martedì 22 maggio 2012

pm_22.5.12/ Nicola Mascellaro: Il tentativo del caparbio direttore-proprietario riesce, poiché per una città di 60mila abitanti un buon giornale è l’affermazione della propria forza e Bari non conseguirà mai, in faccia al Paese ed al Governo, tutta la considerazione che gli è dovuta se non provvede a colmare in modo degno questa profonda lacuna. Il quotidiano di Cassano avrà sempre maggiori consensi non solo e non tanto per le capacità professionali e gestionali di direttori ed amministratori che in tutti questi anni gli hanno succeduto e si sono avvicendati alla guida del Corriere delle Puglie, della Gazzetta di Puglia e della Gazzetta del Mezzogiorno, ma soprattutto per l’amore profondo, come in un vincolo ideale, ha sempre unito questi uomini alla terra di Puglia.

Uno sguardo al passato. Oggi, 40 anni fa e la «Gazzetta» non abitò più lì
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Istat: disoccupazione sale al 9,5%
Rapporto Istat 2012: “Economia italiana in difficile transizione”
Rivoluzione famiglie: boom convivenze solo un terzo delle coppie sono sposate
Le stime dell’Ocse sull’Italia: “Ripresa solo da fine 2013”
Ocse: "Per l'Italia nuova manovra in vista"
Ocse: necessari gli Eurobond e la Bce deve tagliare i tassi
Ocse: Spagna e Portogallo in recessione nel 2012 e 2013
Crisi: Spagna, allarme banche; piani emergenza Ue-Usa-Gb

Uno sguardo al passato. Oggi, 40 anni fa e la «Gazzetta» non abitò più lì
di NICOLA MASCELLARO
«Vi scriviamo, cari Lettori, dalla nuova casa della Gazzetta». Così si legge nella prima pagina di questo giornale il 23 maggio 1972. Sono passati quarant’anni dal trasferimento della «Gazzetta» dalla vecchia, gloriosa sede del «Palazzo del Giornale» nella vecchia piazza Roma, alla nuova, attuale sede di via Scipione l’Africano. Quel «vecchio» palazzo è stato demolito, piazza Roma è diventata piazza Moro e da quando il mondo, la società ha cominciato a correre, ad evolversi in modo così rapido e radicale, anche la «nuova sede» è già vecchia.
Non di meno, nonostante questo glorioso «foglio» abbia già raggiunto 125 anni dal suo primo vagito… è ancora qui… «a dare una mano». A dare il suo modesto contributo per lo sviluppo sociale, culturale ed economico delle «sue genti». All’alba di lunedì 22 maggio, una buona parte delle nostre «maestranze» - come si diceva all’epoca - finisce il suo turno di lavoro e ne inizia un altro per portare a termine l’evento più atteso della ‘famiglia’ della «Gazzetta» dall’inizio degli anni Sessanta: il trasferimento dalla vecchia, storica sede alla nuova.
«Questo è il primo numero della Gazzetta fatto qui, nella nuova grande sede di viale Scipione l’Africano - si legge in un redazionale del 23 maggio - nel corso della notte si è completato il laborioso e delicato trasferimento delle ultime macchine della tipografia e ora, cari Lettori, la copia che avete fra le mani è pensata, redatta, composta, impaginata, flanata, stereotipata e stampata tutta nella nuova Gazzetta».
In queste due ultime righe c’è tutta la storia dell’editoria, della carta stampata fino all’avvento delle nuove tecnologie. Parole, oggi, senza significato per quanti si affacciano in un giornale. I giornalisti ci sono ancora, ma la figura del «poligrafico» ha perso l’antico valore professionale. È in estinzione. Era il custode di almeno una decina di mestieri e competenze tecniche diverse, ma l’assalto, l’invasione delle tecnologie nei quotidiani hanno reso obsoleti interi cicli di lavorazione. Così, pur ostinandosi a chiamarsi ancora poligrafici, in realtà pochi sanno che nulla li accomuna all’antico mestiere.
Per tornare al trasferimento, se per un miracolo fosse vissuto Martino Cassano, il fondatore di «La Settimana», un «foglio» che nel corso degli anni è diventato «Corriere delle Puglie», «Gazzetta di Puglia» e infine «La Gazzetta del Mezzogiorno», sicuramente avrebbe strabuzzato gli occhi di fronte a quanto hanno realizzato i continuatori della sua prima, timida creatura. Ne aveva avuto un assaggio quando il suo primo redattore e discepolo, Raffaele Gorjux, aveva fatto costruire il «Palazzo del Giornale», con tanto di globo luminoso sulla sommità della cupola, in piazza Roma. Ma questo nuovo edificio, questa meraviglia tecnica, frutto dell’esperienza di tanti anni di mestiere, di arte tipografica, è tutt’altra cosa per chi, come Cassano, è stato costretto a continui trasferimenti della redazione, della tipografia e dei locali per la stampa.
Fino al 1927 non sono mai stati sotto lo stesso tetto. «Come sempre capita quando si va in una casa nuova, viene voglia di affacciarsi alle finestre, per guardarsi intorno - continua il redazionale - lì, in piazza Roma, eravamo nel centro della città murattiana e ci faceva da frontiera la ferrovia. Certe lunghe notti di veglia erano scandite dalle voci dell’altoparlante della stazione centrale: macchinista al binario sette, macchinista al binario sette. Al di là dei binari si vedevano, sempre più numerose, le gru dei palazzi in costruzione. Lontano, oltre la Bari-Matera, fiammeggiavano i bagliori della Stanic…» la grande raffineria di petrolio che li spenti da tempo. «Ora siamo in un quartiere anch’esso centrale rispetto ad una periferia che s’allontana sempre più. È il segno, anche questo, del progresso compiuto dalla città, dalla regione, dal Mezzogiorno: un progresso al quale anche il nostro, il Vostro giornale, non poteva non adeguarsi. Questa nuova sede è nata per continuare a servire ancora meglio, con l’umile, diuturno impegno di sempre, gli interessi vecchi e nuovi delle popolazioni meridionali, di questa gente che, anche attraverso la Gazzetta ha saputo concretamente esprimere il suo spirito d’intraprendenza, la sua ansia di rinnovamento e di sviluppo».
Quanta strada da quel… «molto modesto “Corriere delle Puglie” che molto facilmente lascerà il mondo come lo trova …scriveva Martino Cassano il primo novembre del 1887… questo foglio non fa che un tentativo che, come tutti i tentativi, può darsi che riesca e può darsi invece che lo spinga a cadere ruzzoloni fra le gambe del prossimo». Era un «piccolo» giornale, ma proprio piccolo. Un «pargoletto» nato in un appartamento di due stanze in via Abate Gimma 59. Era composto di sole quattro pagine ed era distribuito, «mostrato» alla gente per le vie della città da ragazzini smilzi e scalzi, dagli strilloni che andavano a ritirarlo dalla tipografia dei fratelli Pansini in via Argiro 42. Era un foglietto tale… «che un giornale cittadino si compiace di chiamarlo rachitico».
Il tentativo del caparbio direttore-proprietario riesce, poiché per una città di 60mila abitanti un buon giornale è l’affermazione della propria forza e Bari non conseguirà mai, in faccia al Paese ed al Governo, tutta la considerazione che gli è dovuta se non provvede a colmare in modo degno questa profonda lacuna. Il quotidiano di Cassano avrà sempre maggiori consensi non solo e non tanto per le capacità professionali e gestionali di direttori ed amministratori che in tutti questi anni gli hanno succeduto e si sono avvicendati alla guida del «Corriere delle Puglie», della «Gazzetta di Puglia» e della «Gazzetta del Mezzogiorno», ma soprattutto per l’amore profondo, come in un vincolo ideale, ha sempre unito questi uomini alla terra di Puglia.
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Istat: disoccupazione sale al 9,5%
Sara' al 9,6% nel 2013
22 maggio, 12:58
(ANSA) - ROMA, 22 MAG - Il tasso di disoccupazione raggiungera' in Italia il 9,5% nel 2012 (dall'8,4% del 2011), salendo ulteriormente al 9,6% nel 2013. E' la previsione contenuta nelle 'Prospettive per l'economia italiana 2012-2013' dell'Istat.

Rapporto Istat 2012: “Economia italiana in difficile transizione”
Allarme giovani e Sud, permangono forti disuguaglianze
Il Rapporto Istat 2012 fotografa un paese in una difficile fase di transizione economica e sociale. Ancora forti le disuguaglianze in tema di povertà. L’Istat rileva, riferendosi ai dati della povertà relativa che riguarda la spesa media effettuata dalle famiglie, che al Sud sono povere 23 famiglie su 100, al Nord 4,9 (dati 2010). Il 67% delle famiglie e il 68,2% delle persone povere risiedono nel Mezzogiorno. Ascensore sociale lento, aumenta rischio peggioramento: l’Istat certifica una ''bassa fluidità sociale'' in Italia. Le opportunità di miglioramento rispetto ai padri ''si sono ridotte mentre i rischi di peggiorare sono aumentati'' – dice l’Istat - segnalando ''disuguaglianze nelle opportunità degli individui''. Rara la salita sociale solo l'8,5% di chi ha un padre operaio riesce ad accedere a professioni apicali. Tra 1993 e 2011 salari contrattuali reali fermi. Tra il 1993 e il 2011 le retribuzioni contrattuali in Italia in termini reali sono rimaste ferme. E' quanto si legge nel Rapporto annuale Istat secondo il quale la crescita per le retribuzioni di fatto è stata di quattro decimi di punto l'anno. +1,7 mln occupati tra 1995 e 2011 ma Sud arretra. Gli occupati in Italia sono aumentati tra il 1995 e il 2011 di 1,66 milioni di unità (+7,8%) ma la crescita si è concentrata nel Centro Nord mentre il Sud arretra (da 6,4 a 6,2 milioni di lavoratori). Secondo l’Istituto di statistica nello stesso periodo l'occupazione nei paesi Ue 15 è aumentata di 24,7 milioni di unità (+16,6%). Tra il 1993 e il 2011 gli occupati maschi sono scesi di 40.000 unità mentre le occupate sono passate da 7,6 a 9,3 milioni (1,5 mln in più nel Centro Nord, 196.000 al Sud). L’Istat parla di leggera ripresa dell'occupazione nel 2011: “l'occupazione, in termini di unità di lavoro standard, è cresciuta dello 0,1 per cento nel 2011 (23 mila unità di lavoro in più rispetto al 2010). Sono, invece, diminuiti gli occupati appartenenti alle classi di età più giovani: -93 mila tra 15-29enni e -66 mila tra 30-49enni. Sommerso, con crisi risale. Secondo le stime Istat, con riferimento al 2008, il sommerso in Italia vale fra 255 e 275 miliardi, ovvero fra il 16,3% e il 17% del Pil. Il dato è in riduzione rispetto al Duemila, quando il peso sul Pil era oltre il 18%. Con la crisi l'area dell'economia sommersa si è ''verosimilmente allargata''.

Rivoluzione famiglie: boom convivenze solo un terzo delle coppie sono sposate
I matrimoni in 20 anni si sono ridotti di un terzo. Gli stranieri sono diventati il 6,3% della popolazione, grazie anche a un tasso di figli per donna di 2,07 contro l'1,33 delle italiane
ROMA - L'Italia tra la crisi del '92 e le attuali difficoltà: è così che s'intitola il secondo capitolo del Rapporto Istat, che quest'anno compie vent'anni. Un compleanno importante, al quale l'Istituto Nazionale di statistica dedica un lungo confronto che va dall'economia al sociale. Ed è forse lì, nel sociale, che si riscontrano i cambiamenti più profondi.
Su certi aspetti del nostro modo di vivere emergono autentiche rivoluzioni: le convivenze, per esempio, che fino al 1975 precedevano appena l'1% dei matrimoni, nel 2009 erano balzate al 37,9%. Le separazioni entro 10 anni dal matrimonio sono più che triplicate. I matrimoni si sono drasticamente ridotti: nel 2010 ne sono stati celebrati 217.000, 100.000 in meno rispetto al 1992. La famiglia classica, mamma, papà e figli, è passata dal 45,1% di 20 anni fa al 33,7%, mentre sono aumentano le famiglie "unipersonali" e le coppie senza figli.
Gli stranieri sostengono le nascite. Siamo 59 milioni 464 mila, due milioni 687 mila in più rispetto al censimento di 20 anni fa. Ma l'aumento, precisa l'Istat, è dovuto in via praticamente esclusiva agli stranieri residenti, che sono diventati il 6,3% della popolazione, 3 milioni 770 mila. Perché tra gli italiani continuano a nascere pochi bambini, ma con una importante variazione rispetto al 1991: allora il Sud era l'area più prolifica, adesso si contano 1,48 figli per donna al Nord, 1,38 al Centro, 1,35 nel Mezzogiorno, dove la presenza  straniera è meno rilevante. Infatti il numero medio di figli per donna (1,42) deriva dal 2,07 delle straniere e dall'1,33 delle italiane. I nati in Italia da almeno un genitore straniero erano quasi 105.000 nel 2010, un quinto del totale delle nascite, dieci volte in più rispetto al 1992.
Sempre più vecchi. Nonostante gli stranieri, l'Italia invecchia sempre di più: per ogni 100 persone con meno di 15 anni si contano 144 ultrasessantacinquenni, nel 1992 la proporzione era ben diversa, 97 a 100. All'invecchiamento ha contribuito l'allungamento della vita, che in 20 anni è stato di 5,4 anni per gli uomini e di 3,9 anni per le donne, grazie alla riduzione della mortalità per malattie senili.
Famiglie numerose più povere. Le famiglie sono passate da 20 a 24 milioni, ma si sono anche "ristrette": i componenti sono scesi da 2,7 a 2,4, dal momento che sono aumentate le persone sole, le coppie senza figli e le famiglie monogenitore, e sono diminuite le coppie con figli. Del resto le poche famiglie numerose rimaste se la passano sempre peggio: nel 2010 risultava in condizioni di povertà relativa il 29,9 per cento di quelle con cinque e più componenti, con un aumento di oltre sette punti percentuali rispetto al 1997. Il 70% dei 1 milione 876.000 bambini che vivono in famiglie povere risiede nel Mezzogiorno.
I figli non se ne vanno più. Poco lavoro, poche prospettive, forse anche l'aumento dei giovani che vanno all'università hanno contribuito al forte allungamento della permanenza dei figli nella casa dei genitori. Nel biennio '93-'94 solo il 33,2% dei giovani tra i 25 e i 34 anni viveva con i genitori. Adesso la percentuale è salita al 41,9. E c'è persino un 7% tra i 35 e i 44 anni che non si decide ad abbandonare la casa paterna, una percentuale doppia rispetto a quella di 20 anni fa. Il 45% dei giovani tra i 25 e i 34 anni che vive con i genitori dichiara di essere rimasto in famiglia perché non ha un lavoro e/o non può mantenersi autonomamente.
(22 maggio 2012)

Le stime dell’Ocse sull’Italia: “Ripresa solo da fine 2013”
L'istituto parigino ritocca al rialzo le stime del rapporto deficit/Pil nei prossimi anni
Secondo le stime dell’Ocse contenute nell'Economic Outlook “l'economia italiana è in recessione a causa della debolezza generale dell'economia europea e per le conseguenze immediate delle misure di consolidamento fiscale. Il declino proseguirà, probabilmente, anche nel corso dell'anno prossimo mentre la ripresa potrebbe partire verso la fine del 2013''. L’Ocse prevede, inoltre, che il deficit di bilancio dell'Italia si ridurrà all'1,7 per cento del Pil quest'anno e allo 0,6 per cento nel 2013, con i dati ritoccati al rialzo rispetto a quelli dell'edizione di sei mesi fa quando indicava un deficit-Pil 2012 all'1,6 per cento ed un quasi azzeramento sul 2013: deficit allo 0,1 per cento del Pil. Secondo l'ente parigino ''la riduzione della spesa e l'aumento delle tasse previsto dovrebbe ridurre ancora il deficit per riportarlo a un livello molto basso nel 2013 e sono sulla buona via per eliminarlo completamente nel 2014''. Dalla fine del 2011, sottolinea l’Ocse, ''l'Italia ha avviato significative riforme strutturali e allo stesso tempo sta realizzando progressi nel consolidamento delle finanze pubbliche'' ma avverte: “le riforme devono continuare''.

Ocse: "Per l'Italia nuova manovra in vista"
Outlook semestrale: "Potrebbe essere necessaria una manovra fiscale ulteriore, in considerazione della recessione prevista". "Pareggio di bilancio solo nel 2014".
ID doc: 75232 Data: 22.05.2012 (aggiornato il: 22.mag.2012)
In Italia "potrebbe essere necessaria una manovra fiscale ulteriore, in considerazione della recessione prevista". Lo scrive l'Ocse nel suo Outlook semestrale, pur aggiungendo che "le prudenti stime del Governo sulle entrate dalle misure anti-evasione forniscono un margine di sicurezza". Nelle previsioni dell'Organizzazione il rapporto deficit/Pil migliorerà quest'anno a -1,7%da -3,8% del 2011, ma non andrà oltre il -0,6% nel prossimo anno, mancando quindi l'obiettivo di pareggio di bilancio delle stime ufficiali. Il Paese tuttavia, secondo gli esperti, raggiungera' questo
traguardo nel 2014. "I previsti tagli alla spesa e gli aumenti delle tasse dovrebbero ridurre ulteriormente il deficit a un livello molto basso nel 2013 e sono sulla strada giusta per eliminarlo nel 2014". Mentre la bilancia primaria segnerà un aumento del surplus, il debito dovrebbe iniziare a calare nel prossimo anno, a 122,5% dal 123,1% di quest'anno (in base alla definizione di Maastricht).

Ocse: necessari gli Eurobond e la Bce deve tagliare i tassi
22 Maggio 2012 - 12:40
 (ASCA) - Roma, 22 mag - L'area euro deve lanciare gli Eurobond per rafforzare la crescita e potenziare i firewall mentre la Bce deve tagliare i tassi di interesse e riprendere ad acquistare i titoli di Stato dei paesi in difficolta'.
L'Ocse indica una serie di interventi alla vigilia del vertice europeo straordinario poiche' l'area euro resta il principale elemento di rischio per l'economia globale.
 L'Ocse sottolinea che il consolidamento dei conti pubblici nell'area euro si sta attuando in uno scenario di congiuntura economica negativa con il rischio di innescare un circolo vizioso tra crescente indebitamento degli Stati, debolezza del sistema bancario, eccessivo consolidamento dei conti pubblici e bassa crescita.
 Per questo l'Ocse suggerisce ai leader europei di impegnarsi per favorire la crescita con riforme strutturali ma anche attraverso il potenziamento dei firewall, l'aumento dei fondi della Bei per investimenti nelle inrastrutture.
 Anche la Bce dovebbe contribuire in modo ancor piu' rilevante alla crescita economica. L'Ocse plaude alle operazioni Ltro ma l'Eurotower dovrebbe ripristinare e espandere il programma di acquisto dei titoli di Stato e alla luce dell'allentamento delle pressioni inflazionistiche potrebbe ridurre ulteriormente i tassi di interesse.
did/

Ocse: Spagna e Portogallo in recessione nel 2012 e 2013
22 Maggio 2012 - 10:34
 (ASCA) - Roma, 22 mag - Spagna e Portogallo saranno in recessione nel 2012 e anche l'anno prossimo. E' quanto indica l'Ocse nell'ultimo World economic outlook rilevando che l'economia spagnola quest'anno accusera' una contrazione dell'1,6% e dello 0,8% l'anno prossimo mentre la disoccupazione salira' al massimo storico del 25% quest'anno per poi iniziare a scendere dal 2013. Per il Portogallo l'Ocse stima una cduta del pil del 3,2% per l'anno in corso e una variazione negativa dello 0,9% per il 2013.
did/

Crisi: Spagna, allarme banche; piani emergenza Ue-Usa-Gb
Iif,perdite fino 260 mld;si teme fuga depositi,a studio garanzie
22 maggio, 09:25
(ANSAmed) - NEW YORK, 22 MAG - Bank run. E' dietro queste due parole - che evocano le code fuori dalla banca per mettere in salvo i depositi, come dopo il 1929 - che si nasconde lo spettro che, da Francoforte a Washington, agita il sonno di molti e potrebbe generare un massiccio piano per evitare un collasso bancario su larga scala. Nel nascosto delle riunioni a porte chiuse, ma con importanti squarci di luce, da settimane banchieri centrali, governi e autorità finanziarie da entrambe le sponde dell'Atlantico discutono piani di emergenza per gestire un eventuale precipitarsi degli eventi. Di fatto, come grida il Wall Street Journal, nonostante gli oltre 1.000 miliardi di euro messi sul piatto dalla Bce "le banche europee temono una fuga" dei loro clienti. Ecco allora che le autorità europee, per scongiurare un panico che potrebbe divenire incontrollabile, studiano "un piano pan-europeo per garantire i depositi". Poche settimane fa Mario Draghi, il presidente della Bce, aveva auspicato un 'resolution plan', un piano per gestire e controllare salvataggi bancari su scala europea. Ma a muoversi sono anche Gran Bretagna e Stati Uniti, dove risiedono i 'Big' della finanza come Jp Morgan la cui esposizione verso l'Europa si sta rivelando sempre più preoccupante. Ecco allora che la Banca d'Inghilterra, la Fsa (la Consob britannica) e la Fdic americana (l'ente che garantisce i mutui), secondo il Financial Times, starebbero studiando un meccanismo di 'top-down bail-in', sorta di messa sotto sequestro della banca a rischio da parte delle autorità, infliggendo perdite agli investitori ma salvaguardando l'operatività degli istituti: si tratta di scongiurare un effetto-domino stile Lehman Brothers.
 In questa partita la Grecia è il fattore di rischio numero uno, con l'ipotesi di addio all'euro ormai sulla bocca di tutti.
Se succedesse, Stefan Nedialkov, analista di Citigroup, stima che le banche di Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna potrebbero perdere rapidamente fra i 90 e i 340 miliardi di euro di depositi. Non a caso i leader del G8 hanno esorcizzato uno scenario siffatto. Intanto, però, solo la scorsa settimana i correntisti greci hanno fatto sparire 700 milioni dagli istituti ellenici, dopo una lenta, ma inesorabile tendenza a portare i soldi all'estero che ha sottratto agli istituti greci un terzo dei conti bancari in due anni. Poi c'é la Spagna: fra le voci, smentite, di fuga dei depositi da Bankia, Madrid stima che, pur nazionalizzata, la banca ha bisogno di altri 7-7,5 miliardi di euro. Secondo il Fmi, per superare gli 'stress test' imposti dal governo, il 30% delle banche spagnole avrà bisogno di aiuti di Stato, se non di una costosa nazionalizzazione tout court.
L'Institute of International Finance (Iif), stima per le banche spagnole fino a 260 miliardi di dollari nel 2012-2013 e aiuti pubblici necessari per 50-60 miliardi di dollari. Le più colpite - aggiunge l'Iif - sono la Cjas, le casse di risparmio, ma il sistema iberico è in una posizione migliore rispetto a quelle delle banche irlandesi colpite dalla crisi immobiliare. Intanto i clienti inglesi stanno ritirando fondi da Santander (200 milioni di sterline venerdì scorso), che ha dovuto ingoiare il declassamento da parte di Moody's. Proprio come le banche italiane: Montepaschi e Banco popolare sono ormai sulla soglia della 'spazzatura'. La Francia del neo-presidente Francois Hollande affronta la prima prova con la possibile nazionalizzazione di Credit Immobilier de France, l'istituto dei mutui. Scricchiolii arrivano anche dalla Germania: il settimo maxi-fondo immobiliare ha appena dichiarato la liquidazione, questa volta si tratta di Euroreal (che fa capo a Credit Suisse) con ordini di rimborso per 7,6 miliardi di dollari. E poi c'é Jp Morgan che rappresenta un segnale d'allarme globale e chiama in causa l'esposizione americana verso il Vecchio Continente. La banca di Jamie Dimon, al di là del buco da almeno due miliardi di dollari subito proprio per l'esposizione nel Vecchio Continente, rappresenta il maggior acquirente di titoli garantiti da mutui in mercati europei oggi diventati rischiosi.
E' stata dal 2009 fra i maggiori acquirenti di pacchetti garantiti da prestiti emessi da Royal Bank of Scotland, Lloyds, Santander e, nei Paesi Bassi appena entrati in recessione, Ing ed Aegon. Uscita indenne dalla crisi del secolo quattro anni fa, oggi anche la roccaforte dell'investment banking fa i conti con gli spettri del passato.(ANSAmed).

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