martedì 29 maggio 2012

am_29.5.12/ Indebitamento, assegni cabriolet, eurobond socialisti e cottura lenta a Termini Imerese.

Termini Imerese, Lombardo: "Temo un boicottaggio da parte della Fiat"
Le Pmi al Sud si indebitano di più contro la crisi che per investire
Imprese: Visco, struttura produttiva deve cambiare
Crisi: Squinzi, siamo in difficolta' dobbiamo ricreare la crescita
Più assegni a vuoto e meno carte di credito
Crisi: ex ministro tedesco, eurobond socialismo applicato a tassi
Portogallo: Moody's, dati bilancio positivi per rating
La Cina deve tutelarsi dalla Grecia

Termini Imerese, Lombardo: "Temo un boicottaggio da parte della Fiat"
Il presidente della Regione: "Domani incontro il ministro Passera per fare il punto ulteriormente dopo gli incontri al ministero e con Dr Motors, loro sanno come stanno le cose e lo sapevano anche prima, quando ci hanno detto che si poteva stare sicuri"
CATANIA. «Domani incontro il ministro Passera per fare il punto ulteriormente dopo gli incontri al ministero e con Dr Motors a proposito di Termini Imerese». Lo annuncia il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo: «loro sanno come stanno le cose - aggiunge il governatore sul suo blog - e lo sapevano prima quando ci hanno detto che si poteva andare sicuri. Non vorrei che ci fosse un boicottaggio da parte di Fiat. Diretto o indiretto».
"Ora mi smentiranno tutti, diranno: ma come si permette. Ma il ragionamento è semplice: se Dr produce autovetture piccole e medie che costano la metà di quanto costano le Fiat è chiaro che scende in campo un concorrente fortissimo», ha spiegato ancora Lombardo.

Le Pmi al Sud si indebitano di più contro la crisi che per investire
di Patrizia Penna
Indagine di Fondazione Impresa condotta su un campione di 1.200 aziende con meno di 20 addetti. Accesso al credito, contrazione ridotta: -0,9% in Sicilia rispetto al -3,4% in Piemonte
Palermo - “Quasi una piccola impresa su due (il 43,3%) ha incontrato difficoltà nell’accesso al credito. Al Nord le piccole imprese hanno riscontrato maggiori difficoltà rispetto al Centro e al Mezzogiorno”. Lo rivela l’indagine condotta da Fondazione Impresa.su un campione di 1.200 aziende con meno di venti addetti.
 Dai risultati emerge, inoltre, che nella maggioranza dei casi (57,1%) le piccole imprese richiedono credito per superare la fase di crisi e gestire la mancanza di liquidità. Le piccole imprese, secondo i ricercatori di Fondazione Impresa, necessitano di credito per gestire le operazioni quotidiane come il pagamento dei propri dipendenti, dei fornitori, delle imposte e il fenomeno del credit crunch è preoccupante perché rischia di minare la loro sopravvivenza.
 Nel Nord si registra una maggiore propensione a richiedere finanziamenti per investimenti rispetto alla media nazionale ed è singolare il caso del Nord Est dove si registra la maggior propensione al ricorso al credito per investimenti (38,7%) e, di converso, le più elevate difficoltà ad ottenere credito (48,2% contro il 43,3% della media nazionale). Questo aspetto limita le prospettive di crescita e si auspica che il fenomeno del credit crunch venga mitigato con azioni a sostegno delle piccole imprese, il vero motore dell’economia reale del Paese.
 Ma vediamo ancor più nel dettaglio i dati emersi dallo studio di Fondazione Impresa: nel Nord Est le difficoltà di accesso al credito sono state maggiori (il 48,2% delle piccole imprese hanno incontrato difficoltà mentre le piccole imprese del Centro Italia hanno sofferto di meno: qui hanno avuto difficoltà 4 imprese su 10 (il 41,0%). Il principale motivo di difficoltà d’accesso al credito riguarda la richiesta di garanzie eccessive (48,9%) mentre il 27,7% delle piccole imprese ha indicato tassi di interesse troppo elevati.  La richiesta di garanzie eccessive rappresenta il principale motivo di difficoltà d’accesso al credito (48,9%), seguono i tassi di interesse troppo elevati (27,7%). Nel Nord Ovest la richiesta di garanzie eccessive da parte delle banche è indicata addirittura da quasi 6 imprese su 10 (il 58,8%); nel Mezzogiorno tale incidenza scende al 40,6% e si rafforza la tesi dei tassi di interesse troppo elevati (34,4% rispetto alla media nazionale del 27,7%). La motivazione principale per la richiesta di nuovi crediti è rappresentata dalla necessità di sostenere l’azienda nella crisi e di sopperire alla mancanza di liquidità (57,1% dei casi). Tale aspetto è particolarmente evidente nel Centro (63,3%) e nel Mezzogiorno (60,0%).
 Nel Nord d’Italia, anche se la motivazione principale rimane quella del sostegno all’azienda nella crisi, emerge una maggiore propensione all’utilizzo di finanziamenti per i nuovi investimenti (rispettivamente 38,7% per il Nord Est e 37,0% per il Nord Ovest rispetto al 33,0% della media italiana).
 Dall’elaborazione dei dati della Banca d’Italia emerge una conferma di quanto rilevato dall’indagine di Fondazione Impresa. A fine gennaio del 2012 il credito alle imprese si è fermato (+0,0% rispetto a gennaio 2011) e a fine febbraio ha evidenziato il segno meno (-1,1% su stesso periodo del 2011). Nel caso delle piccole imprese (<20 addetti) si registra il terzo mese consecutivo di contrazione: -2,6% a febbraio contro appena il -0,7% per le imprese con più di 20 addetti. Da giugno 2011 a febbraio 2012, il tasso di crescita dei prestiti è passato dal +4,5% al -0,7% per le imprese con almeno 20 addetti e dal +3,1% al -2,6% per le piccole imprese.
 Tra febbraio del 2011 e febbraio del 2012, i prestiti alle piccole imprese (meno di 20 addetti) sono diminuiti in tutte le regioni italiane; di più in Molise (-4,4%), Sardegna (-4,0%) e Toscana (-3,7%) mentre solamente in Trentino Alto Adige e in Sicilia si registrano contrazioni più contenute e al di sotto del punto percentuale (rispettivamente -0,8% e -0,9%).
Articolo pubblicato il 29 maggio 2012

Imprese: Visco, struttura produttiva deve cambiare
ultimo aggiornamento: 28 maggio, ore 13:06
Roma, 28 mag. (Adnkronos) - La struttura produttiva delle imprese "deve cambiare, poche sono in grado di utilizzare il nuovo". Lo afferma il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, intervenendo alla presentazione di un libro a cura dell'Arel. "Il mondo e' cambiato straordinariamente negli ultimi 20 anni", dice il governatore. "Abbiamo una nuova economia, una rivoluzione tecnologica e conoscenze che oggi sono diverse da quelli che potevano servire un tempo per affermarsi nel mercato del lavoro. E noi siamo indietro nel riconoscere queste conoscenze", dice Visco.

Crisi: Squinzi, siamo in difficolta' dobbiamo ricreare la crescita
28 Maggio 2012 - 18:49
 (ASCA) - Prato, 28 mag - L'Italia ''e' in difficolta''' ma gli industriali non si devono ''spaventare'' perche' ''dobbiamo ricreare la crescita''.
Lo ha detto il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, intervenendo all'assemblea dell'Unione industriale pratese.
''Siamo in difficolta' - ha detto Squinzi - i consumi interni sono scesi in modo drammatico, ma noi come classe imprenditoriale dobbiamo esserci. Non ci dobbiamo spaventare, dobbiamo mettercela tutta perche' questo Paese ha bisogno di noi, dobbiamo ricreare crescita perche' crescita significa occupazione''.
Squinzi ha anche ribadito che c'e' ''bassa crescita perche' nel nostro Paese e' difficile fare impresa'' e uno degli obiettivi del suo mandato sara' proprio lavorare perche' si ricreino le ''condizioni perche' sia piu' facile fare impresa''.
Squinzi ha anche spiegato di aver parlato poco, nel suo intervento, di relazioni industriali perche' adesso e' ''prioritario ritrovare la crescita. Sono angosciato dal problema della disoccupazione giovanile: rischiamo di perdere una o due generazioni e non possiamo permettercelo''.
afe/sam/rob

Più assegni a vuoto e meno carte di credito
I sistemi di pagamento degli italiani alternativi ai contanti
Per via della crisi, le banche si fidano meno: boom delle prepagate
ROMA – Assegni a vuoto aumentati di oltre il 40% negli ultimi quattro mesi. Numero di carte di credito in circolazione diminuito di due milioni di unità in appena due anni, a fronte di un vero e proprio boom delle carte bancarie prepagate. Sono le cifre che emergono dall’ultimo bollettino sul sistema dei pagamenti in Italia, pubblicato pochi giorni fa dalla Banca d’Italia. Dettagli ulteriori sulla crisi di liquidità in corso nel Paese e sul cambiamento delle abitudini degli italiani nell’uso di sistemi di pagamento alternativi al contante.
PIU' CARTE PREPAGATE, MENO CARTE DI CREDITO - Le carte prepagate multiuso sono aumentate in modo esponenziale (più 3,5 milioni dal 2009 ad oggi) . Molto diffuse fra gli extracomunitari, sono carte solitamente gratuite per il cliente, azzerano il rischio di credito per la banca e obbligano il titolare a spendere non più di quanto ha effettivamente caricato sulla carta. Le classiche carte di credito in circolazione sono passate da 15,6 milioni a 13,6 milioni, dato che ingloba sia quelle personali che aziendali (meno 300 mila unità ). Un calo che può rispondere a diversi motivi: sia di risparmio da parte dei correntisti, sia di garanzia da parte degli istituti di credito che ritengono i propri clienti meno meritevoli di credito.
TANTI ASSEGNI A VUOTO - Significative anche le cifre sugli assegni revocati per mancanza di fondi, passati da circa 22 mila, a novembre 2011, a più di 37 mila a fine marzo. Nel Sud e nelle isole il numero di assegni revocati è ampiamente superiore a quello del resto del Paese.
Marco Galluzzo

Crisi: ex ministro tedesco, eurobond socialismo applicato a tassi
ultimo aggiornamento: 28 maggio, ore 17:10
Berlino, 28 mag. - (Adnkronos/Dpa) - Nuovo no della Germania agli eurobond. Ad opporlo, questa volta, sostenendo la posizione della cancelliera Angela Merkel, e' stato l'ex ministro dell'Economia Rainer Bruederle, capo del gruppo parlamentare del Partito liberale, in un'intervista al quotidiano "Die Welt".

Portogallo: Moody's, dati bilancio positivi per rating
"I risultati di bilancio del Portogallo sono di buon auspicio per l'approvazione della prossima rata di aiuti internazionali, prevista per il prossimo mese, e sono quindi positivi anche per chi detiene il debito sovrano del Paese. Lo ha affermato l'agenzia di rating Moody's, precisando che "è troppo presto per definire il Portogallo un successo dal punto di vista del consolidamento fiscale, il processo richiederà molti anni, come segnalato dai crescenti livelli di disoccupazione", ma i dati indicano che il piano di salvataggio sta funzionando e si può essere ottimisti.
Il deficit del Portogallo nel primo trimestre è stato pari a 444 milioni di euro, un valore molto inferiore al limite di 1,9 miliardi di euro stabilito dal programma di salvataggio. Il Paese deve tagliare il deficit di bilancio al 4,5% del Pil, dal 9,8% del 2010 e dal 4,2% del 2011. Lo scorso anno si è attestato a un livello inferiore per l'adozione di misure non convezionali. Se il Paese proseguirá in questa direzione "specialmente con le tensioni della crisi finanziaria delle scorse due settimane, questa notizia potrebbe favorire il ritorno della fiducia dei mercati", ha osservato infine l'agenzia di rating.

La Cina deve tutelarsi dalla Grecia
PECHINO – Malgrado le ripetute assicurazioni da parte dei leader dell’Unione europea, dopo oltre due anni, non si vede ancora la luce alla fine del tunnel della crisi del debito europeo. Recentemente, il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, facendo riferimento a una possibile uscita della Grecia dall’Eurozona, ha fatto sapere al Parlamento europeo che non c’è alcun Piano B.
L’affermazione di Barroso voleva essere rassicurante. Ma, dopo così tante delusioni, la Cina non può prendere sul serio le promesse fatte dai politici europei, che per primi non sanno se riusciranno a mantenerle. La Cina dovrebbe avere il proprio Piano B nel caso in cui la Grecia sia costretta a lasciare l’Eurozona.
È sempre più probabile che la Grecia si sottragga ai propri obblighi di salvataggio. Se ciò accadesse e la Troika (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) tagliasse gli aiuti finanziari, l’uscita della Grecia dall’euro diverrebbe quasi inevitabile. In questo caso, la Cina dovrà essere preparata a qualsiasi conseguente crisi finanziaria globale e alle eventuali ricadute nel lungo periodo.
Tanto per iniziare, le autorità cinesi non dovrebbero illudersi di essere immuni al contagio finanziario. Una Grexit (in gergo l’uscita della Grecia dall’euro) colpirebbe le banche europee che detengono titoli di Stato dei Paesi periferici dell’Eurozona. Le onde d’urto derivanti dal deleveraging si diffonderebbero, a loro volta, ai mercati emergenti come la Cina.
Sebbene l’esposizione delle banche e delle istituzioni finanziarie cinesi rispetto agli asset sovrani e bancari dell’Eurozona sia trascurabile, la fuga di capitali post-Grexit dai mercati a rischio potrebbe uguagliare, o addirittura sorpassare, quella avvenuta nelle settimane successive al collasso della Lehman Brothers nel settembre del 2008. Rispetto al 2007 e al 2008, i titoli detenuti dagli investitori esteri nei mercati emergenti sono di gran lunga superiori, considerata la relativa forza economica di questi Paesi negli ultimi anni e i rendimenti minimi sugli asset finanziari dei mercati sviluppati.
La Cina ha già vissuto l’impatto del deleveraging alla fine dello scorso anno, quando il sistema finanziario europeo sembrava sull’orlo del collasso. Con le banche europee in ginocchio, il tasso di cambio del renminbi scese per 11 giorni consecutivi, anche se la Cina incorreva in un surplus di parte corrente.
La performance delle valute dei mercati emergenti e di altri asset suggerisce, per questo secondo trimestre, un nuovo riavvio del deleveraging. I deludenti dati di crescita del primo trimestre hanno già indotto gli investitori esteri a riconsiderare l’idea di mantenere il denaro in Cina. Una Grexit sarebbe la goccia che fa traboccare il vaso e porterebbe sicuramente le stringenti condizioni monetarie domestiche a un punto molto precario del ciclo economico.
Non potrebbe quindi essere momento peggiore per lanciare l’idea di accelerare una liberalizzazione dei conti capitale. La Peoples’ Bank of China (PBoC) e altre istituzioni rilevanti dovrebbero invece considerare i controlli sui capitali, le sospensioni del mercato e la fornitura di liquidità di emergenza.
Queste misure non sono diverse da quelle che perseguirà l’Eurozona in caso di uscita della Grecia. Idealmente la risposta sarebbe coordinata dai partner internazionali della Cina nel G20. Le condizioni per una cooperazione di questo genere sono notevolmente migliorate dal 2008 e la Cina non deve esimersi dallo schierarsi.
La Cina deve altresì prevedere un piano di medio termine per affrontare le ricadute economiche di un’uscita della Grecia dall’euro. Qualora il contagio si rivelasse circoscritto, con l’unico caso della Grecia, la flessione della produzione nell’Eurozona sarebbe notevole, ma non catastrofica. Ciò nonostante, l’Ue è il partner commerciale più importante della Cina e il Dragone deve essere preparato alle gravi perdite di posti di lavoro nel settore dell’export.
L’esperienza del Giappone indica come una recessione conseguente a una crisi finanziaria possa essere estremamente prolungata, dal momento che il deleveraging è un processo lungo. Con tutta probabilità l’odierna recessione si trascinerà per molti anni sia in America che nell’Ue. Il governo cinese deve quindi dotarsi di un piano a medio e lungo termine per affrontare i problemi causati da una prolungata crisi globale.
Tra questi un’impennata della disoccupazione e la necessità di riallocare le risorse finanziarie in quegli individui, la cui ricchezza è cruciale per preservare la stabilità sociale. Fatto ancora più importante, il governo cinese non dovrebbe tirarsi indietro dall’implementare le riforme strutturali finalizzate a spostare il modello di crescita cinese verso un modello maggiormente incentrato sulla domanda interna.
Inoltre, gli afflussi di capitale estero netto con buona probabilità scemeranno almeno per alcuni trimestri, influendo sulle condizioni monetarie domestiche mentre la domanda aggregata resterà debole. Di conseguenza, la PBoC dovrà mantenere politiche anti-cicliche allo scopo di evitare una spirale deflazionistica.
Pur trattandosi di una questione alquanto controversa, soprattutto nell’anno delle elezioni americane, bisognerebbe, all’occorrenza, concedere al renminbi abbastanza flessibilità in entrambe le direzioni. Uno dei maggiori fallimenti della periferia europea è la perdita di competitività, nascosta da un muro di credito finanziato dal bilancio tedesco. Questa situazione è sempre insostenibile. Qualsiasi allentamento da parte della PBoC non dovrebbe essere utilizzato per evitare dolorose riforme strutturali.
Infine, la Cina dovrebbe essere pronta a tendere una mano. Per assicurarsi che l’integrità dell’Eurozona nel post-Grexit non affronti ulteriori minacce immediate, la Cina deve unirsi ai partner internazionali per creare un firewall credibile, attraverso il Fmi. Tuttavia, l’Eurozona, e la Germania in particolare, devono riconoscere appieno le cause fondamentali dell’uscita della Grecia e promettere di muoversi in direzione di un’unione fiscale, ammettendo al contempo che un approccio orientato solo all’austerity nei confronti degli altri Stati membri a rischio rappresenti solo un vicolo cieco.
Un firewall adeguato e un impegno da parte dell’Europa ad attuare le riforme strutturali farebbero molto più di qualsiasi contributo cinese nel calmare i mercati cinesi e ridurre i rischi. In altre parole, qualsiasi sostegno fornito dalla Cina prevede di buttare altro denaro nel tentativo di conseguire possibili buoni risultati.
Ovviamente, anche la riforma di governance del Fmi dovrà essere presa in considerazione. Nel frattempo, l’Eurozona dovrà per forza di cose essere più aperta agli investimenti esteri, e le aziende cinesi dotate di molta liquidità dovrebbero continuare a investire mediante Ide o acquisizioni societarie.
Una potenziale Grexit offrirà alla Cina nuove sfide nei prossimi mesi. Il Dragone deve preoccuparsi della propria esposizione. Ora serve un piano di battaglia per il presente e per il futuro.
Traduzione di Simona Polverino
Yu Yongding è stato membro del Comitato di politica monetaria della Peoples’ Bank of China e direttore dell’Istituto di economia e politica mondiale presso l’Accademia cinese di scienze sociali.


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