venerdì 15 giugno 2012

pm_15.6.12/ Falle a bordo.

L'UNIONE SARDA - Economia: La Sardegna, un'isola di serie B
L'UNIONE SARDA - Economia: Un freno drammatico che incide per oltre il 30% sul Pil regionale
Commercio estero: Istat, ad aprile import +2,5% export +0,2% su mese
Bce: Draghi, non possiamo riempire le falle dell'integrazione europea
Spagna: a fine marzo debito/pil sale al 72,1%, nuovo picco storico
La Spagna sfonda il muro del 7%
Cala l'occupazione nell'Eurozona

L'UNIONE SARDA - Economia: La Sardegna, un'isola di serie B
15.06.2012
Non c'è svantaggio strutturale che tenga, tale da presupporre l'inserimento della Sardegna tra le regioni da tutelare in base al principio dell'insularità. Per il periodo 2014-2020, la proposta della Commissione per la politica di coesione prevede finanziamenti supplementari unicamente per le regioni “ultraperiferiche” (articolo 349 del trattato). Ovvero: Guadalupa, Guyana francese, Martinica, Riunione, Saint Barthélemy, Saint Martin, Azzorre, Madera e Isole Canarie. La Sardegna no.
LE PAROLE DI HAHN Del resto, nel corso della sua visita nell'isola, il commissario europeo per le politiche regionali, Johannes Hahn, aveva lasciato poco spazio ai fraintendimenti: «La Sardegna non è l'unica isola in Europa, ce ne sono altre e la coesione territoriale nell'Ue non riguarda solo le isole, ma anche le zone di montagna e quelle a bassa densità di popolazione e occorre vedere come trattare globalmente queste questioni». IL NUOVO PROGRAMMA Toni cauti ma chiari quelli usati il quattro giugno da Hahn. In linea con il clima, prudente, che si respira al Berlaymont , sede centrale della Commissione europea. A Bruxelles si sta discutendo del quadro finanziario pluriennale 2014-2020, documento che fissa le priorità politiche e i massimali di spesa per il prossimo settennato e che dovrà essere adottato entro la fine del 2012 con accordo unanime da parte del Consiglio europeo (e via libera del Parlamento europeo). Da quel documento, quando verrà approvato, dipenderanno anche i finanziamenti per la Sardegna.
COSA ASPETTARSI Il ventaglio degli aiuti che le “regioni di transizione”, tra cui la Sardegna, possono aspettarsi per i prossimi anni è ampio. Più difficile, al momento, quantificare. Si va dai fondi per ricerca e innovazione, agli incentivi per le Pmi (che in Italia e in Sardegna rappresentano l'ossatura del tessuto economico) e per la de-carbonizzazione dell'economia (incentivi a favore delle rinnovabili). Poi risorse a favore della riduzione della povertà e per l'inclusione sociale. Non solo. L'Isola potrebbe beneficiare di tassi di cofinanziamento relativamente più favorevoli rispetto ad altre regioni italiane proprio per la condizione di insularità. E oltre alle risorse derivanti dalla politica di coesione, le imprese e i centri di ricerca sardi potranno accedere ai fondi per ricerca e innovazione sulla base della qualità dei progetti.
I SOLDI PER LA COESIONE Il massimale complessivo degli impegni proposto dalla Commissione ammonta a 1,025 miliardi di euro (questa cifra non comprende una serie di strumenti come la riserva per aiuti d'urgenza o il fondo di solidarietà o lo Strumento di flessibilità in quanto non programmabili) e di questi una parte importante è dedicata al capitolo “coesione economica, sociale e territoriale”. I finanziamenti continueranno a essere concentrati nelle regioni e negli Stati membri meno sviluppati ma siccome su alcune non si applica più l'obiettivo convergenza, è stata creata una nuova categoria di regioni: quelle di transizione.
L'ISOLA È NEL MEZZO La Sardegna si trova lì insieme ad Abruzzo e Molise perché, spiegano dalla Commissione «in termini relativi, anche grazie alla politica di coesione fin qui seguita, ha lasciato dietro di sé il gruppo delle regioni meno sviluppate». La suddivisione si basa sul Pil pro capite. Fanno quindi parte delle regioni meno sviluppate quelle il cui Pil pro capite è inferiore al 75% della media Europea (Basilicata, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia), delle regioni di transizione quelle il cui valore oscilla tra il 75 e il 90% (Sardegna, Molise, Abruzzo) e delle sviluppate tutte le altre (Pil pro capite maggiore al 90%).
IL CENTRO STUDI «È positiva la notizia che la Sardegna sarà associata alle regioni in transizione», spiega Franco Manca, direttore del Centro Studi L'Unione Sarda, «perché questo significherà che si potrà ancora disporre di importanti risorse provenienti da fonti comunitarie». Ma, avverte Manca, «meno positivo è il mancato riconoscimento del principio di insularità che, come noto, penalizza in modo importante tutto il sistema economico regionale a partire dal principio di mobilità». Da questo punto di vista, secondo il direttore del Centro Studi, sarà importante insistere sul riconoscimento «perché ciò potrebbe significare la disponibilità di risorse per le infrastrutture che, come tutti i modelli economici sostengono, ha un impatto molto significativo sulla crescita del Pil».

L'UNIONE SARDA - Economia: Un freno drammatico che incide per oltre il 30% sul Pil regionale
15.06.2012
«L'insularità è un principio costituzionale europeo». Il deputato sardo del Pdl Mauro Pili lo chiarisce subito: «È scritto nei trattati». Quanto “pesa” economicamente l'insularità? «Incide per oltre il 30% sul Pil della Sardegna». E attraverso quali “gap” si traduce questa percentuale? «Divari nei trasporti, energetici, sanitario-sociali». Chi deve alzare la voce? «La Sardegna ha due interlocutori fondamentali: Stato ed Europa. Le norme nazionali hanno sancito un principio inderogabile e irrinunciabile. Con l'articolo 22 della legge sul federalismo fiscale l'insularità deve essere misurata e compensata in termini economici, infrastrutturali e fiscali». Ma ad oggi sembra che quella legge non basti... «Bisogna passare dalla rivendicazione alle azioni forti». Cosa intende? «Impugnare sia costituzionalmente il mancato rispetto di quella norma, sia a livello di Corte di giustizia europea. Si tratta di una discriminazione non più tollerabile». La battaglia potrà essere vinta in tempi brevi? «Dobbiamo agire sia sul piano politico-istituzionale che giudiziario. La mancata applicazione delle norme sul riequilibrio costituiscono un vulnus decisivo nel rapporto tra Stato, Europa e Regione. All'Ue e allo Stato non chiediamo regali ma riequilibrio». Altrimenti? «Se Bruxelles ci mette limiti di ogni genere senza considerarci elemento di coesione europea, a quel punto bisogna prendere atto che l'Europa è un limite e trarne le conseguenze». Immagina un futuro fuori dall'euro? «Ad oggi la bilancia è in perdita. Se non ci sarà il riequilibrio entro il 2013 non escludo che la Sardegna debba affrancarsi da catene che ne vincolano lo sviluppo e la crescita».

Commercio estero: Istat, ad aprile import +2,5% export +0,2% su mese
ultimo aggiornamento: 15 giugno, ore 10:10
Roma, 15 giu. (Adnkronos)- Ad aprile, rispetto al mese precedente, si rileva un incremento per entrambi i flussi commerciali, piu' intenso per le importazioni (+2,5%) che per le esportazioni (+0,2%). Lo rileva l'Istat aggiungendo che la crescita congiunturale dell'export e' dovuta all'incremento delle vendite verso i paesi Ue (+1,0%). Rilevante, aggiunge l'Istituto di statistica, e' l'aumento per i beni strumentali (+5,5%).

Bce: Draghi, non possiamo riempire le falle dell'integrazione europea
15 Giugno 2012 - 09:41
 (ASCA) - Roma, 15 giu - ''Non possiamo riempire tutte le falle aperte nel processo d'integrazione'' europea, lo ha detto, come riporta l'agenzia Market News International, Mario Draghi, presidente della Bce.
 ''Dobbiamo stare attenti a non oltrepassare i limiti del nostro mandato sembre improntato a garantire la stabilita' dei prezzi'', ha spiegato il numero uno dell'Eurotower, sottolineando come la palla sia nel campo della politica.
red/men

Spagna: a fine marzo debito/pil sale al 72,1%, nuovo picco storico
15 Giugno 2012 - 10:49
 (ASCA) - Roma, 15 giu - A marzo il rapprodo debito pubblico/pil della Spagna ha raggiunto il 72,1% (63,6% nel corrispondente mese dello scorso anno), si tratta del nuovo picco storico. Il governo spagnolo ha fissato per il 2012 un obiettivo debito/pil al 79,8%.
red/men

La Spagna sfonda il muro del 7%
Luca Veronese
 Mai così vicina al precipizio. Nemmeno nei giorni più neri per la crisi dell'Eurozona la Spagna si era spinta così in là, verso la soglia del non ritorno. Nemmeno la scorsa estate quando la Bce per evitare il contagio si trovò costretta ad avviare il programma di acquisto dei titoli del debito dei grandi Paesi periferici, nemmeno sabato scorso quando ha dovuto arrendersi e chiedere il salvataggio internazionale, seppur mascherato da «sostegno mirato al settore finanziario», il rischio pagato in interessi sul debito pubblico da Madrid era schizzato tanto in alto: ieri mattina i rendimenti dei bonos spagnoli hanno raggiunto il 7%, un record assoluto, con lo spread sui bund tedeschi a 551 punti base, livelli al quale il Paese iberico non era mai arrivato da quando esiste la moneta unica. «Il livello raggiunto dagli interessi sul debito è insostenibile nonostante il sostegno dei nostri partner europei. Non so quanto potremo andare avanti così», ha detto, visibilmente scosso, il ministro delle Finanze Luis de Guindos ricordando che «è fondamentale restare calmi, dobbiamo rispettare il piano di aiuti, adottare le misure che stiamo definendo con Bruxelles. Sappiamo che ci sono tensioni internazionali in questo momento che hanno conseguenze pesanti sui mercati, ma dobbiamo mantenere la calma».
 Il giorno dopo la bocciatura di Moody's - che ha tagliato il rating spagnolo da A3 a Baa3, a un solo passo dal junk, la spazzatura - anche i mercati bocciano il piano di salvataggio da 100 miliardi di euro concordato sabato scorso all'Eurogruppo. Il salvataggio farà salire il debito fino al 90% del Pil e avrà ripercussioni anche sulla spesa per interessi e quindi renderà ancora più difficile centrare nel 2012 l'obiettivo di deficit al 5,3%: la stessa Commissione europea stima uno sforamento di almeno 10mila miliardi, con un disavanzo al 6,4% tanto che si sta discutendo di concedere a Madrid un anno in più per il risanamento. Gli aiuti inoltre andranno a chiudere le perdite delle banche ma non potranno, almeno nel breve periodo, riattivare l'economia già in recessione.
 Il Governo di Mariano Rajoy guarda al vertice a quattro del 22 giugno a Roma, confida nell'intesa tra Mario Monti e il francese Francois Hollande e nella comprensione della Germania. Spera che il vertice europeo di fine mese trovi una soluzione: «Sono convinto che prenderemo delle misure che ridurranno la pressione dei mercati nei prossimi giorni e nelle prossime settimane», ha detto ancora de Guindos. La Spagna continua a chiedere maggiori poteri per la Banca centrale europea di Mario Draghi, «l'unica istituzione che può garantire da subito stabilità e liquidità all'Eurozona». E che comunque a maggio ha sostenuto con 287 miliardi di prestiti, il sistema bancario spagnolo, bloccato sul mercato interbancario e su quello dei capitali.
 Con l'Unione europea si stanno negoziando i dettagli del piano di salvataggio per le banche. Da chiarire anche il ruolo dell'Fmi che ieri ha smentito il proprio supporto finanziario: «Non c'è stata alcuna richiesta per un'assistenza finanziaria dell'Fmi né alcun piano dell'Fmi per una simile assistenza». Il Governo spagnolo attende le valutazioni indipendenti sulla reale situazione delle banche per formalizzare la richiesta di aiuti: gli audit di Oliver Wyman e Roland Berger confermano un fabbisogno di 60-70 miliardi di euro: 19 miliardi per Bankia, 10 per NovaGalicia e 10 per Catalunya Caixa.
 Ma «il peggio deve ancora venire» per Robert Tornabell, professore all'Esade di Barcellona: nel primo trimestre i prezzi delle case sono scesi ancora, del 12,6% su base annua dopo un calo dell'11,2% negli ultimi tre mesi del 2011, rendendo ancora più incerti i bilanci delle banche esposte per almeno 330 miliardi sull'immobiliare. E per S&P's i prezzi del real estate sono destinati a scendere ancora del 25 per cento.

Cala l'occupazione nell'Eurozona
ID doc: 75678 Data: 15.06.2012 (aggiornato il: 15.giu.2012)
Nel primo trimestre 2012 Eurostat ha rilevato un calo degli occupati dello 0,2% e dello 0,5% (congiunturale e tendenziale rispettivamente) rispetto allo stesso periodo di un anno fa. L'occupazione è rimasta invece stabile (dato mensile) nella Ue-27, anche se rispetto al primo trimestre 2011 è calata dello 0,1%. La perdita di posti di lavoro colpisce soprattutto il settore costruzioni (-1,3% nella zona euro e -0,8% nella Ue-27) mentre l'aumento maggiore riguarda l'informazione e la comunicazione (rispettivamente +1% e +1,3%).
http://www.confcommercio.it/home/Cala-l-occupazione-nell-Eurozona.htm_cvt.htm


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