giovedì 28 giugno 2012

pm_28.06.12/ Crisi, stime-choc di viale dell'Astronomia: Pil a -2,4% nel 2012, disoccupazione al 12,4% in un anno. Persi un milione e mezzo di posti di lavoro. Niente pareggio di bilancio nel 2013.---Il governo, spiega Mazzillo, è intervenuto sui tagli alla spesa con successo, ma anche al costo di effetti distorsivi e del rischio di avvio di un circolo vizioso per quanto riguarda la crescita.

Corte dei Conti: "Su spesa pubblica sforzi enormi ma non bastano"
Corte conti: corruzione fa lievitare del 40% costi grandi opere
Confindustria: «L'Italia è nell'abisso danni come in guerra, colpite parti vitali»
Euro, sulla fiducia nella moneta unica Italia batte Germania
Veneto, padania. Il Veneto e i fondi Ue sprecati

Corte dei Conti: "Su spesa pubblica sforzi enormi ma non bastano"
Secondo l'organo di controllo delle entrate e delle uscite continuano a esserci "persistenti zone grigie di scarsa trasparenza dei conti pubblici". Secondo il presidente Mazzillo va migliorata la qualità dell'azione amministrativa.
ID doc: 75884 Data: 28.06.2012 (aggiornato il: 28.giu.2012)
Il percorso di abbattimento dei livelli di spesa pubblica e del disavanzo sta proseguendo "con successo" e "i risultati raggiunti sono impressionanti, ma non basteranno". Lo afferma il presidente di sezione della Corte dei Conti, Luigi Mazzillo, nella relazione sul rendiconto generale dello stato 2011 della magistratura contabile. Il governo, spiega Mazzillo, è intervenuto sui tagli alla spesa "con successo, ma anche al costo di effetti distorsivi e del rischio di avvio di un circolo vizioso per quanto riguarda la crescita". Tanto che "nel breve termine la spesa statale e locale è stata ridotta a livelli che non sarà agevole, e in alcuni casi persino non auspicabile, mantenere per lunghi periodi"."Il quadro che emerge dalle analisi svolte con riferimento al rendiconto generale dello stato per l'esercizio 2011 - sostiene Mazzillo - conferma che, proseguendo un percorso avviato sin dall'inizio della legislatura, anche lo scorso anno si è intervenuti, con successo, sulle quantità, abbattendo i livelli della spesa pubblica e del disavanzo. Anche oltre la percezione dell'opinione pubblica interna ed internazionale - sottolinea il presidente di sezione della Corte dei Conti - i risultati conseguiti in termini quantitativi appaiono impressionanti. Ma non basteranno se, da un lato, non si ha chiaro quale debba essere l'arco temporale di riferimento entro il quale inquadrare il giudizio sul controllo della spesa e, dall'altro, non si interviene, per usare una metafora, per eliminare la polvere nascosta sotto il tappeto". Mazzillo si riferisce alle "persistenti zone grigie di scarsa trasparenza dei conti pubblici, che lasciano intravedere potenziali rischi di emersione di oneri latenti", sulle quali si suggerisce di intervenire. Così come si invita a intervenire "puntualmente sulla qualità dell'azione amministrativa, per migliorare la capacità di gestire, giorno dopo giorno, la soluzione e la manutenzione dei problemi collettivi vecchi e nuovi" utilizzando anche le analisi della Corte dei Conti.

Corte conti: corruzione fa lievitare del 40% costi grandi opere
28 Giugno 2012 - 12:11
 (ASCA) - Roma, 28 giu - In Italia restano ''tre grandi fenomeni che hanno riflessi negativi sul bilancio pubblico: la corruzione, l'evasione fiscale e il trasferimento di funzioni pubbliche a soggetti privati''. Le prime due ''sono una grande sfida'' dello Stato. Lo ha detto il procuratore generale della Corte dei conti, Salvatore Nottola, nel corso della sua requisitoria in occasione del giudizio di parificazione del Rendiconto generale dello Stato relativo all'esercizio finanziario 2011, aggiungendo che, per quanto riguarda la corruzione, la conseguenza e' ''una lievitazione dei costi che colpisce le grandi opere ed e' calcolata intorno al 40%''.
rba/rf/bra

Confindustria: «L'Italia è nell'abisso danni come in guerra, colpite parti vitali»
Crisi, stime-choc di viale dell'Astronomia: Pil a -2,4% nel 2012, disoccupazione al 12,4% in un anno. Persi un milione e mezzo di posti di lavoro. Niente pareggio di bilancio nel 2013
ROMA - «Siamo nell'abisso», sottolinea il capoeconomista di Confindustria, Luca Paolazzi, illustrando le stime di via dell'Astronomia sul Pil, tagliate rispetto alle precedenti previsioni:per il 2012 al -2,4% (dal -1,6%), per il 2013 al -0,3% (dal +0,6%). La recessione è «più intensa», la ripresa è ora attesa «dalla seconda metà del 2013».
Come in guerra. Anche «se non siamo in guerra» i «danni economici fin qui provocati dalla crisi sono equivalenti a quelli di un conflitto e a essere colpite sono state le parti più vitali e preziose del sistema Italia», rileva il centro studi di Confindustria. Colpite le parti «da cui dipende il futuro del Paese».
Niente pareggio di bilancio. I conti pubblici migliorano «vistosamente», ma «si allontana il pareggio di bilancio». Il deficit pubblico nel 2013 sarà a -1,6% del Pil e non di -0,1% come prospettato a dicembre. Nel 2012 si assesterà invece a -2,6%, in peggioramento di 1,1 punti a causa della crisi.
Disoccupazione. Secondo Confindustria il 2013 si chiuderà con un milione e 482mila posti di lavoro in meno dal 2008, inizio della crisi (in termini di unità di lavoro equivalenti a tempo pieno). Era -1 milione e 276mila a inizio 2012. La disoccupazione salirà al 10,9% a fine 2012 e toccherà il record del 12,4% nel quarto trimestre 2013 (13,5% con la Cig).
Livello di benessere. «A sei anni dall'inizio della crisi, nel 2013 l'Italia si troverà con un livello di benessere, misurato in Pil pro-capite, del 10% inferiore alla media 2007». Confindustria calcola che è un calo «pari quasi a 2.500 euro in meno (prezzi costanti dal 2005)». Per gli economisti di via dell'astronomia è «una perdita difficilmente recuperabile in assenza di riforme incisive che riportino il Paese su un sentiero di crescita superiore al 2% annuo come è alla sua portata».

Euro, sulla fiducia nella moneta unica Italia batte Germania
Solo il 43% dei tedeschi favorevole all'Euro, mentre il 69% degli italiani ci crede ancora
Secondo un sondaggio di YouGov pubblicato oggi dal Financial Times, solo il 43% dei tedeschi è favorevole alla moneta unica, mentre il 41% desidererebbe il ritorno al marco.
 La ricerca, sottolinea il Ft, mostra che la Germania rimane un Paese europeista, anche se stanno aumentando i dubbi sulla moneta unica e su una maggiore integrazione continentale. Per il 64% dei tedeschi la principale minaccia è rappresentata da un eventuale fallimento nel fronteggiare l'attuale crisi economica; tuttavia il 67% di loro crede che il governo sarà in grado di adottare le giuste decisioni per il futuro dell'Europa.
 Ben diversa la situazione italiana. Secondo un sondaggio Confesercenti-SWG, malgrado le bufere sui mercati internazionali e la crisi economica il 69% degli italiani è propenso a dare ancora credito all’euro: il 58% è convinto che l’euro reggerà anche se con difficoltà, mentre un 11% è ancora più fiducioso e non vede pericoli di sorta. Solo il 17% è invece decisamente pessimista. Secondo Confesercenti questa tenuta dell’euro nell’opinione pubblica italiana non deve però illudere: il prevalere dei sì alla moneta europea potrà rapidamente mutare in euroscetticismo se l’Europa non ritroverà in fretta se stessa e farà soprattutto sul piano politico un deciso passo in avanti, se i mercati non percepiranno che c’è vera coesione fra gli Stati membri e, per quel che ci riguarda, se l’Italia non imboccherà con decisione un percorso di crescita.

Veneto, padania. Il Veneto e i fondi Ue sprecati
«La metà tornerà a Bruxelles»
Dalla banda larga all’energia, troppi errori nell’utilizzo. Seduta europea in consiglio. Ciambetti: «Lavoriamo per colmare il gap»
VENEZIA — Soldi usati poco e male. Bandi scritti in modo incomprensibile. Progetti zoppi che si rivelano inutili. E’ un quadro da tregenda quello tratteggiato ieri in aula dal presidente della commissione per gli Affari europei Nereo Laroni nel corso della seduta dedicata ai rapporti tra il Veneto e Bruxelles. Ed è bene ricordare che Laroni è uomo della maggioranza, sponda Pdl. Tralasciando la prima parte della seduta, tutta incentrata sull’adeguamento delle norme regionali a quelle dell’Unione (una faccenda assai tecnica che pure suscita una domanda: perché la Regione ottempera con solerzia alla direttiva sugli uccelli, dibatte con foga su quella dedicata ai maestri di sci e non si adegua invece in fretta a quella sui pagamenti entro 60 giorni?), la maggior parte del dibattito si è dipanata sull’uso dei fondi che l’Europa mette a disposizione del Veneto e che il Veneto proprio non riesce ad utilizzare come dovrebbe.
Un tema su cui Laroni batte e ribatte da tempo e che chiama in causa non soltanto Palazzo Balbi, ma l’intero «sistema Veneto», imprese comprese. «Non Laroni ma il Comitato di valutazione composto dai tecnici del governo e dell’Unione ci dice che l’indice di utilizzo dei Fondi Por e Fesr da parte della nostra Regione è inferiore al 50%» spiega il presidente Pdl, ricordando che qui, nei 7 anni di programmazione 2007-2013, sono arrivati la bellezza di 2,2 miliardi di euro e che i denari non utilizzati torneranno alla scadenza nelle casse di Francoforte. «Il comitato esprime molte perplessità e non si può davvero dargli torto. Due esempi per tutti. Il primo è l’investimento fatto sulla banda larga: abbiamo speso 32 milioni per creare le autostrade informatiche, salvo poi scoprire che molte utenze non sono collegate perché, per come abbiamo impostato il progetto, il pubblico non può arrivare fin nelle case e nelle imprese, perché incapperebbe in un aiuto di Stato vietato dall’Ue, e le società di gestione non hanno soldi da investire nel collegamento finale. Dunque le dorsali di banda larga sono in alcune aree sostanzialmente inservibili, si pensi alla zona industriale di Padova.
Il secondo esempio è il bando emanato per lo sviluppo di nuove fonti energetiche - prosegue sconsolato Laroni - un bando scritto talmente male, che è andato deserto». L’altro fronte aperto dal libero pensatore del Pdl è quello della scarsa capacità del Veneto di partecipare all’assalto ai soldi gestiti direttamente dall’Europa: 59,5 miliardi di euro. Grazie anche ad alcune classifiche messe a punto dall’Osservatorio regionale sulla spesa (le potete leggere qui sopra), appare evidente come il Veneto non riesca a tenere il passo non solo delle più avanzate regioni d’Europa, dall’Île-de-France al Nord Reno-Westfalia alla Catalogna (quelle, per intendersi, con cui si vantava di competere l’ex governatore Giancarlo Galan) ma neppure con le principali regioni d’Italia, dal Lazio alla Lombardia passando per la Toscana e l’Emilia. «Siamo lontani sia per numero di progetti presentati, sia per contributi ottenuti che nell’indice di performance dedicato alla capacità di attrazione degli investimenti - chiude Laroni -. E questo anche a causa di una struttura evidentemente troppo leggera, sottodimensionata, rispetto a quella che si dovrebbe avere in Regione per aggredire al meglio i fondi europei.
Ci sono casi di imprese venete costrette a partecipare ai bandi con la Slovenia o l’Austria per riuscire ad avere qualche chance di farcela». Dall’altra sponda del Canal Grande replica l’assessore al Bilancio Roberto Ciambetti: «Dai dati in mio possesso, mi risulta che il Veneto sia la terza regione italiana per utilizzo dei fondi Fesr, per cui anche se ci sono sempre margini di miglioramento, la situazione non è così disastrosa come si vorrebbe far credere. La banda larga e l’energia? E’ vero, ci sono stati dei problemi. Li farò presenti ai miei colleghi di giunta. Quanto al gap nella conoscenza delle opportunità offerte da Bruxelles, stiamo provando a colmarlo da un anno e mezzo a questa parte con dei seminari dedicati agli stakeholders che stanno riscuotendo un notevole successo».
Marco Bonet


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