sabato 7 aprile 2012

am_7.4.12/ Efficienza in salsa padana. - L’aumento complessivo delle ore di cig su base congiunturale (+21,6%) è dovuto soprattutto alla crescita nel Centro (+37,8%) mentre nel Nord Ovest la crescita si è limitata al 13,3%, e nel Nord Est al 17,5%.---Luca Ricolfi: Fin dalla primavera del 2010, di fronte ai tagli ai trasferimenti agli Enti locali, parte una mobilitazione dei sindaci del Nord, in particolare della Lombardia. I sindaci richiedono al governo centrale che i tagli non siano lineari, e tengano conto della maggiore efficienza delle amministrazioni del Nord.---L’Italia si divide in due: al Centro e al Nord dove il contributo degli immigrati si fa più forte, e al Sud dove l’incidenza del lavoro straniero si arriva appena al 2,5% in regioni quali la Campania e la Basilicata.

Boom della cassa integrazione
Consiglio dei Ministri n.22 del 06/04/2012
Il 5,5% del valore aggiunto nazionale è prodotto dalle imprese condotte da stranieri
Venezia, padania. Falsa cieca da quarant'anni
Chi difende le ragioni del Nord

Boom della cassa integrazione
 I dati dell'Inps: a marzo + 21,6%
Le aziende hanno chiesto all'istituto 99,7 milioni di ore
Nuovo boom della cassa integrazione a marzo, dopo la ripresa registrata a febbraio, mentre si confermano le difficoltà delle aziende a far ripartire la produzione: secondo i dati diffusi oggi dall’Inps, le aziende italiane hanno chiesto all’Istituto nel mese 99,7 milioni di ore di cassa integrazione, con un aumento del 21,6% su febbraio. Si registra invece un lieve calo rispetto a marzo 2011, con un -1,8%.
Si conferma molto elevato il ricorso alla cassa integrazione in deroga che, dopo il sorpasso a febbraio della cassa ordinaria e straordinaria, resta lo strumento più utilizzato con 37,6 milioni di ore a fronte dei 33,7 della cassa straordinaria e dei 28,3 della cassa ordinaria. La cassa in deroga, introdotta dall’ultimo Governo Berlusconi per fronteggiare la crisi economica per quelle imprese che non avevano accesso alla cassa ordinaria e straordinaria, a differenza della cigo e della cigs non viene finanziata dai contributi di aziende e lavoratori ma dalla fiscalità generale. La crescita della cig preoccupa i sindacati. La Cgil ha parlato di «rischio di disoccupazione di massa», mentre la Uil ha ribadito la necessità di rilanciare l’economia perchè altrimenti qualsiasi riforma del lavoro sarebbe insufficiente.
La Cisl sottolinea come l’aumento delle richieste per cassa straordinaria segnali la crescita e l’aggravamento delle crisi strutturali delle aziende. L’Ugl parla di «campanello d’allarme» sulla recessione economica. Nei primi tre mesi dell’anno le ore di cig nel complesso sono state 236,6 milioni (+2,1% sui primi 3 mesi 2011). L’Inps segnala come il dato congiunturale (+21,6% a marzo su febbraio) rispetti l’andamento degli ultimi anni, che vede in marzo la cassa integrazione aumentare rispetto al mese precedente. La cig ordinaria ha raggiunto i 28,3 milioni di ore, con un aumento del 12,8% su febbraio e del 22,3% su marzo 2011. L’incremento tendenziale Š attribuibile soprattutto alle autorizzazioni riguardanti il settore industria (+27,2%) mentre in edilizia l’aumento è stato del 10,4%.
Gli interventi straordinari (cigs) di marzo ammontano a 33,7 milioni di ore, con un aumento del 30,9% rispetto a febbraio. e una forte diminuzione rispetto a marzo 2011 (-19,9%). La variazione negativa è da attribuire anche in questo caso al settore industriale, che registra un calo del 25,9% rispetto alle ore autorizzate a marzo 2011. Vola invece la cigs nel commercio, con un +148% rispetto a marzo 2011. A marzo le ore autorizzate per la cig in deroga sono state 37,6 milioni, con un aumento del 20,9% su febbraio e del 3,8% rispetto a marzo 2011. Nel complesso il settore che ha registrato l’incremento più rilevante è stato il commercio, con un +25,9% su febbraio e un +38,45% su marzo 2011. Nel mese sono state autorizzate nel settore oltre 17 milioni di ore, il numero più alto di sempre. Su 99,7 milioni di ore autorizzate ne sono state chieste 74,9 milioni per operai (-1,03% su marzo 2011) e 24,7 per impiegati (-4,11% tendenziale). L’aumento complessivo delle ore di cig su base congiunturale (+21,6%) è dovuto soprattutto alla crescita nel Centro (+37,8%) mentre nel Nord Ovest la crescita si è limitata al 13,3%, e nel Nord Est al 17,5%.

Consiglio dei Ministri n.22 del 06/04/2012
6 Aprile 2012
Il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi alle ore 10,00 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente del Consiglio, Mario Monti.
Segretario il Sottosegretario di Stato alla Presidenza, Antonio Catricalà.
Il Consiglio è intervenuto, in particolare, sulla riforma dello strumento militare e sull’attuazione dell’ordinamento di Roma Capitale.
Con il disegno di legge per la revisione dello strumento militare nazionale il Governo mira a riformare le strutture, l’organizzazione e gli organici del personale militare e civile del Ministero della Difesa.
La riforma, proposta dal Ministro Di Paola, e approvata dal Consiglio dei Ministri, persegue due obiettivi.
Primo, l’attuazione di strumenti operativi qualitativamente e tecnologicamente progrediti. Li rendono indispensabili il rischio di terrorismo internazionale, la minaccia di proliferazione delle armi di distruzione di massa e l’instabilità di alcune aree del Mediterraneo e del Medio Oriente.
Secondo, la necessità di contenere i costi, a causa dell’attuale congiuntura economica e finanziaria. Questa ha imposto a tutti i Paesi dell’Eurozona – Italia inclusa – continui interventi di riduzione della spesa pubblica. Interventi che, naturalmente, hanno riguardato anche la “Funzione difesa”. Oggi, il limite di risorse che il Paese può destinare a questa funzione è dello 0,84% del PIL (a fronte di una percentuale che, nel 2004, era dello 1,01% e che attualmente negli altri Paesi europei è, in media, dell’1,61%). Di tali risorse, peraltro, il 70% è “assorbito” dalle spese per il personale. Ne consegue che le spese destinabili all’operatività dello strumento militare e all’investimento sono limitate, rispettivamente, al 12% e 18%.
Di qui la decisione di un intervento legislativo che, attraverso la riforma, garantisca una migliore razionalizzazione delle risorse disponibili e consenta a Esercito, Marina e Aeronautica di adeguarsi agli standard di qualità degli altri Paesi, con l’obiettivo di riequilibrare la spesa della Difesa, portando al 50% quella per il personale ed al 25% sia le spese per l’addestramento sia quelle per gli investimenti.
Punti salienti della riforma sono: l’introduzione di forme di flessibilità della programmazione finanziaria; una graduale revisione numerica del personale militare e civile, che – nel lungo periodo (2024) – ha l’obiettivo di ridurre il personale militare a 150 mila unità ed a 20 mila unità quello civile; un riordino complessivo dell’assetto organizzativo del Ministero della Difesa; una rimodulazione dei programmi di ammodernamento tecnologico.
Il decreto legislativo su Roma Capitale è stato già approvato dal Consiglio dei ministri, in via preliminare, il 21 novembre 2011 e successivamente ha acquisito l’intesa della Conferenza unificata e i pareri delle Commissioni parlamentari. Il testo che il Governo ha approvato in via definitiva – presentato su proposta dei Ministri dell’economia e delle finanze, della pubblica amministrazione e la semplificazione, degli affari regionali, il turismo e lo sport e degli affari europei, in concerto con i Ministri dell’interno, dei beni e attività culturali, dello sviluppo economico, delle politiche agricole alimentari e forestali, dell’ambiente – recepisce le richieste delle Commissioni parlamentari competenti, dando attuazione alla legge n. 42 del 2009, che delega il Governo ad adottare la disciplina dell’ordinamento transitorio di Roma Capitale.
Lo schem a approvato dal Consiglio dei Ministri interviene sulle seguenti tematiche:
1. Conferimento delle funzioni amministrative a Roma Capitale. Lo schem a disciplina le sole funzioni che rientrano nella competenza dello Stato. Si tratta delle funzioni in materia di concorso alla valorizzazione dei beni storici, artistici, ambientali e fluviali, di quelle relative a sviluppo economico e sociale (con particolare riferimento al settore produttivo e turistico) e di quelle in materia di protezione civile. Spetterà alla Regione Lazio conferire le ulteriori funzioni che rientrano nell’ambito di competenza legislativa regionale.
2. Disciplina dei raccordi istituzionali, del coordinamento e della collaborazione tra Roma Capitale e le altre amministrazioni centrali e territoriali (in particolare, per queste ultime, la Regione Lazio e la Provincia di Roma)
Il Consiglio dei Ministri è poi intervenuto sulle seguenti materie:
a) Disegno di legge sulle modalità di elezione del Consiglio provinciale e del Presidente della Provincia;
b) Attuazione della direttiva europea sul coordinamento legislativo, regolamentare e amministrativo in materia di alcuni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari;
c) Attuazione della direttiva europea in tema di avvio, esercizio e vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica;
d) Attuazione della direttiva europea concernente le misure di protezione contro l’introduzione nella Comunità europea di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione;
e) Ratifica ed esecuzione di Atti internazionali;
f) Esame preliminare di decreti legislativi;
g) Leggi regionali;
h) Nomine;
i) Scioglimento di Consigli comunali.
Di seguito, in sintesi, le misure adottate:
A – DISEGNO DI LEGGE SULLE MODALITÀ DI ELEZIONE DEL CONSIGLIO PROVINCIALE E DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA
Il Consiglio dei Ministri ha approvato invia definitiva, su proposta del Ministro dell’Interno, il disegno di legge che disciplina le modalità di elezione di secondo grado dei Consigli provinciali e dei Presidenti della Provincia. Il risparmio atteso dal nuovo sistema è di 120 milioni di Euro per lo Stato e di circa 199 milioni di Euro per le Province.
Il nuovo “modello elettorale provinciale” è di tipo proporzionale, fra liste concorrenti, senza la previsione di soglie di sbarramento e di premi di maggioranza. Gli elementi che lo caratterizzano sono:
1. elezione contestuale del Consiglio provinciale e del suo Presidente;
2. elettorato passivo riservato ai Sindaci e consiglieri in carica al momento dells presentazione delle liste e della proclamazione;
3. ciascuna candidatura alla carica di Presidente della Provincia è collegata a una lista di candidati al Consiglio provinciale;
4. i votanti possono esprimere fino a due preferenze: se decidono di esprimere la seconda preferenza, una delle due deve riguardare un candidato del Comune capoluogo o di sesso diverso da quello a cui è destinata la prima preferenza;
5. è proclamato Presidente della Provincia il candidato che ottiene il maggior numero di voti. In caso di parità si prevede il ballottaggio. In caso di ulteriore parità è eletto il più anziano d’età.
6. Le cariche di Presidente e Consigliere provinciale sono compatibili con quelle di Sindaco e Consigliere comunale. È però vietato il cumulo degli emolumenti.
B – COORDINAMENTO LEGISLATIVO, REGOLAMENTARE E AMMINISTRATIVO IN MATERIA DI ALCUNI ORGANISMI D’INVESTIMENTO COLLETTIVO IN VALORI MOBILIARI
Nell’ordinamento italiano la disciplina comunitaria in tema di organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari è contenuta nel Testo unico sulla finanza e nei regolamenti di Banca d’Italia e Consob.
L’approvazione del decreto legislativo che attua la direttiva europea sul coordinamento della normativa in tema di organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari, proposta dai Ministri degli Affari europei e dell’economia e finanze, in concerto con i Ministri degli Affari esteri, della Giustizia e dello Sviluppo economico, mira a realizzare 3 obiettivi:
1. Il miglioramento delle condizioni di concorrenza tra gli organismi d’investimento collettivo, garantendo così una tutela più efficace dei detentori delle quote e degli investitori. Attraverso le cd. “informazioni chiave” che gli organismi di investimento dovranno dare agli investitori, questi ultimi avranno la possibilità di conoscere la natura e i rischi dei prodotti di investimento, garantendosi così la possibilità di operazioni più sicure.
2. L’introduzione di un’autorizzazione uniforme per tutti gli organismi di investimento collettivo. Grazie al cd. “passaporto europeo”, ciascun organismo, ottenuta l’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro di origine, avrà possibilità di operare in tutti gli Stati membri, aprendo apposite succursali.
3. Il riconoscimento di fusioni transfrontaliere tra tutti gli organismi di investimento collettivo. Per semplificare le fusioni gli Stati membri potranno ricorrere alle tecniche di fusione già previste nei rispettivi ordinamenti.
C – AVVIO, ESERCIZIO E VIGILANZA PRUDENZIALE DELL’ATTIVITÀ DEGLI ISTITUTI DI MONETA ELETTRONICA
Su proposta del Ministro per gli affari europei e del Ministro dell’economia e delle finanze, il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legislativo di attuazione della direttiva europea sull’avvio, esercizio e vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica. Il decreto legislativo introduce alcune modifiche al Testo Unico bancario e tra queste, in particolare:
1. una più ampia definizione di “prestazione di servizi di pagamento”. La nuova definizione è volta a favorire l’innovazione tecnologica, poiché consente di includere non soltanto tutti i prodotti di moneta elettronica attualmente disponibili sul mercato, ma anche quelli che verranno sviluppati in futuro.
2. individua i soggetti ai quali è riservata l’emissione di moneta elettronica. Si tratta della Banca centrale europea, delle banche centrali comunitarie, di Poste italiane, dello Stato italiano e degli altri Stati comunitari, delle pubbliche amministrazioni statali, regionali e locali.
3. Introduce nuove forme di tutela del consumatore (es. forme di rimborso della moneta versata o forme di tutela delle somme del cliente su cui non sono ammesse azioni dei creditori dell’istituto di moneta elettronica)
 D – MISURE DI PROTEZIONE CONTRO L’INTRODUZIONE NELLA COMUNITÀ EUROPEA DI ORGANISMI NOCIVI AI VEGETALI O AI PRODOTTI VEGETALI E CONTRO LA LORO DIFFUSIONE NELLA COMUNITÀ
 Il settore fitosanitario è regolato, a livello internazionale, dalla Convenzione internazionale per la protezione delle piante della FAO del 1952, e dall’Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Nel corso degli anni sono emerse alcune difficoltà di applicazione della normativa italiana che recepisce le norme internazionali e comunitarie, rendendo sempre più urgente la necessità di aggiornarne i contenuti, adeguandoli alle nuove condizioni produttive e di mercato e alle nuove conoscenze in campo scientifico e tecnico.
 Per far fronte a queste necessità, il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva lo schem a di decreto legislativo – proposto dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali – che modifica la legislazione vigente. Le misure contenute nel nuovo testo normativo introducono ulteriori garanzie alla sicurezza sotto il profilo fitosanitario dei vegetali e prodotti vegetali nel territorio nazionale.
 Il nuovo testo non affida nuovi compiti ai Servizi fitosanitari regionali. Si limita a modificare le procedure e le modalità dei controlli da mettere in atto, adeguandoli alla normativa europea.
E – RATIFICA ED ESECUZIONE DI ATTI INTERNAZIONALI
I due Accordi con la Serbia consentiranno di consolidare la collaborazione, in ambiti fondamentali come la cultura, la formazione, la scienza e tecnologia, con un Paese cui l’Italia è legato da una partnership strategica considerando la Serbia un esempio da seguire per tutti quei Paesi che vedono nell’Europa un traguardo da raggiungere.
In questo contesto, l’Accordo di cooperazione culturale e di istruzione prevede iniziative e collaborazioni in campo artistico, universitario e scolastico e l’offerta di borse di studio. Darà anche vita a forme di cooperazione nella conservazione, nella tutela, nel restauro e nella valorizzazione del patrimonio artistico e archeologico, come pure nel contrasto ai trasferimenti illeciti di beni culturali, nella tutela dei diritti d’autore e di proprietà intellettuale - in armonia con la normativa internazionale e nazionale. L’Accordo prevede anche una stretta cooperazione nei campi dell’archivistica e biblioteconomia, dell’informazione, dell’editoria, delle attività sportive e degli scambi giovanili.
Dal canto suo, l’Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica apre la possibilità di importanti collaborazioni in settori come la biomedicina, la biotecnologia, l’agricoltura e le tecnologie alimentari, l’energia, la tutela dell’ambiente, la matematica, la fisica, la chimica, la biologia, le nanotecnologie e i nuovi materiali, l’informatica, le telecomunicazioni, l’applicazione della tecnologia nella conservazione, tutela, restauro e valorizzazione dei beni culturali. Altro aspetto di grande rilievo sono le collaborazioni, scambi ed intese fra istituzioni universitarie e di ricerca, e l’ impegno per la protezione della proprietà intellettuale.
L’Accordo di cooperazione nel settore della difesa tra Italia e Pakistan ha lo scopo di sviluppare la cooperazione bilaterale tra le Forze Armate dei due Paesi, nell’intento di consolidare le rispettive capacità difensive e di migliorare, nello spirito di amicizia che caratterizza le relazioni fra Roma e Islamabad, la comprensione reciproca sulle questioni della sicurezza. Una volta in vigore, assicurerà anche un’adeguata cornice giuridica e istituzionale per l’ulteriore progresso di programmi di cooperazione industriale, a beneficio dei settori produttivi e commerciali dei due Paesi. La ratifica dell’Accordo si inquadra in una fase particolarmente positiva dei rapporti tra i due Paesi, confermata anche dall’incontro di appena cinque giorni fa tra il Presidente Monti e l’omologo pakistano Gilani, in Cina, a margine del Forum dell’Asia a Boao.
L’Egitto è un partner regionale di rilevanza strategica per l’Italia, e l’Accordo bilaterale in materia di trasferimento delle persone condannate consolida la collaborazione fra Roma e Il Cairo in due settori considerati cruciali per sostenere i processi di transizione democratica avviati con la stagione delle primavere arabe: la tutela dei diritti umani fondamentali e la sicurezza. L’Accordo consente ai cittadini dei due Paesi, condannati e detenuti nell’altro Stato, di scontare la pena inflitta nel Paese di origine. L’ intesa si è resa necessaria perché l’Egitto non ha aderito alla Convenzione di Strasburgo del 21 marzo 1983, che costituisce lo strumento giuridico più applicato in materia di trasferimenti internazionali di detenuti per eseguire condanne definitive. E’ significativo che le proposte italiane per il recepimento dei principi della Convenzione siano state accolte da parte egiziana. In particolare, è stato stabilito che il trasferimento del detenuto può avvenire solo con il suo consenso, nella piena consapevolezza delle conseguenze giuridiche che ne derivano.
F – ESAME PRELIMINARE DI DECRETI LEGISLATIVI
Il Consiglio dei Ministri ha poi esaminato 5 decreti legislativi. Si tratta di:
1. Decreto legislativo di attuazione della direttiva comunitaria 2009/38/CE riguardante l’istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l’informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie.
Il decreto, proposto dai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e degli affari europei, di concerto con gli altri Ministri competenti, si propone di migliorare il diritto all’informazione e alla consultazione dei lavoratori nelle imprese multinazionali. In particolare, il provvedimento risponde alla necessità di incrementare il numero dei comitati aziendali europei, consentendo al tempo stesso la continuità degli accordi vigenti.
2. Decreto legislativo di attuazione della direttiva europea in tema di servizio universale e diritti degli utenti in materia di reti e servizi di comunicazione elettronica; della direttiva europea sul trattamento dei dati personali e tutela della privacy nel settore delle comunicazioni elettroniche; del regolamento comunitario sulla cooperazione tra le Autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa a tutela dei consumatori.
La legge comunitaria 2010 ha delegato il Governo ad adottare i decreti legislativi in tema di comunicazioni elettroniche e protezione dei dati personali. Il decreto legislativo proposto dai Ministri degli Affari europei e dello Sviluppo economico, recepisce, di concerto con i Ministri degli Affari esteri, dell’Economia e finanze e della Giustizia la normativa comunitaria in materia, mirando a rafforzare la tutela dei consumatori contro le violazioni dei dati personali e lo “spam”. Nomi, indirizzi e-mail e informazioni bancarie dei clienti dei fornitori di servizi di telecomunicazione e di accesso ad Internet e, in particolare, i dati su ogni telefonata e sessione in rete devono essere tenuti al sicuro da un uso indesiderato, accidentale o fraudolento. La responsabilità, in tutti questi casi, è degli operatori.
Le nuove norme introducono, per la prima volta in Europa, le notifiche obbligatorie per le violazioni dei dati personali. Ciò significa che i fornitori di comunicazioni saranno obbligati a informare le autorità e i loro clienti delle violazioni della sicurezza che lede i loro dati personali. Inoltre, le norme in materia di privacy e protezione dei dati vengono rafforzate in merito all’uso dei cookies (le stringhe di testo che memorizzano le scelte di navigazione degli utenti) e di sistemi simili.
3. Decreto legislativo di attuazione della normativa comunitaria sulle reti e i servizi di comunicazione elettronica.
Il decreto legislativo, proposto dal Ministro per gli Affari europei e dal Ministro per lo Sviluppo economico, di concerto con i Ministri degli Affari esteri, dell’Economia e finanze e della Giustizia, modifica alcune disposizioni del Codice delle comunicazioni elettroniche, adeguandole alla normativa europea.
Le modifiche perseguono diverse finalità. In particolare:
- promuovere investimenti efficienti e innovazione nel campo delle infrastrutture di comunicazione elettronica, ad esempio attribuendo alle autorità nazionali di regolamentazione la possibilità di imporre la condivisione di facilities di comunicazione elettronica o di “proprietà”, tra cui: edifici, cablaggi, antenne e torri, nonché elementi di rete non attivi, che consentono di trasmettere segnali via cavo, via radio, a mezzo fibre ottiche o con altri mezzi elettromagnetici, comprese le reti satellitari.
- rafforzare le prescrizioni in materia di sicurezza e integrità delle reti, a garanzia degli utenti.
- rafforzare la tutela degli utenti finali, in particolare i disabili (cui viene garantito un accesso ai servizi equivalente a quello degli altri utenti), gli anziani, i minori e i portatori di esigenze sociali particolari. Vengono rafforzati anche i diritti degli utenti in materia di trasparenza nei rapporti con i fornitori di servizi.
 4. Decreto legislativo di attuazione della normativa comunitaria in materia di attrezzature a pressione trasportabili. Il decreto, proposto dai Ministri per gli affari europei e infrastrutture e trasporti, di concerto con i Ministri degli Affari esteri, dell’Interno, della Giustizia, dell’Economia e delle finanze e dello Sviluppo economico, ha come obiettivo principale l’accrescimento della sicurezza delle attrezzature a pressione trasportabili, adeguandole al progresso tecnico.
 In particolare, le disposizioni introdotte dal decreto intervengono in tema di trasporto di merci pericolose su strada, ferrovia e per vie navigabili interne.
5. Decreto legislativo che recepisce le norme comunitarie in materia di formazione e mantenimento del capitale sociale, di fusioni di società per azioni, di scissioni di società per azioni, e in materia di fusioni transfrontaliere di società per azioni, al fine di ridurre gli oneri amministrativi relativi in particolare agli obblighi di pubblicazione e di documentazione a carico delle società coinvolte in processi di fusione e scissione, domestiche e transfrontaliere.
G – LEGGI REGIONALI
Il Consiglio dei Ministri ha poi esaminato sei leggi regionali su proposta del Ministro per gli affari regionali, Piero Gnudi.
Nell’ambito di tali leggi, il Consiglio ha deliberato l’impugnativa dinanzi alla Corte Costituzionale:
1) legge Regione Calabria n. 7 del 10 febbraio 2012 recante “Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 11 agosto 2010, n. 21, nonché disposizioni regionali in attuazione del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70 convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106” in quanto alcune disposizioni, modificando la precedente legge sul c.d. “piano casa” della Regione Calabria, introducono previsioni che risultano in contrasto con i regolamenti statali che disciplinano la distanza tra gli edifici, la distanza degli edifici dal nastro stradale ed ulteriori prescrizioni tecniche, tra cui alcune volte a prevenire i rischi sismici. Altra disposizione della stessa legge è stata impugnata in quanto consente la sanatoria degli abusi edilizi realizzati in aree sottoposte a vincolo paesaggistico;
2) legge Regione Liguria n. 2 del 7 febbraio 2012 recante “Disciplina regionale in materia di demanio e patrimonio” in quanto contiene disposizioni inerenti il regime giuridico (proprietà) di beni demaniali che non appartengono alla regione. Altre disposizioni della stessa legge sono state impugnate per violazione dell’art. 117, comma 2, lett. s), della Costituzione che riserva allo Stato la materia della tutela dell’ambiente, e per violazione dell’art. 117, comma 2, lett. e), della Costituzione che riserva allo Stato la materia della tutela della concorrenza e per violazione dell’art. 117, comma 3, della Costituzione che riserva allo Stato i principi in materia di governo del territorio.
Infine, per altre leggi regionali il Consiglio dei Ministri ha deliberato la non impugnativa. Si tratta delle seguenti leggi:
1) Legge Regione Calabria n. 5 del 03 febbraio 2012 “Interventi a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzativa- Integrazione alla legge regionale 16 ottobre 2008, n. 31.”
2) Legge Regione Molise n. 4 del 13 febbraio 2012 "Revoca della deliberazione legislativa n. 35 del 22 febbraio 2011, avente ad oggetto: "Legge regionale concernente: "Statuto della Regione Molise". Seconda deliberazione. Approvazione".
3) Legge Regione Sardegna n. 3 del 01 febbraio 2012 “Bollettino ufficiale digitale della Regione autonoma della Sardegna.”
4) Legge Regione Valle d’Aosta n. 4 del 13 febbraio 2012 “Disposizioni per l’eradicazione della malattia virale rinotracheite bovina infettiva (BHV-1) nel territorio della regione”.
H – NOMINE
Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello Sviluppo economico, ha nominato il Signor Giuseppe MAZZARELLA, l’Ambasciatore Maurizio MELANI, il dottor Riccardo Maria MONTI, il dottor Luigi Pio SCORDAMAGLIA e il dottor Paolo ZEGNA, componenti del Consiglio di amministrazione dell’Agenzia per la promozione all’estero e l’internalizzazione delle imprese italiane.
I – SCIOGLIMENTO CONSIGLI COMUNALI
Infine, su proposta del Ministro dell’Interno, il Consiglio dei Ministri ha deliberato lo scioglimento dei Consigli comunali di Bagaladi (RC), Castel Volturno, Casal di Principe, Casapesenna (Caserta) e Mileto (VV). Lo scioglimento è stato deliberato a seguito dell’accertamento di forme di condizionamento da parte della criminalità organizzata.
Il Consiglio è terminato alle ore 13,15

Il 5,5% del valore aggiunto nazionale è prodotto dalle imprese condotte da stranieri
Nella regione Toscana e nel settore delle costruzioni dove la componente straniera è più forte
Comunicato del 06/04/2012
Le 454mila imprese gestite da stranieri producono quasi 76 miliardi di €, pari al 5,5% dell’intera ricchezza prodotta a livello nazionale. L’edilizia è il settore che tra tutti mostra un maggior peso della componente straniera nella creazione del valore aggiunto (il 13,8%) e la Toscana è la prima regione in cui il valore aggiunto prodotto da aziende gestite da stranieri è più elevato che da altre parti (7,7%). Questi alcune stime realizzate dalla Fondazione Leone Moressa sull’apporto economico delle attività imprenditoriali condotte dagli stranieri in Italia.
Per regione. In Italia le 454mila imprese condotte da stranieri contribuiscono alla creazione del 5,5% del valore aggiunto nazionale. A livello territoriale si possono identificare delle regioni che più di altre mostrano un “contributo straniero” alla ricchezza prodotta più elevato: si tratta della Toscana con il 7,7% del valore aggiunto prodotto da imprese a conduzione straniera, seguita da Emilia Romagna (6,7%) e Friuli Venezia Giulia (6,4%). Ad eccezione dell’Abruzzo che si colloca in questa classifica al quarto posto a livello nazionale, l’Italia si divide in due: al Centro e al Nord dove il contributo degli immigrati si fa più forte, e al Sud dove l’incidenza del lavoro straniero si arriva appena al 2,5% in regioni quali la Campania e la Basilicata. Complessivamente le imprese condotte da stranieri concorrono alla creazione di un valore aggiunto che si aggira attorno al 76 miliardi di €. Tra tutte le regioni la Lombardia è quella in cui la componente straniera produce in assoluto la maggiore ricchezza in termini di valore aggiunto superando i 18 miliardi di € (quasi un quarto del totale del valore aggiunto prodotto in Italia dalle imprese condotte da stranieri). Segue a ruota il Lazio (con 9 miliardi di €), il Veneto (10,8%) e l’Emilia Romagna (10,7%).
Per settore di attività. Tra i diversi settori di attività, quello delle costruzioni mostra un maggior contributo degli immigrati alla produzione di valore aggiunto: si tratta del 13,8% di tutta la ricchezza creata dal settore. Segue a ruota il comparto del commercio (con il 10,1% della produzione complessiva), la manifattura (6,6%) e i servizi alle persone (6,3%). Ma sono le aziende che operano nei servizi alle imprese che nel complesso concorrono alla creazione della maggiore ricchezza in termini assoluti: infatti si tratta di quasi 21 miliardi di € (il 27,6% del totale), seguito dai servizi alle persone con 19,7 miliardi di € (26,1%).
Per settore di attività e regione. L’apporto delle imprese condotte da stranieri in termini di creazione di valore aggiunto si differenziano tra regione e regione e tra settore e settore. Si può osservare come nelle aree del Nord gli stranieri siano più attivi nel comparto delle costruzioni, mentre nelle aree meridionali si tratta del commercio. Nello specifico le regioni che mostrano il maggior contributo straniero alla creazione di valore aggiunto nell’edilizia sono la Liguria (21,5%), la Toscana (21,3%) e l’Emilia Romagna (21,1%). Per quel che riguarda il commercio è la Calabria la regione in cui il contributo straniero si fa più evidente seguito dalla Sardegna (12,5%). La Toscana si differenzia inoltre per la maggiore partecipazione straniera nella manifattura (15,2%), mentre la Lombardia per i servizi alle imprese (5,9%) e alle persone (9,3%).
“L’iniziativa imprenditoriale degli stranieri” affermano i ricercatori della Fondazione Leone Moressa “ricopre un ruolo fondamentale nella creazione della ricchezza nazionale. Le imprese gestite da stranieri assumono personale, pagano le imposte, contribuiscono alla crescita complessiva del sistema nazionale, anche in periodo di crisi. La loro sempre maggiore vivacità fa riflettere sul grado di integrazione degli stranieri nel tessuto economico e sociale, ma deve nel contempo porre l’attenzione sulla necessità di governare adeguatamente il fenomeno: non solo consentendo agli immigrati i medesimi strumenti offerti agli italiani, ma garantendo una concorrenza realmente reale tra tutti i soggetto che operano nel mercato nazionale.”

Venezia, padania. Falsa cieca da quarant'anni
Truffa da 500 mila euro
Una 60enne del Lido di Venezia è stata smascherata dalla Guardia di Finanza. Denunciata, dovrà restituire i soldi percepiti dalla pensione di invalidità
VENEZIA - Era riuscita a far credere ai medici di essere cieca e così si era garantita una pensione d'invalidità che riscuoteva ormai da più di quarant'anni con un danno per le casse dello Stato di oltre 500mila euro. Una donna di 60 anni, del Lido di Venezia, è stata smascherata dalla Guardia di finanza di Venezia insospettiti dal fare disinvolto di una signora che pur dichiarando di essere affetta da uno dei più invalidanti handicap conduceva una vita del tutto normale ed è stata infatti ripresa dalle fiamme gialle mentre attraversava agevolmente incroci stradali e strisce pedonali.
La signora non disdegnava neanche di fermarsi a contemplare vetrine o a scegliere con cura i prodotti da acquistare. Inoltre poteva passeggiare tranquillamente per le vie cittadine e senza alcun ausilio riusciva ad attraversare strade, scansare pedoni o divincolarsi tra auto in sosta e marciapiedi, oppure leggere attentamente una bolletta dopo averla ritirata dalla cassetta postale. Per fugare ogni dubbio riguardo l'invalidità, un finanziere le si è avvicinato dopo che la donna aveva effettuato un acquisto presso un esercente locale con la scusa di controllare il relativo scontrino fiscale: una rapida «occhiata» nella borsa e la signora è riuscita a trovare rapidamente il documento fiscale. Proprietaria di alcuni immobili, la sessantenne è stata denunciata per falso ideologico e truffa aggravata e continuata ai danni dell'Inps e ora dovrà restituire quanto indebitamente percepito. (Ansa)

Chi difende le ragioni del Nord
Luca Ricolfi
In politica c’è sempre uno zoccolo duro di militanti «senza se e senza ma», completamente indifferenti ai fatti, del tutto impermeabili ai test di realtà. Per cui non si può escludere che, nonostante la vergogna di questi giorni, la Lega resista ancora un po’ di anni, come i nostri vari partiti comunisti, sopravvissuti quasi vent’anni alla caduta del muro di Berlino e al collasso dell’Unione Sovietica. E tuttavia, dal punto di vista politico, l’esperienza della Lega va considerata al capolinea.

 Non solo perché il cocktail di nepotismo, arroganza e cialtroneria scoperchiato dall’inchiesta è difficile da digerire per qualunque palato, ma perché c’è una differenza anche politica - non solo morale - con i partiti comunisti duri e puri, alla Bertinotti e Diliberto.
 Anzi, per molti versi il caso della Lega è l’esatto opposto di quello dei partiti comunisti. I partiti «falce e martello» sono scomparsi per eccesso di fedeltà all’utopia del comunismo, un’idea che ormai non reggeva più. La Lega è destinata a uscire di scena non solo per gli scandali di questi giorni ma perché ha tradito troppo presto il sogno federalista, un’idea più che mai attuale.

 Per capire come e perché la Lega si sia allontanata dal suo sogno dobbiamo tornare un po’ indietro e mettere in fila alcuni fatti politici, tutti ben anteriori alle vicende di questi giorni.
 Il primo in ordine di tempo è l’abbandono, poco dopo la vittoria elettorale del 2008, della proposta di legge federalista della Regione Lombardia, nonostante quel progetto - risalente all’estate del 2007 - facesse parte integrante del programma elettorale della Casa delle Libertà. La legge che ne prende il posto (legge 42 del 5 maggio 2009) è già un notevole passo indietro rispetto alla proposta originaria, perché ne annacqua tutti i meccanismi fondamentali, cancellandone gli automatismi e restituendo un ruolo centrale alla mediazione politica. Ma perché la Lega accetta di annacquare il suo disegno originario, e si imbarca in una estenuante trattativa con le forze che remano contro il federalismo?

 Una ragione fondamentale è il ricordo dello smacco dell’autunno 2006, quando un referendum istituzionale indetto dall’opposizione aveva cancellato d’un colpo la «devolution», ossia la legge costituzionale che la Lega aveva imposto alla fine della legislatura 2001-2006 a colpi di maggioranza. Ma non è il solo motivo. Negli anni la Lega è cambiata, è diventata - al tempo stesso - sempre più ministeriale e sempre più attenta a preservare il potere locale dei suoi amministratori. Questo, in concreto, significa che i suoi dirigenti nazionali ormai si concentrano su due soli obiettivi: portare a casa una legge federalista purchessia, senza molta attenzione ai contenuti, e tutelare gli interessi del proprio ceto politico, che nel frattempo si è insediato in molti comuni, province e regioni del Centro-Nord.

 E qui veniamo a un secondo ordine di fatti che scandiscono l’inizio della legislatura 2008-2013. La Lega non solo accetta di varare una legge meno incisiva di quella che aveva promesso in campagna elettorale, ma erige essa stessa una serie di ostacoli sul cammino del federalismo. Rientra in questa condotta frenante, ad esempio, il tentativo (riuscito) di annacquare la riforma dei servizi pubblici locali, un comportamento che all’inizio non riuscivo a capire, ma che mi venne chiaramente spiegato da un deputato del Nord, durante un fuorionda di una trasmissione televisiva. Quel deputato mi disse in sostanza: è vero, se introducessimo più concorrenza nei servizi pubblici locali le tariffe di luce, gas, acqua, trasporti, raccolta rifiuti potrebbero diminuire, ma a rischio di vedere molte nostre imprese (padane!) perdere gli appalti a favore di più efficienti imprese straniere. Un ragionamento che, presumibilmente, era sostenuto anche da un retropensiero meno confessabile: se introduciamo più concorrenza nei servizi pubblici molte imprese attualmente controllate dagli Enti locali potrebbero perdere gli appalti, e noi politici avremmo meno poltrone e posti di lavoro da distribuire.

 Ma quella che abbiamo chiamato, forse un po’ eufemisticamente, la «condotta frenante» della Lega non si è purtroppo limitata ai servizi pubblici locali. Fin dalla primavera del 2010, di fronte ai tagli ai trasferimenti agli Enti locali, parte una mobilitazione dei sindaci del Nord, in particolare della Lombardia. I sindaci richiedono al governo centrale che i tagli non siano lineari, e tengano conto della maggiore efficienza delle amministrazioni del Nord. Guida la protesta Attilio Fontana, sindaco di Varese, presidente dell’Anci Lombardia e membro della Lega. Ma in quella occasione, come in altre mobilitazioni successive, i dirigenti nazionali della Lega non reagiscono difendendo «a Roma» le richieste degli amministratori del Nord, bensì cercando in ogni modo di dissuadere i sindaci dal manifestare il loro dissenso. Non solo. La Lega non si limita a ostacolare le richieste di «giustizia federalista» dei sindaci del Nord, ma si fa paladina delle peggiori istanze degli amministratori locali. Quando si riparla, finalmente, di ridurre i costi della politica e abolire o sfoltire le province (un altro punto del programma elettorale del centro-destra nel 2008), la Lega si batte contro i tagli al numero delle province e riesce a bloccare ogni cambiamento.

 Il fatto che però, più di tutti, dà la misura dell’abbandono del sogno federalista da parte della Lega si consuma tra l’autunno del 2010 e la primavera del 2011, quando - con i primi decreti attuativi del federalismo - diventa chiaro che i tempi della riforma saranno lunghissimi: non più pochi anni come si riteneva all’inizio, non più cinque anni come si poteva desumere dalla legge 42 del 2009, bensì una decina d’anni, visto che tra decreti delegati, regolamenti, fasi transitorie varie si parla ormai di un’entrata a regime fra il 2018 e il 2019, un decennio dopo l’approvazione della legge delega sul federalismo (maggio 2009).

 Ecco perché, dicevo, se la Lega scomparirà non sarà perché troppo estremista o radicale, bensì per la ragione opposta, perché troppo presto contaminata con i peggiori meccanismi della politica, e perciò dimentica della sua primaria ragione di esistenza. Chi è sempre stato anti-leghista ne gioirà, perché ha sempre considerato gli aspetti peggiori della Lega: l’ostilità al Mezzogiorno, il linguaggio volgare, la demonizzazione degli immigrati. Chi invece ha sempre visto anche le buone ragioni della Lega, ossia la critica del parassitismo e dell’eccesso di pressione fiscale, potrà solo consolarsi pensando che quelle buone ragioni la Lega le aveva ormai dimenticate da tempo.

 Ma tutti, amici e nemici della Lega, almeno di un fatto dovremmo renderci conto: c’è una parte del Paese, quella più dinamica e produttiva, che continua a non riuscire a far sentire la sua voce, né con la Lega né senza, né prima di Monti né con Monti. Questa parte, ormai, era rappresentata dal partito di Bossi solo nominalmente, e in questo senso lo scandalo di questi giorni si è limitato a togliere di mezzo un equivoco. Ma il problema di dare una rappresentanza a quella parte del Paese resta, e diventa più grave ogni giorno che passa, perché è nei territori cui la Lega si rivolgeva che si produce la maggior parte della ricchezza di cui tutti beneficiamo. L’Italia può fare benissimo a meno della Lega, ma difficilmente tornerà a crescere se dimenticherà le ragioni da cui il «partito del Nord» ha preso le mosse.

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