sabato 30 giugno 2012

pm_30.06.12/ Rosanna Pugliese: Sarà quindi una Troika zoppa: Bce e Commissione, senza il Fmi. Dopo i diversi distinguo, tracciare efficacemente una linea fra la vittoria e la sconfitta è insomma più arduo di quanto sia sembrato stamani all'alba. Fatto sta che a Berlino fonti governative concedono che vi sia spazio per maggiore "flessibilità" nelle valutazioni delle situazioni di Roma e Madrid, già molto avanti con le riforme.---Veneto, padania, Zaia a Bonet: Il punto è: cosa possiamo offrire noi a questi Comuni per convincerli a non fare armi e bagagli? Possiamo solo dir loro: state qui, vivete peggio e subite in silenzio la concorrenza sleale dei vostri vicini. Chiunque si rende conto che il ragionamento non sta in piedi.

Inchiesta a Trani. Email di S&P: abbiamo sbagliato
Merkel frena entusiasmi, regole per antispread
L'abc del vertice di Bruxelles: ecco che cosa è stato deciso per il rilancio dell'Europa
Lo scudo anti-spread
Unione bancaria
Unione economica e monetaria
Pacchetto crescita
La partita più difficile è sui dettagli tecnici
Zaia: Sappada in Friuli? 'Colpa' di Roma

Inchiesta a Trani. Email di S&P: abbiamo sbagliato
TRANI – C'è una mail che – secondo la procura di Trani – incastra Standard & Poor's, ma la società continua a ribadire la trasparenza del proprio operato. La mail riguarda i rating dell’agenzia ritenuti «inattendibili», sia sul debito sovrano italiano sia sullo stato di salute del nostro sistema bancario. È del 13 gennaio 2012, lo stesso giorno in cui S&P ha declassato l’Italia di due gradini: da A a BBB+ con outlook negativo, sollevando aspre proteste nel mondo politico ed economico europeo. Alcuni parlarono esplicitamente di «un attacco all’euro e all’Europa».
La mail è stata sequestrata dalla procura di Trani ed è ora allegata agli atti dell’indagine al termine della quale il pm inquirente, Michele Ruggiero, ha fatto notificare circa un mese fa ai cinque indagati l’avviso di conclusione delle indagini. L'accusa è di concorso in manipolazione del mercato continuata e pluriaggravata.
Gli indagati sono l’ex presidente mondiale di Standard & Poor's, l’indiano Deven Sharma, il responsabile per l'Europa dell’agenzia, Yann Le Pallec, e i tre analisti senior del debito sovrano che firmarono i report sull'Italia, Eileen Zhang, Franklin Crawford Gill e Moritz Kraemer. I cinque, se non ci saranno colpi di scena, riceveranno a breve la richiesta di rinvio a giudizio assieme alle sedi legali di Londra e New York di Standard & Poor's, accusate di aver violato la legge sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.
La pubblica accusa non ha dubbi: il contenuto della mail sequestrata conferma l’inattendibilità dei giudizi di rating espressi da S&P sull'Italia, fa emergere i contrasti tra analisti al vertice della società di rating e la deliberata volontà di declassare l’Italia pur in assenza dei presupposti, come implicitamente dichiarato nella missiva dagli stessi analisti il giorno stesso del declassamento. Sembra chiaro che l'eventuale processo si giocherà quasi tutto su questa mail scritta in inglese il 13 gennaio 2012 dal responsabile per le banche di S&P, Renato Panichi, a due dei tre analisti indagati, Eileen Zhang e Moritz Kraemer, autori, assieme a Franklin Crawford Gill, del report di declassamento dell’Italia reso noto nella serata dello stesso giorno dopo alcune anticipazioni di stampa. Prima di emettere il report di declassamento dell’Italia - spiegano fonti qualificate – l'agenzia di rating, com'è consuetudine, ha valutato anche lo stato di salute degli istituti di credito e degli enti locali italiani, arrivando a conclusioni negative che hanno provocato il cosiddetto 'effetto contagio'.
Scrive Panichi: «Ciao Eileen e Moritz. Ho provato a chiamarvi entrambi. Ho il RU dell’Italia e vedo una frase proprio all’inizio dove menzionate 'La vulnerabilità crescente dell’Italia ai rischi di finanziamenti esterni, considerato l'elevato livello di presenza esterna nel settore finanziario e in quello del debito pubblico. Eileen, non mi hai detto questa frase ieri, e non è giusto che tu dica che c'è un elevato livello di vulnerabilità ai rischi di finanziamenti esterni. Attualmente è proprio il contrario, uno dei punti di forza delle banche italiane è stato proprio il limitato ricorso/appello ai finanziamenti esterni o all’ingrosso. Per favore rimuovi il riferimento alle banche! Grazie. Renato».
Secondo l’accusa, il contenuto della mail, assieme alle intercettazioni e ad altri atti acquisiti dalla Guardia di finanza di Bari, sono sufficienti per provare le responsabilità della società di rating. Ma S&P precisa: "Le analisi alla base dei nostri rating sono condotte e discusse in maniera collegiale all’interno dell’Agenzia e la divergenza di opinioni è una naturale e salutare componente di questo processo". E aggiunge: "I rating si basano su criteri trasparenti e disponibili al pubblico, e nel caso dei Paesi sovrani, i fattori presi in considerazione sono rappresentati dal punteggio politico, economico, esterno, fiscale e monetario; il settore bancario rappresenta solo uno dei numerosi fattori che concorrono a definire il punteggio esterno".
A S&P viene contestato di aver emesso dal maggio 2011 a gennaio 2012 quattro report sull'Italia al fine di provocare «una destabilizzazione dell’immagine, prestigio e affidamento creditizi dell’Italia sui mercati finanziari nazionali ed internazionali», «una sensibile alterazione del valore dei titoli di Stato italiano, segnatamente un loro deprezzamento», e un indebolimento dell’euro.

Merkel frena entusiasmi, regole per antispread
Per stampa tedesca vince Monti. Bundestag approva Esm e patto Ue
29 giugno, 22:35
di Rosanna Pugliese
 Un'ora e mezza di sonno divide la lunga giornata di ieri dalla lunghissima giornata di giovedì di Angela Merkel. Sufficiente a far risvegliare la cancelliera in un mondo che la dipingeva come "sconfitta". Di più, "piegata" da Mario Monti. E da un'Italia che ha vinto al vertice di Bruxelles come sul campo di Varsavia. E' iniziata così la maratona di oggi (venerdì) della Bundeskanzlerin, terminata con la ratifica nel Bundestag del Fiscal compact e dell'ESM, approvati con i due terzi della maggioranza così come lei stessa aveva richiesto. Di prima mattina, Frau Merkel ha continuato a trattare con i partner europei, per concludere insieme a loro che il vertice è "stato un successo", ha "stabilizzato i mercati" e che alla fine si è trovato "un buon compromesso". Un compromesso politico, che apre una nuova via diretta per la ricapitalizzazione delle banche, nel caso spagnolo, quando sarà in vigore l'ESM. Ma nessun grande cambiamento - sottolineano fonti di governo - sul fronte dello scudo antispread. Dove invece "valgono gli strumenti già esistenti EFSF e ESM, e le linee guida già concordate", ha spiegato la cancelliera davanti a un Bundestag più rumoroso del solito. Il che vuol dire: Memorandum of understanding, "sulla base però delle raccomandazioni date dalla Commissione nella cornice del patto di Stabilità e crescita", e "i controlli" del caso. Non affidati alla Troika, dal momento che gli interventi sul mercato secondario (leggi acquisto dei bond) richiedono una supervisione solo europea. Sarà quindi una Troika 'zoppa': Bce e Commissione, senza il Fmi. Dopo i diversi distinguo, tracciare efficacemente una linea fra la vittoria e la sconfitta è insomma più arduo di quanto sia sembrato stamani all'alba. Fatto sta che a Berlino fonti governative concedono che vi sia spazio per maggiore "flessibilità" nelle valutazioni delle situazioni di Roma e Madrid, già molto avanti con le riforme. E il quadro politico registra la "sconfitta" di Frau Merkel: l'opposizione gongola inneggiando alla "svolta" della cancelliera (non importa che abbia perso a Bruxelles, ciò che conta è il futuro dell'Europa", ha detto la leader dei Verdi Claudia Roth) e i partner sono sempre più scettici. Tanto che c'é chi ha tentato di far slittare l'approvazione del patto di Bilancio e dell'Esm per "riapprofondire" la questione. Trapela la delusione di alcuni elementi del governo rispetto alla fuga in avanti di Mario Monti, che fin dalle prime ore del mattino ha reso dichiarazioni forti sugli esiti del vertice, impugnando a spada tratta la vittoria. E non è piaciuto alla cancelliera essere messa al muro - c'é chi a Berlino fra gli alti ranghi lo ha definito un 'ricatto' - con quel veto posto dall'Italia sul pacchetto della crescita, fondamentale per le trattative interne in Germania, dove senza crescita e tobin tax stasera non si sarebbero recuperati i voti della opposizione. Insomma Monti, che tutti apprezzano e stimano in Germania, ha sorpreso, anche un po' spaventato i tedeschi. La cancelliera però ha difeso la linea del gioco duro del professore negli incontri delle frazioni parlamentari. Ed è stato poi Wolfgang Schaeuble ad affrontare per tutti la metafora calcistica, distendendo i toni: "Non mi piace che si dica che abbia vinto Roma o Berlino, il calcio è altra cosa. Qui si prendono le decisioni giuste per l'Europa". E sulla vera partita? Quella stravinta da Balotelli? A Berlino si tace: è tangibile la delusione. Solo qualche portavoce di Governo fa i complimenti agli italiani.

L'abc del vertice di Bruxelles: ecco che cosa è stato deciso per il rilancio dell'Europa
Il Consiglio europeo di Bruxelles del 28-29 giugno 2012 ha interrotto la lunga serie di vertici inconsistenti sul piano delle decisioni e delle azioni concrete. Questa volta, i leader europei hanno preso misure capaci di affrontare, nel breve periodo, i problemi che in questo momento minacciano il futuro della moneta unica.
Ecco che cosa prevedono le quattro mosse che il vertice di Bruxelles ha studiato per il rilancio dell'euro. E dell'Europa.
1 - SCUDO ANTI-SPREAD
I fondi europei Efsf ed Esm potranno essere utilizzati in modo più flessibile per acquistare titoli pubblici sul mercato primario e secondario, senza condizioni aggiuntive per il Paese coinvolto
2 - UNIONE BANCARIA
La sorveglianza bancaria passerà alla Bce. Il fondo di stabilità finanziaria Esm potrà ricapitalizzare direttamente le banche, in base a una serie di condizioni.
3 - UNIONE ECONOMICA
Entro l'anno il presidente del Consiglio Ue, Van Rompuy, presenterà una road map per rafforzare l'integrazione economica tra i Paesi membri e creare una unione di bilancio.
4 - PACCHETTO CRESCITA
Il piano da 120 miliardi si basa su una ricapitalizzazione della Bei, nuovi project bond, un riorientamento dei fondi strutturali e un uso più efficiente del bilancio comunitario.
Schede a cura di:
Andrea Gagliardi, Andrea Marini, Gabriele Meoni, Michele Pignatelli

Lo scudo anti-spread
Lo strumento
Interventi flessibili sul mercato senza condizioni aggiuntive
Muro, scudo, ombrello. Si sono sprecati i termini per definire le misure anti-spread, cioè gli acquisti di titoli di Stato ad opera del fondo salva-Stati europeo per frenare la corsa dei rendimenti. Il tema non doveva essere all'ordine del giorno del vertice di Bruxelles ma vi è entrato a sorpresa su iniziativa del Governo italiano. La richiesta di Roma era molto semplice: i Paesi che stanno "facendo i compiti a casa" in termini di risanamento dei conti pubblici e riforme ma che restano nel mirino dei mercati per l'alto debito pubblico e l'effetto contagio da altri Paesi devono poter disporre di uno strumento rapido ed efficace in grado di portare i tassi sui titoli di Stato a livelli sostenibili.
Il vertice di Bruxelles sembra aver risposto a questa richiesta. Il fondo salva-Stati Efsf, che tra poche settimane cederà il testimone all'Esm (Meccanismo europeo di stabilità), dovrà intervenire sui mercati in modo «flessibile ed efficace» per proteggere gli Stati membri (come l'Italia) che rispettino le raccomandazioni della Ue. Tali condizioni, che non non sono aggiuntive rispetto a quelle già soddisfatte dal Paese, dovranno comunque figurare in un memorandum d'intesa. Nessun intervento automatico dunque.
Per chiedere un aiuto nella discesa dei tassi d'interesse dunque un Paese dovrà formalizzare la domanda al fondo salva-Stati e firmare un protocollo d'intesa ma, se continuerà nel suo percorso di risanamento, non sarà sottoposto a ulteriori misure di austerità come accaduto a Grecia, Irlanda e Portogallo.
Il Trattato sul fondo salva-Stati che ieri ha ratificato la Germania e che entro metà luglio entrerà in vigore in realtà già prevede la possibilità per l'Esm di comprare titoli di Stato sul mercato primario (cioè in asta) e su quello secondario, dove si scambiano i titoli già emessi. L'intervento è però vincolato alla firma di un protocollo d'intesa tra il Paese interessato, la Commissione europea e, ove possibile, il Fondo monetario, in cui vengono precisate le condizioni dell'aiuto. I leader dell'aera euro ieri hanno ribadito inoltre che la Banca centrale europea svolgerà il ruolo di agente del fondo Efsf-Esm. Questo significa che l'Efsf-Esm interverrà sul mercato con operazioni di acquisto e vendita di titoli di Stato attraverso la Bce, che possiede capacità operative che il neonato Fondo non può avere. Le banche centrali dell'Eurosistema si troveranno quindi in prima linea: saranno loro - la Banca d'Italia nel caso dei BTp - a decidere quali titoli di Stato comprare in asta o sul secondario, per quali quantitativi e in quali tempi. E sarà la Bce ad effettuare fisicamente gli acquisti.
La Bce dunque farà solo da tramite del fondo salva-Stati senza accollarsi le perdite o i guadagni sui bond. In questo modo l'Eurotower porrà fine al controverso programma di acquisto di obbligazioni che aveva provocato forti tensioni all'interno del board.
Il nodo delle risorse
Dotazione da potenziare per rassicurare gli investitori
Il nodo principale da sciogliere riguarda la potenza di fuoco disponibile del fondo salva-Stati. L'Esm a regime disporrà di circa 500 miliardi di euro freschi, cui andranno sottratti gli aiuti chiesti per le banche spagnole e fissati in circa 100 miliardi. Una cifra che potrebbe dimostrarsi insufficiente di fronte ad un contagio più ampio. Non va dimenticato infatti che l'Esm può esser chiamato non solo a comprare titoli di Stato sul mercato primario e secondario, ma anche a fornire prestiti agli Stati e alle banche e linee di credito precauzionali.
Tanto per fare un esempio, nei quasi due anni di acquisti di titoli di Stato (peraltro interrotti da lunghe pause) la Banca centrale europea ha comprato oltre 200 miliardi di euro di bond di Grecia, Portogallo, Irlanda e poi Spagna e Italia. Una cifra considerevole.
Il nodo politico principale, poi, riguarda le condizioni a cui verrà concessa l'assistenza. Gli Stati in difficoltà, nel chiedere l'attivazione dell'Esm, firmeranno un protocollo d'intesa che pone condizioni. Ma per quelli che rispettano le raccomandazioni specifiche europee, le scadenze fissate dal semestre europeo, il Patto di stabilità e le procedure di squilibrio economico, basterà rimanere in linea con gli impegni presi con Bruxelles, cosa diversa dai programmi lacrime e sangue imposti nei precedenti salvataggi dalla troika Ue-Bce-Fmi. Il monitoraggio ci sarà ma non coinvolgerà il Fondo monetario (a meno di una sua partecipazione agli aiuti), lasciando probabilmente aperti maggiori spazi negoziali fra il Paese beneficiario e Bruxelles.
Nel comunicato finale del vertice di ieri non c'è traccia della proposta rilanciata da Italia e Francia di conferire al fondo salva-Stati una licenza bancaria, cioè di equipararlo a un normale istituto di credito che si finanzia regolarmente presso la Banca centrale europea. L'ipotesi teoricamente resta aperta, ma la Germania finora l'ha sempre esclusa perché a suo avviso violerebbe il divieto di finanziamento degli Stati
da parte della Bce.
Tutti questi nodi sul meccanismo anti-spread dovranno essere sciolti all'Eurogruppo del 9 luglio. Innanzitutto andrà definito meglio il percorso alternativo più leggero e meno vincolante in fatto di condizionalità rispetto all'attuale richiesta di aiuto stile-Fmi. Proprio quello che chiede l'Italia.
30 giugno 2012

Unione bancaria
Vigilanza centralizzata
Il controllo sarà trasferito alla Bce nel giro di un anno
Nella dichiarazione rilasciata all'alba di ieri dai leader dell'Eurozona dopo la maratona negoziale notturna si sottolinea subito che «la Commissione presenterà a breve proposte relative a un meccanismo di vigilanza unico» con il coinvolgimento della Bce e che si chiede al Consiglio di prenderle in esame già entro il 2012. È questa la premessa anche per concedere al fondo salva-Stati permanente Esm la possibilità di ricapitalizzare le banche. Più tardi, parlando al Bundestag, il cancelliere tedesco Angela Merkel ha confermato che il piano di una supervisione europea sulle banche dell'Eurozona sarà pronto entro la fine del 2012, anche se per rendere il tutto operativo potrebbe volerci un anno intero. E il presidente della Bce, Mario Draghi, ha spiegato che «la Commissione europea presenterà una proposta per la creazione di un meccanismo di vigilanza unico entro il quale la Bce assumerà il ruolo di supervisore per l'Eurozona».
Dei tre elementi di un'unione bancaria indicati nel documento trasmesso ai leader dal presidente del Consiglio Herman van Rompuy alla vigilia del vertice, il trasferimento della vigilanza a un'autorità centrale unica era apparso da subito il più fattibile, quello su cui si registravano le maggiori convergenze, sebbene ci fossero contrasti tra Germania, Francia e Italia - che spingevano per attribuire questo ruolo alla Bce - e la Gran Bretagna, che insisteva per lasciare un ruolo di primo piano all'Eba, l'Autorità bancaria europea con sede a Londra. Più difficile sembrava arrivare a un accordo su un meccanismo di liquidazione comune delle banche, pure già ipotizzato dalla Commissione Ue, e su un fondo europeo di garanzia dei depositi, che Berlino riteneva rischioso in assenza di maggiori controlli dal centro delle politiche economiche.
La gestione della crisi bancaria in alcuni Paesi Ue - il collasso irlandese, il più recente caso Bankia in Spagna - ha confermato i rischi di una vigilanza bancaria affidata alle singole autorità nazionali. Un'unica authority dovrebbe consentire in tutta l'Unione europea una migliore prevenzione e gestione delle crisi, spesso innescate proprio dal settore bancario. Senza contare - lo ha sottolineato in un intervento sul Sole 24 Ore del 27 giugno Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del consiglio direttivo della Bce - il «fardello» imposto dall'attuale sistema di vigilanza decentralizzata all'Eurotower, che finora ha dovuto affidarsi ai supervisori nazionali per stabilire se accettare le banche come controparti nelle operazioni di politica monetaria.
Sul fronte politico, il via libera a un sistema di vigilanza bancaria centralizzato rappresenta una parziale cessione di sovranità da parte dei Paesi ed è dunque una concessione alla Germania di Angela Merkel, probabile merce di scambio per ottenere l'assenso tedesco a misure per sostenere i Paesi più deboli della periferia euro, a cominciare dallo scudo anti-spread.
Ricapitalizzazione delle banche
L'Esm interverrà direttamente e non sarà creditore privilegiato
La ricapitalizzazione degli istituti bancari è da tempo un punto nevralgico del dibattito europeo, ma ha subìto una forte accelerazione di fronte alla crisi degli istituti spagnoli. I tentativi di ricapitalizzazione delle banche utilizzando fondi pubblici rischiano di avere effetti controproducenti, andando a impattare pesantemente sul debito dei Governi (il caso irlandese è emblematico); d'altra parte anche chiedere sostegno al fondo salva–Stati aveva finora controindicazioni: secondo le regole in vigore, infatti, se un Governo non aveva abbastanza denaro per ricapitalizzare i suoi istituti, poteva chiedere assistenza all'Efsf (in futuro all'Esm), ma il prestito faceva aumentare il debito. Il che creava tra l'altro anche un circolo vizioso di Stati indebitati che prestavano a banche il cui portafoglio di titoli pubblici si svalutava perché il Governo doveva indebitarsi per salvare gli istituti.
Per questo il gruppo di lavoro composto da Herman van Rompuy, Mario Draghi, José Manuel Barroso e Jean-Claude Juncker ha proposto che i fondi salva-Stati possano soccorrere direttamente gli istituti in difficoltà, senza passare per un prestito ai Governi. La proposta è stata sostanzialmente accolta: nel comunicato finale dei leader dell'Eurozona si legge infatti che, una volta istituito il meccanismo di vigilanza bancaria unico, il fondo salva-Stati permanente Esm, «potrà avere facoltà, sulla scorta di una decisione ordinaria, di ricapitalizzare direttamente gli istituti bancari». Per quanto riguarda poi la Spagna - e questa è una novità di grande rilievo e impatto sui mercati - si afferma che il sostegno finanziario a suo favore sarà inizialmente fornito dall'Efsf, quindi dall'Esm che perderà però lo status di creditore privilegiato, una clausola che avrebbe allontanato gli investitori privati, preoccupati di essere rimborsati dopo l'Esm in caso di default. Sebbene il comunicato dei leader Ue faccia questa precisazione solo per la ricapitalizzazione degli istituti spagnoli, viene creato un precedente, che d'ora in avanti potrebbe valere in tutti i casi di intervento dell'Esm a favore delle banche.
La tempistica di questa misura coincide con l'attivazione del meccanismo di vigilanza unica, quindi non prima di un anno: non potrà pertanto essere di fruizione immediata per Madrid. L'efficacia potrebbe essere alta, anche se resta l'incognita delle risorse a disposizione dell'Esm (500 miliardi a regime), a cui rimane negato - almeno per ora - l'accesso ai presiti della Bce.
30 giugno 2012

Unione economica e monetaria
La road map
Lo scoglio è l'unione di bilancio, a fine anno le proposte definitive
Una relazione provvisoria a ottobre. E una definitiva entro la fine del 2012. È la tabella di marcia che il Consiglio europeo ha stabilito per mettere a punto proposte di consolidamento dell'Unione economica e monetaria. Un compito affidato al presidente del Consiglio, Herman Van Rompuy, in collaborazione con i presidenti della Commissione, José Manuel Barroso, dell'Eurogruppo, Jean-Claude Junker, e della Bce, Mario Draghi. Van Rompuy è l'estensore di una relazione sul futuro della zona euro, presentata al Consiglio e accolta in maniera non univoca dai capi di Stato e Governo riuniti a Bruxelles.
Quattro sono i pilastri previsti nel rapporto, condiviso con Barroso, Junker e Draghi: un quadro finanziario integrato da realizzare tramite l'unione bancaria; un quadro di bilancio integrato; un maggiore coordinamento delle politiche economiche; il rafforzamento della trasparenza nei processi decisionali. Sul primo aspetto, relativamente più facile da mettere in pratica, è stato trovato un accordo sul trasferimento alla Bce la vigilanza bancaria. Sugli altri tasselli, in particolare sull'unione di bilancio, il documento è volutamente più vago, a causa delle diverse sensibilità nazionali. Per fornire rassicurazioni alla Germania, viene ipotizzato un passo avanti sulla condivisione comunitaria dei poteri decisionali in materia di bilancio. E viene ventilata la nascita di un ministero del Tesoro europeo.
D'altro canto è tracciata la strada per arrivare a quelle emissioni di debito pubblico comune - si tratti di eurobill o eurobond - a cui la Germania rimane contraria. «In una prospettiva di medio termine - si legge nel testo - passi avanti verso l'introduzione di una responsabilità solidale sul debito pubblico possono essere presi in considerazione qualora esista un quadro solido per quanto riguarda la disciplina di bilancio e la competitività, in modo da evitare i rischi di azzardo morale e incoraggiare la responsabilità e l'osservanza delle regole». Ancora più vago il capitolo sul coordinamento delle politiche economiche, con un riferimento in particolare al mercato del lavoro e alle politiche fiscali. Di qui la decisione presa dal consiglio europeo di Bruxelles di affidare a Van Rompuy un supplemento di analisi, per stilare entro fine anno un pacchetto di misure più precise.
«A seguito di aperte discussioni, durante le quali sono state espresse diverse opinioni - si legge nelle conclusioni del vertice di Bruxelles - il presidente del Consiglio europeo è stato invitato a elaborare, in stretta collaborazione con il presidente della Commissione, il presidente dell'Eurogruppo e il presidente della Bce, una tabella di marcia specifica e circoscritta nel tempo per la realizzazione di un'autentica Unione economica e monetaria». Allo studio sia misure adottabili «nell'ambito dei trattati vigenti» sia interventi che «richiederebbero una loro modifica». Il tutto consultando regolarmente gli Stati membri. Con una deadline entro fine anno.
30 giugno 2012

Pacchetto crescita
Infrastrutture
Ricapitalizzazione della Bei e 4,5 miliardi per i project bond
Per far sì che la politica di rigore in Europa non deprima la crescita, è stato varato un pacchetto per finanziare l'economia del continente. In questa ottica si punta a mobilitare 120 miliardi di euro per misure «a effetto rapido». Il primo punto riguarda la ricapitalizzazione della Bei, la Banca europea per gli investimenti, l'istituzione finanziaria dell'Unione europea (sono membri della Bei gli Stati membri dell'Ue) creata nel 1957, con il Trattato di Roma, per il finanziamento degli investimenti necessari a sostenere gli obiettivi politici dell'Unione.
Il risultato raggiunto al vertice europeo è quello di aumentare di 10 miliardi il capitale versato della Bei, «allo scopo di aumentarne la base di capitale e di accrescerne la capacità totale di prestito di 60 miliardi, liberando in tal modo fino a 180 miliardi di investimenti supplementari, ripartiti in tutta l'Unione europea, compresi i Paesi più vulnerabili». Tale decisione dovrà essere adottata dal consiglio dei governatori della Bei affinché entri in vigore entro il 31 dicembre 2012.
Sul tema della ricapitalizzazione della Bei, nelle ultime settimane le posizioni della Francia e della Germania (rappresentanti rispettivamente del partito pro-crescita e di quello pro-rigore) sono state tutto sommato non lontane, tanto che l'accordo è apparso subito non impossibile. L'intesa sui 10 miliardi (una somma non eccessiva) è stata raggiunta proprio per non incontrare l'opposizione di Berlino, che probabilmente si sarebbe opposta a uno stanziamento più consistente. I Paesi "deboli", con conti pubblici in difficoltà, sono stati naturalmente favorevoli a questa soluzione.
Altro aspetto non secondario che ha avuto il via libera dal vertice Ue è stato l'ok ai project bond, con il disco verde a una prima fase di sperimentazione. «Si dovrà avviare immediatamente – si legge nel documento definitivo del vertice Ue – la fase pilota dell'iniziativa sui prestiti obbligazionari per il finanziamento di progetti, consentendo investimenti supplementari fino a 4,5 miliardi a favore di progetti pilota nei settori chiave dei trasporti, dell'energia e dell'infrastruttura a banda larga». In futuro potrebbe essere potenziato ulteriormente in tutti i Paesi «il volume di tali strumenti finanziari – è scritto ancora nel documento – a condizione che la relazione e la valutazione intermedie dalla fase pilota siano positive».
L'iniziativa, oltre a godere di un appoggio bipartisan in Italia – tanto che sia l'ex premier del centrosinistra Romano Prodi sia l'ex ministro dell'Economia del centrodestra Giulio Tremonti hanno più volte ribadito la bontà di un simile progetto – ha raccolto ampio consenso in ambito accademico e anche in molte cancellerie europee. Finora l'opposizione più netta era stata quella di Berlino.
Bilancio comunitario
Fondi strutturali più flessibili: 55 miliardi per l'economia
I fondi strutturali Ue entrano nella strategia di rilancio del continente. Si tratta di strumenti di intervento già esistenti, creati e gestiti dall'Unione Europea per finanziare vari progetti di sviluppo all'interno dell'Ue. Parte delle dotazioni verranno utilizzate, tra l'altro, a fianco della Bei per finanziare nuove infrastrutture; a disposizione ci sono 55 miliardi.
Nel comunicato conclusivo del vertice Ue, si specifica: «Ove opportuno e nel rispetto delle regole di disimpegno, gli Stati membri hanno la possibilità di collaborare con la Commissione, nell'ambito delle norme e prassi esistenti, per usare parte delle dotazioni provenienti dai fondi strutturali in modo tale da condividere il rischio di prestito della Bei e offrire garanzie sui prestiti per conoscenze e competenze, efficienza delle risorse, infrastrutture strategiche e accesso ai finanziamenti per le piccole e medie imprese».
I fondi strutturali hanno già tre obiettivi principali: riduzione delle disparità regionali in termini di ricchezza e benessere, aumento della competitività e dell'occupazione, sostegno alla cooperazione transfrontaliera. Questi strumenti hanno riassegnato risorse a sostegno della ricerca e dell'innovazione, delle piccole e medie imprese e dell'occupazione giovanile e «ulteriori 55 miliardi di euro saranno destinati a misure a sostegno della crescita nel periodo in corso. Dovrebbe essere ulteriormente rafforzato – si legge ancora nel comunicato diffuso alla fine del vertice – il sostegno alle piccole e medie imprese, anche facilitando il loro accesso ai finanziamenti dell'Ue. Gli Stati membri hanno anche la possibilità di valutare l'eventualità di riassegnazioni all'interno delle dotazioni nazionali, nel rispetto delle norme vigenti e in cooperazione con la Commissione».
La proposta di allentare i criteri per accedere ai fondi strutturali europei, consentendone l'utilizzo ai Paesi in maggiore difficoltà (per promuovere progetti utili alla crescita, dal sostegno alle Pmi all'occupazione giovanile) ha goduto di discreti consensi nella fase di ideazione del progetto. La revisione dei fondi strutturali in direzione della crescita è stata una dei punti strategici sponsorizzati dall'Italia per far uscire il paese dalle secche del lento sviluppo in cui è caduto dal 1992 ad oggi.
30 giugno 2012

La partita più difficile è sui dettagli tecnici
Da un lato il pacchetto per la crescita, con il suo volume di fuoco di 120 miliardi. Dall'altro i meccanismi di stabilizzazione per far fronte alla crisi dei debiti sovrani, che ha ottenuto il via libera politico dai capi di Stato e di governo saranno definiti nel dettaglio dall'Eurogruppo/Ecofin del 9 e 10 luglio. Se si guarda alle premesse, il risultato del "cruciale" summit chiusosi ieri con l'inevitabile suspense e accordo raggiunto alle prime luci dell'alba precedente è tutt'altro che disprezzabile.
La premessa, fortemente sostenuta dal team Mario Monti, Enzo Moavero Milanesi, Vittorio Grilli è stata sostanzialmente questa: la penalizzazione che il nostro Paese ha subìto nelle ultime settimane, per effetto di un livello di spread non in linea con «i fondamentali reali» della finanza pubblica, richiedeva l'attivazione di quello che i nostri tre negoziatori hanno definito «un meccanismo di trasparenza». Senza per questo sottovalutare o perfino negare i problemi strutturali di fondo, a partire dal nostro elevatissimo debito pubblico, si è cercato di orientare la trattativa sulle «riforme e le misure già messe in campo», da ultimo la riforma del mercato del lavoro appena licenziata dal Parlamento, e più in generale sulla «sostenibilità reale» dei nostri conti pubblici. Da questo punto di vista, è indubbiamente di un certo interesse la previsione, inserita nel pacchetto sulla crescita, che la Commissione europea attivi una valutazione sulla «qualità della spesa». Non è la golden rule nella sua versione più completa, ma comunque un inizio (con risvolti tecnico-procedurali tutti da verificare) e soprattutto un segnale ai mercati. La spesa pubblica non è un unicum. Poter contare su alcune categorie di investimenti produttivi in grado di attivare crescita e occupazione potrebbe costituire un asset in più. Da qui la richiesta perché vengano «valutate diversamente» ai fini del computo del deficit.
Quanto al meccanismo di stabilizzazione antispread, la soluzione tecnica ora affidata agli sherpa e ai ministri finanziari ruota essenzialmente su tre punti: l'Esm perde il suo status di «creditore privilegiato», potrà ricapitalizzare direttamente gli istituti bancari sulla base di una «appropriata condizionalità, ivi compresa l'osservanza delle regole sugli aiuti di Stato». È la ciambella di salvataggio per le banche spagnole. Infine quello che Mario Monti definisce l'utilizzo «flessibile ed efficace» a breve termine del meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria. La novità più rilevante dell'intesa raggiunta dai capi di Stato e di Governo è che l'ambito dei possibili beneficiari si indirizzi unicamente ai paesi "adempienti" (compliants), a quanti cioè rispettino le raccomandazioni della Commissione, i calendari sulle riforme strutturali e i piani di rientro dal deficit fissati dal semestre europeo, dal Patto di stabilità e dalle procedure per gli squilibri eccessivi. Condizioni che dovranno essere inserite nel «memorandum d'intesa». Il ruolo della Bce sarà quello di "agente" per conto dell'Efsf/Esm «nel condurre operazioni di mercato effettivo ed efficace».
Se questa è l'ossatura, e una volta escluso (lo hanno esplicitato sia Monti che Angela Merkel) che per accedere ai fondi antispread sia necessario attivare la tagliola dell'intervento della trojka (Fmi, Bce e Commissione europea) come avvenuto per Grecia, Irlanda e Portogallo, il che equivale a un commissariamento di fatto del paese in questione con conseguente, inevitabile perdita di sovranità, ora si tratta di verificare i dettagli tecnici. E non sarà una passeggiata. Non si tratta di meccanismi automatici o semiautomatici – spiega Monti – e comunque l'Italia per ora non conta di avvalersene. Il fatto stesso che vi si possa accedere può essere il segnale per tranquillizzare i mercati. Basterà? Lo vedremo a partire da domani.
Sul fronte dei conti pubblici, si registra la nuova rassicurazione di Monti: non vi saranno nuove manovre correttive. Quest'anno il deficit salirà fino al 2%, contro l'1,5% previsto, ma nel 2013 il governo è al momento in grado di garantire che, pur in presenza di uno sforamento del target in termini nominali, sarà possibile conseguire un deficit pari allo 0,5% del Pil in termini strutturali, depurato dunque dagli effetti del ciclo economico.
 30 giugno 2012

Zaia: Sappada in Friuli? 'Colpa' di Roma
Veneto impotente con le regioni speciali
Zaia: i confini cambiano, ma tra regioni ordinarie e a statuto speciale c'è un conflitto irrisolto. E sulla partenza dei costi standard: «Si applichino subito in sanità»
VENEZIA — «Chi parla di una sconfitta del Veneto, o perfino di una sconfitta di Zaia, guarda il dito che indica la luna. Il problema non è la mozione approvata dal consiglio che dà il via libera a Sappada e Cinto Caomaggiore ma il motivo per cui questi Comuni, come altri nel Bellunese lungo il confine col Trentino Alto Adige, vogliono andarsene dal Veneto ».
Presidente Luca Zaia, resta il fatto che il sì a Sappada e Cinto Caomaggiore sa di resa incondizionata. «Rispetto il voto unanime, o quasi, del consiglio regionale».
Non nascondiamoci dietro il galateo istituzionale. «Il punto è: cosa possiamo offrire noi a questi Comuni per convincerli a non fare armi e bagagli? Possiamo solo dir loro: state qui, vivete peggio e subite in silenzio la concorrenza sleale dei vostri vicini. Chiunque si rende conto che il ragionamento non sta in piedi».
Dunque via libera a tutti? «Dicendo no alla mozione avremmo risolto un problema a Roma. Così, invece, la matassa dovranno sbrogliarla loro. Consapevoli del fatto che se diranno sì al passaggio di Sappada e Cinto in Friuli, il giorno successivo io stesso chiederò l’allargamento fino a Venezia dei confini del Trentino Alto Adige. Facciano attenzione, in parlamento: se ci sarà un precedente, la situazione potrebbe sfuggirci di mano».
Ma allora è un escamotage. Il sì è di facciata, intanto si lavora per il no. «In linea di principio, non sono tra coloro che considerano sacri e intangibili i confini dell’impero, la storia ci insegna che questi mutano continuamente. Ciò detto, quello tra le Regioni ordinarie e le Regioni a statuto speciale è un conflitto irrisolto che non può più essere tollerato».
Intanto lei è in Svizzera, insieme proprio ai trentini, per parlare della futura governance della «Regione Alpina». Poi c’è l’Alpe Adria. E poi c’è la Padania. Il troppo, forse, stroppia. «Il filo conduttore è sempre lo stesso: l’Europa delle regioni contro l’Europa degli Stati nazionali. Lei scommetterebbe contro l’ipotesi che tra cento o duecento anni possa esistere una nuova macroregione che va dal Veneto alla Baviera? Io non me la sento. Alcune aree hanno affinità che superano i confini nazionali. Affinità che alle volte non si ritrovano all’interno dello stesso Stato».
I costi standard, approvati giovedì e già in vigore per quanto riguarda la polizia locale ed i servizi per l’impiego, dovrebbero aiutare a ridurre queste differenze, almeno in Italia. «I costi standard sono la vera rivoluzione di questi tempi, il primo passo per quel federalismo che è l’unica strada per la sopravvivenza. Ciascuno verrà finalmente richiamato alle proprie responsabilità».
Un po’ le rode che il traguardo a lungo atteso venga tagliato con Monti al governo e la Lega all’opposizione? «E’ una vittoria tutta nostra, la gente lo sa e nessuno potrà mai togliercela. Mi dispiace semmai vedere tanta riluttanza, Monti dovrebbe applicarli coram populo e invece ha paura. Spero che non ci si limiti a questi aspetti di poco conto, polizia e servizi per l’impiego: i costi standard vanno applicati subito in sanità».
A presiedere la commissione che ha redatto i costi standard c’è il professor Antonini, che era pure a capo della task force che avrebbe dovuto scrivere la piattaforma di rivendicazione federalista del Veneto. Che fine ha fatto? «E’ pronta ma il Salva Italia prima, il Cresci Italia poi ed il decreto sviluppo da ultimo ci hanno costretto a continui aggiustamenti e ritocchi. Appena la situazione politica ed economica si sarà stabilizzata, la presenteremo a Roma».
Marco Bonet

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