venerdì 24 agosto 2012

(2) XXIV.VIII.MMXII/


Sicilia. Regione, casse bloccate: arriva un taglio da 1,4 miliardi di euro            
L'UNIONE SARDA - Economia: Ma i produttori ora chiedono più attenzione
Crisi: Grecia fuori dall’euro in 2 mesi, Citigroup
Grecia: polemica rovente su possibile vendita isole
Grecia: gli impegni presi con la Troika per il 2014 (scheda)

Sicilia. Regione, casse bloccate: arriva un taglio da 1,4 miliardi di euro            
Per garantire il funzionamento dell’amministrazione regionale, servono circa 2,4 miliardi di euro, ma fino alla fine dell'anno se ne potrà spendere al massimo uno in virtù del patto di stabilità. A rischio fondi comunitari, finanziamenti alle scuole e stipendi dei regionali
di RICCARDO VESCOVO
PALERMO. A rischio ci sono 600 milioni di euro di fondi comunitari, i finanziamenti per le scuole, gli stipendi dei regionali, i contributi per i teatri, le indennità per gli ottomila lavoratori della Formazione: le casse della Regione sono praticamente bloccate. Fino alla fine dell’anno la Regione potrà spendere al massimo circa un miliardo di euro. I vari dipartimenti, però, hanno presentato il conto: per garantire il funzionamento dell’amministrazione regionale, servono circa 2,4 miliardi di euro.
Il risultato è allarmante: mancano all’appello 1,4 miliardi, somma che in sostanza Palazzo d’Orleans dovrà tagliare dai vari capitoli di bilancio. Numeri legati al cosiddetto patto di stabilità. L’argomento è stato discusso ieri in giunta. Roma in sostanza ha ulteriormente abbassato, rispetto allo scorso anno, il tetto di spesa consentito alla Sicilia. «Ma la partita non è chiusa, anzi - dice l’assessore regionale al Bilancio, Gaetano Armao - la prossima settimana contiamo di avere un incontro a Roma per chiedere di escludere dal calcolo della spesa alcuni settori». In sostanza l’Isola, in quanto regione a statuto speciale, non riceve fondi dallo Stato per alcuni settori come scuole e trasporti e si fa interamente carico dei costi. Armao chiederà dunque di escludere queste spese consentendo alla Sicilia di spendere ancora delle somme che comunque ha a disposizione.
Nel frattempo, però, gli assessori avranno un compito delicatissimo (a maggior ragione in piena campagna elettorale), quello cioè di mettere nero su bianco le emergenze del proprio settore che presenteranno in un nuovo incontro previsto probabilmente la prossima settimana. La giunta ieri ha individuato delle priorità: stipendi del personale, scuole e fondi comunitari - circa 600 milioni - che altrimenti andrebbero persi e restituiti a Bruxelles. L’elenco sarà utilizzato da Armao per rivendicare le ragioni della Sicilia nel negoziato con il premier Mario Monti: «I vincoli del patto di stabilità - ha spiegato - sono necessari ma non possono prevedere limiti di spesa così stringenti. La Sicilia ha delle funzioni che altre Regioni non hanno, ad esempio riguardo i collegamenti con le isole minori o i forestali. Abbiamo chiesto allo Stato di togliere queste spese dal calcolo dei tetti di spesa ma la proposta non è stata accolta. Ripeto, lo Stato da un lato ci assegna funzioni e dall’altro ci stringe la cinghia».
Gli assessori intanto sono già al lavoro con i propri uffici. L’assessore Accursio Gallo è tra i più agguerriti: «Senza il cofinanziamento da parte della Regione dei fondi comunitari - dice - è a rischio il pagamento dei dipendenti della Formazione. Una situazione inaccettabile per la quale mi batterò con tutte le forze. Altra emergenza è quella della scuola. Senza i fondi è a rischio l’avvio dell’anno scolastico e il pagamenti degli insegnanti degli istituti regionali». In Sicilia però l’emergenza è già scoppiata e ha investito tutto i settori. Nel turismo, ad esempio, sono a rischio oltre 600 spettacoli del circuito del mito.
Ed è di ieri la notizia che il concerto di Gino Paoli e Danilo Rea, in programma a Palermo domenica al Castello a Mare, nell'ambito della rassegna «Porto d'Arte», è posticipato a data da destinarsi. In allarme sono anche i Comuni, in attesa del trasferimento dei fondi per le autonomie locali. Su questo fronte si è detto determinato a trovare una soluzione pure l’assessore alle Autonomie locali, Nicola Vernuccio. Intanto ieri a Villafrati, nel Palermitano, si è tenuto un incontro tra precari ex Asu per discutere, alla presenza di politici regionali di diversi partiti, sul futuro di questa platea di lavoratori, per i quali non solo i fondi sono a rischio esaurimento, ma sarebbe in bilico anche il rinnovo dei contratti.

L'UNIONE SARDA - Economia: Ma i produttori ora chiedono più attenzione
24.08.2012
Vini eccellenti che devono fare i conti con i soliti problemi. La vendemmia 2012 si annuncia buona per quantità e qualità ma i produttori chiedono più attenzione. «Siamo la prima regione al mondo e in Italia per la produzione di vermentino: il 75% delle superficie coltivata in Italia è qui. Questo vino è considerato tra i primi 5 vini più bevuti al mondo e tra i primissimi in tema di qualità», precisa Mariano Murru delle cantine Argiolas. «Ora che il mercato chiede più vini bianchi e il vermentino è stato scoperto in tutto il mondo, dobbiamo cavalcare quest'onda: le etichette sarde d'eccellenza, hanno bisogno di promozione istituzionale».
BOLLICINE Il buon andamento dei vini bianchi è confermato anche dalla sempre maggiore richiesta degli spumanti. «Prima le bollicine erano riservate solo alle occasioni importanti e considerate una bevanda maschile», precisa Antonio Posadinu di Sella&Mosca. «Oggi il mercato si è aperto». La cantina algherese produce da anni il Torbato brut, un vino autoctono che ogni annata cresce del 5%. Trend confermato anche dalle cantine Sardus Pater che si preparano a mettere sul mercato l'Ad49, vendemmia 2009. «La filiera di questo vino è interamente fatta qui a Sant'Antioco con base vermentino», spiega il direttore Marco Pinna. «Questa produzione prevede 8 mila bottiglie in più rispetto alla precedente».
PREZZI Ma in generale il mercato, secondo Gigi Picciau, presidente del Consorzio di tutela dei vini di Sardegna, «è caratterizzato da calma piatta e da prezzi troppo bassi: è sempre più difficile vendere e incassare perché le cantine sono in sofferenza», dice. «A questo si aggiunge la crisi economica e la possibilità di vendere fuori solo vino imbottigliato, con un prezzo che viene stabilito dai pochi acquirenti che possono permetterselo».

Crisi: Grecia fuori dall’euro in 2 mesi, Citigroup
24 agosto, 13:50
(ANSAmed) - ATENE, 24 AGOSTO - Citigroup prevede un 90% di possibilità che la Grecia esca dall'euro nei prossimi due mesi.
La banca statunitense è stata una delle più pessimiste riguardo alla permanenza del paese nell'eurogruppo e le sue previsioni negative sono divenute adesso specifiche, secondo Business Insider.
"Prevediamo che la crisi dell'EMU (Unione Economica e Monetaria) continuerà con una prolungata debolezza dell'economia - specialmente nei paesi periferici - e ulteriori periodi di intenso stress dei mercati", scrive l'analista di Citigroup Michal Saunders in una nota citata da Novinite.com. "Il PIL nella zona euro è caduto nel secondo trimestre e ci aspettiamo che il PIL euro totale diminuirà sia quest'anno che nel 2013 con significative decrescite, specialmente in paesi periferici".

Grecia: polemica rovente su possibile vendita isole
Dopo intervista Samaras a Le Monde
24 agosto, 16:36
(di Furio Morroni) (ANSAmed) - ATENE, 24 AGO - E' bastato che il premier greco Antonis Samaras, in un'intervista al parigino Le Monde, accennasse alla possibilita' di vendere qualche isoletta greca disabitata per aiutare il Paese ad uscire dalla grave crisi finanziaria in cui si dibatte, che in Grecia e' scoppiato un finimondo e in parecchi hanno gia' cominciato a gridare al tradimento. E cio' nonostante il premier ellenico abbia subito fissato rigidi paletti per le eventuali cessioni.
"Alcuni di questi isolotti potranno avere un utilizzo commerciale a patto che cio' non ponga problemi di sicurezza nazionale", ha aggiunto Samaras, chiarendo quindi che non si tratterebbe di una "svendita" bensi' di "trasformare un terreno inutilizzato in capitale capace di generare ricavi al giusto prezzo". Le polemiche sono rimbalzate oggi sui giornali ateniesi secondo i quali - come riferisce Efimerida - il governo di Atene nega che vi sia l'intenzione di vendere le isole ma fonti attendibili confermano che l'Ente per la privatizzazione delle proprieta' dello Stato (Taiped), appositamente istituito dal governo dell'ex premier Giorgos Papandreou, ha gia' avviato le procedure per l'alienazione di 562 isolette a privati.
 Il giornale pubblica inoltre uno stralcio della relazione presentata da Andreas Taprantzis, direttore esecutivo del Taiped, alla conferenza dell'Economist svoltasi ad Atene lo scorso 2 luglio. Dal documento si apprende che "dall'analisi sistematica e dall'elaborazione dei dati a disposizione, il registro delle proprieta' demaniali comprende, fra l'altro, 562 tra isole ed isolette per una superficie totale di 240.000 acri (970 chilometri quadrati)... e dovrebbe essere presa in considerazione la possibilita' di sfruttarle".
 Le isole greche - tra grandi, medie, piccole e scogli - sono in tutto oltre 3.000, per una superficie complessiva di 25mila chilometri quadrati, pari all'intera Sicilia e a un quinto del territorio della Grecia. Ma, di queste, solo 127 sono abitate.
 A innescare le polemiche, secondo Efimerida, sarebbe stato l'uso improprio della parola "vendita" fatto dal giornalista di Le Monde che ha intervistato Samaras. Da parte sua, il governo greco ha smentito l'intenzione di vendere ed ha invece replicato affermando che, in caso, si deve parlare di "sfruttamento commerciale di isolette disabitate" con la realizzazione di siti per l'acquacultura, centrali solari ed eoliche, impianti di dissalazione dell'acqua marina e strutture turistiche.
 Ma nessuno crede alla smentita e il giornale Dimokratia rilancia l'accusa di voler "svendere i gioielli di famiglia" scrivendo che il governo "ha in programma di cedere le isole in uso ai privati per un periodo di 100 anni e a questo scopo non solo ha avviato la registrazione sistematica del patrimonio demaniale in mare ma ha pure cominciato a cercare possibili acquirenti". (ANSAmed).

Grecia: gli impegni presi con la Troika per il 2014 (scheda)
24 Agosto 2012 - 14:16
 (ASCA-AFP) - Atene, 24 ago - La Grecia si e' impegnata a riportare il suo deficit ben al di sotto della soglia del 3% del Pil entro il 2014 in cambio dell'erogazione dei presiti d'emergenza.
 In base all'intesa raggiunta con l'Unione Europea e con il Fondo Monetario Internazionale, per la quale il primo ministro Antonis Samaras chiede un rinvio di due anni, Atene dovra' conformarsi alla regola d'oro europea e portare il deficit, precisamente, al 2,1% del Pil nel 2014 rispetto al 7,3% previsto per il 2012 e al 4,6% stimato per il 2013.
 Un obiettivo ambizioso, tenuto conto che la Grecia ha gia' abbattuto di 6 punti il disavanzo rispatto al 2009, anno dell'esplosione della crisi, portandolo dal 15,8% al 9,3% nel 2011.
 Per raggiungere il target fissato da Ue e Fmi il Paese dovra' trovare 11,5 miliardi di euro nei prossimi due anni attraverso una serie di misure che il governo sta preparando.
In cambio, l'Unione ed il Fondo sbloccheranno prestiti per 130 miliardi di euro.
 Ma il piano Ue-Fmi prevede anche un obiettivo di avanzo primario dell'1,8% nel 2013 e del 4,5% nel 2014. Il 2012 dovra' essere l'ultimo anno in cui e' consentito un deficit primario, limitato all'1% del Pil.
 Il debito pubblico di Atene dovrebbe raggiungere il 162,1% del Pil nel 2014 dopo il 165,4% previsto per il 2013 e il 161,4% del 2011. Il debito deve scendere al 120,5% del Pil entro il 2020 anche grazie alla ristrutturazione dei crediti con il settore privato, chiusa nel marzo scorso, che ha consentito di cancellare 106 miliardi di euro.
 Oltre ad una serie di riforme per ridurre le dimensioni del settore pubblico ed il numero dei suoi dipendenti, Atene deve anche procedere a massicce privatizzazioni che entro il 2015 dovranno portare 19 miliardi di euro nelle casse dello Stato.
 Questa tabella di marcia, messa a punto prima della crisi politica greca della scorsa primavera, potra' essere rivista dalla Troika (Ue, Bce e Fmi) in occasione della pubblicazione a settembre dei risultati dell'audit sull'economia di Atene, visti i ritardi negli aggiustamenti dei conti pubblici e l'aggravarsi della recessione.
 L'accordo con la Troika prevedeva infatti un Pil in calo del 4,7% nel 2012, il quinto anno consecutivo di recessione per la Grecia, ipotizzando un ritorno alla crescita nel 2014.
Ma sia le istituzioni finanziarie che il governo di Samaras stimano un tonfo del Pil di almeno il 7% quest'anno.
 Per fermare questa caduta ed uscire dalla spirale recessiva innescata dal rigore imposto dal 2010, il Primo ministro greco ha sollecitato un rinvio al 2016 degli aggiustamenti fiscali.
 La possibilita' di un rinvio e' esplicitamente prevista dagli accordi con la Troika ''nel caso di una recessione significativamente piu' profonda di quanto previsto''.
fgl/


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