mercoledì 28 marzo 2012

am:28.3.12/ Micciche’, Dio mio! ancora tra i coglioni.---Imprenditoria italiana fa sistema nei Balcani.---Reggono invece le bollicine.

Miccichè: "Mi candido a presidente della Regione"       
L’acqua sorpassa il vino nella spesa degli italiani
Italia-Serbia: nasce Confindustria Serbia, legami rafforzati
Irlanda: 31/5 referendum fiscal compact
Spagna: crisi, tagliati del 40% fondi cooperazione sviluppo
Balcani: Commissione Ue, no a monitoraggi post-adesione
La Bosnia dovrà rivedere gli standard igienici per le esportazioni alimentari in Croazia

Miccichè: "Mi candido a presidente della Regione"       
Il leader di Grande sud conferma la sua discesa in campo per il posto di governatore: "Ho ricette importanti per la Sicilia - dice - sono assolutamente certo che otterremo risultati di non poco conto"
PALERMO. «Se qualcuno pensa che abbia barattato la candidatura a governatore con l'appoggio a Costa si sbaglia di grosso. Non mi faccio promettere più niente da nessuno. Mi candiderò comunque alla presidenza della Regione». Lo ha detto il leader di Grande sud, Gianfranco Miccichè, nel corso di una trasmissione tv, registrata a Palermo. «Ho ricette importanti per la Sicilia - conclude - sono assolutamente certo che otterremo risultati di non poco conto».

L’acqua sorpassa il vino nella spesa degli italiani
Lo rivela Coldiretti a Vinitaly. Nel mirino finisce la stretta sul codice della strada E Fedagri accusa le banche: il costo del denaro è doppio per le imprese agricole
di Stefano Bizzi
 VERONA. Al settore agricolo il denaro costa il doppio rispetto a quanto costa all’industria. L’allarme viene da Fedagri-Confcooperative che, ieri al Vinitaly di Verona, ha sottolineato come il settore agricolo ed agroalimentare italiano rappresenti per il settore creditizio un universo da 75 miliardi di euro impiegati, pari al 7,5% degli impieghi nazionali e oltre il 31% degli impieghi erogati al solo settore manifatturiero.
I dati sono stati diffusi dal presidente del settore vitivinicolo di Fedagri-Confcooperative, Adriano Orsi, nel corso della tavola rotonda “Diamo credito al vino italiano”. Nell’analisi è stato evidenziato come, a parità di importi e durata di prestiti richiesti, un’azienda agricola deve sostenere quasi il doppio del costo del denaro. Secondo l’elaborazione di Fedagri Confcooperative su dati Banca d’Italia al 30 settembre 2011, il Taeg medio ponderato (l’indicatore del costo complessivo del credito a carico dell’utente comprendente tutti gli oneri) è del 4,51% nell’agricoltura contro il 2,39% nel manifatturiero (3,29% negli alimentari). Nella geografia dei finanziamenti, a livello nazionale, guida la locomotiva del Nordest, con 25,9 miliardi di euro, seguita dal Nordovest (20,4 miliardi) e dal Centro (12,8 miliardi). «Ma fra cooperative grandi e piccole – puntualizza Orsi – la differenza di costo del denaro è del 3,8%».
Se è vero che il mondo del vino in Italia fattura 10 miliardi di euro e ne esporta quasi il 50%, è anche vero che nel 2011 c’è stato un calo nei consumi nazionali e che il mercato dell’acqua in bottiglia ha superato quello del vino. Ogni famiglia ha speso in media 19 euro al mese per l’acquisto dell’acqua minerale contro i 18 euro per il vino. Il motivo? Il forte calo, risponde Coldiretti, si deve sia ad una maggior attenzione alla qualità che soprattutto alle campagne antialcol e alla stretta sulle norme del codice della strada che hanno cambiato, e molto, le abitudini alimentari, soprattutto al ristorante. Non solo: il vino italiano, aggiunge ancora Coldiretti, si è bevuto più all’estero che in Italia. Sono stati cioè esportati 24 milioni di ettolitri a fronte di una produzione nazionale stimata di poco superiore a 40 milioni di ettolitri, la più contenuta degli ultimi 60 anni. Il risultato è che sono aumentate del 42 per cento le importazioni che nel 2011 hanno raggiunto un quantitativo record di 2,45 milioni di ettolitri, il massimo storico. «Più della metà del vino importato in Italia – spiega la Coldiretti - viene dalla Spagna».
Reggono invece le bollicine. I produttori di spumanti confermano risultati migliori rispetto alle altre aziende vitivinicole, sia in termini di rendimento del capitale (Roi 6,3% contro 5,2%) sia di struttura patrimoniale (debiti finanziari al 39,1% del capitale investito contro il 46,2% degli altri produttori). Ad affermarlo è un’indagine di Ricerche & Studi di Mediobanca condotto sui bilanci dei 107 “big” italiani del vino. Secondo lo studio, i margini industriali rispetto al fatturato sono identici (Mol su ricavi al 5,6%): i produttori di spumanti sono premiati dal superiore tasso di rotazione del capitale investito (109,4% contro l’88,9%) derivante dalla loro struttura più leggera.
Le immobilizzazioni tecniche sono infatti pari al 35% del capitale contro il 50% delle grandi marche di vino fermo. Coerentemente i produttori di spumanti fanno un minor ricorso al debito, segnando un rapporto “debt-equity” inferiore di 7,1 punti rispetto agli altri produttori (39,1% contro 46,2%). Mostrano però una minore proiezione internazionale, con una quota all’export del 36,8% contro il 49,4%, ma anche condizioni di migliore competitività, segnalate da un valore aggiunto più che doppio rispetto al costo del lavoro.
Il valore aggiunto dei produttori di spumanti è infatti pari a 104mila euro, il 30 per cento al di sopra di quello degli altri produttori (80mila euro), a fronte di un costo del lavoro (50mila euro) superiore del 19%.

Italia-Serbia: nasce Confindustria Serbia, legami rafforzati
Imprenditoria italiana fa sistema nei Balcani
27 marzo, 19:25
(ANSAmed) - BELGRADO, 27 MAR - Il rafforzamento della cooperazione economica e commerciale tra Italia e Serbia, rappresentando, coordinando e sostenendo l'imprenditoria italiana nel paese, e' l'obiettivo principale di Confindustria Serbia, l'Associazione degli imprenditori italiani in Serbia costituitasi ufficialmente oggi a Belgrado in un evento fondativo di alto profilo istituzionale.
 Membro di Confindustria Balcani, Confindustria Serbia nasce dall'esperienza di 'Sistema', struttura presente e attiva nel paese balcanico da tre anni.
 L'Ambasciatore d'Italia a Belgrado, Armando Varricchio, aprendo i lavori dell' affollata conferenza costitutiva in un grande hotel della capitale, ha parlato di una ''iniziativa che si inserisce in un momento molto felice nei rapporti tra Italia e Serbia'', cosa questa dimostrata dal recente, ''storico'' vertice bilaterale svoltosi a Belgrado con la presenza del premier Mario Monti e di ben sette ministri del governo italiano. La Serbia, ha detto Varricchio, ''e' una realta' che non nasce oggi'' e che si propone ormai come ''terreno di elezione del processo di internazionalizzazione dell'economia italiana''. ''Possiamo parlare senz'altro di investimento del sistema Italia in Serbia'', ha ancora detto il nostro Ambasciatore spiegando come la Serbia sia un paese sempre piu' integrato in Europa, con l'Italia che e' uno dei maggiori sostenitori dell'integrazione della Serbia nella Ue''. E di questo, ha osservato, va dato atto in primo luogo al presidente Boris Tadic e al suo governo, a cominciare dal ministro dell'economica Nebojsa Ciric, presente anch'egli alla riunione odierna di Confindustria Serbia.
 Lo stesso Ciric, nel suo intervento, si e' riferito alla grande importanza della presenza economica e degli investimenti italiani in Serbia. ''L'Italia e' la finestra della Serbia verso l'Unione europea'', ha detto il ministro dell'economia, sottolineando come il nostro paese sia il secondo partner economico e commerciale della Serbia dopo la Germania. Nel 2011, ha precisato, l'interscambio e' risultato di 2,2 miliardi di euro, con le compagnie italiane che finora hanno investito in Serbia circa un miliardo di euro, escluso l'importante investimento Fiat che da solo ammonta a quasi un mld di euro.
Sono circa 400, ha detto Ciric, le aziende italiane che operano in Serbia, con 20 mila addetti e un volume di affari di 2,5 miliardi di euro all'anno. E la maggiorparte degli investimenti, oltre il 60%, riguardano imprese medie e piccole e sono sotto un milione di euro. Fiat, ha osservato il ministro, e' di gran lunga l'investimento piu' importante, ma l'Italia e' presente praticamente in tutti i settori dell'economia serba, dal tessile all'energia, dai mobili all'agroalimentare, al settore bancario e delle assicurazioni. Questa settimana, ha detto Ciric, 150 imprenditori serbi saranno in visita a Milano e Trieste per incontri e colloqui con i rappresentanti delle Regioni italiane. ''Mi aspetto altri investimenti italiani, nonostante la crisi'', ha concluso Ciric.
 I vantaggi per le aziende italiane degli investimenti in Serbia sono stati sottolineati anche dall'on Adolfo Urso, che negli anni scorsi, quand'era viceministro dello sviluppo economico con delega al commercio estero, ha seguito con particolare attenzione i rapporti dell'Italia con tutta l'area balcanica. ''La Serbia - ha detto - e' un paese strategico, in consonanza con l'Italia. Qui ci sentiamo piu' a casa rispetto ad altri paesi''.
 Alla conferenza di Belgrado sono intervenuti inoltre il presidente dell'Associazione Sistema Franco Delneri, Edoardo Garrone, vicepresidente per l'organizzazione e marketing associativo di Confindustria, esponenti di Finest, Simest, Sace, Siepa, e esperti del sistema finanziario che hanno illustrato gli strumenti e le agevolazioni a supporto dell'internazionalizzazione delle imprese italiane in Serbia.
(ANSAmed)

Irlanda: 31/5 referendum fiscal compact
Lo ha annunciato ministro degli Esteri Gilmore
27 marzo, 16:52
(ANSA) - LONDRA, 27 MAR - Il referendum in Irlanda sul fiscal compact e' stato fissato per il 31 maggio. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri e vice primo ministro Eamon Gilmore.
 Gilmore ha fatto l'annuncio alla Dail, il parlamento di Dublino, in assenza del primo ministro Enda Kenny in missione commerciale in Cina.

Spagna: crisi, tagliati del 40% fondi cooperazione sviluppo
27 marzo, 16:56
(ANSAmed) - MADRID, 27 MAR - La scure dei tagli provocati dalla crisi si è abbattuta sui fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo, che dal 2010 al 2012 si sono ridotti del 70% in Catalogna e del 40% in Spagna. E' quanto si evince dal rapporto 'La realtà degli aiuti 2011', realizzato dalla Ong Intermon Oxfam, presentato oggi a Madrid e Barcellona. Lo studio denuncia la perdita di "quantità, qualità e impatto" degli aiuti ufficiali allo sviluppo, che hanno visto ridurre, a livello statale, fino al 50% le partite per finanziare servizi primari, come salute ed educazione, e assegnare i contributi alla lotta contro la fame in forma non di donazioni, bensì di crediti ai Paesi poveri, tenuti poi a restituirli con interessi. Il governo catalano, secondo il rapporto della Ong, è quello che ha maggiormente ridotto i fondi per la cooperazione, passati da 49 milioni di euro nel 2010 a 15 milioni di euro nel 2012. Per "frenare l'emorragia" di fondi, Intermon Oxfam ha fatto appello all'esecutivo presieduto da Mariano Rajoy a tenere fede all'impegno assunto dal precedente esecutivo di Zapatero di destinare lo 0,7% del Pil nazionale alla cooperazione per il 2015. Dallo 0,46% del Pil raggiunto nel 2009, il capitolo per la cooperazione è andato diminuendo allo 0,43% nel 2010 e rischia, per il 2012, di tornare ai livelli del 2005, quando solo lo 0,29% del Pil spagnolo fu destinato agli aiuti ai paesi in via di sviluppo. (ANSAmed) YK8

Balcani: Commissione Ue, no a monitoraggi post-adesione
Lavoriamo con paesi candidati perche' siano pronti per ingresso
27 marzo, 15:09
(ANSAmed) - BRUXELLES, 27 MAR - La Commissione Ue non pensa di applicare meccanismi di monitoraggio post-adesione per la Croazia e i paesi candidati a diventare membri dell'Ue. Lo ha spiegato il direttore della DG allargamento, Stefano Sannino, nel corso di un'audizione in comissione esteri al Parlamento europeo.
 Secondo Sannino ''il processo ora e' piu' complesso e difficile rispetto al passato, piu' profondo: significa preparare i paesi alla piena responsabilita' dell'adesione''.
L'idea quindi e' quella di non ripetere esperienze come quella avvenuta con Bulgaria e Romania dopo il loro ingresso nell'Ue, due paesi che ancora oggi devono ottenere l'ingresso nell'area di Schengen. ''Non abbiamo bisogno di fare controlli successivi all'adesione - ha aggiunto il direttore della DG allargamento - se abbiamo un buon processo di adesione: questo e' quello a cui lavoriamo''. Sannino ha sottolineato come in questo momento sia importante mantenere lo slancio del processo, prima con la Croazia, poi con la candidatura della Serbia e poi con il prossimo avvio dei negoziati con il Montenegro. La Commissione europea sta cercando di diventare un ''partner'' dei paesi candidati che fornisce assistenza ''in qualsiasi fase del processo di allargamento'', con un approccio che oggi e' ''disegnato su misura'' dei diversi stati. Allo stesso tempo e' importante che l'Ue mantenga la sua credibilita' e rispetti gli impegni presi. ''Come Commissione Ue - ha concluso Sannino - rimarremo vigili sul fatto che la parola data verra' mantenuta'' e che quindi ai risultati seguano le decisioni politiche, perche' ''alla fine, l'allargamento rimane un progetto politico: questo e' il punto''. (ANSAmed)

La Bosnia dovrà rivedere gli standard igienici per le esportazioni alimentari in Croazia
In meno di un anno il governo bosniaco dovrà aggiornare i propri standard igienici riguardo alle esportazioni alimentari in Croazia o perderà molti milioni di euro; Zagabria infatti nel 2013 entrerà nell’Unione Europea e dovrà adeguarsi ai rigidi regolamenti commerciali imposti dall’Organizzazione comunitaria.
 Lo ha annunciato venerdì scorso lo stesso ministro al Commercio estero bosniaco Mirko Sarovic durante un discorso tenuto a Bijeljina: ‘La Bosnia è assolutamente impreparata all’adesione europea della Croazia: ad esempio mancano laboratori e istituti per il rilascio dei certificati compatibili con quelli europei che identifichino quindi l’origine dei prodotti alimentari’.
 Ministri e funzionari governativi, sia centrali che delle due entità autonome, si sono incontrati venerdì con gli imprenditori bosniaci che più esportano in Croazia per trovare una soluzione al problema.
 I produttori di latte sono maggiormente colpiti dalla questione perché dal 2013 non potranno più vendere oltre i confini bosniaci visto che i loro prodotti non rispettano gli standard richiesti dall’UE.
 Oltre il 60% del latte prodotto in Bosnia (40 milioni di litri ogni anno) viene esportato in Croazia; con l’obbligo di rispettare i nuovi standard igienici, e di conseguenza con la necessità di apporre etichette adeguate che identifichino l’origine delle derrate, molti agricoltori rischieranno seriamente di perdere soldi e lavoro visto che il Paese non dispone di laboratori e istituti del genere.
 Sarovic ha sostenuto che la Bosnia dovrà al più presto adeguarsi a nuovi standard e tecnologie richieste dall’UE: ‘E’ vero, abbiamo perso molto tempo. Sono comunque abbastanza convinto che con grandi sforzi riusciremo potremo riuscire ad adeguarci alle richieste europee’.
 Ne parla ‘Dnevni Avaz’ avvertendo che se il Paese non dovesse riuscire ad adeguarsi alle nuove condizioni rischierebbe di perdere circa 22 milioni di euro all’anno.

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