giovedì 2 agosto 2012

(2) II.VIII.MMXII/ Grazie a La Gazzetta del Mezzogiorno


Lo studio ISS: a Taranto eccesso mortalità del 1015%
La Basilicata ora blocca altre trivelle
Fiat, rischio di «taglio» per la Sata di Melfi
Crisi: Draghi, discusso taglio tassi


Lo studio ISS: a Taranto eccesso mortalità del 1015%
ROMA – Gli epidemiologi sono sempre stati molto cauti nel legare le condizioni di salute della popolazione dell’area di Taranto con l’inquinamento prodotto dallo stabilimento dell’Ilva, ma diversi studi hanno confermato quantomeno un aumento della mortalità. Ecco i più recenti.
PER ISS AUMENTO MORTALITA' GENERALE- Lo studio Sentieri, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Oms, ha messo Taranto tra i 44 Sin (Siti di interesse nazionale per la bonifica) presenti in Italia. Dai dati, pubblicati nel 2011 dalla rivista Epidemiologia e Prevenzione, era emerso nella zona tra il 1995 e il 2002 "un eccesso di mortalità tra il 10 e il 15%". La ricerca aveva trovato anche un "eccesso di circa il 30% nella mortalità per tumore del polmone, per entrambi i generi, un eccesso compreso tra il 50% (uomini) e il 40% (donne) di decessi per malattie respiratorie acute, associato ad un aumento di circa il 10% nella mortalità per tutte le malattie dell’ apparato respiratorio, un eccesso di circa il 15% tra gli uomini e il 40% nelle donne della mortalità per malattie dell’apparato digerente ed un incremento di circa il 5% dei decessi per malattie del sistema circolatorio soprattutto tra gli uomini". Lo stesso studio aveva anche registrato un aumento delle malattie neonatali e durante la gravidanza.
METALLI PESANTI IN URINE POPOLAZIONE. Uno studio di alcuni ricercatori dell’universitàdi Bari e dell’Arpa su 272 soggetti, presentato qualche giorno fa durante un workshop, ha ricercato i livelli di arsenico, piombo, cadmio, cromo e manganese, confrontandoli con i valori presentati dalla Società italiana valori di riferimento (Sivr) per l’esposizione non professionale: "Le concentrazioni osservate di metalli nello studio sono complessivamente alte – hanno concluso gli autori - e questo può essere compatibile con la presenza di impianti industriali. Particolarmente alti i livelli di piombo: il valore medio nelle urine è risultato 9,5 microgrammi su litro, contro un valore massimo di riferimento di 4,5.
ALTRI STUDI DI MONITORAGGIO. Alcune campagne, effettuate dalla Asl di Taranto dal marzo 2008 al 2011, hanno segnalato che in alcune aziende zootecniche presenti sul territorio del Comune e della Provincia di Taranto è presente un’importante contaminazione da composti organoalogenati, principalmente diossina. In particolare, fino a ottobre 2008, su un totale di 41 aziende localizzate entro 10 km dal polo industriale sono stati raccolti 125 campioni di matrici alimentari. In 32 campioni (26%) raccolti complessivamente in 8 aziende (20%) la concentrazione di diossine e di Pcb, altre molecole inquinanti, ha superato i limiti di legge. Anche il registro tumori dell’Aiom ha registrato nel 2006, ultimo anno disponibile, un aumento delle varie forme della patologia fino al 30%.

La Basilicata ora blocca altre trivelle
di Massimo Brancati
POTENZA - La Basilicata ferma le trivelle. «Congelate» le nuove domande di ricerca per evitare un assalto alla diligenza da parte delle compagnie petrolifere in un territorio già ampiamente «perforato». Il governatore lucano Vito De Filippo ha inserito nel maxiemendamento all’assestamento di bilancio un articolo (il 19 «octies») che, in sostanza, formalizza quanto lo stesso presidente della giunta regionale aveva esplicitato ad agosto dello scorso anno: «O ci danno infrastrutture, sviluppo e lavoro o in Basilicata - disse De Filippo - non verranno rilasciate altre autorizzazioni per nuovi pozzi petroliferi».
In un anno è cambiato poco o nulla e ora quelle parole si sono tradotte in un atto formale. Parole ispirate, oggi come allora, da un’analisi dello Studio Wood Mackenzie per il Ministero dello Sviluppo economico dalla quale emerge che il beneficio dell’attività petrolifera per le casse erariali raggiunge il 40 per cento del valore totale del greggio estratto, mentre i diritti di sfruttamento per la Basilicata sono al sette per cento (a cui si aggiunge un altro tre per cento che va allo Stato). Numeri alla mano, dunque, lo Stato incassa molto e trasferisce poco. «La disponibilità della Basilicata a farsi carico dell’esigenza strategica di ridurre la dipendenza energetica del Paese dall’estero - dice oggi De Filippo - non può e non deve intendersi come la disponibilità a subordinare ogni proprio progetto di sviluppo all’attività estrattiva. Stiamo dando un contributo notevole al Paese attraverso i pozzi della Val d’Agri, un contributo che aumenterà ancora con l’avvio del progetto estrattivo di Tempa Rossa. Abbiamo ancora indicato una possibile ulteriore possibilità estrattiva sempre in Val d’Agri, ma - avverte il governatore - a patto di non aumentare il numero dei pozzi, di avere le migliori tecnologie per la tutela ambientale e di avere, finalmente, quelle contropartite di sviluppo che, oggettivamente, dal programma avviato nel 1998 non ci sono state. Ma a questo punto riteniamo ragionevole che non si possa continuare a chiedere di farsi ulteriormente carico da sola di questo grande problema nazionale a questa piccola regione per la quale in altri momenti della vita di questo Paese, penso ad esempio alla vicenda delle Province come a quella dei Tribunali, non si fanno differenze e sconti in virtù delle proprie peculiarità.
Insomma - conclude De Filippo - sul fronte energetico la Basilicata ha già dato, sta continuando a dare in attesa ancora delle contropartite, ma oggettivamente non può dare di più».
L’emendamento blocca-trivelle, però, non convince fino in fondo il coordinamento nazionale «No-triv»: «Si presta - dice - a volontarie e ambigue interpretazioni favorevoli alle compagnie petrolifere in quanto, recita, a margine, «... sono fatte salve nuove intese relative a titoli minerari in essere». In parole povere si intende bloccare tutto a parole - conclude il coordinamento No-Triv - ma nei fatti si fanno salve tutte le istanze già presentate in via Anzio per i pareri e le autorizzazioni». Soddisfatto, invece, senza riserve il leader lucano dei Radicali, Maurizio Bolognetti: «Mi auguro che questa scelta coraggiosa e finalmente lungimirante di De Filippo venga sostenuta e approvata dall’intero Consiglio e che non prevalgano tatticismi di sorta».
Oggi in Basilicata, lo ricordiamo, si registrano due gruppi di concessioni estrattive: l’Eni-Agip, con il Progetto Trend 1 in Val d’Agri, e un secondo gruppo intestato a Total con il Progetto Tempa Rossa che dovrebbe entrare in produzione entro il 2015.
L’estrazione maggiore del greggio si concentra in Val D’agri con la titolarità di maggioranza dell’Eni (60,77 per cento) e di minoranza della Shell (39,23 per cento). La produzione giornaliera, misurata il 29 febbraio 2012, è pari a 89.423 barili, e un ammontare di 5.229.633 di barili estratti dall’1 gennaio 2012 ad oggi. Mentre per l’estrazione sul territorio di Serra Pizzuta, in località Pisticci, di completa titolarità dell’Eni, ci si attesta su una produzione di 224 barili al giorno, misurati il 29 febbraio 2012, e di 14.265 barili estratti da gennaio 2012.
Al 31 dicembre 2011, i permessi di ricerca già vigenti sono 12, le istanze per il conferimento di nuovi permessi di ricerca sono 17 (quest’ultimo dato è aggiornato al 30 giugno 2012).

Fiat, rischio di «taglio» per la Sata di Melfi
di Massimo Brancati
MELFI - La notizia rimbalza dal Financial Times: secondo Mediobanca Securities, il segmento di Mediobanca che analizza il mercato azionario mondiale, per far fronte alla crisi la Fiat sarà costretta a rivedere il suo assetto in Italia, sacrificando non uno, come lo stesso ad Marchionne aveva minacciato nelle settimane scorse parlando delle difficoltà del mercato, ma due suoi stabilimenti: Melfi e Cassino. Previsioni - smentite ieri dall’amministratore Fiat - che comunque pesano come un macigno sui circa 5mila lavoratori della «fabbrica integrata» di San Nicola, alle prese con una cassa integrazione a ciclo continuo e con un ritmo di produzione ai minimi storici.
La profezia apocalittica di Mediobanca Securities - riportata anche da un articolo del Foglio - al di là delle smentite sembra trovare una sponda nell’annuncio del cda del Lingotto che ha esaminato i conti relativi al terzo trimestre 2012: il gruppo Fiat rivedrà il suo piano industriale sull’Europa. In particolare, Marchionne, rispondendo ad una domanda sui tempi di lancio della nuova Punto, ha spiegato che «entro tre mesi verrà reso noto un nuovo piano di prodotti e di utilizzo degli impianti». Ma ecco la mazzata: «Oggi - ha aggiunto l’amministratore delegato della Fiat - produrre la nuova Punto non garantirebbe il ritorno dell'investimento».
Parole che s’inseriscono nel solco di una crisi del mercato automobilistico piuttosto marcata. A causa della crisi economica, dell’aumento delle tasse e del costo dei carburanti il volume di immatricolazioni e di passaggi di proprietà si è ridotto notevolmente. È una questione generale: pochissime, infatti, le case automobilistiche che non hanno segnato un risultato negativo durante il mese di giugno. Forse quattro, al massimo cinque: Hyundai, con +3,69%, Kia, con +30,46%, Land Rover, con +109,72%, Jaguar, con +25,42%, e Lexus, con +89,16%.
La Fiat? Arranca: per il gruppo piemontese (Jeep inclusa) le immatricolazioni di giugno sono scese del 23,38% a 39.387 vetture, contro le 51.411 di del 2011. A maggio le vendite Fiat avevano subito una flessione dell'11,24%. Tuttavia, le automobili più vendute in Italia durante il sesto mese dell'anno sono «stranamente» Fiat Panda (10.930 esemplari), Fiat Punto (7.974 esemplari) e Fiat 500 (4.432 esemplari). Piccoli passi avanti registrano, in tal senso, Lancia Ypsilon (4.253 esemplari), Citroen C3 (3.363 esemplari), Ford Fiesta (2.925 esemplari), Toyota Yaris (2.833 esemplari), Alfa Romeo Giulietta (2.777 esemplari), Volkswagen Polo (2.736 esemplari) e Renault Clio (2.608 esemplari).
Il quadro generale non è, però, tutto nero. Una venatura di ottimismo spunta dall’utile netto con cui ha chiuso il secondo trimestre Fiat Industrial: include oneri di ristrutturazione per 80 milioni di euro (al netto del relativo effetto fiscale), pari a 256 milioni di euro rispetto ai 239 milioni di euro del secondo trimestre del 2011. L'utile della gestione ordinaria ha raggiunto i 631 milioni di euro, con un aumento di 101 milioni di euro rispetto al secondo trimestre del 2011. Il margine sui ricavi è salito di 1,1 punti percentuali al 9,5%. I ricavi sono stati pari a 6,6 miliardi di euro, in crescita del 5,4% rispetto ai 6,3 miliardi di euro del secondo trimestre del 2011: il continuo rafforzamento del business delle Macchine per l’Agricoltura ha più che compensato condizioni di mercato più deboli negli altri business.
Segnali di ripresa giungono anche da oltre Oceano. Fiat e Chrylser hanno consegnato nel primo semestre 2012 nella regione Nafta - che comprende Canada, Stati Uniti e Messico - 1.068.000 veicoli, in aumento del 18% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Nel dettaglio 864.000 veicoli (+21%) sono stati consegnati negli Stati Uniti, 149.000 in Canada (+6%) e pari 55.000 in Messico (+9%). Lo si rileva dal documento rilasciato dal gruppo Fiat in occasione della Conference call sui risultati del primo semestre. In questo periodo di riferimento il mercato Usa è aumentato del 15% attestandosi a 7,4 milioni di veicoli. Performance lontane migliaia di chilometri da Melfi. A cui non resta che sperare in un’inversione di tendenza e in una parola chiarificatrice sul futuro della Nuova Punto e del suo ruolo all’interno del gruppo.

Crisi: Draghi, discusso taglio tassi
Ma si e' concordato che non e' il momento
(ANSA) - FRANCOFORTE, 2 AGO - Il consiglio Bce ha discusso un nuovo taglio dei tassi ma i membri hanno concordato sul fatto che ''adesso non e' il momento''.
Lo ha detto il presidente Mario Draghi.





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