mercoledì 9 maggio 2012

am_9.5.12/ Sindrome di Delo: Belpaese galbanino in drammatico stato, a causa dei paradigmi del consumismo, con le vedove che marciano, per conseguenza umana della crisi, con professioni introvabili: nessun candidato adeguato. - Se il marco tedesco venisse reintrodotto - spiega Taylor - si apprezzerebbe considerevolmente rispetto alle altre monete. L'export, il motore dell'economia tedesca, ne verrebbe a soffrire.

Crisi: Saccomanni, per uscire dalla crisi ridurre debito
Monti,stato economia Italia drammatico
Monti: «I suicidi? Rifletta chi ha portato l'economia in questo stato»
Precisazioni dalla Presidenza del Consiglio
Le vedove delle vittime italiane di suicidio marciano per protesta contro la crisi economica
Lavoro: 100 mila posti vacanti, nessun candidato adeguato
Petrolio: Scaroni, da produzione nazionale 2 mld l'anno ...
Tutela prodotti italiani all’estero, agevolazioni alle PMI
Con Hollande vince la Francia dei giovani e degli operai
Crisi: Fitch, uscita Grecia non provocherebbe la fine dell'Euro

Crisi: Saccomanni, per uscire dalla crisi ridurre debito
08 Maggio 2012 - 19:33
 (ASCA) - Roma, 8 mag - ''Per uscire dalla crisi bisogna ridurre il debito pubblico e privato, e questo, per definizione, richiede tempo e puo' avvenire solo in maniera graduale se si vuole evitare una recessione. I tempi e i modi del deleveraging vengono dettati dai mercati finanziari''.
Cosi' il direttore generale della Banca d'Italia, Fabrizio Saccomanni, nel corso della presentazione del Rapporto su ''La crisi che non passa'', realizzato dall'economista Mario Deaglio e presentato dal centro Luigi Einaudi e da Ubi Banca.
Saccomanni ha aggiunto che questa crisi ''ha cambiato i paradigmi del consumismo''.
 Quanto al Rapporto presentato da Deaglio, che indica il male italiano in alcuni punti tra cui una crescita dei costi di produzione che ha superato la crescita dei prezzi al consumo negli ultimi 10 anni, mentre si e' determinata una contrazione dei profitti lordi e di conseguenza si sono ridotti gli investimenti netti, Saccomanni ha sottolineato che forse si tratta di un Rapporto ''troppo negativo. Sono rimasto sorpreso dal titolo'', ha aggiunto, spiegando che probabilmente il titolo del Rapporto e' stato influenzato ''dal clima che si respirava tra ottobre e novembre, poiche' si capiva che si stava attraversando un temporale molto, molto serio''. Ma per Saccomanni la storia economica insegna ''che tutte le crisi passano prima o poi. Le crisi finanziarie - ha detto - ci mettono tempo, eravamo abituati a crisi cicliche da cui si usciva piu' rapidamente''.
 Infine Saccomanni ha ricordato che ''in Bankitalia stiamo lavorando al nostro Rapporto'', (le considerazioni finali il 31 maggio).
ram/sam/

Monti,stato economia Italia drammatico
In passato insufficiente peso a scelte di lungo periodo
08 maggio, 18:11
(ANSA) - ROMA, 8 MAG - Lo stato in cui si trova l'economia italiana e' ''drammatico'' ed e' figlio dell' ''insufficiente attenzione prestata in passato alle scelte di lungo periodo per le riforme strutturali''. Lo ha detto il presiedente del Consiglio Mario Monti.

Monti: «I suicidi? Rifletta chi ha portato l'economia in questo stato»
Il premier: Non colpevolizzare chi cerca di uscire dalla crisi.
Senza accordo con la Germania, spread destinato a salire
MILANO- «Le conseguenze umane» della crisi «dovrebbero far riflettere chi ha portato l'economia in questo stato e non chi da quello stato sta cercando di farla uscire». Lo ha detto il presidente del Consiglio Mario Monti, a un convegno della Commissione Europea, parlando dei suicidi legati alle conseguenze della crisi economica.

I RAPPORTI CON LA GERMANIA -«La riduzione dello spread non è avvenuta con la velocità che avremmo sperato» ha poi dichiarato il premier. Ma le cose sarebbero andate peggio se non si fosse cercato il sostegno della Germania: «Ci è stato chiesto di battere i pugni sul tavolo per chiedere alla Germania più crescita. Osservo che se il 16 novembre o anche in queste settimane avessimo picchiato il pugno sul tavolo anziché cercare di persuadere la Germania, il tavolo avrebbe determinato un sobbalzo e il grafico dello spread sarebbe salito, ma non sarebbe salita la crescita».

NON È PIU' TEMPO DI STUDI -  È ora di agire, ha infine ammonito il presidente del Consiglio: «Non possiamo più solo studiare in vista di misure per la crescita» e «mi sento davvero di poter esortare» la Commissione europea ad avere un ruolo «molto attivo di trascinamento» su questo in Europa

Precisazioni dalla Presidenza del Consiglio
8 Maggio 2012
Con riferimento ad alcuni titoli di agenzia stampa in merito alla crisi economica si precisa che il Presidente del Consiglio, Mario Monti non ha parlato di suicidi ma di “conseguenze umane della crisi" che dovrebbero far riflettere chi ha portato l'economia in questo stato e non chi da quello stato sta cercando di farla uscire.

Le vedove delle vittime italiane di suicidio marciano per protesta contro la crisi economica
Un piccolo gruppo di vedove in lutto, amici e famigliari degli italiani che si sono tolti la vita a causa delle avversità economiche che il Paese sta attraversando hanno marciato in direzione dell’agenzia delle entrate di Bologna, dove in precedenza un muratore disoccupato si era dato alle fiamme.
Tiziana Marrone, vedova di Giuseppe Campaniello, si è asciugata le lacrime mentre posava dei fiori sul pavimento annerito dove l’uomo ha compiuto il gesto. Campaniello era disoccupato da diversi mesi, ed i suoi debiti erano cresciuti, con multe ed interessi, fino a quando non si è reso conto che non sarebbe mai stato in grado di pagare. Vergognandosi di confessarlo alla moglie, si è allontanato da casa il 28 marzo e si è dato fuoco fuori dall’agenzia. È morto dopo nove giorni nel reparto ustioni.
“La gente è stanca”, ha detto la Marrone in un appello al governo. “Dovete fare qualcosa per gli italiani. Non vogliamo fare la fine della Grecia”. Gli italiani sono sempre più frustrati dal crescente costo della vita, dai tagli in favore dell’austerità e dalle nuove tasse introdotte allo scopo di circoscrivere il debito pubblico del Paese.
Come ulteriore segno della crescente tensione, in particolare nel più ricco Nord, giovedì scorso un bergamasco sommerso dai debiti, armato di un fucile a pompa e di due pistole, ha preso in ostaggio un impiegato dell’agenzia delle entrate, chiedendo di parlare con il Presidente del Consiglio Mario Monti. Un sergente maggiore dei carabinieri è riuscito a negoziare il rilascio dell’ostaggio e a convincere l’uomo a consegnarsi dopo sei ore di stallo.
I manifestanti, meno di 100, hanno preso le distanze dall’episodio di Bergamo, ma hanno sostenuto che si sia trattato di un’alta evidenza del fatto che troppo poco si sta facendo per affrontare la disperazione economica.
La vedova Lucilla Raffanini ha riferito che il marito cinquantasettenne, lievemente invalido a causa di un intervento chirurgico ad un braccio per l’asportazione di un melanoma maligno, si è impiccato poiché sempre più esasperato dalla pressione generata dal lavorare in una catena di montaggio. “Abbiamo chiesto aiuto ai servizi sociali, agli ambulatori, ma nessuno ha fatto nulla” ha detto la Raffanini, che si è fatta tatuare un ritratto del marito su un avambraccio dopo la morte avvenuta nel febbraio dello scorso anno. “Alla fine si è fatto giustizia da solo.”
Almeno 50 piccole città del nord minacciano di rifiutarsi di imporre le nuove tasse patrimoniali, mentre altre hanno affermato di considerare l’ipotesi di “licenziare” l’agenzia nazionale Equitalia, incaricata della riscossione di tasse evase, contravvenzioni, multe e altre insolvenze pubbliche, per optare a favore di un approccio “più umano” in cui i governi locali gestiscano la riscossione dei tributi.
Il fabbro Antonio Gregorio, 58 anni, ha riferito di aver preso parte alla marcia per mostrare solidarietà alle vittime. “Capisco questi uomini” ha detto, sottolineando come le banche reclamino il saldo dei loro prestiti proprio mentre gli ordini di pagamento rimangono in sospeso e i fornitori devono essere ancora pagati. “Anche io ho le ore contate. Molti di noi le hanno.”
[Articolo originale "Widows of Italian suicide victims make protest march against economic strife" di Andrea Vogt]

Lavoro: 100 mila posti vacanti, nessun candidato adeguato
Di Delia Cascini  | 08.05.2012 18:08 CEST
Sono 100 mila i posti di lavoro vacanti che non trovano candidati adeguati. Questo è quanto emerge da un dossier reso noto da Unioncamere.
Falegnami, fabbri, esperti di marketing, saldatori, cuochi e ancora ingegneri, commercialisti e infermieri, questi sono i lavori che  le imprese vorrebbero ma che proprio non riescono a trovare sul mercato del lavoro.
Unioncamere ha infatti calcolato che di questi centomila lavoratori non pervenuti, 31.790 potrebbero essere impiegati nella grande impresa, mentre 61.720 sono vanamente ricercati dalle piccole e medie aziende.
Un meccanismo, quello delle "professioni introvabili", che  sta mettendo a dura prova il nostro sistema produttivo. Se non ci fossero gli stranieri a colmare queste lacune la situazione sarebbe di gran lunga peggiore di quella attuale.
Nel documento di Unioncamere si legge che sono 25 le categorie lavorative che non riescono a rispondere in modo adeguato alle domande di occupazione. E se entriamo nello specifico dei numeri scopriamo che tra queste, le Pmi (aziende cioè fino a 100 dipendenti) hanno bisogno di 1.530 operai addetti ai macchinari, 960 alle macchine movimento terra, 810 operai tessili e dell'abbigliamento, 3.330 riparatori di impianti, 1.820 fabbri, 7.460 operai edili specializzati, 2460 saldatori e carpentieri, 1.840 tecnici ingegneri, 1.100 chimici e fisici, 880 tecnici matematici, 820 falegnami, 500 ingegneri.
Le grandi imprese (quelle cioè oltre 100 dipendenti) cercano invece 1.380 ingegneri, 1.840 manager gestionali, 1.640 esperti di marketing, 1.920 tra matematici e fisici, 1.140 commercialisti e specialisti bancari, 1.740 infermieri e paramedici, 1.640 cuochi e addetti alla ristorazione, 880 autisti, 1.310 montatori e riparatori impianti ma anche 520 saldatori, 330 operai specializzati.

Petrolio: Scaroni, da produzione nazionale 2 mld l'anno ...
08 Maggio 2012 - 16:40
 (ASCA) - Roma, 8 mag - Dallo sviluppo della produzione nazionale di petrolio e gas potrebbero arrivare 2 miliardi l'anno di entrate nelle casse dello Stato. Lo ha detto l'amministratore delegato dell'Eni, Paolo Scaroni, nel corso dell'assemblea degli azionisti. Se il limite per l'estrazione fosse riportato dove era prima dell'incidente nella piattaforma BP, da 12 a 5 miglia dalla costa, ''ci sarebbero 2 miliardi di euro in piu' di entrate per lo Stato per i prossimi 20 anni''.
 Ma la legislazione varata dal precedente governo dopo il disastro della Deepwater Horizon, ha rilevato, blocca lo sviluppo delle risorse nazionali.
 Dopo l'incidente nel Golfo del Messico, ha detto ''nessuno ha cambiato la legislazione petrolifera tranne l'Italia, unica al mondo, che lo ha fatto'' postando il limite per le esplorazioni da 5 a 12 miglia dalla costa.
 ''Quando siamo solo noi a fare una cosa al mondo di solito e' una cretinata, non siamo noi gli unici intelligentoni'' ha sottolineato Scaroni, ''abbiamo privato il Paese della possibilita' di migliorare la sua bilancia commerciale, la sicurezza degli approvvigionamenti e i conti pubblici per le royalties''.
 ''Piangiamo per la mancanza di investimenti'' ha proseguito ''e non facciamo nulla per aumentare la produzione nazionale. Gli Stati Uniti, che hanno avuto l'incidente in casa non hanno cambiato la legge per una fuoriuscita di petrolio da una profondita' di 3.000 metri e noi l'abbiamo fatto per i nostri giacimenti di gas di massimo 100 metri di profondita'''.
fgl/sam/alf

Tutela prodotti italiani all’estero, agevolazioni alle PMI
8 Maggio 2012
Il Ministero dello sviluppo Economico, in collaborazione con Unioncamere, ha previsto la concessione di agevolazioni a favore di micro, piccole e medie imprese per promuovere l'utilizzo dei diritti di proprietà industriale, strumento privilegiato di valorizzazione della loro capacità innovativa.
Maggiore facilità, quindi, per tutelare i prodotti delle Pmi italiane anche sui mercati esteri.
Le agevolazioni sono dirette a:
- favorire la registrazione di marchi comunitari presso l'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno;
- favorire la registrazione di marchi internazionali presso l'Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale.
Le risorse disponibili ammontano complessivamente a € 4.500.000,00. Il relativo bando è stato pubblicato nella G.U. n. 105 del 7 maggio 2012.
L’importo dell’agevolazione può variare dai 4 ai 6 mila euro per ciascuna domanda di marchio depositata e a copertura dell’80% o del 90% delle spese ammissibili sostenute in funzione dei Paesi designati per la registrazione. L’impresa può presentare più domande di registrazione di marchi e le agevolazioni non potranno superare, in questo caso, 15 mila euro per impresa.
Le domande di agevolazione possono essere presentate ad Unioncamere, soggetto gestore del bando, a partire dal 4 settembre 2012 (120° giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta). Le risorse saranno assegnate con procedura valutativa a sportello secondo l’ordine cronologico di presentazione delle domande e sino all’esaurimento delle stesse.
Bando e modulistica sui siti Mise e Unioncamere e sul sito Progetto Tutela Proprietà industriale.
Fonte: Ministero dello sviluppo economico

Con Hollande vince la Francia dei giovani e degli operai
di Riccardo Pennisi
Alle presidenziali i colletti blu e gli under 35 hanno votato in massa per il candidato socialista, il primo a riprendersi l'Eliseo dai tempi di Mitterrand. I limiti di Sarkozy. Parigi vuole il cambiamento, Merkel sempre più isolata nell'Unione Europea.
La vittoria di François Hollande segna il ritorno della sinistra alla presidenza della Repubblica francese. Durante la Quinta repubblica solo un altro esponente socialista, François Mitterrand, aveva ricoperto questa carica (1981-95). Nicolas Sarkozy, sconfitto di misura contro previsioni ben più catastrofiche, annuncia il ritiro dalla politica. Il nuovo capo dello Stato si prepara a intraprendere una complicata battaglia per modificare gli attuali equilibri politici europei.

L’affermazione (51,6%) di Hollande è stata vissuta come una liberazione dalla sinistra francese. Lo dimostrano le decine di migliaia di persone che sono scese in strada nelle principali città e in particolare a Parigi in rue Solférino, dove c’è la sede del Partito socialista, e alla Bastiglia, dove si è festeggiato fino a notte inoltrata come era accaduto nel 1981. Nonostante l’entusiasmo delle piazze, nelle parole di Hollande non c’è però traccia dell’ottimismo che aveva caratterizzato l’insediamento di Mitterrand.

Il nuovo presidente ha immediatamente chiarito ai suoi sostenitori che non possono aspettarsi miracoli; d’altronde il programma socialista era stato piuttosto avaro di proposte in materia di spesa pubblica, tanto da meritarsi l’accusa di non essere capace di far “sognare” l’elettorato. La prudenza mostrata in queste ore ricorda piuttosto l’atteggiamento di Léon Blum: come il leader del Fronte Popolare salito alla presidenza del Consiglio nel 1936, Hollande sa benissimo che “il difficile viene adesso” e non manca di ripeterlo ai cittadini francesi. La non brillante situazione economica interna e la permanente incertezza a livello continentale non gli consentono di promettere di più.

François Hollande ha vinto perchè è riuscito a incarnare la voglia di cambiamento presente in una parte significativa della società francese, ma anche perchè ha mobilitato le forze di sinistra attorno alla propria candidatura. Gli altri sfidanti del campo progressista, Jean-Luc Mélenchon per il Front de Gauche e Eva Joly per i Verdi, hanno subito offerto il loro sostegno al ballottaggio per il candidato socialista, e gli elettori li hanno seguiti. D’altronde, la stessa figura del neoeletto capo dello Stato esprime una differenza quasi antropologica con il personaggio di Nicolas Sarkozy: il tono grave che indugia poco alle battute, l’enfasi sul rigore e sulla laicità repubblicana, il disagio malcelato per i bagni di folla - in una parola: la sobrietà - ne distinguono nettamente i tratti da quelli del presidente uscente.

I due candidati hanno ottenuto il voto di categorie sociali diametralmente opposte. Il vincitore miete consensi soprattutto tra gli operai (che cinque anni fa avevano preferito Sarkozy), i lavoratori dipendenti, gli under 35, gli abitanti delle grandi città e delle periferie, e tra coloro che guadagnano meno di 1200 euro al mese. Lo sconfitto ha avuto il sostegno di buona parte dei commercianti, degli artigiani e degli imprenditori, dei pensionati, degli abitanti delle zone rurali, e della fascia più benestante della popolazione.

L’attenzione di Hollande nei confronti dei giovani è stata costante, fin dalle elezioni primarie che in autunno avevano stabilito il nome del candidato socialista: è stata senz’altro una delle scelte decisive in vista della vittoria finale. Sono stati soprattutto i ventenni a riempire le piazze il giorno della vittoria. Ora il neoeletto garantisce di essere il “presidente della gioventù francese” e di voler maggiormente includere questa categoria nella vita pubblica del paese: un impegno che dovrebbe concretizzarsi in un’attenzione speciale alle politiche abitative e di inserimento e all’estensione della sfera dei diritti.

L’estrema polarizzazione della campagna elettorale ha fatto sì che, nonostante l’impopolarità di cui godeva, anche Sarkozy mobilitasse il proprio elettorato di riferimento, seppure meno di quanto riuscito al suo sfidante. La strategia di fare proprie alcune delle parole d’ordine dell’estrema destra gli ha consentito di ottenere la maggioranza dei voti tra chi al primo turno aveva scelto Marine Le Pen - anche se in una proporzione inferiore rispetto al passato. La leader del Front National aveva fatto sapere che avrebbe votato scheda bianca piuttosto che scegliere tra due “fotocopie”: più di due milioni di francesi hanno fatto lo stesso: una cifra molto alta, raggiunta raramente in passato.

In effetti, i “marinisti” si sono divisi: la parte più tradizionale, radicata nel Sud mediterraneo, ha preferito il presidente uscente; i votanti delle zone industriali in crisi nel Nord del paese si sono invece orientati su Hollande o sull’astensione. Ma il richiamo continuo al ruolo forte che la Francia dovrebbe giocare nello scacchiere europeo e le promesse di protezionismo rivolte al mondo dell’impresa hanno permesso al presidente uscente di guadagnare anche la maggioranza relativa degli elettori di François Bayrou. Il candidato centrista aveva al contrario indicato il suo voto per Hollande al secondo turno.

Terminata la campagna elettorale, il nuovo inquilino dell’Eliseo dovrà a stretto giro decidere il nome del primo ministro con cui formare il prossimo governo - che, come promesso, sarà composto per la metà da donne. Martine Aubry, segretaria del partito sconfitta alle primarie proprio da Hollande, e Jean-Marc Ayrault, attuale capogruppo socialista all’Assemblea nazionale, possono essere considerati tra i favoriti per questa poltrona.

Tra un mese, le elezioni legislative decideranno la nuova maggioranza parlamentare. Il voto non dovrebbe presentare troppi ostacoli per il Partito socialista: Sarkozy ha fatto sapere di voler tornare ad essere “un francese tra i francesi”. L’Ump si troverebbe dunque senza guida e la possibilità di accordi col Front National è esclusa in partenza: l’ambizioso obiettivo di Marine Le Pen è fare di queste elezioni il primo passo concreto verso un’egemonia sull’intera destra francese. Al contrario, il Ps si trova in posizione di forza nei confronti dei suoi alleati di sinistra: il risultato positivo ma al di sotto delle aspettative di Mélenchon ed Eva Joly al primo turno delle presidenziali non permette alle loro rispettive formazioni di condizionare i socialisti come avrebbero voluto.

Il terreno europeo potrebbe rivelarsi molto più insidioso per il presidente Hollande. La situazione economica e finanziaria del continente non sta migliorando come previsto qualche mese fa, anzi. Spingere la politica economica dell’Unione Europea sui binari della crescita, che significa ammorbidire i parametri di bilancio che i vari paesi dovranno rispettare e consentire ai governi maggiori margini di manovra in termini di spesa e investimenti, è ancora più urgente per Hollande. Gli serve per correggere una strategia ormai da più parti considerata fallimentare e per disporre delle risorse sufficienti a intraprendere - senza gravare troppo sulle tasche dei contribuenti francesi - quel programma di difesa e ristrutturazione del settore pubblico che rappresenta un punto cardine del quinquennato socialista.

Angela Merkel non sembra capace come in passato di resistere alla pressione che arriva da diverse capitali europee, ora anche da Parigi. Sebbene la cancelliera abbia garantito che il rigore sancito dal Fiscal compact non si tocca, il suo governo si sta indebolendo sulla scia di litigi interni, risultati elettorali negativi e dati economici non esaltanti, mentre l’addio di Sarkozy isola la posizione tedesca a livello continentale. Merkel, che aveva esplicitamente espresso i suoi timori per una vittoria socialista in Francia, ospiterà a brevissimo termine Hollande: dall’incontro dovrà immediatamente scaturire una posizione di compromesso tra le due potenze leader dell’Ue.

La vicina scadenza elettorale (tra un anno elezioni politiche in Germania) non facilita il compito della cancelliera: le posizioni dei socialdemocratici tedeschi sono ancora più decise, per quanto riguarda le scelte da compiere a Bruxelles, di quelle dei colleghi francesi. Angela Merkel non può invece deludere il proprio elettorato, convinto che una rinuncia al rigore sia estremamente dannosa per gli interessi tedeschi. Nei prossimi mesi si capirà se il pendolo del potere europeo potrà oscillare da Berlino a Parigi.

Crisi: Fitch, uscita Grecia non provocherebbe la fine dell'Euro
08 Maggio 2012 - 19:07
 (ASCA-AFP) - Francoforte, 8 mag - L'uscita della Grecia dall'Euro non determinerebbe la fine della moneta unica europea. Lo afferma il capo di Fitch, Paul Taylor, spiegando che la Germania ha investito troppo nella sopravvivenza dell'Euro .
 ''Se il marco tedesco venisse reintrodotto - spiega Taylor - si apprezzerebbe considerevolmente rispetto alle altre monete. L'export, il motore dell'economia tedesca, ne verrebbe a soffrire''.
sen/


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