sabato 28 luglio 2012

1) XXVIII.VII.MMXII/ La legge sul finanzimento pubblico ai partiti e’ gia’ stata abrogata da un referendum. A Trst, oltrepadania, non lo sanno, perche’ tutti vivono da sempre nell’asilo infantile, dove mangiano gratis il lauto cestino della Regione, Provincia, Comune. E la sera tornano a casa con la merendina invernizzina: benzina agevolata, latte agevolato, assicurazioni privilegiate, spesa sociale ad iosa, esenzioni dai tiket sanitari, alloggi popolari facili, posti di lavoro pubblici inventati di sana pianta, posti di lavoro semipubblici finanziati dalla regione, costi fissi d’investimento a carico delllo Stato (quanto gli fa schifo Roma), minoranze etniche finanziate da tutti gli enti pubblici e dallo Stato, minoranze linguistiche che prendono stipendi per insegnare dialetti di paesucoli, le aziende di trasporto che marciano con costi variabili inferiori al 30% della media italiana, e tanto altro ancora: questo e’ in verita’ il Friuli Venezia Giulia. Il Trentino Alto Adige? Copia conforme ed aggravata: a spes’ toie. Il siciliano Lombardo? Un dilettante, uno sprovveduto

Lombardo: "Non ho rimpianti e ho combattuto la mafia"       
Palermo, mafia nella grande distribuzione: maxi sequestro da 450 milioni di euro        
Firmato accordo reindustrializzazione dell'area murgiana
Bozen, oltrepadania. Tagli, la clausola non salva le Autonomie
Trst, oltrepadania. Indennità alla casta, in fila per chiederne l’abolizione

Lombardo: "Non ho rimpianti e ho combattuto la mafia"       
Il presidente della Regione a 3 giorni dalle sue dimissioni: "Non ho seguito nè interessi di partito, non ho una lira in tasca che sia di provenienza poco lecita - ha aggiunto a margine di un incontro a Catania - e ho combattuto tutti gli interessi che hanno nociuto alla Sicilia"
PALERMO. «Non ho rimpianti. In questi anni ho trascurato interessi, rapporti familiari per la Sicilia e per i siciliani. Su questo non ci sono dubbi». Lo ha detto il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, facendo un bilancio della sua attività da governatore, in vista delle annunciate dimissioni.  «Non ho seguito nè interessi di partito, non ho una lira in tasca che sia di provenienza poco lecita - ha aggiunto a margine di un incontro a Catania - e ho combattuto tutti gli interessi che hanno nociuto alla Sicilia e soprattutto quelli mafiosi. È un cammino che si è iniziato e mi auguro che i frutti li raccolgano altri».

Palermo, mafia nella grande distribuzione: maxi sequestro da 450 milioni di euro        
Sigilli a case, terreni, società e aziende dalla guardia di finanza. Coinvolto Giuseppe Ferdico, 56 anni, per le sue molteplici e radicate relazioni con l’organizzazione di Cosa Nostra, emerse dalle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia e da corrispondenza riservata sequestrata ai boss Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo
PALERMO. Case, terreni, società e aziende per un valore complessivo di oltre 450 milioni di euro sono stati sequestrati dalla guardia di finanza di Palermo, in esecuzione di un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale del capoluogo siciliano, in accoglimento della proposta avanzata dalla Procura della Repubblica di Palermo.
L’operazione è la risultante di una complessa attività di indagine svolta dal Gruppo Investigazione sulla Criminalità Organizzata - GICO -  del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo su delega e sotto la costante direzione della locale Procura della Repubblica, concernente presunte infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore della grande distribuzione alimentare e di prodotti per la casa, nel corso della quale è stata ricostruita la “storia economico – finanziaria” di un importante gruppo imprenditoriale palermitano leader nel settore, che si è potuto affermare sul mercato grazie ai rapporti di reciproco vantaggio instaurati con le famiglie mafiose del mandamento di Tommaso Natale – San Lorenzo ed al riciclaggio di proventi di estorsioni, traffico di stupefacenti ed altre attività illegali riconducibili ai boss Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo.
Interessato dal provvedimento è Giuseppe Ferdico, già indagato nel 2006 per associazione mafiosa e impiego di denaro di provenienza illecita (aggravato dal favoreggiamento mafioso), di cui ancora la guardia di finanza non ha fornito il nome, per le sue molteplici e radicate relazioni con l’organizzazione mafiosa (in particolare con le famiglie del mandamento di Tommaso Natale – San Lorenzo e di Carini), emerse dalle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia e da corrispondenza riservata sequestrata ai boss Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo, il cui contenuto è stato puntualmente riscontrato dalle investigazioni dei finanzieri. 
Secondo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Angelo La Manna, l’imprenditore  nella gestione della sua attività di commercializzazione di detersivi, aveva operato utilizzando anche risorse finanziarie di Claudio Lo Piccolo, figlio del boss Salvatore e di altri esponenti della famiglia di Partanna Mondello e si era interposto nella titolarità di immobili ad uso commerciale in realtà riferibili alla famiglia mafiosa di Carini.

Firmato accordo reindustrializzazione dell'area murgiana
POTENZA – E' stato firmato stamani, al Ministero dello Sviluppo Economico, il verbale di accordo tra Governo, Regione Puglia e Regione Basilicata, che istituisce il gruppo di lavoro per la definizione di un programma di reindustrializzazione dell’area murgiana colpita pesantemente dalla crisi delle grandi imprese di mobili.
In un comunicato diffuso dall’ufficio stampa del Ministero è specificato che “alla riunione, che è stata presieduta dal sottosegretario Claudio De Vincenti, hanno preso parte la vicepresidente della Regione Puglia, Loredana Capone, e l'assessore al Lavoro della Regione Basilicata, Vincenzo Viti”.
“Il gruppo di lavoro – è scritto nella nota – si riunirà il 1 agosto. Il materiale prodotto costituirà anche il presupposto per la definizione di piani e programmi di ricollocazione e riqualificazione professionale dei lavoratori e il conseguente utilizzo di strumenti che garantiscano la prosecuzione del sostegno al reddito. Il gruppo di lavoro (composto da esponenti del Mise e delle Regioni interessate e da Invitalia) presenterà il programma entro il 30 settembre prossimo. Spetterà poi al Governo e alle Regioni assumere, entro il 30 novembre, le decisioni operative.
“Il raggiungimento dell’intesa – ha sottolineato De Vincenti - rappresenta un primo, ma importante passo per affrontare le difficoltà economiche e sociali di un territorio particolarmente colpito dalla crisi. L’intesa mette inoltre in luce la necessità di individuare un progetto adeguato alla complessità di questa crisi, secondo le norme inserite nel Dl Sviluppo. Grazie a questa nuova legislazione e all’impegno di tutte le istituzioni, sono fiducioso che si potranno determinare le condizioni per avere nelle Murge occupazione stabile e qualificata”.
“Si mette concretamente in movimento la progettazione per la reindustrializzazione e la riqualificazione economica e produttiva del polo murgiano (che avrà riflessi anche sulla Valle del Basento)“: lo ha detto, in una dichiarazione, l’assessore al lavoro della Regione Basilicata, Vincenzo Viti.
“Considero – ha aggiunto – l'intesa sottoscritta oggi il frutto di un impegno coerente e un nuovo concreto passo avanti in una vicenda che andava sottratta al porto delle nebbie e ricollocata nel nuovo quadro giuridico – finanziario delineato dal Decreto sullo Sviluppo che è in via di definitiva approvazione al Senato. Impegneremo tutte le risorse sul lavoro che con la Regione Puglia e con il Ministero abbiamo definito, al fine di giungere entro le date convenute in sede ministeriale ad un risultato concreto e organico che rilanci l’area di crisi e interessi anche, per quel ch’è possibile, l’area nella quale si è espressa la matrice storica della crisi industriale della Valbasento, riferita alla chimica e alla fibra”.
Per Viti, “le relazioni riavviate con il Governo della Puglia e consolidate nelle ultime settimane rappresentano quel fattore di coesione e di forza che ci ha consentito di rimettere in movimento una situazione che stava facendosi drammatica. Altro punto rilevante è che dalla concertazione interministeriale ed interregionale derivi anche la prevista continuità nella erogazione degli ammortizzatori sociali, condizione indispensabile per garantire che l’impegno che – ha concluso l’assessore lucano – intraprendiamo possa procedere in un clima di sostenibilità sociale”.

Bozen, oltrepadania. Tagli, la clausola non salva le Autonomie
La sforbiciata resta. In Senato Peterlini ottiene solo la “salvaguardia”. Pinzger: un palliativo, dalla Svp niente fiducia
di Davide Pasquali
BOLZANO. Niente da fare: i tagli previsti dal decreto governativo sulla cosiddetta spending review restano, tutti, anche per le Regioni e le Province a statuto speciale. Ieri, in commissione Bilancio al Senato, le autonomie sono riuscite a portare a casa, all’ultimo minuto, solo una generica clausola di salvaguardia, utile (in teoria) per rafforzare eventuali ricorsi alla Consulta. Confermati, però, tutti i tagli alle speciali, sia quelli legati alla spesa sanitaria sia quello, ancora più pesante, sulla razionalizzazione della spesa dello Stato, con una sforbiciata di 600 milioni di euro per quest’anno, un miliardo e 200 milioni per il prossimo anno e addirittura un miliardo e mezzo per il 2014: ovvero, 3,3 miliardi di euro da pagare a Roma, che le autonomie speciali dovranno trovare il modo di spartirsi. In tutto, una cifra molto maggiore rispetto a quella richiesta a tutte le regioni ordinarie messe assieme. Per questo, nonostante la clausola di salvaguardia, lunedì in Senato la Svp voterà contro la fiducia al governo.
Unico dato positivo ma ormai a “babbo morto”, dunque, la clausola inserita nel decreto del governo, grazie ad un emendamento all’articolo 24 presentato da tre senatori, l’altoatesino Peterlini (Svp), il trentino Molinari (Pd) e il friulano Pegorer (Pd), poi riformulato dal presidente della quinta commissione. La clausola di salvaguardia, senza lasciar spazio al benché minimo dubbio, recita come segue: «Fermo restando il contributo delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano all’azione di risanamento così come determinata dall’articolo 16, comma 3, le disposizioni del presente decreto legge si applicano alle predette regioni e province autonome secondo le procedure previste dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, anche con riferimento agli enti locali delle autonomie speciali che esercitano le funzioni in materia di finanza locale, agli enti ed organismi strumentali dei predetti enti territoriali e agli altri enti e organismi strumentali dei predetti enti territoriali e agli altri enti e organismi ad ordinamento regionale o provinciale». Sarà probabilmente soddisfatto il sottosegretario austriaco agli esteri Wolfgang Waldner, che ieri aveva dichiarato: «È chiaro che, anche in tempi di crisi, l’autonomia dell’Alto Adige va rispettata».
Nella mattinata di ieri, al termine di un tour de force, diurno e notturno, durato diversi giorni, il senatore Svp Oskar Peterlini chiosava: «Si tratta di un paracadute per l’autonomia, ma “ex post”, arrivato a giochi fatti, almeno è scritto nero su bianco. Però il governo avrebbe dovuto tenerne conto: prima ci si parla, poi si fa il decreto».
«La Svp, in aula al Senato, voterà contro la fiducia», annuncia il senatore Manfred Pinzger. «Il voto - precisa - è stato rinviato a lunedì. Alle 11 via alla discussione generale, si vota alle 19 dopo le dichiarazioni. Purtroppo, la “Grosse Koalition” che regge il governo alla fine darà la fiducia». La Svp, invece, «voterà un convinto no. Non c’è stata, da parte del governo, nessuna marcia indietro. Sono rimasti ben saldi sull’articolo 16: i tagli sono invariati. Con l’aiuto del Friuli siamo riusciti almeno a inserire la clausola di salvaguardia, ma a cosa serve, se alla fine le cifre sono quelle? Per me la clausola vale poco niente, è un palliativo. Siamo stufi di parole, abbiamo bisogno di fatti».
Pinzger conclude: «Non c'è stato niente da fare, soprattutto per quanto riguarda l’Accordo di Milano. L’intesa doveva essere confermata e garantita, invece non viene rispettata. Alla prima fiducia in Senato ce lo avevano garantito, e invece niente.Siamo più che delusi. Gli accordi e le promesse a parole si devono rispettare».

Trst, oltrepadania. Indennità alla casta, in fila per chiederne l’abolizione
Già raccolte quattromila firme in municipio per il referendum che vuole abrogare la legge del 1965. Petizione anche contro il finanziamento pubblico ai partiti
Tutti in fila ordinatamente. Sono stati in migliaia a presentarsi nella sede del Palazzo municipale di largo Granatieri alla stanza 210 del primo piano. Tutti per lo stesso motivo: aderire alla raccolta firme per il referendum per l’abrogazione parziale della legge 1261 del 1965, quella sulle indennità parlamentari. Una iniziativa promossa dal partito dell’Unione Popolare contro i privilegi della cosiddetta “casta”, partita in sordina ma che, attraverso il passaparola su internet, è decollata nell’ultimo periodo anche a Trieste.
Sono oltre 4 mila le firme raccolte nella nostra città, quasi un migliaio solo negli ultimi due giorni. Parallelamente i cittadini possono firmare anche per la proposta di legge di iniziativa popolare, volta a cambiare le regole del finanziamento pubblico dei partiti. Particolarmente lungo il serpentone che si è formato nel corso delle ore mattutine, tanto che qualcuno è stato costretto ad attendere il proprio turno sulle scale, mentre altri hanno deciso di tornare in un altro momento. Ridotti comunque i tempi di attesa, grazie al lavoro dei quattro addetti alla segreteria generale, un numero raddoppiato rispetto ai giorni precedenti. Un tema, quello dei privilegi della casta, nel caso specifico si parla della diaria percepita dai parlamentari a titolo di rimborso spese, pari a 3 mila euro al mese, al quale si sono dimostrati particolarmente sensibili i triestini, soprattutto in questi tempi di crisi economica.
«È arrivata l’ora di tagliare i costi della politica – il commento di Emiliano e Marisa –. Sarebbe meglio usare quei soldi per aiutare i giovani che non trovano lavoro e per combattere il precariato». Dello stesso parere anche Wilma e Giustino: «Siamo indignati, certi stipendi sono a dir poco vergognosi. Noi pensionati tiriamo la carretta con 500 euro al mese, mentre loro guadagnano milioni di euro: è una situazione indecente». In coda sono rappresentate tutte le età e le classi sociali. Dal pensionato alla casalinga, dall’operaio allo studente. Spiccano tanti volti giovani, come quelli di Michele e Caterina, entrambi studenti: «Viviamo in un mondo ingiusto, nel quale ci sono troppe differenze tra persone e persone. Non nascondiamo di essere preoccupati per il nostro futuro, possiamo solo sperare che cambi qualcosa». Ma c’è anche chi è convinto invece, è il caso di Nino e Susy, che le cose non cambieranno mai e prova dunque un retrogusto amaro: «È una bella iniziativa, ma tanto sappiamo che non succederà niente. Il coltello dalla parte del manico ce l’hanno sempre loro».
Uno sforzo, quello della raccolta firme, che tra l’altro rischia di rimanere congelato per un bel po’ visto che la legge 352 del 1970 parla chiaro e dice che “non può essere depositata richiesta di referendum nell’anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali”. Dunque c’è il rischio concreto che il referendum abrogativo slitti al 2014.


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