giovedì 29 marzo 2012

pm:29.3.12/ La Basilicata non è una regione trivellata, ma è posta ad una notevole altezza programmatica. (Non lo ha detto Toto’, bensi’ De Filippo - non Eduardo o Peppino - ma quello lucano, la macchietta di Calimero).---Per il governatore lucano, infatti, la Basilicata è diventata il laboratorio del federalismo energetico e le attività che si avranno dopo l’articolo 16 saranno un dossier sugli interventi, ed un nuovo contributo che i grandi players come l’Eni devono dare per lo sviluppo.---Certamente – dice De Filippo - chiederemo il massimo nella sicurezza ambientale e nella tutela della salute, con le migliori e più avanzate tecnologie. Non possono mancare le risorse per completare il piano degli investimenti infrastrutturali, attrarre investimenti nei settori più avanti dalla green economy alla homeland security, fino alla costituzione di un cluster internazionale nell’energia che dalle fonti fossili costruisca un modello democratico e sostenibile come nelle più avanzate strategie di Rifkin\.---(E nessuno si permetta di ridere).

I conti del petrolio «Il Governo riconosca la specificità lucana»
L'UNIONE SARDA - Economia: Olbia-Sassari, lavoro ai sardi
LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Vini sardi, per fare affari bisogna essere più uniti
Ocse: Pil italiano a -1,6% nel primo trimestre
Commissione Ue esamina squilibri macroeconomici Slovenia
Spagna, +1,8% inflazione armonizzata a marzo
Federazione Russa. Sempre più vicino l'addio al visto?
Bozen, oltrepadania. Scontro sull'Inno nelle scuole

I conti del petrolio «Il Governo riconosca la specificità lucana»
di ANTONELLA INCISO
Un modello regionale unico, distintivo con percorsi attuativi eccezionali. Una sorta di «specialità Basilicata» da richiedere al Governo ed all’Unione Europea. Sul petrolio la Regione ha le idee chiare: la Basilicata pesa sullo scacchiere nazionale, l’articolo 16 cambierà gli scenari sulle politiche energetiche e il programma operativo 2014 -2020 sta per essere avviato. Questo non può non avere dei riflessi per i lucani e soprattutto non può non avere riflessi in tempi brevi. A ribadirlo lo stesso governatore, Vito De Filippo, nella relazione sul petrolio e sulll’articolo 16 del decreto liberalizzazioni che è stato affrontato ieri in Consiglio regionale. Una relazione lunga, articolata, tesa a sfatare i miti, a chiarire le priorità e a schiarire gli scenari. Partendo da due dati: che la Basilicata non è una regione trivellata, ma è posta ad una notevole altezza programmatica.
«L’avvio della discussione sul programma operativo 2014-20 e le risorse dell’articolo 16, collocano la Basilicata ad u n’altezza programmatica che ci deve indurre a richiedere al Governo nazionale e alla stessa Commissione Europea una sorta di specialità, l’assunzione di un modello regionale unico e distintivo con percorsi attuativi eccezionali - precisa De Filippo - Dobbiamo fare bene e non abbiamo molto tempo. L’incrocio fruttuoso che si determina tra l’articolo 16 e la nuova programmazione richiama la storia regionale ad un nuovo protagonismo . L’art. 16 rappresenta la definitiva consacrazione dell’impegno che la Basilicata conduce da almeno 15 anni per il riconoscimento della funzione nazionale che esplica». Per il governatore lucano, infatti, la Basilicata è diventata «il laboratorio del federalismo energetico» e le attività che si avranno dopo l’articolo 16 «saranno un dossier sugli interventi, ed un nuovo contributo che i grandi players come l’Eni devono dare per lo sviluppo».
«Certamente – dice De Filippo - chiederemo il massimo nella sicurezza ambientale e nella tutela della salute, con le migliori e più avanzate tecnologie. Non possono mancare le risorse per completare il piano degli investimenti infrastrutturali, attrarre investimenti nei settori più avanti dalla green economy alla homeland security, fino alla costituzione di un cluster internazionale nell’energia che dalle fonti fossili costruisca un modello democratico e sostenibile come nelle più avanzate strategie di Rifkin\». E per dare una dimensione della partita da giocare, De Filippo ha spiegato che «in Italia la royalty su terra è del 10 per cento e che il prelievo fiscale complessivo arriva tra il 63,9 per cento e il 68 per cento». Risorse che ora, almeno in parte, potrebbero essere utilizzate per finanziare programmi di sviluppo in Basilicata. Mantenendo, però, come fermi punti la tutela dell’ambiente e della salute. «Il dovere istituzionale principale in questa fase - aggiunge il governatore - è sicuramente quello ambientale e della salute. Va in questa direzione il potenziamento dei sistemi di monitoraggio, la certificazione, la diffusione e la comunicazione dei dati e la partecipazione territoriale alla gestione della qualità ambientale».
E se queste sono le direttrici è altrettanto vero che la Basilicata non è stata e non è una regione «gruviera» e qui non c’è lo strapotere delle compagnie petrolifere. «Nel 1998 la comunità regionale prese una decisione. Quel processo fu aperto con una democratica, direi trasparente, discussione pubblica che offrì ai decisori istituzionali tutti gli elementi per indirizzarsi verso quella scelta - aggiunge il governatore - Non si trattò certamente dell’unanimità ma sicuramente di una chiara, misurabile maggioranza dei soggetti in campo». Ebbene, ha spiegato il presidente, «sulla base degli accordi del 1998, in Basilicata l’Eni avrebbe dovuto realizzare 54 pozzi ma ad oggi ne sono in produzione 26 e ben 9 non saranno più realizzati con buona pace di chi paventa una regione-gruviera. Non uno in più è stato autorizzato né al momento prevediamo di autorizzarne, in assenza del consenso delle popolazioni locali». Infine, de Filippo ha illustrato come, negli anni passati, la Basilicata ha utilizzato le risorse del petrolio per i bilanci pubblici. Insomma, cose fatte e cose da fare partendo dal nuovo corso legato al memorandum. «Un corso iniziato 2 anni e mezzo fa - precisa De Filippo - per il quale ora incomincia la fase più delicata. Quella che deve mettere mano alla progettualità, ma specialmente alla realizzazione. A quella urgenza operativa che vuole confronto linearità e serietà. Mi rendo conto delle difficoltà ma so che dobbiamo e possiamo farcela».

L'UNIONE SARDA - Economia: Olbia-Sassari, lavoro ai sardi
29.03.2012
LA 4 CORSIE. La società “Aleandri” realizzerà le opere con la barese “Consorzio 131” Una spa dell'Isola vince la gara del lotto 1 tra Ploaghe e Ardara Svettano ancora i Quattro Mori sui lavori della Olbia-Sassari. Ieri a Roma hanno definito la graduatoria del lotto uno. Ovvero, il tratto che unisce Ploaghe e Ardara. Le opere se l'è aggiudicate un'associazione temporanea d'imprese (Ati), sarda per metà. Infatti: la Aleandri, sede a Sassari, ha preso in mano l'appalto insieme alla barese “Consorzio 131”. Ugo Cappellacci fa festa per l'ennesimo obiettivo raggiunto: «È stato compiuto un altro passaggio importante verso la realizzazione della 4 corsie». GARA CHIUSA Adesso sono due. Perché dopo il lotto nove (2,5 chilometri all'uscita di Olbia più la nuova viabilità intorno all'aeroporto), un'altra azienda isolana si ritaglia uno spazio nei lavori del raddoppio. Sul nove, sempre attraverso un'Ati, hanno vinto l'appalto l'Acquaverde di Alghero e la Novaco di Sassari, associate con la bolognese “Consorzio cooperative costruzioni”. Adesso si aggiunge la Aleandri spa per la Ploaghe-Ardara. Cappellacci, commissario della 4 corsie riconfermato da Monti, sottolinea: «La strada è un'opera strategica per il territorio e per la Sardegna intera».
I PASSAGGI Con il lotto 1 è la terza aggiudicazione. Perché l'appalto è ok anche per rimettere a nuovo il ponte del Padrongianus, i cui lavori sono stati ridotti a trecento giorni rispetto agli iniziali 410. Quindi: con l'arrivo di aprile, il traguardo della gara chiusa farà il paio con il lotto zero che unirà la statale 131 a Ploaghe. «Peraltro - fanno sapere dalla Regione - è concluso l'esame di tutti i progetti». Così dal 31 gennaio, quando il Comitato scientifico ha messo sotto la lente i lotti 5 e 6. Ovvero, i tratti di Berchidda e Monti per i quali si attende la stesura dei bandi. «Poi toccherà al 4, al 3 e al 2. Nell'ordine sono: Oschiri, Ozieri e Chilivani.
L'ATTESA Insomma, la tabella di marcia non sembra conoscere ritardi. E con l'arrivo della primavera dovrebbe essere tagliato il nastro sul primo vero cantiere. Vuol dire che l'asfalto su 4 corsie comincerà a prendere forma mettendo davvero in rete due capoluoghi, i rispettivi porti e altrettanti scali aerei.

LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Vini sardi, per fare affari bisogna essere più uniti
29.03.2012
Quanto vale, oggi, il mercato del vino in Sardegna? Dei 5-600 mila ettolitri prodotti ogni anno in media in Sardegna si ottengono 14-15 milioni di bottiglie, prodotte per il 90% dalle dieci maggiori aziende sarde.Il mercato estero (Usa, Germania, Svizzera, Russia, Cina, Giappone ma crescono bene i paesi orientali, nuove mete turistiche come Vietnam, Corea, India e Thailandia) assorbe circa il 35% di quella produzione. E Vinitaly 2012 lo conferma. A fare da ambasciatori sono spesso i ristoratori sardi. Negli ultimi anni, però, una parte del vino prodotto non viene imbottigliato e rimane in cantina. Alcune aziende lo vendono sfuso, altre lo propongono in confezioni da tre o cinque litri ad alberghi, ristoranti e pizzerie.Il fatturato del vino sardo nel 2011 è stato di 60 milioni di euro circa (20 milioni vengono dal mercato estero). Per quanto riguarda le fasce di prezzo crescono del 20% i vini sotto i 5 euro e del 32% quelli poco sopra i 5 euro. In crisi la fascia di prezzo che va da 8 ai 15 euro, bene quelli sopra i 20 euro. di Pasquale Porcu wVERONA «Pocos, locos y mal unidos». La frase di Carlo V sui sardi, purtroppo, continua a essere straordinariamente attuale. Soprattutto quando si parla di vini. Il modo in cui la regione Sardegna si è presentata anche quest’anno a Vinitaly, che ha chiuso ieri i battenti, ne è una eloquente dimostrazione. La gran parte dei produttori che hanno partecipato al salone internazionale del vino era concentrata in un’area pressochè anonima o comunque meno visibile delle altre regioni Tante cellette minuscole nelle quali possono stare un numero modesto di persone. Una cosa è certa, la qualità dei vini sardi è in continua entusiasmante crescita. Bene, benissimo sia i bianchi che i rossi sardi. E in generale bene per le bottiglie sarde il mercato europeo (dalla Germania alla Svizzera). E benino quello nazionale. Brutte notizie, invece, sull’andamento dei consumi in Sardegna. «Che cosa si pretende? – dice Dino Addis, della Cantina Gallura di Tempio – Con il calo dei turisti nell’isola e il disastro nei trasposrtie non possiamo sperare in una ripresa dei consumi». Che cosa dobbiamo fare, invece, con il mercato estero? C’è, a esempio, la possibilità concreta che il mercato russo chieda alla Sardegna qualche milione di bottiglie di Vermentino. Ma un tale quantitativo non può fornirlo un solo produttore. Che fare? In una situazione normale i produttori si organizzano tra loro e l’affare va in porto. In Sardegna no. Ciascuna azienda vuole andare avanti per proprio conto, pagando un enologo, un ragioniere, due impiegati e chissà che altro. «Al Vinitaly 2012 – dice Rinaldo Carta, vicepresidente di Sisa Italia – ho visto una Sardegna frammentata, divisa, debole. A mio parere i produttori devono costituire un Consorzio che dia a ciascuno la possibilità di vivere, ma che rappresenti tutto il comparto nel suo insieme. In questo modo possiamo dare realmente valore ai nostri valori. Pensi che a Verona ho incontrato delle aziende che producono 2-300 mila bottiglie, meno di quanto nei nostri supermercati vendiamo di una sola referenza». «I produttori sardi se vogliono avere più forza si devono aggregare – dice Antonio Posadinu, direttore commerciale di Sella&Mosca – Sarebbe opportuno fare un vero programma che ci consenta di avere più forza e meno burocrazia. La Regione è in grado di fare una tale operazione? Non importa, facciamo un tavolo tra produttori. In questo modo si eviterebbe di essere stritolati dal mercato, come succede spesso alle cantine isolane.

Ocse: Pil italiano a -1,6% nel primo trimestre
Csc: a marzo cresce la produzione industriale
Secondo l'organizzazione che raccoglie le maggiori economie mature del pianeta tra aprile e giugno il prodotto interno lordo dovrebbe contrarsi solo dello 0,1%. Per rafforzare la ripresa sarà necessario un aumento del firewall e l'introduzione di riforme volte ad accrescere la produttività. Il Centro studi di Confindustria stima che nel mese in corso l'output sarà superiore dello 0,1% rispetto al mese di febbraio
MILANO - Il prodotto interno lordo dell'Italia registrerà una flessione dell'1,6% nel primo trimestre del 2012 per poi riportare un miglioramento nel secondo che dovrebbe chiudere in calo di un marginale 0,1%. E' quanto prevede l'Ocse nell'aggiornamento a interim sulla congiuntura delle principali economie mondiali presentato oggi a Parigi. "La debolezza della produzione industriale e della fiducia dei consumatori - rileva l'Ocse riguardo all'Italia - indicano una recessione nei primi due trimestri dell'anno. Detto questo, gli indicatori più recenti sono stati positivi e questo si è tradotto in una proiezione di crescita leggermente migliore per il secondo trimestre". Per le due altre principali economie europee, quelle di Germania e Francia, l'Ocse prevede invece rispettivamente una crescita dello 0,1% nel primo trimestre e dell'1,5% nel secondo per la prima e una flessione dello 0,2% questo trimestre e una crescita positiva dello 0,9% il prossimo per la Francia.
Secondo l'organizzazione con sede a Parigi le prospettive di medio termine sono migliorate rispetto al precedente aggiornamento di fine 2011 ma "gli indicatori continuano a suggerire una ripresa fragile" per le principali economie del mondo, in particolare nel vecchio continente. Per evitare ricadute, sostiene inoltre l'Ocse, "è necessario un aumento del firewall" che dovrà prevenire altre crisi simili a quella greca. Senza dimenticare che è necessario affrontare le cause di base che vanno dalla perdita di competitività  all'alto indebitamento fino ai deficit perenni delle partite correnti all'interno dell'unione europea oltre che al basso tasso di crescita.
Si ferma a marzo la contrazione della produzione industriale. Lo sostiene il Centro Studi di Confindustria secondo le cui stime si registra un aumento dello 0,1% su febbraio, quando è stato stimato un calo dello 0,8%, determinato anche da avverse condizioni meteorologiche. La distanza dal picco precrisi (aprile 2008) è di -21,9%, mentre il recupero dell'attività dai minimi della recessione (marzo 2009) si attesta al +5,8%. Nel primo trimestre del 2012 il csc stima una riduzione della produzione di -2,2% sul quarto trimestre 2011, che aveva registrato un -2,1% sul precedente.
Le informazioni disponibili delineano per il secondo trimestre un'attenuazione della discesa: la variazione ereditata dal primo è sostanzialmente nulla (-0,2%) e l'indagine istat presso le imprese manifatturiere segnala in marzo un miglioramento delle attese sul livello a tre mesi di produzione e ordini (per entrambe le variabili i saldi dei giudizi sono saliti a +2, dallo 0 di febbraio).
(29 marzo 2012)

Commissione Ue esamina squilibri macroeconomici Slovenia
La Commissione Europea preparerà una relazione sugli squilibri macroeconomici della Slovenia dopo che, nel febbraio scorso, il Paese era stato valutato come potenzialmente “a rischio”. La relazione rientra in una serie di provvedimenti atti a prevenire e rimediare agli squilibri macroeconomici prima che questi provochino uno stato di instabilità generalizzato.
 I rappresentanti della Commissione giunti in visita in Slovenia la settimana scorsa hanno avuto un incontro con il ministro delle Finanze Janez Šušteršič, con i membri dell’Istituto per le Analisi Macroeconomiche e lo Sviluppo, un think-tank governativo, nonché della Banca nazionale del Paese. I rappresentanti torneranno in Slovenia ad aprile, aggiunge la ‘ STA ‘, per analizzare il processo di implementazione delle raccomandazioni del Consiglio UE riguardo deficit e bilancio suppletivo.

Spagna, +1,8% inflazione armonizzata a marzo
In Spagna l'inflazione armonizzata preliminare si è attestata all'1,8% anno su anno a marzo rispetto all'1,9% registrato a febbraio, ed è scesa sui minimi da oltre un anno. Lo ha reso noto l'ufficio di statistica spagnolo. L'inflazione preliminare, sempre a marzo, si è attestata invece all'1,9% anno su anno (2% anche a febbraio).

Federazione Russa. Sempre più vicino l'addio al visto?
29 marzo 2012
Roman Mamonov, La Voce della Russia
Russia e Unione Europea al tavolo che porterà all'abolizione dei documenti di ingresso. Le prime consultazioni si sono tenute a Mosca, ma Bruxelles sembra continuare a frenare
La Russia e l’Unione Europea hanno iniziato l’attuazione del piano che deve portare all’abolizione dei visti. Le prime consultazioni si sono tenute a Mosca: le parti hanno concordato i termini, entro cui si dovranno  rispettare le condizioni dell’abolizione e firmare i relativi accordi. Tuttavia, anche questa volta si è visto che Bruxelles non ha fretta di andare incontro a Mosca.
Comunque sia, finalmente si passa dalle parole ai fatti. Le trattative svolte nella capitale russa hanno dato il via alla graduale abolizione dei visti. L’Europa chiede a Mosca delle garanzie per evitare che la rinuncia ai visti porti a un flusso di migrazione illegale, all’emigrazione dei soggetti con precedenti penali e a nuovi problemi di politica estera.
Secondo le fonti del Ministero degli Esteri, Mosca è pronta a rispettare già entro la fine del 2012 tutte le condizioni formulate nel documento approvato dal vertice Russia-Ue a Bruxelles a dicembre 2011, in modo che a partire dal 2014 si possano abolire i visti almeno per i viaggi di breve durata. Gli europei sono più cauti.
"Credo che la riluttanza dell’Unione Europea a prendere certe decisioni e le conseguenti lungaggini siano dovute a determinati motivi politici. L’abolizione dei visti gioverebbe innanzitutto agli imprenditori di ambo le parti. Ci sorprende la riluttanza dei nostri colleghi europei a risolvere il problema in modo radicale  e definitivo. Dal nostro punto di vista, abbiamo fatto tutto quello che c’era da fare per passare ai viaggi senza visti", afferma il  parlamentare Dmitri Vjatkin, membro del Comitato per la Legislazione costituzionale e l’ordinamento statale della Duma.
A Bruxelles non si nasconde che alcuni importanti Paesi siano contro l’abolizione dei visti dalla Russia. "L’Unione Europea non è unita su questo problema - commenta la politologa Olga Barabanova -. Alcuni Paesi, interessati ai turisti che vengono dalla Russia, fra cui Italia, Spagna e Francia, sono favorevoli all’abolizione dei visti. Altri Paesi, e la Germania in primo luogo, si oppongono attivamente, perché i tedeschi temono che ciò possa portare a un flusso di migrazione dalla Russia. Ci sono poi gli Stati del Baltico che continueranno a dire no fino alla fine. Non credo che la situazione possa cambiare in poco tempo. Le divengenze all’interno dell’Ue e le diffidenze nutrite dai Paesi dell’Europa centrale sono i principali fattori che impediscono il ravvicinamento".
Gli esperti intervistati da La Voce della Russia ritengono che, vista questa mancanza di unità di posizioni tra i paesi Ue, per Mosca sia più facile stringere accordi bilaterali. Infatti, facilitazioni in materia di visti, che riguardano studenti, turisti e uomini d’affari, sono già stati annunciati da Italia, Spagna e Francia. 

Bozen, oltrepadania. Scontro sull'Inno nelle scuole
Bertolini (Pdl) e Conte (Fli) all'attacco del collega Zeller (Svp)
BOLZANO. Duro scontro in Commissione pareri della Camera fra l'onorevole Karl Zeller della Svp e i parlamentari del centrodestra Isabella Bertolini del Pdl e Giorgio Conte di Fli: al centro della polemica l'introduzione dell'insegnamento dell'Inno d'Italia nelle scuole. Zeller ha prospettato la necessità "quantomeno di distinguere questa previsione per le scuole di lingua tedesca e ladina delle minoranze linguistiche altaotesine". «Gli studenti altoatesini di lingua tedesca sono studenti della scuola italiana, perchè non esistono scuole tedesche, ma solo in lingua tedesca», ha rimproverato Zeller l'onorevole Isabella Bertolini alla quale ha poi fatto eco anche l' onorevole Giorgio Conte di Fli che, ironizzando ha constatato «come allora bisognasse prendere atto che il collega Zeller non fa il deputato italiano, se i sentimenti sono quelli descritti». La polemica romana ha avuto ovviamente anche echi a Bolzano dove il consigliere provinciale e segretario regionale di Fli, Alessandro Urzì, non ha avuto dubbi: «Nel passato avevo già avuto occasione di ricordare come indubbiamente il tema non è fra i più urgenti del Paese, di fronte alla crisi economica e ad altre aggressioni dell'identità nazionale, ben più gravi, come quella rappresentata dall'aggressività della stessa Lega Nord. Ma va anche detto - ha proseguito Urzì - che a fronte di un eventuale provvedimento legislativo che andasse nella direzione di introdurre l'insegnamento per la comprensione dell'Inno nazionale non si può pensare che ci sia chi possa chiederne l'esonero o si possa sentire terzo o  autorizzato a fare altro. A furia di deroghe, di questo passo, ci siamo trovati
nella situazione attuale per cui viene ritenuto legittimo, come sta accadendo per la proposta dei Freiheitlichen, discutere nei salotti buoni della politica addirittura di secessione, quasi fosse un tema normale». «E' stato uno scontro dai contenuti davvero tristi - ha commentato Zeller - che ha fatto riemergere toni nazionalistici che avrei sperato di non sentire più in sede parlamentare. Devo dire che hanno dimostrato sensibilità sulla questione da me posta sia il Pd che l'Udc e la Lega Nord. Non me l'aspettavo dalla Bertolini - conclude Zeller - che evidentemente è stata imbeccata dalla sua collega campano-altoatesina che voleva un tricolore in ogni maso».

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