consulta, però, quegli interessi non erano dovuti. «Sulla base delle prove raccolte in questi anni - ha detto Giuseppe Carboni, portavoce dei Movimenti - oggi sappiamo che le banche, a cominciare dal Banco di Sardegna, quelli interessi maggiorati li avevano già incassati in anticipo dalla Regione e allora perché poi gli hanno pretesi anche dagli agricoltori?». L’ennesimo giallo della «44» - come scritto da Andrea Impera e Gavino Sale nell’esposto presenatto in Procura - adesso ruota proprio intorno al ruolo avuto dalle banche dal 1988 al 1996. Ruolo sospetto denunciato, nel 2000, dall’allora consigliere regionale del Pdl, ora assessore alla Programmazione, Giorgio La Spisa con un’interrogazione in cui c’era scritto tra l’altro «alcuni istituti di credito hanno continuato a incamerare dalla Regione il concorso negli interessi, nonostante la revoca dei contratti di mutuo agevolato». E ora a sostenere la stessa tesi è anche l’Unione Europea che: «A questo punto - si legge in una lettera della direzione generale - anche le banche hanno incassato aiuti di stato non dovuti e spetta alla Regione recuperare quelle somme». Forte di questo parere, ieri la Consulta ha diffidato l’attuale presidente della Giunta: «Quei soldi pubblici, li deve pretendere, altrimenti potrebbe essere responsabile, ma questo lo deciderà la Procura, del concorso in evasione fiscale, peculato e frode processuale. Tutti reati che per noi sono stati commessi dalle banche».

Monti: non servirà una manovra bis
Dino Pesole
 ROMA
 Nessuna manovra bis, ma la linea del Piave del governo sulle liberalizzazioni è di accogliere «solo qualche modifica. Non tutte sono di arretramento, altre non potremo accogliere e non le accoglieremo». Poi a sera Palazzo Chigi lascia trapelare un atteggiamento ancora più netto: sulle liberalizzazioni l'Esecutivo intende andare avanti «senza arretramenti e senza passi indietro».
 Le nuove previsioni della Commissione europea collocano la caduta del Pil per l'anno in corso all'1,3%, contro lo 0,4-0,5% stimato in dicembre dal governo. Occorrerà dunque una manovra bis? La domanda, non certo inattesa, cade nel mezzo della conferenza stampa che Mario Monti e Mariano Rajoy hanno dedicato per gran parte ad illustrare i progressi compiuti da Italia e Spagna sul fronte del consolidamento fiscale. Il presidente del Consiglio torna a escludere il ricorso a una nuova correzione dei conti pubblici. «Siamo convinti che la direzione imboccata sia quella giusta». In sostanza, nel ribadire il pareggio di bilancio nel 2013, impegno - sottolinea - assunto già dal precedente governo, Monti ricorda come le previsioni macroeconomiche sulle quali è stata impostata la manovra «salva-Italia» siano ispirate a criteri «molto prudenziali». Al tempo stesso, si è ipotizzata una spesa per interessi in aumento verso il 6% del Pil nel 2014, ma sulla base dei livelli record registrati in novembre, per effetto dell'aumento dello spread Btp/Bund. Si è passati dal picco dei 575 punti base del 9 novembre agli attuali 370, dunque si può fin d'ora mettere nel conto un minor esborso per quel che riguarda la componente decisiva della spesa per interessi sul debito. Infine, il governo si affida ai proventi della lotta all'evasione: «Pur avendo introdotto strumenti vigorosi, non abbiamo contabilizzato neppur un euro». Tutti «margini prudenziali», che consentono ora a Monti di confermare l'obiettivo del pareggio di bilancio senza ulteriori correzioni in corso d'opera. Lo conferma il vice ministro all'Economia, Vittorio Grilli: «Per ora le cose stanno andando come ci attendevamo. Abbiamo fatto riforme importanti e i risultati non tarderanno».
 Il premier conta sull'effetto propulsivo che le liberalizzazioni potranno avere sulla crescita. Il decreto è all'esame della commissione Industria del Senato, sotto il peso di 1.500 emendamenti e l'attacco concentrico delle lobby. Altra domanda che non coglie impreparato il premier: il governo sta nuovamente per cedere? Monti la prende alla larga, premettendo che il governo ha una responsabilità precisa presso l'opinione pubblica. Nessun arretramento - ribadisce - poiché sulle riforme dobbiamo «far prevalere l'interesse generale e quindi ottenere un bilanciamento dei sacrifici, che renda il paese veramente competitivo». Gli interessi di categoria sono legittimi, «ed è doveroso e naturale che il governo sia aperto al dialogo, ma teniamo moltissimo a queste riforme. In gioco è il bene del paese».
 Di crescita e lavoro hanno parlato i due leader, in linea con la lettera sottoscritta lunedì scorso insieme ad altri dieci leader europei. «Abbiamo molto da imparare gli uni dagli altri». In serata, dopo aver incontrato a palazzo Chigi Martin Schulz che definisce l'Italia «un Paese-chiave». Monti conferma che il tema all'ordine del giorno in Europa deve essere la crescita. E le aspettative sono tutte per il Consiglio europeo dei primi di marzo.
LE STIME SULL'ITALIA
-1,3%
 Il Pil nel 2012
 Le previsioni economiche intermedie della Commissione europea, presentate ieri a Bruxelles dal commissario Olli Rehn, hanno certificato che la recessione, prevista e temuta, è arrivata puntuale: quest'anno morderà in Italia (Pil -1,3%) più che nel resto dell'Eurozona (-0,3%), con l'eccezione di due paesi che stanno molto peggio e non si finanziano più da tempo sui mercati: la Grecia (-4,4%) e il Portogallo (3,3%)
 370 punti base
 Il tetto dello spread BTp-Bund
 Olli Rehn prevede per il nostro paese una stabilizzazione dell'attività economica, a condizione che lo spread tra Btp e Bund si mantenga al di sotto dei 370 punti base. Il commissario agli Affari economici e monetari, nel corso dell'illustrazione ai giornalisti dei nuovi dati previsionali, ha elogiato la "determinazione" del governo italiano nell'affrontare «le sfide dell'alto debito pubblico e della bassa crescita, adottando un ampio ventaglio di misure di bilancio e strutturali»
 7%
 Il peso delle manovre sul Pil
 Nel mese di dicembre, ha ricordato il commissario Rehn, la manovra antideficit che il presidente del Consiglio, Mario Monti, ha denominato «salva-Italia», si è tradotta in un pacchetto di misure di consolidamento «con un impatto pari all'1,3% del Pil». Nella serie storica, le manovre adottate complessivamente dal maggio 2010 ammontano a 100 miliardi, «pari al 7% del Pil»
 2013
 Pareggio di bilancio
 La manovra di dicembre del Governo calibra il percorso di riduzione del deficit, in direzione del pareggio di bilancio nel 2013. Tuttavia la previsione si basava su un quadro macroeconomico che vedeva per l'anno in corso una contrazione del Pil tra lo 0,4 e o lo 0,5 per cento. Stime per gran parte superate: ora Bruxelles fissa l'asticella a -1,3%. Rehn sospende per ora il giudizio sulla necessità di una eventuale manovra aggiuntiva, in attesa di ricevere tra marzo e aprile le stime aggiornate del governo

Istat: vendite al dettaglio in calo dell’1,3% nel 2011. Fermi gli alimentari
Secondo i dati pubblicati dall’Istat, le vendite al dettaglio nel 2011 calano dell'1,3% (dato grezzo) rispetto 2010, quando si eranomantenute, pur di poco, sopra lo zero (+0,2%).
Le vendite degli alimentari restano ferme e il non food scende dell'1,8%. Nel complesso si tratta del dato peggiore dal 2009. Per la grande distribuzione il ribasso è stato dello 0,9%, più attenuato rispetto al -1,4% segnato dai piccoli negozi. Entrando nello specifico, per la grande distribuzione una mano è arrivata dai supermercati (+0,5%) e discount di alimentari (+1,6%).
A livello settoriale, invece, i prodotti che durante il 2011 hanno evidenziato un maggiore calo sono: elettrodomestici, radio, tv e registratori e supporti magnetici, strumenti musical (entrambi -5,7%). Decisi ribassi si rilevano, inoltre, anche per foto-ottica e pellicole (-2,5%) e calzature, articoli in cuoi e da viaggio (-2,4%). Nessuna delle categorie individuate dall'Istat ha segnato rialzi nel 2011.

Draghi: modello sociale Ue superato
Il presidente della Bce al Wall Street Journal: urgono riforme nei Paesi con alta disoccupazione giovanile
 TONIA MASTROBUONI
Il modello sociale europeo «è già superato quando si guarda ai dati sulla disoccupazione giovanile in alcuni Paesi». Mario Draghi ha offerto in una lunga intervista concessa ieri al Wall Street Journal il suo primo commento articolato all’accordo europeo di lunedì sul secondo piano salvaGrecia. E ha risposto diffusamente alla domanda se i piani di risanamento che stanno riprecipitando le economie dell’Eurozona nella recessione siano dannosi. La risposta, per il presidente della Banca centrale europea, è «no». Perché, se accompagnate da riforme strutturali e da una profonda revisione del modello sociale, garantiranno «una crescita sostenibile nel lungo periodo».
Tuttavia, con “modello sociale europeo” l’ex governatore della Banca d’Italia non intende affatto la Germania o la Danimarca, come si potrebbe pensare. Intende, appunto, nazioni come Italia, Portogallo, Grecia e Spagna, che hanno un mercato del lavoro con molta disoccupazione tra gli under 25 perché rigido in uscita, spaccato tra protetti e non protetti e senza adeguati ammortizzatori sociali. Draghi lo ha detto innumerevoli volte da governatore della Banca d’Italia e lo ha ripetuto anche in un passaggio ulteriore dell’intervista.
In un momento delicato per l’Italia per l’impasse sull’articolo 18, il presidente Bce ripete quanto aveva già scritto nero su bianco l’estate scorsa nella famosa lettera a quattro mani con Trichet. A una domanda sulle priorità, risponde che ci vuole anzitutto una «riforma del mercato dei servizi», in secondo luogo «la riforma del mercato del lavoro» che «deve prendere differenti forme a seconda dei Paesi». E quando elenca le caratteristiche di quelli da cambiare, ne esce il ritratto perfetto dell’Italia.
Bisogna modificare le regole di quei Paesi che soffrono di un dualismo nel mondo del lavoro, dove c’è gente «giovane» che si vede i contratti da «tre, sei o nove mesi reiterati per anni»; che è «estremamente rigido con la parte della popolazione già protetta che ha salari che aumentano non in base alla produttività ma all’anzianità». Si tratta di mercati «iniqui perché caricano tutto il peso della flessibilità sulla parte giovane della popolazione». Più chiaro di così.
Il presidente Bce risponde anche alla domanda se c’è un’alternativa al risanamento fiscale: è «no». Certo, nel breve termine l’effetto sarà la contrazione dell’economia, ma se si faranno nel frattempo le riforme, seguirà una «crescita sostenibile a lungo termine». Anzi, venire meno all’austerity provocherebbe un’immediata reazione da parte dei mercati sul versante del costo del credito e degli spread, aggiunge.
Quanto alla crisi, è «difficile» dire se è finita, osserva Draghi, che vola oggi in Messico per il G20. E il quadro sul versante dei crediti alle famiglie e imprese «non è positivo». D’altra parte il capo dell’Eurotower è tornato a difendere la mega asta da 489 miliardi di dicembre senza la quale il collasso del credito sarebbe stato sicuro (la settimana prossima ce ne sarà un’altra).
In un’altra intervista che uscirà oggi sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, Draghi intravede segnali di miglioramento economico, nelle ultime due settimane. E ai tedeschi Draghi dice che non ci sono rischi inflazionistici - lasciando intendere che c’è la possibilità di un taglio dei tassi dall’attuale 1%.
Con il Wsj Draghi dice di essere rimasto «sorpreso» per la reazione tiepida del mercato all’accordo sulla Grecia. Probabilmente, chiosa, il mercato attende l’«implementazione delle misure politiche». Insomma che Merkel dica finalmente di sì al al frangifiamme europeo anti crisi - a una dotazione sufficiente per il fondo Salva-Stati. Ma i rischi al ribasso, per l’economia europea, sono ancora forti e anche legati ad Atene. I nuovi aiuti erano indispensabili, secondo Draghi e potrebbero significare «un nuovo inizio», visto che i problemi di finanziamento nel breve «sono stati risolti». Quanto al Portogallo, alla domanda se avrà bisogno di un nuovo prestito, Draghi ha risposto di «no».

Germania: deficit 2011 a 1%
Pari a 25,3 miliardi di euro
24 febbraio, 09:17
(ANSA) - ROMA, 24 FEB - Il deficit pubblico tedesco nel 2011 e' stato pari all'1% del Pil, contro il 4,3% del 2010 e il 3,2% del 2009. E' quanto risulta dai dati definitivi dell'Ufficio federale di statistica tedesco. In valori assoluti il deficit e' stato pari 25,3 miliardi di euro.

Crisi: Grecia, oggi Consiglio ministri su scambio titoli
24 febbraio, 10:10
(ANSAmed) - ATENE, 24 FEB - Il premier greco Lucas Papademos ha convocato per oggi alle 11:30 locali (le 10:30 in Italia) il Consiglio dei Ministri per decidere la procedura dello scambio dei titoli di Stato della Grecia in mano ai privati. Durante la riunione, secondo informazioni giornalistiche, saranno prese anche decisioni su questioni che riguardano l'attuazione del nuovo pacchetto economico di aiuto per il Paese.(ANSAmed).

Nessun commento: