martedì 19 giugno 2012

am_19.6.12/ Lunedì nero, martedi’ critico. - No, non e' possibile farlo, non e' possibile - non e' tempo di fare sconti ad Atene.---Cala la quota di famiglie che riesce a risparmiare: 38,7% rispetto al 47,2% del 2011, -8,5% in un anno.---Lavoriamo mediamente 9 mesi l'anno e credo che ormai questo tempo sia troppo breve.---In ripresa l’occupazione straniera nelle piccole imprese italiane. Per la fine dell’anno previste ulteriori assunzioni, anche se a termine.

Alimentari: olio d'oliva, piano d'azione Ue per aiuti
Crisi: Germania, emissione eurobond non e' possibile
Grecia: Germania, "non e' tempo di fare sconti ad Atene"
G20: Grecia, Merkel respinge ammorbidimento accordi presi
Grecia, nuovo Governo cercherà proroga 2 anni per target
Paura Spagna. Madrid, situazione e' critica
Spagna: chiede intervento Bce per fermare corsa rendimenti
Sorpresa, il petrolio è un bene "rinnovabile"
Il 38,7% famiglie italiane risparmia
Risparmio: azzerato per 3 italiani su 5, minimo storico
Sette giorni in meno di ferie per un punto di Pil
L’occupazione straniera nelle piccole imprese in Italia, 1 semestre 2011

Alimentari: olio d'oliva, piano d'azione Ue per aiuti
18 Giugno 2012 - 18:29
 (ASCA-AFP) - Lussemburgo, 18 giu - La Commissione europea ha proposto oggi un piano d'azione per aiutare i produttori di olio d'oliva della Ue a rafforzare la competitivita' e il prestigio dei loro marchi. Il commissario europeo all'Agricoltura, Dacian Ciolos, ne ha discusso con i ministri di 8 paesi produttori, fra i quali figurano in prima fila Spagna, Italia e Grecia.
 Il settore sta vivendo un momento di crisi, a causa della caduta dei prezzi dovuta ad un'offerta eccedente e agli squilibri nei rapporti di forza all'interno della filiera.
 Ciolos ha prosto inoltre una nuova classificazione degli oli d'oliva, visto che molti prodotti si fregiano di questo nome anche quando sono mischiati a sansa di olive.
 Il mercato europeo e' dominato dalla Spagna che e' anche il primo produttore al mondo. Per il terzo anno consecuitivo, la raccolta 2011-2012 sara' abbondante, con un record di 1,6 milioni di tonnellate. L'Italia prevede una produzione di circa 400 mila tonnellate e la Grecia 300 mila. In totale, la produzione europea dovrebbe salire del 9% a 2,4 milioni.
red-uda/

Crisi: Germania, emissione eurobond non e' possibile
18 Giugno 2012 - 12:33
 (ASCA-AFP) - Berlino, 18 giu - ''No, non e' possibile farlo, non e' possibile'': con queste parole il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle ha respinto nuovamente l'ipotesi di emissione di eurobond per la messa in comune del debito europeo, all'indomani dei risultati incoraggianti delle elezioni greche.
rba/cam/bra

Grecia: Germania, "non e' tempo di fare sconti ad Atene"
13:15 18 GIU 2012
(AGI) - Berlino, 18 giu. - La Germania non crede che sia questo il momento di "fare sconti" alla Grecia concedendo ad Atene piu' tempo per rispettare gli impegni assunti con l'Europa e il Fondo monetario internazionale. Lo ha detto il portavoce del governo tedesco, Georg Streiter. "Ora non e' tempo per qualsiasi tipo di sconto alla Grecia", ha detto Streiter, secondo cui "e' fondamentale che la troika sia convinta che la Grecia debba restare fedele agli accordi e si impegni pienamente sulle riforme concordate". (AGI) .

G20: Grecia, Merkel respinge ammorbidimento accordi presi
18:28 18 GIU 2012
(AGI) - Los Cabos (Messico), 18 giu. - La cancelliera Angela Merkel respinge qualsiasi ammorbidimento degli accordi presi con la Grecia. "Il nuovo governo greco - dice la Merkel da Los Cabos - deve pienamente rispettare gli impegni presi con i creditori internazionali. Inoltre la Merkel ha detto che "non puo' accettare alcun ammorbidimento delle riforme concordate con la Grecia. La cancelliera si aspetta che ad Atene si formi "presto" un nuovo governo. La Merkel non vede alcuna ragione per parlare di un nuovo piano di aiuti per la Grecia, oltre ai due pacchetti gia' approvati. "Le elezioni non possono rimettere in discussione gli impegni che la Grecia ha preso - ha detto la cancelliera - Noi non possiamo scendere a compromessi sul cammino per le riforme concordato". (AGI) .

Grecia, nuovo Governo cercherà proroga 2 anni per target
Il nuovo Governo di coalizione ellenico è pronto a chiedere ai creditori internazionali una proroga di due anni per i target di bilancio. Lo hanno reso noto alcuni funzionari ellenici vicini al dossier, sottolineando che una proroga di questo tipo richiederebbe ai creditori internazionali di trovare 16 mld euro di ulteriori aiuti per il Paese. Probabilmente il tema dell'estensione sarà sollevato durante l'incontro dei ministri delle Finanze dell'Eurozona di giovedì e discusso al summit Ue del 28-29 giugno, hanno precisato le fonti.
Inoltre, il nuovo Governo chiederà ai creditori internazionali di erogare immediatamente una rata unica da 6,6 mld euro dei fondi promessi, per contribuire al pagamento degli arretrati dovuti da Atene ai vari creditori privati, nel tentativo di rilanciare l'economia del Paese. Queste risorse sono state già destinate al pagamento degli arretrati nel quadro dell'attuale piano di aiuti, ma dovrebbero essere erogate in diverse tranche nel 2013.
Sarà inoltre avanzata una terza richiesta, per assicurarsi i fondi sociali e per gli investimenti da parte dell'Unione europea, in modo tale da contenere la crescente disoccupazione, attualmente sopra il 22%. La Troika, formata da Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale e Unione europea, ha a più riprese chiarito che Atene deve rispettare gli impegni presi, per assicurarsi ulteriori aiuti. La richiesta di una proroga sui target fiscali probabilmente non incontrerá il favore dei creditori internazionali.
"Sarà un processo molto difficile, perchè i creditori non si fidano della Grecia e siamo di nuovo fuori strada sui target fiscali", ha dichiarato un funzionario di un partito che dovrebbe far parte del team economico del nuovo Governo. "Realisticamente, saremo fortunati a ottenere un'estensione di un anno", ha concluso la fonte. Secondo funzionari del Pasok e di Nuova Democrazia, la Troika dovrebbe inviare una missione ad Atene tra circa 10 giorni, subito dopo che il nuovo Governo otterrá la fiducia del Parlamento.
Nei negoziati con la Troika, il primo compito della Grecia sará dare i dettagli su circa 11,5 mld euro di nuove misure di austeritá, necessari per colmare i buchi di bilancio attesi nel 2013 e nel 2014. Tuttavia, con la raccolta fiscale che sembra essere rallentata in due mesi di paralisi politica, la Troika potrebbe chiedere altri 2 miliardi di euro di tagli.
L'adozione delle nuove misure di austerità da parte della Grecia è una precondizione per continuare a ricevere aiuto. Inoltre, l'individuazione dei nuovi tagli sarà il primo test sull'impegno e le capacitá della nuova coalizione di Governo. Senza le risorse del piano di aiuti, la Grecia ha fondi sufficienti fino a metà luglio e, anche se la missione della Troika si recasse ad Atene entro fine giugno, servirà un po' di tempo prima dell'erogazione di nuove risorse. Ci sono quindi timori su una possibile crisi sui pagamenti durante l'estate.
Infatti, secondo una fonte vicina alla Troika, servirà più di un mese tra l'inizio della revisione del piano di aiuti e l'erogazione dei finanziamenti. A maggio i partner dell'Eurozona hanno trattenuto 1 mld euro della tranche promessa ad Atene, spiegando che la somma non era immediatamente necessaria. Tuttavia, questo denaro non sarà erogato a giugno, ma probabilmente sará destinato a coprire 900 milioni di euro della quota della Grecia per il Fondo salva Stati permanenti (Esm).
Per questo, qualsiasi nuovo aiuto finanziario dovrà venire dall'Eurozona, anche perchè i funzionari dell'Fmi hanno fatto sapere che non saranno messi a disposizioni nuovi fondi per la Grecia. "A livello politico dovremmo avere un'indicazione entro giugno sulla possibilitá che ci sia spazio" per chiedere le misure di allentamento sul piano di aiuti, ha spiegato un funzionario del Pasok, concludendo che "praticamente e tecnicamente qualsiasi rinegoziazione può avvenire solo dopo la prossima missione della Troika".

Paura Spagna. Madrid, situazione e' critica
'Lunedi' nero' si abbatte su paese, 'siamo su orlo precipizio?'
18 giugno, 21:40
Mariano Rajoy
di Daniele Grasso
 "Lunedì nero". Con queste parole il quotidiano economico Expansion sintetizza la preoccupazione di un Paese, la Spagna, che si trova di nuovo sotto l'attacco della speculazione. La paura, da Atene, si è spostata a Madrid. Dopo la giornata di oggi infatti, con il differenziale con il bund tedesco e il tasso di interesse dei bonos a dieci anni a livelli record, tutti i media sono unanimi a constatare che "il problema va oltre la Grecia". La situazione "è cruciale e critica", ha riconosciuto il ministro delle Finanze, Cristobal Montoro. E l'attacco dei mercati, riporta la stampa nazionale, la rende drammatica. Tanto che dalle colonne di El Pais il Nobel dell'Economia Paul Krugman, che definisce "una follia" la politica della Bce, riconosce che "l'economia europea crolla, e la Spagna è sull'orlo del precipizio". La "buona notizia" del risultato greco, come lo definiva questa mattina il premier Mariano Rajoy, ha avuto insomma un effetto positivo solo per poche ore, "come dimostrano i problemi del mercato spagnolo questo lunedì", sottolinea El Mundo. "La Grecia era solo una piccola parte del problema", concorda la pagina web del quotidiano economico Cotizalia. E secondo le dichiarazioni di Willem Buiter, economista capo di Citigroup, "la Spagna e l'Italia avranno bisogno di nuovi aiuti europei per finanziarsi". Il superamento della soglia del 7% dei rendimenti dei titoli di Stato, a un soffio da quelli irlandesi, è l'opinione che circola fra analisti e sale operative, mette a rischio l'accesso della Spagna ai mercati, ovvero le aste dei titoli di Stato. Secondo Craig Veysey, di Principal Investment Management, "i rendimenti sono a un livello che la Spagna non può permettersi per più di qualche mese". Mentre Nick Eisinger, di Fidelity, rileva "lo scetticismo del mercato sul salvataggio da 100 miliardi per il sistema bancario che non incide" sui problemi dell'economia del Paese e ipotizza "una forte probabilità che il Paese avrà bisogno di una qualche forma di programma di finanziamento nei prossimi mesi". E sebbene alcuni respingano l'idea di un 'punto di non ritorno', l'analisi del saggista Manuel Castells su La Vanguardia è durissima: parla di un "salvataggio vergognoso", quello alle banche spagnole, e chiede un'uscita dall'Euro. "Ma che sia ordinata e in funzione degli interessi dei cittadini".

Spagna: chiede intervento Bce per fermare corsa rendimenti
ultimo aggiornamento: 18 giugno, ore 14:16
Madrid, 18 giu.- (Adnkronos/Dpa) - Il ministro delle finanze spagnolo Cristobal Montoro ha chiesto oggi alla Banca centrale europea di intervenire contro "le preduranti pressioni" dei mercati finanziari, che hanno fatto schizzare il rendimento dei titoli di Stato della Spagna a livelli record. I tassi hanno toccato il 7,15%, il livello piu' alto dalla creazione dell'euro, mentre lo spread e' salito a 574 punti base.

Sorpresa, il petrolio è un bene "rinnovabile"
«Per quella data ci saranno 1,7 miliardi di veicoli, il doppio di adesso». Eppure c'è l'allarme-occupazione
«Al 2035 il petrolio soddisferà ancora il 90% della domanda di mobilità degli 1,7 miliardi di veicoli attesi per quella data (il doppio rispetto ad oggi), di cui la maggior parte sarà concentrata nei paesi non Ocse. Nonostante i progressi tecnologici, l'auspicato sviluppo delle auto elettriche non basterà a soddisfare la richiesta di mobilità dei cittadini».
LA RELAZIONE - Ad affermarlo è il presidente di Up, Pasquale De Vita, illustrando la relazione annuale 2012 dell'organizzazione. Infatti, spiega De Vita, «il contributo delle alimentazioni alternative, seppure in forte incremento, al 2035 sará ancora molto contenuto. Anche i biocarburanti, che rappresentano un costo in più che stiamo già sostenendo, potranno arrivare a coprire il 2-4% della domanda complessiva mondiale». Lo stesso baricentro della produzione automobilistica nel giro di pochi anni, osserva il presidente di Unione Petrolifera, «è destinato a spostarsi verso Oriente (l'Aie lo stima già dal 2015). Nel 2020 le vendite nei mercati non-Ocse supereranno quelle nei paesi Ocse». L'era dei combustibili fossili, dunque, sottolinea De Vita,«è tutt'altro che terminata, ma cambieranno sempre di più i flussi commerciali e di approvvigionamento, con dinamiche che stiamo sperimentando già adesso».
L'ALLARME - Eppure al netto di chi ipotizzava che il petrolio fosse un bene "caduco" c'è l'allarme per il settore della raffinazione in Italia, anche in tutta Europa con le inevitabili conseguenze ai livelli occupazionali. Su 98 raffinerie attive nel 2009 in Europa: 6-7 hanno chiuso in Italia, nel Regno Unito, in Francia, in Germania e Romania; 13 hanno cambiato asset proprietario (Regno Unito, Francia, Germania, Olanda, Svezia e Spagna); 4 sono state messe in vendita senza successo (Regno Unito, Francia e Germania); 5 sono fallite di cui 2 hanno trovato un compratore (Petroplus). E le prospettive sono ancora più fosche. Spiega il presidente di Up, «l'Europa è tra i malati gravi e ciò è motivo di preoccupazione, sia per gli operatori che per le istituzioni europee, che solo di recente sembrano avere preso atto delle difficoltà del settore».
LA CAPACITA' - In due anni, complessivamente, si è perso «oltre il 30% della capacitá di raffinazione europea. E il fenomeno non sembra essere destinato ad arrestarsi» in particolare a causa della minaccia principale che «arriva dai nuovi concorrenti extra Ue», Estremo Oriente e Medio Oriente, che possono contare «su impianti di grandi dimensioni e molto avanzati tecnologicamente, in grado di produrre carburanti di qualitá. La raffineria della Reliance in India da sola basta a coprire oltre i due terzi dei consumi italiani». Dall'inizio della crisi nei paesi occidentali, rileva De Vita, «sono state chiuse raffinerie per circa 3 milioni di barili al giorno (di cui 2,6 concentrati in Europa), mentre nei paesi non-Ocse nello stesso periodo ne sono entrati in esercizio 4,2 milioni di barili al giorno, cui nel corso del 2012 dovrebbero aggiungersene altri 1,8 mln».

Il 38,7% famiglie italiane risparmia
Ricerca di Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi
18 giugno, 13:23
(ANSA)ß- TORINO, 18 GIUß- Cala la quota di famiglie che riesce a risparmiare: 38,7% rispetto al 47,2% del 2011, -8,5% in un anno. Diminuisce il saldo tra chi ritiene sufficiente il proprio reddito familiare e chi no: dal 53,4% al 45,7%. Il 46,2% delle famiglie italiane ha cominciato a intaccare i propri risparmi, a erodere la ricchezza accumulata negli anni. E' quanto emerge da un' indagine di Intesa Sanpaolo e Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi.

Risparmio: azzerato per 3 italiani su 5, minimo storico (1 upd)
18 Giugno 2012 - 17:28
 (ASCA) - Torino, 18 giu - Un italiano su otto non riesce a far fronte alle necessita' della vita quotidiana, uno su cinque teme di non raggiungere un reddito sufficiente con la pensione , mentre tre su cinque non riescono piu' a risparmiare, con un aumento di otto punti percentuali sull'anno scorso. Ha colpito duro la crisi, la seconda recessione nel giro di pochi anni, la quarta in un decennio.
Ed e' un quadro pieno di ombre quello che disegna il rapporto sul risparmio degli italiani 2012 promosso da Intesa-Sanpaolo e condotto dal Centro Einaudi di Torino su dati raccolti dalla Doxa. Ci consegna un Paese dove domina l'incertezza nei bilanci familiari, il disorientamento, la delusione verso le istituzioni, considerate incapaci di tutelare i propri risparmi. Anche i figli del boom economico, i 'boomies', nati tra il 1951 e la meta' degli anni '70, a cui e' dedicato un focus della ricerca sfatano lo stereotipo della generazione, anzi, delle generazioni fortunate, fuori dalla guerra e dai problemi. Certo lavorano e per certi versi sono piu' fortunati rispetto ad altre generazioni meno inserite, ma in maggioranza tranne che per la salute, ritengono di essere regrediti rispetto ai loro genitori. Ma sono reattivi e per tenere il ritmo fanno anche piu' di un lavoro a testa.
L'indagine presentata da Gregorio De Felice, chief Ecnomist di Intesa-Sanpaolo e dall'economista del centro Einaudi Giuseppe Russo, ci segnala innanzitutto due minimi storici: il primo riguarda coloro che ritengono che il loro reddito sia sufficiente (45,7% contro il 53,4% nel 2011), il secondo riguarda invece il popolo dei risparmiatori distanziato in modo netto da chi non mette piu' neppure un euro nel salvadanaio e divenuto il 61,3% , contro il 52,8% di un anno prima. Si intaccano percio' (nel 46,2% dei casi ) i risparmi che del resto servono proprio per fronteggiare le emergenze.
Ma allo stesso tempo si fa strada una nuova idea del risparmio, piu' attenta alla sicurezza, in attesa che la tempesta si esaurisca, rispetto alla casa bene rifugio per eccellenza, ma di questi tempi troppo impegnativo. Solo una quota modesta, di chi puo' risparmiare, viene investita in azioni (12,5%), mentre il 21,7% possiede obbligazioni (comprese quelle del debito pubblico) che si confermano il principale impiego finanziario degli italiani.
Risparmia di meno chi vive nelle grandi citta', o al Sud, i ventenni, le donne, gli artigiani, chi ha figli, e chi, pare inevitabile, guadagna meno di 1600 euro. Nella lista dei sacrifici a fronte di una nuova priorita' dei consumi c'e' innanzitutto l'auto, e ce lo confermano se ce ne fosse bisogno i dati di mercato, si tagliano vacanze e weekend. Il focus sui 'boomies' che sono anche i 'Sognatori' di Bernardo Bertolucci, mostra una generazione che ha fatto un bagno di realta', che fa i conti con la percezione di un presente piu' duro rispetto a quello dei loro genitori, per tutti gli aspetti della vita materiale, (forse eccessiva) tranne che per la salute. Non sono tanto diversi dalle altre categorie nella propensione al risparmio, non sembrano piu' attenti al mercato azionario o a quello immobiliare, sono i piu' fortunati nell' inserimento al lavoro, solo l'1,1% l'ha perduto nell'ultimo anno, ma sanno che alla fine, in pensione, il loro assegno sara' molto piu' leggero. Malgrado tutto, in questo contesto, il presidente del consiglio di gestione di Intesa-Sanpaolo Andrea Beltratti individua alcuni segni che possono aiutare la svolta: una maggiore consapevolezza delle risorse, e quindi l'impegno ad utilizzarle al meglio Anche, dice esplicitamente, ''un messaggio di oculatezza e di morigeratezza nei consumi''.
Occorre pero', aggiunge, un senso di prospettiva e in questa direzione lo sguardo ai figli e' anche uno sguardo al futuro, ma ''bisogna capire che aiutare i figli vuol dire fare cose anche diverse dal passato, e il rigore che dobbiamo mettere in atto e' il modo migliore di aiutare i nostri figli''.
eg/rf/ss

Sette giorni in meno di ferie per un punto di Pil
E aggiunge: «Lavoriamo mediamente 9 mesi l'anno e credo che ormai questo tempo sia troppo breve»
MILANO - «Aumentare il tempo di lavoro per far ripartire la produttività». È la ricetta del sottosegretario all'Economia, Gianfranco Polillo. «Nel brevissimo periodo, per aumentare la produttività del Paese - ha spiegato - lo choc può avvenire dall'aumento dell'input di lavoro, senza variazioni di costo; lavoriamo mediamente 9 mesi l'anno e credo che ormai questo tempo sia troppo breve». Secondo Polillo, «se noi rinunciassimo ad una settimana di vacanza avremmo un impatto sul pil immediato di circa un punto».
L'INDUSTRIA - Il sottosegretario, parlando a margine di un convegno a Roma, non vede particolare difficoltà né da parte dell'industria, né da parte dei sindacati. «Da parte dell'industria - ha precisato Polillo - questo non deve essere un accordo generalizzato ma può essere fatto per le aziende già ristrutturate che hanno mercato e quindi puntare principalmente sui contratti di secondo livello. Per quanto riguarda i sindacati, ha continuato Polillo, «è una fase di riflessione, ma devo dire che non sono contrari a questa ipotesi, almeno la parte più avveduta del sindacato che sta riflettendo per conto suo su questo; all'interno di tutte le sigle, compresa la Cgil, ci sono settori illuminati e riformisti che vi ci stanno ragionando».

L’occupazione straniera nelle piccole imprese in Italia, 1 semestre 2011
Comunicato del 29 agosto 2011
In ripresa l’occupazione straniera nelle piccole imprese italiane. Per la fine dell’anno previste ulteriori assunzioni, anche se a termine. Stranieri impiegati per mancanza di manodopera locale e per ricoprire professioni meno qualificate. 
L’occupazione straniera nelle piccole imprese italiane fa registrare nel 1° semestre 2011 un aumento del 2,4% rispetto al semestre precedente, e si prevede un’ulteriore ripresa del 2,6% nell’ultima parte dell’anno anche se i contratti saranno a termine. Un mercato del lavoro, quello straniero, composto principalmente da lavoratori provenienti dall’Est Europa (prima Romania), che ricoprono professioni scarsamente qualificate e reclutati dalle imprese per supplire alla mancanza di manodopera locale. Questi i principali risultati di un’indagine condotta dalla Fondazione Leone Moressa su un panel di 1.000 imprese italiane con meno di 20 addetti, che analizza le caratteristiche del mercato del lavoro straniero, evidenziandone le trasformazioni congiunturali in corso.
Andamento occupazionale degli stranieri nelle piccole imprese italiane. Le variazioni percentuali dell’occupazione straniera nella prima parte dell’anno mostrano una ripresa nell’ordine del 2,4%, a fronte di un calo complessivo del numero di lavoratori in queste aziende del -0,8% nello stesso periodo. L’aumento degli addetti stranieri lo si osserva maggiormente nelle aree del Centro (+5,1%) e del Mezzogiorno (4,2%), rispetto al Nord che fa segnare un più modesto +1,6%. In merito alla seconda parte dell’anno si prevede un’ulteriore aumento del numero di occupati immigrati, questa volta di più al Nord (5,5%), mentre nel Centro si assiste ad un lieve inversione di tendenza: -1,6%. L’edilizia e i servizi alle imprese sono i settori che hanno evidenziato nella prima parte del 2011 un progresso migliore in termini occupazionali rispetto alla manifattura o ai servizi alle imprese: infatti se nei primi due comparti la crescita è stata, rispettivamente, del 4,2% e del 3,1%, per gli ultimi si tratta, rispettivamente, del 1,2% e 0,0%. Di diverso segno risulterà l’andamento occupazionale nell’edilizia riferito alla seconda parte dell’anno dove si perderà lo 0,6% degli stranieri attualmente occupati in questo settore, mentre per gli altri comparti si assisterà ad una ripresa generale.
Struttura occupazionale. In termini di numerosità gli stranieri occupati nelle piccole imprese italiane sono distribuiti per quasi un terzo nel settore dei servizi alle imprese, per il 29,6% nell’edilizia, il 19,9% nella manifattura e il rimanente 18,7% nei servizi alle persone. Complessivamente su 100 imprese di piccola dimensione, quasi 20 annoverano nel loro organico lavoratori stranieri: in questo senso l’edilizia e la manifattura sono i settori nei quali gli immigrati sono più presenti, dal momento che si registra una percentuale più elevata e pari, rispettivamente, al 27,0% e al 22,4%. Infine, si calcola come su 100 lavoratori occupati nelle piccole imprese italiane il 7,7% è straniero: anche in questo caso la presenza immigrata si fa più forte nell’edilizia (dove il 12,4% dell’organico è straniero) e nella manifattura (7,7%). La presenza femminile straniera è più marcata nel comparto del terziario, in particolare nei servizi alle persone dove, su 100 lavoratori stranieri, quasi 3 sono donne. Inoltre in questo settore è concentrato il 43,9% di tutte le lavoratrici straniere occupate nelle piccole imprese italiane.
Le tipologie contrattuali. Per quanto riguarda i contratti di lavoro in essere, la gran parte degli stranieri (74%) è inquadrata con contratti di lavoro a tempo indeterminato. Più limitato è l’impiego di contratti a termine, come il tempo determinato (15,7%) e altre tipologie contrattuali atipiche (10,3%). Per le future assunzioni però gli imprenditori intervistati dichiarano di voler inquadrare i nuovi stranieri assunti con forme contrattuali a termine: il 44,4% firmerà contratti di lavoro come apprendista o collaboratore, il 36,1% contratti di lavoro a tempo determinato e appena il 19,4% sarà inquadrato con il tempo indeterminato.
Identikit dei lavoratori stranieri.
Provenienza. I lavoratori stranieri attualmente occupati nelle piccole imprese venete provengono principalmente da paesi europei non comunitari (32,0%), come Albania (13,8%) e Moldavia (4,8%), e da Paesi comunitari (21,8%), specie dalla Romania (18,5%). Un altro 28,8% dei lavoratori stranieri proviene dall’Africa, principalmente dal Marocco (18,0%). Seguono asiatici e americani.
Qualifica ed esperienza richiesta. Gli stranieri per la maggior parte ricoprono mansioni non qualificate (54,8%), il 16,0% posizioni semiqualificate, sebbene il 26,3% risulti essere operaio specializzato. A questi lavoratori d’altronde, non viene richiesta un’esperienza lavorativa particolare: il 43,3% degli imprenditori intervistati ricerca lavoratori stranieri con esperienza lavorativa generica e, il 18,4% nessuna esperienza lavorativa particolare. Solo il 38,3% di essi richiede ai lavoratori stranieri esperienza nel settore.
Incontro domanda e offerta di lavoro. Imprenditori e lavoratori stranieri instaurano un rapporto di lavoro principalmente in seguito ad un contatto diretto (39,9%). La segnalazione di persone terze (30,0%) e l’intermediazione di agenzie per l’impiego e del volontariato (24,9%) sono percorsi un po’ meno praticati. La maggior parte degli imprenditori (48,3%) assume stranieri perché fa difficoltà a trovare manodopera locale da impiegare nella propria impresa; il 15,5% perché accettano mansioni meno qualificate e più pesanti e il 9,8% perché considera gli stranieri più seri e affidabili. Per le mansioni che svolgono, oltre la metà degli imprenditori richiede ai lavoratori stranieri una conoscenza approfondita della lingua italiana (48,5%), il 42,4% si accontenta di un livello di conoscenza minimo, mentre appena il 9,1% è indifferente al fatto che i lavoratori la conoscano. Il 68,2% delle imprese versa gli stipendi dei lavoratori stranieri su conto corrente, il 22,9% salda i crediti tramite assegno e solo l’8,9% dei pagamenti avviene in contanti.


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