domenica 2 settembre 2012

(1) II.IX.MMXII/ Petrolio del Mezzogiorno: tutto gia’ accaparrato dai padani, anche quello sulla carta.===«Si agirà sulla burocrazia - recita la bozza pubblicata in anteprima dal Sole24Ore - introducendo il titolo abilitativo unico, verranno rimodulati i titoli di tutela offshore e si valuterà l’opportunità di modifica dell’articolo 117 della Costituzione per riportare allo Stato la competenza in maniera di energia almeno per quanto riguarda le infrastrutture strategiche».


Occupazione, Puglia da record tra aprile e giugno 55mila posti
Il Governo vuole far fuori le regioni
Crisi: Confedilizia, Governo non trascuri problema immobiliare
Schulz vuole 'zona franca' in Grecia


Occupazione, Puglia da record tra aprile e giugno 55mila posti
di BEPI MARTELLOTTA
BARI - L’occupazione in Puglia corre: il dato bomba arriva dall’Istat e racconta di una regione che, in netta controtendenza rispetto al resto del Paese, guadagna ben 55mila posti di lavoro in più nel secondo trimestre 2012 (aprile- giugno) rispetto al primo (gennaio-marzo). Le rilevazioni sono inequivocabili: la Puglia è prima in Italia per crescita di occupati, staccando di parecchio il Lazio (+43mila), l’Emilia (+32mila) e la Sicilia (30mila). E l’altra sorpresa è che quasi tutte le regioni del Nord (ad eccezione della Lombardia) sono in coda alla classifica, con il segno meno (colpisce il Piemonte, che ha perso 26mila occupati). In pratica, il popolo degli occupati pugliesi, che ad inizio anno contava 1.221.000 unità, è passato nell’ultimo trimestre a quota 1.276.000. Si tratta di livelli, se confrontati con gli anni precedenti, che la Puglia non raggiungeva dal lontano 2008, quando la grande crisi non si era ancora manifestata e gli spretti dello spread e del rischio default erano lontani.
Quella che a pieno titolo non va più chiamata locomotiva del Sud, ma dell’intero Paese, ha chiuso il 2011 con 1 milione e 234mila occupati ed ha inaugurato il nuovo anno con una perfomance non da brividi (1 milione e 221mila occupati). Il picco, dunque, del secondo trimestre - in una fase in cui l’occupazione crolla un po’ ovunque - lascia ben sperare ed è il probabile effetto delle misure anticicliche che la Regione ha adottato da tempo (molti i bandi che sono stati riattivati o ri-finanziati destinati proprio al lavoro).
E il buon segno è che, tra il primo al secondo trimestre dell’anno, aumenta sia l’occupazione maschile (passata da 798mila e 893 occupati a 830.358) sia quella femminile (da 422.427 a 445mila e 29).
Per il governatore Nichi Vendola una «medaglia» non da poco da attaccare al petto, alla vigilia della tappa che il premier Mario Monti terrà a Bari per inaugurare la Fiera del Levante. Di certo, l’andamento degli occupati (che nel Paese ha invece fatto gridare all’allarme pressocché tutte le forze politiche, in pressing sul governo perché si passi dal rigore alla «fase due») tornerà nel discorso del governatore, affiancato dai dati confortanti che la Puglia ha registrato anche nell’export. Certo, c’è chi continua a vedere il bicchiere mezzo vuoto.
«I dati sulla disoccupazione giovanile al Sud e in Puglia, con il Salento che purtroppo guida il trend negativo, impongono di passare dalle parole ai fatti. Le pur legittime aspirazioni nazionali del presidente Vendola - attacca il capogruppo Pdl Rocco Palese - non possono far passare in secondo piano le emergenze della Puglia e la necessità che la Regione sia governata a tempo pieno con il massimo impegno del governo regionale sul fronte del lavoro». Di qui l’auspicio che l'inaugurazione della Fiera sia non una solita passerella per «dichiarazioni di intenti, ma impegni e progetti precisi, concreti ed immediati non solo da parte del governo nazionale - aggiunge Palese - ma anche e soprattutto da parte del governo regionale».
A sfogliare i dati Istat, al netto della media di occupati, viene fuori che «i settori particolarmente in crisi in Puglia sono quello delle costruzioni e quello dell'industria» ed è per questo che «continuiamo a chiedere al governo regionale di tagliare gli sprechi in sanità, abbassare immediatamente le tasse regionali che pesano per 338 milioni di euro all'anno su famiglie ed aziende e avviare nell'immediato tutti i progetti e le opere infrastrutturali previsti ed in parte già finanziati con il Piano per il Sud dalle recenti delibere Cipe».
Sull’andamento nazionale, invece, si soffermano i parlamentari pugliesi del Pd Francesco Boccia e Dario Ginefra. «I dati Istat sulla disoccupazione, prossima all’11% e a livelli record nella fascia giovanile, soprattutto al Sud, hanno fatto scattare l’allarme rosso. Servono misure urgenti - dice il primo - e bisogna cominciare con la detassazione del lavoro che può essere la vera chiave di volta per affrontare la piaga della disoccupazione». Donde l’auspicio che il prossimo consiglio dei ministri, convocato il 5 settembre, «non sia interlocutorio: sono state annunciate decisioni sullo sviluppo e noi chiediamo qualcosa di concreto. Le risorse ci sono: sono quelle di chi ha di più, di chi è più ricco perchè ha dato di meno in questi anni».
Un giovane su due è senza lavoro al Sud, aggiunge Ginefra, e c’è da chiedersi «che fine ha fatto la tanto annunciata fase due del Governo Monti. Il Pd ha da tempo avanzato le proprie proposte. Il Ministro Passera venga a riferire alle Camere perchè iniziamo ad essere stufi della politica degli annunci».

Il Governo vuole far fuori le regioni
Da accentrare le competenze per le “infrastrutture strategiche” Torna la norma “sblocca trivelle” con qualcosina in più
01/09/2012  POTENZA - Il ministro l’aveva già annunciato a giugno alla Commissione
 ambiente della Camera: «E’ allo studio la possibilità di proporre
 l’inserimento nell’ordinamento giuridico di norme di carattere
 costituzionale che attribuiscano alla competenza esclusiva dello Stato le
 infrastrutture strategiche di interesse nazionale e sovranazionale». I più
 avevano pensato alle grandi opere come la Tav. Ma due mesi dopo, secondo il
 Sole24Ore, il concetto andrebbe allargato un bel po’, fino a ricomprendere
 tutto quanto attiene alla produzione, la trasmissione e la distribuzione
 dell’energia. Petrolio lucano incluso.
 Sono 100 le pagine della bozza del piano energetico annunciato dal capo
 del dicastero dello Sviluppo economico che tra qualche giorno dovrebbe
 arrivare in Consiglio dei ministri. Lo ha reso noto ieri dalle colonne del
 quotidiano di Confindustria Carmine Fotina, della redazione capitolina, in
 un articolo concentrato sui 180 miliardi di euro di investimenti che
 dovrebbero scattare di qui al 2020.
 Meno gas serra immessi nell’atmosfera e meno dipendenza dall’estero per
 l’approvvigionamento di energia. Più 25mila posti di lavoro solo nel
 settore “idrocarburi”, con 15 miliardi di euro di investimenti e un
 incremento di quasi 6.500 tonnellate all’anno di greggio “made in Italy”
 rispetto alle 5.400 attuali. Questi i numeri per sommi capi della “nuova
 strategia energetica nazionele».
 Quale sia il ruolo in tutto questo della Basilicata Fotina non lo spiega,
 ma le zone d’interesse per i nuovi progetti di estrazione sarebbero cinque:
 Val Padana, Alto Adriatico, Abruzzo, off shore Ibleo (quindi Sicilia), e
 ovviamente Basilicata.
 «Si agirà sulla burocrazia - recita la bozza pubblicata in anteprima dal
 Sole24Ore - introducendo il titolo abilitativo unico, verranno rimodulati
 i titoli di tutela offshore e si valuterà l’opportunità di modifica
 dell’articolo 117 della Costituzione per riportare allo Stato la competenza
 in maniera di energia almeno per quanto riguarda le infrastrutture
 strategiche».
 In sostanza tornerebbe all’ordine del giorno del Governo la cosiddetta
 norma “sblocca trivelle” già apparsa a gennaio in una bozza dell’ex decreto
 sulle liberalizzazioni e poi cassata a furor di popolo in Consiglio dei
 ministri, prima ancora dell’approdo in Parlamento per la conversione in
 legge. Al suo posto si sarebbe materializzato il tanto celebrato articolo
 16, con cui l’esecutivo si è impegnato a emanare entro sei mesi un decreto
 - di cui si sono perse le tracce - «per individuare le maggiori entrate
 effettivamente realizzate e le modalita’ di destinazione di una quota di
 tali maggiori entrate per lo sviluppo di progetti infrastrutturali e
 occupazionali di crescita dei territori di insediamento degli impianti
 produttivi e dei territori limitrofi». Il tutto con un bel cappello per
 ribadire rispetto del dettato dell’articolo 117 della Costituzione, che
 individua le materie di competenza legislativa e amministrativa di Stato e
 Regioni stabilendo che in tema di «produzione, trasporto e distribuzione
 nazionale dell’energia» le autonomie facciano i conti con le scelte del
 Parlamento.
 Stessa norma quindi con qualcosa in più, e non di poco conto. Anche se dal
 Ministero si affrettano a dire che la bozza pubblicata dal quotidiano di
 Confindustria non sarebbe quella «vera» allo studio ancora in queste ore,
 ma una «roba vecchia, superata».
 Sarà, ma rileggendo il testo di quella vecchia bozza di decreto legge e il
 virgolettato ripreso da Carmine Fottina ieri mattina dal “nuovo” piano
 energetico alla luce della moratoria approvata nel frattempo dal consiglio
 regionale lucano, e soprattutto dell’intervista del ministro Passera in
 persona a Repubblica dello scorso 14 agosto, qualche assonanza si avverte
 senza troppi sforzi. Come quando parla di il capo del dicastero dello
 sviluppo parla di «adeguare agli standard internazionali la nostra
 normativa di autorizzazione e concessione che oggi richiede passaggi
 autorizzativi lunghissimi ed è per molti aspetti molto più restrittiva dei
 quanto previsto dalle normative europee». Oppure quando dice di voler
 «alzare la produzione petrolifera nazionale fino a raggiungere il 20% della
 domanda». Come non notare, poi, che il “no” alle nuove trivellazioni in
 Basilicata passa attraverso il diniego preventivo a nuove «intese», e
 proprio di un’«intesa» onnicomprensiva con le Regioni parlava la bozza
 cassata in Consiglio dei ministri con la proposta di sostituire le vecchie
 autorizzazioni con un «titolo abilitativo unico». Sarà davvero «roba
 vecchia» quella pubblicata dal Sole? Qualche giorno ancora poi da Roma
 dovranno scoprire per forza le carte.
Leo Amato

Crisi: 150 tavoli a ministero
30.000 esuberi, ma molte aziende chiudono senza arrivare a Mse
01 settembre, 12:01
(ANSA) - ROMA, 1 SET - Circa 150 tavoli di crisi aziendale aperti al ministero dello Sviluppo economico per circa 180.000 lavoratori coinvolti e oltre 30.000 esuberi: l'autunno - secondo i sindacati che hanno rielaborato dati del ministero - si prepara ad essere molto difficile sul fronte delle crisi industriali, con la situazione piu' difficile nell'ultimo ventennio. Ci sono poi altre migliaia di posti a rischio in vertenze che non arrivano neanche al ministero dello sviluppo economico

Crisi: Confedilizia, Governo non trascuri problema immobiliare
01 Settembre 2012 - 14:44
 (ASCA) - Roma, 1 set - ''L'agenda per la crescita che il Governo sta mettendo a punto, non trascuri il problema dell'immobiliare, l'autunno non ci puo' cogliere impreparati, la caduta delle compravendite e dei mutui va considerata con grande attenzione per i conseguenti effetti sociali''. E' quanto dichiara, in una nota, il presidente di Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani,che sottolinea come ''il Governo spagnolo ha gia' preso provvedimenti, noi dobbiamo farlo al piu' presto. La via - spiega Sforza Fogliani - e' quella del rilancio dell'affitto. Urgono, nel settore, misure di liberalizzazione e misure di natura straordinaria per facilitare il riutilizzo dell'enorme massa di immobili non utilizzati perche' bisognosi di lavori di riattamento e che, una volta recuperati, potrebbero essere destinati all'affitto a canoni calmierati. Sono misure, le prime, che non costano nulla e, le seconde, che si autofinanziano. Ma non c'e' tempo da perdere.'', conclude il presidente.
com-fch

Schulz vuole 'zona franca' in Grecia
Propone agenzia crescita con funzionari Ue in aiuto di Atene
01 settembre, 20:18
(ANSA) - BERLINO, 1 SET - Il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz e' favorevole alla creazione di una ''zona franca'' per la Grecia, per favorire gli investimenti dall'estero, e all'istituzione di un'agenzia per la crescita, nella quale potrebbero lavorare funzionari europei e greci.
Schulz lo ha detto allo Spiegel. Presupposti per l'iniziativa sono una conferma che la Grecia restera' nell'euro, la disponibilita' di Atene a fare le riforme, e incentivi alle imprese che decideranno di investirci.

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