sabato 26 maggio 2012

pm_26.5.12/ Comico e padano, ma non fa ridere. - Monti: noi settentrionali e lombardi siamo spesso penalizzati a causa di sacche di evasione che si annidano forse in altre aree del Paese.

Potenza. E ora il fisco setaccia le spese per le nozze
Fisco: Monti, Nord penalizzato da sacche evasione che forse stanno altrove
La Slovenia “in ostaggio” della polizia
Bankia chiede al governo spagnolo 19 miliardi di euro per non fallire
Crisi: Fischer, la Germania non affondi ancora l'Europa

Potenza. E ora il fisco setaccia le spese per le nozze
di Massimo Brancati
POTENZA - Tra moglie e marito non mettere il dito. Ma il fisco se ne frega. Ci mette anche un braccio. Nel mirino dell’Agenzia delle Entrate, chiamata a recuperare soldi e a stanare gli evasori, sono finite le spese (spesso sontuose) per organizzare i matrimoni: alle giovani coppie lucane che si sono sposate dal 2006 in poi arrivano lettere in cui il fisco chiede informazioni, dati e nomi. C’è tutto un mondo che ruota attorno alle cerimonie, dal fotografo al fioraio, dalla sala ricevimenti all’estetista, dal sarto al musicista: rischiano tutti multe salate in quello che può rivelarsi un effetto domino. Se mancano tracce dei pagamenti sono guai grossi per le tasche. Ne sanno qualcosa già alcuni ristoranti di Potenza e circondario che si sono visti appioppare sanzioni tali da mettere a rischio la prosecuzione della stessa attività.
Nella lettera inviata ai neo sposi, l’Agenzia delle Entrate chiede di compilare un modulo e di restituirlo. È un obbligo. Per gli inadempienti è prevista una multa che può superare anche i 2mila euro. Nessun documento da allegare in copia: solo nomi, indirizzi e importi di spesa. In particolare, il questionario passa in rassegna alcuni elementi: dall’acquisto delle fedi a quello delle bomboniere; dall’abito da sposa, gli addobbi floreali, la location fino al noleggio dell’auto degli sposi.
Saranno poi gli stessi «007» del fisco, una volta acquisite queste informazioni, a verificare eventuali posizioni irregolari, a contattare il ristorante, il musicista che ha allietato gli ospiti durante il pranzo e il ricevimento o la parrucchiera che ha reso indimenticabile l’acconciatura della sposa. Anche il viaggio di nozze potrebbe finire sotto la lente d’ingrandimento: solitamente viene offerto agli sposi da amici e parenti con la sottoscrizione di quote e si è sempre pensato che potesse essere in qualche modo immune dalla tracciabilità.
Insomma, quello del matrimonio è uno dei giorni più importanti della propria vita. La pensa così anche il fisco sostenendo che, proprio per questo, non si bada a spese (si arriva a sborsare anche fino a 40mila euro) e, in mezzo a così tanta agitazione, è probabile che qualcuno dimentichi di emettere qualche fattura o ricevuta fiscale. Quello che dovrebbe essere un giorno di allegria, gioia e vivacità nasconde un retrogusto amaro. Che rischia di diventare amarissimo se il fisco dovesse scoprire mancanze, inganni e un giro di soldi non documentato da ricevute e fatture. Sposi sotto torchio, dunque. Ma l’obiettivo preso di mira - si affrettano a precisare all’Agenzia delle Entrate - non sono le coppie, quanto, piuttosto, tutti i fornitori che accompagnano il grande evento. Vero, ma fino a un certo punto, visto che se i neo sposi non rispondono al questionario incappano in una multa anche «salata».

Fisco: Monti, Nord penalizzato da sacche evasione che forse stanno altrove
ultimo aggiornamento: 26 maggio, ore 11:15
Bergamo, 26 mag. (Adnkronos) - Parlando di competitivita', il presidente del Consiglio Mario Monti, in un passaggio del suo intervento alla cerimonia di giuramento degli allievi ufficiali della Gdf di Bergamo, ha evidenziato che: "noi cittadini dell'Italia settentrionale e lombardi siamo spesso penalizzati a causa di sacche di evasione che si annidano forse in altre parti del Paese".

La Slovenia “in ostaggio” della polizia
I sindacati degli agenti rompono le trattative con il governo e avviano l’iter per il referendum contro la manovra finanziaria
di Mauro Manzin
TRIESTE. Uno Stato tenuto in ostaggio dalla polizia. Un golpe? Niente affatto è “semplicemente” la situazione che sta vivendo in queste ore la Slovenia. Dopo un’altra (l’ennesima) tornata di trattative tra governo e i due sindacati di polizia è scaturita una fumata nera che copre di fuliggine il futuro economico del Paese. «Chiaro e ad alta voce abbiamo detto no», così uno dei leader sindacali Zoran Petrovi›.
Conseguenza? Il presidente del Parlamento, Gregor Virant avvia le procedure per il referendum sulla legge finanziaria varata dall’esecutivo Janša. Una manovra di lacrime e di sangue che, peraltro, è stata accettata dai sindacati del pubblico impiego dopo alcuni correttivi. Ma gli agenti di polizia vanno giù a muso duro. Ora avranno tempo fino al 28 giugno per raccogliere le 40mila firme necessarie a dare vita al referendum abrogativo. E così la legge finanziaria già approvata dal Parlamento non potrà entrare in vigore. Fino a luglio sicuramente ma se i poliziotti racimoleranno il quorum di firme necessarie, il referendum si svolgerà a settembre e la finanziaria rimarrebbe ancora bloccata.
Un “lusso” che la Slovenia non si può permettere perché il rischio è di innescare una spirale greca che potrebbe portare alla bancarotta. «Il Paese rischia di diventare ostaggio oggi di questo, domani di un altro referendum - dichiara il ministro del Lavoro, Andrej Vizjak - e questo rischia di essere l’inizio della fine della nazione». Lo slittamento di un mese dell’entrata in vigore della finanziaria costerà alla Slovenia 100 milioni di euro. Figuriamoci se tutto dovesse slittare a dopo il referendum di settembre. E i “veleni” politici incominciano a sprigionarsi. Il centrodestra nella persona del presidente dei deputati di Nuova Slovenia (Nsi), Matej Tonin accusa il presidente della Repubblica Danilo Türk e le opposizioni di “stare dietro” l’operato dei sindacati di polizia. «Comprendo sia Türk che l’opposizione - afferma Tonin - è un gioco politico, ma un gioco estremamente pericoloso».
Perché la Slovenia si è impegnata a rispettare i parametri posti dall’Ue, ossia ridurre il debito pubblico sotto il 3% del Pil. «Se questo non avverrà, e non avverrà se ci sarà il referendum - conclude Tonin - allora ci penserà l’amministrazione controllata imposta da Bruxelles a fare i tagli e ciò non sarà certo indolore».
E che si stia «giocando con i destini della Slovenia», lo sostiene anche il portavoce del governo, Anže Logar. Ma a questo punto a Janša non resta che sperare nel miracolo.

Bankia chiede al governo spagnolo 19 miliardi di euro per non fallire
Sembra non avere fine la crisi che sta travolgendo il colosso del credito spagnolo creato con la fusione di sette banche regionali in difficoltà. L'istituto, di fatto nazionalizzato, detiene circa 32 miliardi di euro di titoli tossici e dallo scorso luglio ha visto la sua capitalizzazione di Borsa quasi dimezzarsi. S&P ha declassato il suo debito a junk
 di MARCO MASCIAGA
MILANO - Il colosso bancario spagnolo Bankia ha chiesto al governo di Madrid 19 miliardi di euro per evitare il fallimento, mentre una delle principali agenzie di rating del mondo, Standard & Poor's, declassava a junk il debito dell'istituto di credito. Jose Ignacio Goirigolzarri, presidente della banca, ha detto venerdì che il piano di salvataggio servirebbe a "rafforzare la liquidità, solvibilità e solidità della banca." Ieri il titolo Bankia è stato sospeso alla Borsa di Madrid in attesa che fosse chiarita l'entità del salvataggio necessario e l'atteggiamento del governo al riguardo.
Le preoccupazioni per lo stato di salute delle banche europee sono un elemento chiave della crisi finanziaria del Vecchio continente. Le banche spagnole sono viste come particolarmente a rischio perché sono state fortemente esposti alla bolla immobiliare esplosa del paese e ora detengono enormi quantità di asset tossici. La sola Bankia ha a bilancio circa 32 miliardi di euro di prestiti e investimenti che potrebbero non rientrare in cassa.
Bankia è stata creata dalla fusione di sette banche regionali, o cajas, che sono state ritenute troppo deboli per reggere da sole l'impatto della crisi economica e lo scoppio della bolla immobiliare. Ma la mossa non è riuscita a calmare gli investitori al punto che dallo scorso luglio, quando la banca si è quotata in Borsa, il valore del suo titolo si è quasi dimezzato.
Il governo è già intervenuto  in soccorso di Bankia poche settimane fa, iniettando nelle casse della banca 4,5 miliardi di euro e di fatto nazionalizzando l'istituto di credito. L'obiettivo dell'esecutivo è di salvare le banche in difficoltà, prevenire una corsa al ritiro dei risparmi da parte dei correntisti e, in prospettiva, fare sì che il credito torni a fluire verso le imprese, facendo ripartire un'economia in profonda crisi. Oggi la Spagna si trova tecnicamente in recessione, un quadro aggravato da un tasso di disoccupazione vicino al 25% e ormai prossimo al 50% tra i giovani.
L'ipotesi che il quadro economico-finanziario di Madrid si avviti a tal punto da rendere necessario un salvataggio orchestrato dagli organismi internazionali e l'Unione Europea terrorizza i mercati perché l'entità degli esborsi sarebbe molto superiore a quella resasi necessaria in Grecia e che già ha fatto storcere il naso alla Germania.
La grande paura è che un'uscita di Atene dall'unione monetaria si riverberi negativamente su una situazione già complessa come quella spagnola innescando un domino che avrebbe nell'Italia, una delle economie più grandi dell'unione, la sua vittima successiva con conseguenze inimmaginabili non solo per l'Europa, ma per l'economia mondiale nel suo complesso.               
(26 maggio 2012)

Crisi: Fischer, la Germania non affondi ancora l'Europa
26 Maggio 2012 - 12:24
 (ASCA) - Roma, 26 mag - ''Per due volte nel XX secolo, la Germania con mezzi militari ha distrutto se stessa e l'ordine europeo. Poi ha convinto l'Occidente di averne tratto le giuste lezioni: solo abbracciando pienamente l'integrazione d'Europa, abbiamo conquistato il consenso alla nostra riunificazione. Sarebbe una tragica ironia se la Germania unita, con mezzi pacifici e le migliori intenzioni, causasse la distruzione dell'ordine europeo una terza volta. Eppure il rischio e' proprio questo''. E' quanto afferma in un'intervista al Corriere della Sera l'ex ministro tedesco, Joschka Fischer.
 ''Se l'euro cade - prosegue - saremo noi i grandi perdenti''. ''Angela Merkel - prosegue Fischer - pensa solo alla sua rielezione. Ma e' un calcolo miope e fa un grosso errore. Perche' sul piano internazionale e' gia' molto indebolita. Merkel e' forte finche' l'economia tedesca e' forte. In Germania non c'e' crisi economica, ma stiamo attenti perche' ci cogliera' in modo brutale. Se non ci assumiamo la responsabilita' di guidare l'Europa insieme fuori dalla crsi, saranno guai grossi, perche' noi saremmo i grandi perdenti, sia sul piano economico che su quello politico''.
com-ceg/rf

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